Notizie dalla lotta di classe

Febbraio 2002

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Unire quello che il capitalismo divide.

1 febbraio 2002

 

USA: DATI SULL'OCCUPAZIONE E L'ECONOMIA

C'è forte attesa per i dati sull'occupazione: un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione e un aumento del numero dei disoccupati si tradurrebbero in una minore domanda di beni di consumo. I quali, dopo una fiammata in ottobre (legata agli incentivi auto) mostrano una crescente debolezza. Il dipartimento al commercio ha fatto sapere che in dicembre la spesa per consumi è diminuita dello 0,2%, dopo che in novembre c'era stata una caduta dello 0,3%. Brutte notizie anche sul fronte dei senza lavoro: nell'ultima settimana (quella che si è chiusa il 27 gennaio) le domande di sussidi di disoccupazione sono tornate a crescere raggiungendo quota 390 mila, 30 mila in più della settimana precedente. I due dati hanno un po' colto di sorpresa gli analisti che si aspettavano una stabilità dei consumi e un aumento meno marcato delle richieste di sussidi di disoccupazione. Il dato sulla caduta dei consumi, tra l'altro, getta ombre sulla stima preliminare della crescita del Pil nel quarto trimestre del 2001 diffusa mercoledì secondo la quale la tenuta del prodotto lordo negli ultimi tre mesi dello scorso anno (+0,2% il tasso annualizzato) derivava soprattutto dalla spesa pubblica militare e non (+9,2%) e dai consumi privati (+5,4%). La caduta della spesa per consumi è stata particolarmente pesante per la componente beni durevoli: -4,3% rispetto al mese precedente. La riduzione della spesa è stata accompagnata da un crescita del reddito disponibile: +0,4% rispetto al mese precedente. In particolare i salari sono aumentati dello 0,6%, contro il +0,1% di novembre. Questo significa che nonostante la crescita del reddito disponibile, la spesa non aumenta: le famiglie, cioè, hanno scelto di risparmiare un po' di più. Complessivamente nell'intero 2001 la percentuale di reddito risparmiata è stata dell'1,6%, contro l'1% dell'anno precedente.

AGRICOLTORI IN PIAZZA

Tre tir colmi di arance da distribuire ai romani: gli agricoltori siciliani non ci stanno ad essere definiti "avvelenatori e speculatori". Stremati dalla crisi del settore ortofrutticolo e imbestialiti per "la campagna denigratoria messa in atto da alcune trasmissioni televisive circa la salubrità degli ortaggi dell'area iblea", insieme ai sindaci dei comuni della zona alzano la voce nel pieno centro della capitale. Una manifestazione per portare l'attenzione sulla situazione drammatica in cui versa il settore. In Sicilia le gelate e la siccità hanno causato la perdita del 20% del raccolto, con danni stimati intorno ai 1500 mld di lire; la campagna contro il caro verdure ha determinato un calo tra il 60-70% dei consumi e poi una discesa inarrestabile dei prezzi, portando a 500 mld la stima delle perdite complessive.

SALARI FERMI

Secondo i dati diffusi dall'Istat, in dicembre le retribuzioni contrattuali non hanno registrato variazioni rispetto al mese precedente. Su base tendenziale, invece, le retribuzioni sia per dipendente che orarie segnano un incremento del 2,8%. Nell'intero anno (peraltro, di rinnovi contrattuali), le retribuzioni lorde sono cresciute appena del 2,3% all'incirca come i prezzi al consumo. L'Istat ha fatto anche sapere che nell'intero 2001 le ore non lavorate per conflitti di lavoro sono state 6,1 milioni, lo 0,7% in meno rispetto al 2000.

MERIDIANA: SCIOPERO DELLA FAME A CAGLIARI

I dipendenti di Meridiana dell'aeroporto di Cagliari hanno cominciato da ieri pomeriggio uno sciopero della fame. Dopo l'ordinanza del Consiglio di Stato che ha accolto un ricorso Air One, il loro posto di lavoro è a rischio, la compagnia rivale si troverebbe ad operare in regime di monopolio sulle tratte Alghero-Roma e Cagliari-Milano.

INFORTUNI MORTALI IN CARTIERA

In quattro giorni ci sono stati due infortuni mortali nelle cartiere. La responsabilità deve essere accertata dalla magistratura ma una considerazione sulla sicurezza sui posti di lavoro è d'uopo. La Cgil denuncia l'inadeguatezza quantitativa e qualitativa dell'attività di controllo e vigilanza da parte degli enti a ciò preposti (ispettorati del lavoro, Asl ecc). Preoccupante è anche il ricorso sempre più diffuso a forme di outsourcing selvaggio. Alla ricerca della riduzione dei costi consegue sempre più spesso il mancato rispetto dei diritti più elementari.

APPALTI PULIZIE NELLE FERROVIE FRIULANE

Il rinnovo degli appalti delle pulizie nelle ferrovie in Friuli Venezia Giulia sarà all'insegna del risparmio e a pagarne le conseguenze saranno i lavoratori. Per molti degli addetti alle pulizie il rapporto di lavoro si concluderà il prossimo 22 Febbraio. Sono 130 i posti di lavoro a rischio tra Trieste e Udine.

ALCOA CONDANNATA PER COMPORTAMENTO ANTISINDACALE

La multinazionale Alcoa, leader nel settore metallurgico, è stata condannata per attività antisindacale. La sentenza, emessa dalla pretura di Venezia, arriva in seguito alla denuncia della Fiom perché la compagnia ha più volte negato l'agibilità ai rappresentati sindacali e ha impedito un'assemblea congressuale nel novembre scorso. La decisione del giudice in un colpo solo annulla anche i provvedimenti disciplinari a carico di alcuni rappresentanti sindacali della FIOM. In particolare, in ottobre, l'amministrazione aveva chiesto a un gruppo di turnisti del reparto laminatoio di presentarsi al lavoro di domenica, nonostante il sindacato avesse negato il proprio consenso e invitato l'azienda ad intervenire - in maniera concordata - sul problema dei recuperi produttivi, da tempo richiesti in tutte le festività. L'Alcoa, coerentemente con la sua linea, aveva rinnovato la richiesta per la domenica successiva, noncurante del fatto che i dipendenti scioperassero in quei giorni. Ma non si era limitata a questo: dopo aver tentato di bloccare un'assemblea sindacale, e dopo che gli operai avevano occupato i locali, riuscendo a riunirsi comunque in sala mensa, aveva sanzionato un rappresentante della segreteria Fiom e delle Rsu.

LICENZIATO, A 24 ANNI SI SUICIDA

Era un operaio di 24 anni. Ci teneva a lavorare, sia pure con un contratto atipico. Ma il trauma della perdita del lavoro gli è stato fatale. Il padrone gli aveva appena annunciato che non avrebbe rinnovato il contratto di lavoro a termine in un'industria locale: così Claudio Taronna, ieri pomeriggio, ha deciso di farla finita. Si è tolto la vita, intorno alle 15,30, facendosi decapitare da un treno sui binari della ferrovia presso Nichelino lungo la strada ferrata che collega Torino a Pinerolo. Gli amici lo hanno descritto come un lavoratore serio, impegnato, responsabile. Certamente, dicono, era un ragazzo sensibile. Non ha retto, però, alla disperazione di un posto di lavoro tanto agognato, che una volta raggiunto gli è stato tolto senza motivo, solo due giorni fa.

DECRETO TAGLIA CATTEDRE

Il giorno dopo la presentazione del decreto taglia-cattedre i sindacati della scuola confermano l'adesione allo sciopero unitario del pubblico impiego previsto per il prossimo 15 febbraio. Il decreto produrrà 8 mila e 500 i docenti in meno per il prossimo anno. In dettaglio: 2.500 nelle elementari, 2.000 nelle medie e 4.000 nelle superiori. Inoltre 12 mila sono i tagli previsti per il 2003 e 36 mila per il 2004. Il totale fa 56.000 cattedre in meno entro il 2004. Almeno il doppio, sostengono i Cobas che - il 15 - sfileranno in corteo da piazza Esedra a San Giovanni. La riduzione dei posti - affidata ai direttori regionali ma "guidata" da una tabella di priorità redatta dal ministero dell'istruzione - prevede soprattutto tagli al tempo pieno e accorpamento delle classi nelle superiori.

UNIVERSITARI MANIFESTANO A "ROMA TRE"

Dal primo settembre prossimo salteranno altri 8.500 posti di lavoro grazie ai tagli della finanziaria. La cifra è il preludio di una strage nell'organico che, fra due anni, avrà causato 36mila vittime, ossia il 15% del monte-insegnanti. Il 31 gennaio centinaia di studenti in concomitanza con la sua partecipazione al solenne decennale del terzo ateneo della Capitale hanno manifestato attorno all'Ateneo. Gli universitari dei collettivi cittadini, e qualche "medio", sono partiti da Porta S. Paolo guidati da un gruppo di tute arancioni, lo stesso colore scelto dagli addetti del sito Virgilio-Matrix autori, lo scorso 24 gennaio, del primo sciopero reale di un'azienda virtuale. Gli arancioni spingevano sull'asfalto dei carrelli di supermercato a simboleggiare il sapere ridotto a merce tra le merci e sottratto, dai processi di riforma in corso, alla sfera dei diritti. Questa parola d'ordine del "sapere non in vendita" è stata la costante del corteo: scritta sullo striscione di apertura, stampata tra codici a barre su centinaia di volantini e ripetuta dal telone che scendeva dalle finestre di una delle facoltà lambite dalla manifestazione: «L'istruzione non si vende, la pace non si compra». Lungo la strada si fermano sotto il mastodontico gazometro dove c'è la sede dell'Italgas occupata dal giorno prima. Poi si fischia alla volta della filiale dell'Adecco, agenzia di lavoro interinale.

UN'ALTRA STORIA DI LICENZIAMENTI E DI ART. 18

Protagonista, Paolo Sabatini, sindacalista del Sin. Cobas. La storia di Paolo comincia all'inizio degli anni '80 quando l'azienda, la Videocolor di Anagni, cerca di colpire un gruppo di lavoratori "dissenzienti". Comincia con una cinquantina di provvedimenti di cassa integrazione, poi passa alle multe e ai provvedimenti disciplinari, dopodiché arrivano i licenziamenti, tutti sotto forma "individuale" e il "passaggio" ad altra fabbrica, la Gepi. In quarantotto si oppongono al provvedimento in base all'articolo 18 e il pretore dà loro ragione. «Da tenere presente - sottolinea Paolo - che anche con l'articolo 18 è sempre il lavoratore che deve provare l'illegittimità del provvedimento». La sentenza, però, arriva soltanto dopo due anni. Per tutta risposta la Videocolor non ottempera alla sentenza e paga Paolo e i suoi colleghi per stare a casa. Solo successivamente ottengono il reintegro effettivo ma vengono "confinati" in un reparto distante dalla fabbrica. Soltanto dopo 12 anni riescono a "rientrare" nel posto di lavoro originario. «In tutti questi anni la conflittualità alla Videocolor ha avuto un drastico ridimensionamento». sottolinea Paolo. «Bisogna continuamente vigilare - aggiunge - perché anche se dovessimo riuscire a tenere l'attacco all'articolo 18 c'è sempre in agguato, e le vicende delle ultime settimane lo dimostrano, la pressione sui giudici».

I SINDACATI BOLIVIANI DICHIARANO SCIOPERO GENERALE

La Confederazione sindacale unica dei contadini della Bolivia (Csutcb) ha indetto uno sciopero generale a tempo indeterminato, decretando la sospensione dei rifornimenti agricoli a tutte le principali città e minacciando di punire chi si rifiuterà di aderire alla sospensione dalle attività lavorative. I contadini protestano contro la distruzione delle coltivazioni di coca, spesso unico sostentamento delle popolazioni andine. In una nota diffusa mercoledì, il leader della Csutcb, Felipe Quispe, alias "El Mallku" (capo supremo in lingua autoctona), ha invitato tutti i campesinos a partecipare alla mobilitazione organizzando blocchi stradali. «A nessun veicolo sarà consentito circolare - ha aggiunto il dirigente indigeno - in caso contrario fermeremo e bruceremo tutte le auto che transiteranno». "El Mallku" ha inoltre annunciato la formazione di una sorta di esercito contadino. «Abbiamo bisogno di uomini e donne dai 18 ai 50 anni, a cui sarà affidato il compito si sorvegliare le dimostrazioni». Quispe ha lanciato poi un vero e proprio ultimatum contro tutti i funzionari corrotti e «nemici» degli indios.

 

2 febbraio 2002

 

INAIL: NEL 2001 MENO INCIDENTI MORTALI

Nel 2001 sono diminuiti gli infortuni sul lavoro. O quanto meno, sono diminuiti gli infortuni denunciati all'Inail. L'Istituto ha fatto anche sapere che sono diminuiti i casi mortali dipendenti da infortuni sul lavoro. Le cifre, tuttavia, rimangono estremamente elevate: in soli dodici mesi dai comparti industria, commercio e servizi, sono stati denunciati 872.929 infortuni, il 3,5% in meno rispetto agli oltre 904 mila del 2000. I caso mortali, invece, sono stati 1.135 con una flessione dell'1,9% rispetto ai 1.135 dell'anno precedente. Per quanto riguarda i casi mortali, sottolinea l'Inail, "si rileva un calo complessivo inferiore alle aspettative dovuto a un aumento degli infortuni "in itinere", passati da 127 del 2000 a 154 nel 2001". Questo significa, però, che per avere un quadro certo dei morti nell'anno appena passato, occorrerà attendere "il consolidamento dei dati del 2001". La flessione degli infortuni (-10,1%) e dei casi mortali (-22%) interessa anche l'agricoltura. E in questo settore, "per la prima volta dal dopoguerra si assiste a un arresto della perdita di posti di lavoro e si registra un lieve incremento dell'occupazione" (+0,5% pari a 6-7 mila unità). Complessivamente, sono stati circa 770 mila i nuovi lavoratori iscritti all'Inail nel 2001, secondo le denuncia nominativa degli assicurati. Di questi, oltre 100 mila sono lavoratori extracomunitari. Quanto alla tiplogia del contratto, quasi 642 mila sono le nuove assunzioni a tempo indeterminato e 126 mila quelle a tempo determinato.

ALITALIA; ESUBERI

E' di 1.691 unità il numero degli esuberi Alitalia ricalcolato sulla reale forza lavoro presente in azienda al 31 dicembre 2001. Lo dice una nota diffusa ieri dall'Alitalia. La società "smentisce ogni ipotesi di modifica dei parametri concernenti il costo del lavoro, i cui parametri complessivi rimangono quelli indicati dal Piano industriale 2002-2003". Con la nota diffusa ieri, la compagnia di bandiera fa sapere che dal momento dell'approvazione in novembre del Piano industriale per il biennio successivo (che è stato poi accettato dai sindacati con l'accordo siglato il 23 gennaio a Palazzo Chigi) ha già ridotto il personale di 400 unità. Infatti, nel Piano si indicava la cifra di 2.101 esuberi complessivi. Intanto sono rientrate le previste azioni di protesta del personale Alitalia dell'aeroporto di Alghero che intendevano bloccare lo scalo e occupare gli aerei. La revoca dell'agitazione è stata presa in seguito alla notizia dell'impegno assunto con l'Enac dall'Air One per il riassorbimento del personale delle compagnie Alitalia, Volare e Meridiana che in precedenza operavano sulle direttici ora assegnate ad Air One. I dipendenti Alitalia hanno anche sospeso lo sciopero della fame iniziato giovedì, ma nello scalo di Alghero-Fertilia rimane un presidio per informare i passeggeri sulle difficolta provocate del regime di monopolio sulle rotte della continuità territoriale che concede sovvenzioni solo ad alcune compagnie, tagliando di fatto alle altre la possibilità di effettuare i collegamenti.

CRESCE IL LAVORO ATIPICO

Secondo un Rapporto Nidil (sindacato CGIL che cerca di cavalcare il settore oiuttosto che lottare per il suo superamento) il 9 per cento dei contratti sono di "collaborazione continuativa".

Nella categoria onnicomprensiva del lavoro atipico frutto dei processi di flessibilizzazione dei rapporti di lavoro, spicca la presenza dei Co. Co. Co. (contratti di collaborazione continuativa) che in base ai dati Inps rappresentano oramai oltre il 9% del lavoro dipendente. Una percentuale non indifferente, concentrata sopratutto al nord, fatta di lavoratori e lavoratrici condannati alla precarietà eterna, all'assoluta assenza di tutele e diritti, a redditi che è poco definire miserabili. Manodopera usa e getta, a bassa specializzazione e senza altra prospettiva che quella dell'attesa spesso vana di stabilità. Da questo rapporto si evince che non così certo che il futuro dell'occupazione debba, per i padroni, essere totalmente vincolato a rapporti di lavoro precari. Sono le stesse aziende a preferire rapporti lavorativi stabili e duraturi, la flessibilità che la Confindustria quotidianamente reclama, sembra riguardare molto più l'opportunità di avere mano libera sui licenziamenti che tipologie di contratto predeterminate. Sono ancora una volta i dati Inps a illustrare come l'esile calo della disoccupazione sia dovuta soprattutto ad assunzioni tradizionali o, al masssimo, a contratti a termine che, sostituendo il periodo di prova, sono a volte un viatico di ricatto al "tempo indeterminato". Ciò non toglie che i Co. Co. Co. che riguardavano al primo semestre del 2001 quasi 2 milioni di unità, rappresentano uno spaccato di società che anche l'Italia sta imparando a conoscere, quella dei poor working, persone, nuclei familiari, in cui il lavoro non è condizione sufficiente a oltrepassare la soglia di povertà. I dati del 1999 elaborati dall'Ires sono impressionanti nella loro crudezza: gran parte di questi lavoratori non raggiunge i 20 milioni annui di reddito e questo sfata il secondo dei tanti luoghi comuni, quello che vuole gli "atipici" ricchi e liberi dalla schiavitù dell'orario di lavoro. Le esperienze concrete raccontano di turni massacranti per pochi mesi a cui fa seguito l'inevitabile non rinnovo del contratto.

PROSEGUE LA LOTTA ALL'ITALGAS

Dopo l'occupazione della sede operativa di via del Commercio, saranno in via Torlonia lunedì pomeriggio dove è in programma un incontro con l'azienda. Lunghissima la lista delle loro rivendicazioni. Innanzitutto, il loro contratto è scaduto da più di 37 mesi. Le buste paga - denunciano i lavoratori - sono state decurtate con decisioni aziendali che di fatto disconoscono gli accordi locali, un vero e proprio furto. In pratica l'azienda sta cercando di ottenere un superamento strisciante della contrattazione di secondo livello, lasciando spazio, eventualmente, agli accordi sul premio di risultato. L'azienda, poi, vuole mano libera sull'assegnazione degli appalti (leggi esternalizzazione dei servizi considerati non strategici), mano libera sulla riduzione del monte ore sindacale, delle ore di assemblea, sull'"interpretazione" delle relazioni sindacali, limitate alla sola informazione. Non solo, l'Italgas intende rivisitare i provvedimenti disciplinari, restaurare l'orario di lavoro a quaranta ore e concedere meno ferie ai neoassunti e, a quelli più anziani, diluizione degli scatti di anzianità. Senza parlare, infine, della revisione delle varie indennità su straordinari, lavoro notturno e di cassa. Per quanto riguarda il contratto l'azienda intende riconoscere solo 16,5 euro per la vacanza contrattuale e un aumento futuro di circa 51 euro al mese (sempre lordi). Un livello che si attesta esattamente al 33% in meno a quanto riconosciuto, per esempio, nel comparto energia. Ora si capisce da dove Italgas tira fuori quei favolosi dividendi che ogni anno distribuisce ai suoi numerosi azionisti. C'è anche il rischio di un consistente taglio occupazionale. L'azienda parlano di un esubero, a livello nazionale, di 1.500 addetti su un totale di 6.400. A Roma gli esuberi dovrebbero aggirarsi intorno ai 300, su un totale di 1.200.

NEW HOLLAND: REINTEGRATO FRANCESCO

Fu ingiustificato il licenziamento nel luglio '97 di un operaio da parte della Fiat New Holland di Modena: l'ha deciso la sezione Lavoro della Corte d'Appello di Bologna che ha confermato il reintegro già deciso dal Pretore, oltre al pagamento di alcune mensilità non percepite dal lavoratore. Alla base del licenziamento, per l'azienda, c'era scarsa produttività: motivi sindacali, secondo l'operaio. Per Francesco Ficiarà, 31 anni, di Modena, è «la fine di un'odissea», iniziata oltre 4 anni fa. «Torno a lavorare - ha poi detto all'uscita dall'aula - per resistere a tutto quello che sta venendo avanti».

 

3 febbraio 2002

EX OLIVETTI DI SCARMAGNO

Lunga e affollata udienza, ieri mattina nel tribunale ad Ivrea, dove si sono presentati i duecento lavoratori e gli 11 manager dell'ex Op Computer di Scarmagno per la causa miliardaria intentata alla Olivetti, per la cessione della Op Computer, avvenuta nel '97. Chiedono che venga loro riconosciuta la «non interruzione» del rapporto di lavoro e pretendono un riconoscimento di 170 miliardi, poco più di 87 milioni di euro. L'appuntamento davanti al giudice del lavoro Andrea Piersantelli doveva servire per un primo tentativo di conciliazione, che è fallito. Troppo lontane le posizioni e il giudice ha aggiornato la causa al 25 maggio prossimo. I legali dei dipendenti hanno anche chiesto che venga dichiarata nulla la cessione del ramo di azienda, che sarebbe stata effettuata in contrasto con le norme di leggi. La vicenda giudiziaria era iniziata nel settembre dello scorso anno con il deposito del voluminoso ricorso

5 febbraio 2002

LIGABUE

Adr Fiumicino annuncia con un comunicato stampa la chiusura di Ligabue. Per i sindacati i due mesi di retribuzione fronteggiati da Adr era il «minimo» visto che l'alternativa era la riassunzione dei lavoratori Ligabue. «Adr si è comportato da socio di minoranza anziché da gestore aeroportuale».

IMMIGRATI: 33.000 STAGIONALI

Il ministro del lavoro, Maroni, ha firmato il decreto che consente l'ingresso di 33 mila nuovi immigrati stagionali. Secondo Maroni il decreto farà in modo che alla fine del contratto questi lavoratori tornino nel paese d'origine. Per chi invece vuole lavorare in Italia a tempo indeterminato, dovrà aspettare ancora a lungo: bisogna approvare la legge e poi fare il decreto sui flussi.

CUT BRASILIANA COLPITA DA ATTENTATI

Solidarietà piena da parte di tutti i sindacati presenti a Forum Sociale di Porto Alegre alla Cut (la Central unica dos Trabalhadores), vittima domenica notte di un attacco armato alla sede nazionale di San Paolo. Interventi dei rappresentanti italiani di Cgil, Fim, Fiom, Cisl, Cobas, Cta argentina, Cnt uruguayana, Trade Unions astraliane, Atl statunitense, Cgt francese, e dei sindacalisti latino americani del Cono Sur. Un fatto preoccupante perché oltre ai danni materiali (dalla sede assaltata sono stati portati via 24 computer) alla Cut è stata rubata "la memoria" conservata dal sindacato. Questo è stato solo l'ultimo di una serie di gravi attentati contro il sindacato brasiliano, che proprio in questi giorni ha proclamato per il 21 marzo uno sciopero generale contro la riduzione dei diritti dei lavoratori garantiti dall'attuale legislazione, e per il diritto allo sciopero, alla giustizia e contro la violenza. E che segue - ricorda la stessa Cut - l'uccisione di decine di dirigenti sindacali, da quella di Aldanir Dos Santos, membro dell'esecutivo della Cut, ucciso con un colpo alla testa nel dicembre scorso a Rio de Janeiro, a quella dei sindaci di Campinas, Toninho, e di Santo André, Celso Daniel, entrambi del PT (Partito dos trabalhadores), nel tentativo di intimidire quanti lottano per i diritti dei lavoratori e per la giustizia sociale.

TESSILI: SCIOPERO GENERALE

Uno sciopero generale da programmare a marzo e un pacchetto di quattro ore di astensione da gestire a livello territoriale nel mese di febbraio. In più, la sospensione di ogni straordinario e flessibilità dal primo febbraio scorso: queste le decisioni prese dai direttivi di Filtea-Cgil, Femca-Cisl e Uilta-Uil per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale si categoria per i circa 800 mila lavoratori del tessile abbigliamento e calzaturiero. Le tre organizzazioni sindacali reputano le offerte padronali ancora insufficienti.

ASSUNZIONI INTERINALI A MELFI

Sono iniziate alla Fiat di Melfi, da lunedì 4 febbraio, le assunzioni di 350 lavoratori interinali per un contratto che li impegna fino al 30 marzo prossimo. Così la Fiat-Sata di S. Nicola di Melfi raggiunge il massimo (8%)previsto dalla legge per contratti di questo tipo. La dirigenza aziendale ha giustificato le assunzioni interinali con la previsione di una salita produttiva nei prossimi mesi (circa 140 vetture al giorno) dovuta, tra l'altro, anche ai nuovi modelli messi in campo. Non è riuscita però a giustificare, negli incontri con le Rsu, la mancata assunzione in pianta stabile di molti lavoratori interinali liquidati nei mesi scorsi. "E' la dimostrazione che la Fiat sta bene e aumenta i suoi profitti - scrivono i metalmeccanici lucani della Cgil in un comunicato -. La Fiom della Basilicata invita tutto il sindacato ad unirsi affinché all'interno dello stabilimento si apra una fase caratterizzata dall'impegno di tutti che porti al rinnovo del contratto integrativo aziendale (scaduto da due anni), che riconosca a tutti i lavoratori gli aumenti salariali richiesti, un nuovo sistema di orari che superi la doppia battuta, e che realizzi la stabilizzazione dell'occupazione così come previsto dall'accordo di programma".

BRITISH AIRWAYS TAGLIA

La compagnia aerea British airways ha annunciato una perdita operativa di 187 milioni di sterline (circa 600 miliardi di lire) nel terzo trimestre, a causa della flessione della domanda di viaggi aerei dopo l'11 settembre. Per tentare di pareggiare i conti è stato deciso un taglio dei costi (personale in testa) dell'8,5%

ASSEMBLEA ROMANA DEI LAVORATORI ATESIA

Sistema alternativo e rivoluzionario, retribuzione equa e premiante, definita anche compensation. Questo è il linguaggio padronale all'Atesia, società di call center del gruppo Telecom, che fa immaginare chissà quali stupendi paradisi per 5 mila telefonisti. In realtà si tratta nient'altro che di un cottimo selvaggio quasi più di quello ottocentesco. La "compensation equa e premiante", appunto perché a cottimo, è un assegno da sudarsi ogni mese (salvo ferie e malattie, non retribuite), che va da 300-400 mila lire nette a uno-due milioni. Non c'è uno stipendio fisso, si viene pagati a singola telefonata: se in un giorno ricevi per esempio 10 telefonate, hai un netto di 14-15 mila lire, e tra viaggio e pranzo puoi anche rimetterci. I lavoratori dell'Atesia hanno cominciato a chiedere certezze (nell'ultima piattaforma chiedono una percentuale fissa) e escono dal posto di lavoro per parlare alla città e al territorio con un'assemblea pubblica presso il X municipio di Roma, e il 13 febbraio manifesteranno davanti alla Regione Lazio per chiedere alle autorità un intervento. I telefonisti Atesia hanno un contratto da collaboratori coordinati e continuativi, che dà loro pochissimi diritti. Prima di ottenere questo contratto, erano tutti con la partita Iva e dovevano pagare l'affitto della postazione. Poi hanno ottenuto la possibilità di non pagare più la postazione, ma l'azienda decide a ogni contratto quanto vale la singola telefonata, abbassando arbitrariamente la retribuzione. Ogni contratto vale al massimo tre mesi, e può essere rescisso in qualsiasi momento. In Atesia, ma in generale nei regni del precariato, ossia nei call center in particolare, si mostra la contraddizione per niente positiva della politica sindacale: "A noi questo lavoro piace - dice un delegato Nidil Cgil - il problema è che vorremmo renderlo meno precario, non abbiamo alcuna forza contrattuale, decide tutto l'azienda". Appunto, ma come si concilia la politica di cedimenti sindacali in merito al precariato, la costituzione stessa di sindacati di "categoria" con il fatto che "non si vuole essere più precari"? Da parte dei lavoratori non sindacalizzati si esprime la necessità di ottenere posto fisso e garanzie, da parte dei sindacalisti Nidil (sindacato di "categoria", di una categoria che vorremmo non esistesse!) si parla di "essere meno precari", si dice che "la flessibilità è un'altra cosa". Va fatta molta chiarezza su queste posizioni, che indeboliscono il fronte dei lavoratori e confondono le idee.

 

6 febbraio 2002

MICRON: CONTINUA LA SAGA

"Chiediamo che venga attuato e rispettato nella sua interezza l'accordo del 24-12-99 sull'orario di lavoro e ferme restando le 12 ore giornaliere e le 4 squadre viene richiesto: lo spostamento dei riposi compensativi nei soli turni notturni; che le nuove assunzioni vengano effettuate a part-time verticale con una turnazione di 2 notti e 6 giorni di riposo, per coprire i turni notturni; che per i lavoratori assunti a part-time verticale venga riconosciuta una integrazione salariale ulteriore pari al 20% della retribuzione; che attraverso la gestione dei lavoratori part-time siano risolti i problemi dei dipendenti nell'effettuazione dei turni notturni; che le future assunzioni a full-time vedano privilegiati i lavoratori con part-time verticale". Questi i passaggi essenziali della piattaforma integrativa presentata da Fiom, Fim e Fismic a tutti i dipendenti Micron. Dopo le assemblee farsa tenute in fabbrica, nelle quali tecnici e operators hanno dato il 93% dei voti all'accordo separato concluso dalla Uilm con l'azienda (il 7% sono stati nell'insieme i contrari e gli astenuti) in cui è stato sancito che per i prossimi 10 anni in fabbrica non si contratterà più, il sindacato di categoria torna sul problema dell'accordo integrativo e compie il gesto che doveva compiere. Manca ovviamente la firma della Uilm. Il documento è imperniato sulla "quinta squadra", che il sindacato chiede di configurare come lavoratori a part-time verticale con una turnazione di 2 notti e 6 giorni di riposo. Questi lavoratori prenderebbero un salario praticamente intero grazie a indennità di turno e l'integrazione del 20% richiesta. L'introduzione della quinta squadra, combinata con la richiesta di spostare i riposi compensativi nei soli turni notturni, ottiene secondo i calcoli di Fiom, Fim e Fismic di ridurre le notti dei lavoratori turnisti da due a una per settimana. Il ministero del Lavoro a ridosso dell'accordo del 24 dicembre 1999 (in cui venne sancito dalle parti il sistema di turnazione imperniato sulle 12 ore) si preoccupò di ricordare che bisognava "salvaguardare l'integrità psicofisica del lavoratore"; ma va considerato che dentro la clean room quei lavoratori devono starci ancora per 25 anni, per mettere insieme i contributi e andarsene in pensione. E' possibile fare due turni di 12 ore per 2 notti a settimana per 25 anni?

La piattaforma lascia capire due cose. La prima è che l'organizzazione del lavoro voluta da Micron come condizione per investire (4 squadre fisse e 12 ore) è lasciata sostanzialmente inalterata. L'altra cosa è la Uilm: non potrà essere d'accordo sulla piattaforma firmata Fiom, Fim, Fismic perché si è sempre detto contrario al part-time verticale. In senso procedurale non sembra esservi dubbio sulla nullità dell'accordo separato Micron-Uilm; come non c'è dubbio che il modo di votazione adottato è incompatibile con il diritto (almeno in Italia).

GERMANIA: MENO OCCUPATI. EUROPA: STABILI

Sale in Germania il numero dei disoccupati che in gennaio si attesta a quota 4,29 milioni, 326 mila circa in più rispetto a dicembre e 197 mila in più in confronto al gennaio 2001. Il mese scorso il tasso di disoccupazione è salito al 10,4% dal 9,6% di dicembre. Gli analisti avevano previsto questa crescita e precisato che per lungo tempo il numero dei disoccupati non scenderà sotto la soglia dei 4 milioni. In concomitanza con la pubblicazione delle statistiche mensili sulla disoccupazione, il governo ha adottato un provvedimento che potrà reinserire nel mercato del lavoro non più di 30.000 persone: una goccia nel mare, visto che a gennaio, in confronto all'anno precedente, ci sono 326.000 disoccupati in più. Sono stati stanziati 43,5 milioni di euro per estendere a tutta la Germania un modello di fiscalizzazione degli oneri sociali già sperimentato nella Renania-Palatinato per i redditi più bassi. Si tratta di rendere più appetibili lavori pagati meno di quanto si percepisce con i sussidi di disoccupazione e con gli assegni sociali. In Germania, metà dei contributi assicurativi per sanità e pensione è a carico dei lavoratori. Lo stato si addosserà interamente questa quota per salari mensili di 325 euro, i contributi scenderanno gradualmente a zero oltre gli 897 euro. Per persone sposate o per coppie di fatto vale un tetto di 1707 euro, calcolato sulla somma dei redditi. Questa misura mira a rendere più conveniente l'accettazione di un basso salario a quei disoccupati che, riprendendo a lavorare, perderebbero l'assegno sociale per i figli.
Resta fermo nel dicembre 2001 il tasso di disoccupazione in Eurolandia, per il quarto mese consecutivo all'8,5%. Invariata rispetto a novembre anche la quota dei senza lavoro nell'Ue (7,8%). Lo rivela l' Eurostat precisando che nel mese di dicembre, in Eurolandia c'erano 11,7 milioni di disoccupati, nell'Ue 13,6 milioni. L'ultima cifra relativa all'Italia risale al mese di ottobre e si attesta sul 9,3%. I dati evidenziano che il più alto tasso di disoccupazione riguarda la Spagna (12,9%), seguita dalla Francia (9,3%) e dalla Finlandia (9,1%).Il più basso tasso di disoccupazione (2,5) riguarda il Lussemburgo.

GFT TAGLIA I POSTI DI LAVORO

Si è riaperto il tavolo di crisi per la chiusura di Gft, il gruppo finanziario tessile torinese che fa capo all'Hdp di Cesare Romiti. Il prefetto di Torino Achille Catalani ha incontrato i sindacati, le istituzioni e i vertici dell'azienda per trovare una soluzione alternativa al licenziamento di 450 dipendenti. L'azienda sarebbe disponibile ad occuparsi della ricollocazione del personale con una vendita non soltanto del marchio - stabilito per le firme Sazhà e Revedi, in dirittura d'arrivo per Valentino e Facis - ma di tutta la struttura. Una magra consolazione. Intanto le parti in causa avvieranno tutte le operazioni necessarie per l'utilizzo degli ammortizzatori sociali.

ALITALIA E MERIDIANA: LAVORATORI CONTRO I LICENZIAMENTI

Ilavoratori dell'Alitalia e di Meridiana che rischiano il licenziamento sono sul piede di guerra. I sindacati, che hanno proclamato lo sciopero dei lavoratori del trasporto aereo in Sardegna per il 19 febbraio, chiedono l'impegno del governo per evitare gli esuberi a Cagliari e Alghero. L'Enac ha comunicato alle compagnie la possibilità di assicurare i collegamenti fino a domenica prossima. Entro la settimana si dovrebbe concludere il passaggio del personale dalle due compagnie ad Air One che ha vinto il bando. E' prevista l'assunzione di 42 dei 55 lavoratori di Meridiana a Cagliari e di 36 su 72 di Alitalia ad Alghero. Rimane pertanto il problema degli altri dipendenti e degli "stagionali".

GRAN BRETAGNA: BT CELLNET 1900 LICENZIAMENTI, DYSON 800 LICENZIAMENTI

Bt Cellnet taglia altri 1900 posti di lavoro. L'ha annunciato ieri MMO2, la società di telefonia cellulare che ha deciso di staccarsi da British Telecom lo scorso novembre. Gli esuberi vanno ad aggiungersi ai 400 posti già tagliati lo scorso anno e alla conferma della decisione di chiudere oltre un terzo dei negozi in Inghilterra. La compagnia ha anche annunciato che eliminerà 500 posti di lavoro negli stabilimenti tedeschi. I nuovi tagli, secondo i vertici, dipendono dalla necessità di ridurre i costi. Altri 800 lavoratori sono destinati a rimanere forzatamente a casa dopo l'annuncio che Dyson, la compagnia britannica che ha inventato gli aspirapolvere senza sacchetti, ha deciso di trasferire il suo stabilimento in Malesia. Un dato per tutti: un lavoratore inglese costa 11 sterline e mezzo l'ora (circa 35mila lire), mentre un lavoratore malesiano costa 1 sterlina e mezza l'ora (circa cinquemila lire).

LAVORO NERO: COLF

Una ricerca per scoprire Eurispes ha scoperto che essendo solo 227.249 i collaboratori domestici registrati all'Inps, significa che in Italia 4 colf su 5 lavorano in nero. Le stime infatti parlano di almeno 800.000 persone impiegate nel lavoro domestico. Detto questo, i dati della ricerca si sono soffermati ad analizzare solo quella fetta minoritaria di lavoratori assunti. Scoprendo che il 59,1% di chi lavora dalle 36 alle 45 ore alla settimana è di nazionalità straniera, mentre le colf italiane lavorano meno ore e per arrotondare le altre entrate familiari. Fra gli stranieri (regolari), la maggioranza proviene dall'Asia (48.871) e tra questi ben il 75% è di nazionalità filippina. Gli irregolari che lavorano in nero invece (almeno 600.000 persone) restano un fenomeno ancora tutto da indagare. Intanto, il nuovo contratto di lavoro domestico prevede colf e baby sitter in affitto. La principale agenzia dell'interinale in Italia, sta già cercando 2.000 persone da far lavorare a tempo come collaboratrici familiari.

ACCORDO TRUFFA NEL PUBBLICO IMPIEGO: REVOCATO LO SCIOPERO DEL 15 FEBBRAIO

Una vittoria per alcuni, un vero e proprio "trappolone" per altri. Certo, quella varata l'altra notte a palazzo Vidoni più che un accordo sindacale è una cambiale che il governo ha firmato per tentare di depotenziare lo scontro sociale. In due parole, il classico accordo "democristiano" che mentre da una parte accontenta alcuni, riadeguando le buste paga ai livelli di inflazione, dall'altra passa la patata bollente a chi verrà dopo. Lo sciopero generale previsto per il 15 febbraio è stato revocato. A questo "protocollo d'intesa", che interessa qualcosa come tre milioni e mezzo di lavoratori dei vari comparti pubblici, manca innanzitutto

un elemento fondamentale, la copertura. Il governo si è impegnato a trovare i circa 1.300 miliardi, ma solo a partire dalla prossima finanziaria. Tremonti l'ha detto molto chiaramente. Pur contenendo una quota di produttività, circa l'1%, non è detto che vada a tutti. Criteri e modalità, per Sanità ed Enti locali, per esempio, devono ancora essere stabiliti.

Quante cambiali dovranno firmare gli Enti locali e la regioni, per la Sanità, per coprire gli oneri del rinnovo contrattuale a loro carico? Tra produttività, recupero dell'inflazione e inflazione programmata arriviamo alle 195mila lire "medie". Cgil, Cisl e Uil sbandierano come una vittoria più che altro il primo punto del protocollo, quello che riabilita la concertazione. «E' stato sconfitto - sottolinea Guglielmo Epifani - il disegno di centralizzare la contrattazione». Questo la dice lunga su quale terreno si stanno muovendo i confederali.

Il presidente di Confindustria Antonio D'Amato ha fatto capire quale è il centro del problema: «Il nuovo contratto sul pubblico impiego è oneroso. Chiediamo al governo una contropartita: i pubblici dipendenti diano prova di maggiore produttività, così come prevede la politica dei redditi del '93». Anche il governo chiede a sua volta una contropartita ai sindacati. «E' un gesto da parte nostra di grande attenzione - sottolinea Antonio Marzano, ministro delle Attività produttive -. Speriamo che la stessa sensibilità sia manifestata dal sindacato». La contropartita è l'articolo 18. Il segretario della Cisl sottolinea il «significativo» apporto del vicepremier Gianfranco Fini.

Per Giampaolo Patta, della segreteria nazionale della Cgil, «i contratti sono ancora da scrivere, e quindi la mobilitazione è permanente». «Questa sul pubblico impiego è solo una parte, l'articolo 18 rimane in piedi e lo sciopero generale è inevitabile». Per Giorgio Cremaschi, neosegretario nazionale della Fiom, con la firma dell'accordo per i contratti pubblici la Cgil «è cascata in una trappola, ora spetta al congresso decidere lo sciopero generale contro le modifiche all'articolo 18». «Saranno i lavoratori e le organizzazioni di categoria - ha detto Cremaschi - a giudicare i contenuti di quell'accordo sul quale per ora non voglio entrare.

Il protocollo d'intesa contiene alcune novità sul delicato capitolo della previdenza. Modificando il contenuto della delega, infatti, il governo recepisce «contestualmente con il settore privato» lo smobilizzo del rateo annuale del Tfr anche per i dipendenti pubblici, al quale si aggiunge il superamento del divieto di cumulo.

Difficile quantificare al momento l'entità dello smobilizzo, (i dipendenti pubblici non hanno il trattamento di fine rapporto), ma una stima attendibile sulla riforma dell'istituto della buonuscita indica in 700 milioni di euro (1.360 miliardi di lire) l'onere finanziario.

IL SINDACALISMO DI BASE RIGETTA L'ACCORDO E CONFERMA LO SCIOPERO

Non piace ai sindacati di base l'accordo sul rinnovo del contratto del pubblico impiego e della scuola. I Cobas confermano lo sciopero previsto per il 15 febbraio prossimo. E così fanno pure le Rappresentanze di base. Un comunicato definisce l'accordo come una «truffa» che ha spinto Cgil, Cisl e Uil a «mettere da parte i propositi bellicosi e a riscoprire la loro vera natura concertativa». In particolare, per quanto riguarda la scuola, si legge in un comunicato, l'aumento previsto dall'accordo non risponde agli standard «europei» e «cade all'indomani del provvedimento che taglia decine di migliaia di cattedre e posti di lavoro». Il Sin. Cobas, ugualmente critico, parla di accordo in cambio di «un piatto di lenticchie». Lo sciopero del 15 è confermato. Anche le Rappresentanze di base respingono l'accordo sul pubblico impiego. Nel metodo, perché si sono visti escludere dalla convocazione, e nel merito, «perché l'elemosina tirata fuori dall'esecutivo non si avvicina nemmeno lontanamente alla cifra dei salari europei». Contraria all'accordo anche la Cub-Scuola che in comunicato ribadisce lo sciopero del 15 febbraio.

EX ISEF: DIPENDENTI IN LOTTA

Undici dipendenti dell'ex Isef (Istituto superiore per l'educazione fisica) di Catanzaro si sono incatenati ieri alla cancellata che circonda il palazzo della Giunta regionale di centrodestra della Calabria. La protesta è scattata dopo il licenziamento dei manifestanti deciso dai vertici dell'istituto che da marzo cesserà di esistere in conseguenza della riforma universitaria con la quale sono stati istituiti i corsi di laurea in scienze motorie. Gli undici lavoratori avevano finora lavorato come addetti al servizio di portineria nella casa dello studente. Altri licenziamenti potrebbero scattare a breve. La vertenza, infatti, riguarda complessivamente 48 persone, tutti dipendenti dell'istituto. Gli undici lavoratori licenziati hanno comunicato di essere pronti ad iniziare lo sciopero della fame in mancanza di risposte.

SCIOPERANO GLI ADDETTI ALLE PULIZIE IN FERROVIA

Quarantotto ore di sciopero per costringere imprese, ferrovie e governo ad aprire un tavolo di trattativa. La situazione dei lavoratori delle pulizie e supporto ai treni è emblematica di quale jungla potrebbe diventare il mercato del lavoro se saranno attuate le "riforme" abbozzate nel "libro bianco" di Maroni. Il 21 di questo mese le Fs sono intenzionate a far partire i nuovi appalti, che prevedono una riduzione media del 30% dei costi. Il tutto senza aver mai neppure cercato un dialogo con i sindacati, ma soprattutto senza che si sappia neppure quanti saranno i lavoratori impegnati nelle varie imprese che si sono aggiudicate le assegnazioni. Il quadro è quello di una precarizzazione totale del rapporto di lavoro, cancellando diritti acquisiti (come l'anzianità di servizio, con riflessi sull'entità del tfr, ecc) senza peraltro neppure porsi l'obiettivo della "qualità" del servizio di pulizia. Già ora i treni risultano largamente sporchi; una riduzione dei costi (e del personale) intorno al 30% non potrà certo migliorare la situazione. L'agitazione avrà inizio con il turno di notte del 17 febbraio per concludersi alla fine del turno pomeridiano del 19. Nel frattempo tutte le strutture territoriali sono state invitate a promuovere inziative di ogni genere a supporto della vertenza. Nei giorni scorsi numerose stazioni sono state temporaneamente occupate dai lavoratori (Torino, Cagliari, Messina, ecc). In altri dipartimenti è stato messo in opera lo "sciopero bianco" (l'applicazione integrale dei regolamenti), con relativo blocco dei treni.

PENSIONI AI LICENZIATI POLITICI

A ricordare il clima vissuto in Italia nel dopoguerra, è intervenuta l'approvazione della legge che consente ai dipendenti della pubblica amministrazione licenziati per motivi politici sindacali o religiosi di ricostruire la posizione assicurativa ai fini della pensione. Un atto di giustizia per le migliaia di licenziati tra il 1946 e il 1966 dai ministeri dell'Interno e della Difesa, dalle Poste e dalle Ferrovie. Le domande vanno presentate agli enti previdenziali entro il 30 giugno 2002.

DAL SENEGAL ARRIVANO I PESCATORI

Arriveranno dal Senegal i pescatori che mancano per garantire il futuro del settore ittico in Friuli-Venezia Giulia e in particolare nel golfo di Trieste. Un accordo è stato firmato a Dakar da Guido Doz, responsabile di Agipesca regionale, per una trentina i pescatori professionisti senegalesi che tra circa due mesi faranno parte dell'organico delle cooperative friulane. «Si tratta - ha spiegato Doz - di persone con un livello di esperienza di mare superiore alla nostra, abituati a navigare per giorni senza bussola, guardando solo le stelle, ed esperti in cucitura di reti». Che questo significhi che le società proprietarie dei pescherecchi taglieranno i costi per la strumentazione?

 

7 febbraio 2002

 

REEBOK PRIMA TI SFRUTTA E POI TI PREMIA

Una sindacalista indonesiana ha rifiutato il premio Reebok per i Diritti umani perché la multinazionale statunitense sfrutta i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo. Dita Sari, che dirige il Fronte nazionale per la lotta dei lavoratori indonesiani, con 22mila iscritti, ha annunciato ieri che dopo avere meditato a lungo non accetterà i 50mila dollari previsti dal riconoscimento. Sari, 29 anni, quando aveva ne solo 21 sfidò l'allora dittatore Suharto dando vita a un'organizzazione sindacale indipendente e fu arrestata. «Come sindacato lottiamo per ottenere ciò che pensiamo i lavoratori debbano avere: salari giusti, migliori condizioni di lavoro e un futuro per i propri figli», ha spiegato la giovane sindacalista. La cerimonia di consegna dei premi - con la Sari sono state scelte altre tre attiviste dei diritti umani in tutto il mondo - è prevista per oggi a Salt Lake City, dove si svolgono le Olimpiadi invernali, alla presenza dell'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu e di Robert Redford.

FRANCIA: BOVE' CONDANNATO PER ASSALTO A UN MCDONALD'S

La Corte di cassazione francese ha confermato la condanna a tre mesi di carcere a cui era stato condannato in prima istanza e in appello il leader della Confédération paysanne, José Bové, per l'assalto al McDonald's di Millau il 12 agosto del `99. Ma ieri sera Bové, che ha già scontato 19 giorni di carcere preventivo, non è stato messo in prigione: sarà il giudice dell'applicazione delle pene a decidere quale forma prenderà questa condanna. E' possibile anche una sospensione della pena o una sua sostituzione con un lavoro socialmente utile. A Millau, circa duecento persone si sono riunite per sostenerlo, in attesa della decisione della Cassazione. Un boato ha accolto la conferma della pena. Bové ha ribadito che la distruzione simbolica del cantiere di costruzione del McDonald's era "un atto di necessità", in risposta alla sovratassazione da parte degli Stati Uniti di alcuni prodotti europei, tra cui il formaggio Roquefort che Bové produce, come ritorsione per la decisione dell'Unione europea di bloccare le importazioni di carne agli ormoni made in Usa.

POLONIA: MUOIONO 10 MINATORI

Sono almeno dieci le vittime per un'esplosione di gas metano nell'impianto di estrazione del carbone di Jastrzbeie Zdroj, circa 300 chilometri a sud di Varsavia. All'esplosione sarebbero sopravvissuti 37 dei minatori che in quel momento si trovavano sul posto; di questi, uno è gravemente ustionato ed un altro ha riportato varie fratture. La tragedia è avvenuta intorno alle 5 del mattino, quando a 770 metri di profondità è scoppiata una carica mentre i minatori stavano piazzando l'esplosivo per un'esplosione controllata. Non è chiaro cosa abbia innescato lo scoppio, se una fuga di metano o altro.

LICENZIAMENTI

Licenziare per furto è una giusta causa, ma se il lavoratore è innocente? E' accaduto a a Patrizio Colagrande, 30enne operaio di Mozzate (Co) licenziato per il furto di una busta contente banconote straniere all'interno della Sebi, la ditta dove lavorava. Contro di lui però nessuna prova concreta, tanto che il procedimento penale a suo carico è stato archiviato. Il giudice del lavoro di Como ha esaminato il ricorso presentato da Colagrande e ha invitato le parti a raggiungere un accordo, vista l'assenza di prove sulla colpevolezza dell'uomo. L'azienda ha accettato di versare all'ex dipendente 8.500 euro, ottenendo la consensuale recessione del contratto di lavoro.

SPAGNA: DISOCCUPAZIONE IN CRESCITA

Cresce la disoccupazione in Spagna. Secondo i dati diffusi dal ministero del lavoro di Madrid, il tasso di senza lavoro si è attestato al 9,68% contro il 9,23% del dicembre scorso. Il numero di iscritti nelle liste di collocamento è aumentato del 4,88% nel mese di gennaio rispetto a quello di dicembre (pari a 76.884 disoccupati), portando la media nazionale al 9,8% della popolazione attiva. Gli analisti sottolineano che si tratta del maggior aumento mensile della disoccupazione da quando è al governo José Maria Aznar: le regioni più colpite dall'aumento sono Madrid, Valencia e Andalusia. Secondo il giornale El Pais "l'inizio del 2002 non sembra puntare a un cambio di tenenza". Il vicepremier e ministro dell'Economia, Rodrigo Rato, ha concesso che le cifre "non sono un dato positivo", ma ne ha minimizzato l'impatto, ponendole nel contesto dell'economia europea attuale.

MELFI: USO ILLIMITATO DEL LAVORO PRECARIO

Alla Fiat di Melfi prosegue la precarizzazione del lavoro (ultimi 350 interinali con un contratto di due mesi). Pasquale, 22 anni, dopo 16 mesi di interinale si è visto sbattuto fuori (insieme ad altri 150 giovani). "E' una tattica che la Fiat usa da tanto tempo, dice, assume con brevi contratti centinaia di giovani, poi rimanda tutti a casa con l'accortezza di chiamare per il turno successivo una parte di `vecchi', scelti tra chi è stato più ligio al lavoro, cercando di assumerne in pianta stabile il meno possibile. E temo che, con l'appoggio anche del governo, la Fiat non farà più contratti a tempo indeterminato. D'altra parte questi contratti per la Fiat sono una manna. Tutti cercano di lavorare il più possibile nella speranza di essere `promossi', qualsiasi sindacalizzazione è inimmaginabile, si lavora anche malati".

Per Giuseppe Cillis, segretario lucano FIOM "la storia di chiamare 600 interinali e poi licenziarne 450 deve finire. Nell'indotto fa anche di peggio: in alcune fabbriche si sono assunti lavoratori addirittura per 2 o 3 giorni". L'assemblea FIOM Lucana si è conclusa con la richiesta di salari uguali a quelli dei lavoratori di tutto il gruppo, superamento del massacrante lavoro notturno, di due settimane consecutive e lotta alla precarizzazione.

ARGENTINA: TAGLI E DISOCCUPAZIONE

Piano piano il governo peronista del presidente Eduardo Duhalde gioca la carta dell'ortodossia economica, nel tentativo di recuperare la confidenza ( e i crediti) dell'America e del Fondo monetario, e quella della divisione politica, nel tentativo di impedire il ricongiungimento della protesta della classe media fregata dalla confisca dei depositi bancari e dell'esercito di disoccupati che non cessa di aumentare. Il ministro dell'economia Jorge Remes Lenicov ha aggiornato i dati sulla disoccupazione: dal 18% è già al 22%.

La legge finanziaria per il 2002, inviata martedì al Congresso, prevede nuovi, e drastici, tagli di spesa. Il progetto si propone una spesa totale di 38 miliardi di pesos - quasi 19 miliardi di dollari ora che la parità è saltata -, ossia il 22.5% in meno di quanto era stato previsto alla fine dell'anno scorso dall'allora ministro dell'economia, Domingo Cavallo, nell'ambito del mitico "deficit zero". Remes Lenicov spera che con i 3.5 miliardi di pesos tagliati, il 6% in meno di spesa pubblica primaria, si possa restringere il deficit di bilancio, che l'anno scorso ha toccato i 10 miliardi. Anche se questo comporterà l'aggravamento della recessione economica: dopo 4 anni di indici negativi, anche per il 2002 le previsioni sono di un "meno 5%". Ma questa, ha detto, è "l'unica strada" per compiacere le pressioni di Fmi, America ed Europa.

A pagare il conto, per il momento sembra saranno soprattutto i piccoli risparmiatori della classe media e le masse lavoratrici sempre più espulse dal lavoro. Per il 16 febbraio è stata convocata una "grande concentrazione di popolo" davanti alla Casa rosada.

MESSICO: CHIUSURA DELLE FABBRICHE "CACCIAVITE"

Almeno 200 mila posti di lavoro sono andati perduti negli ultimi mesi in Messico, al confine con gli Stati uniti, per la chiusura di "maquiladoras" a causa della recessione economica Usa e degli effetti degli attentati dell'11 settembre (controlli, rallentamento, sigillo dei valichi). Il numero dei lavoratori messicani nelle officine di assemblaggio piazzate dalla parte sud dei 3200 km di frontiera comune con gli Stati uniti è caduto da 1.5 milioni a 1.3 milioni, ma i licenziamenti continuano. La crisi, per la prima volta in un decennio, ha colpito tutti i settori: industriale, automobilistico elettronico, abbigliamento, alimentazione. Già un centinaio di maquiladoras hanno chiuso i battenti mentre altre stanno operando a scartamento ridotto (come ad esempio la Ford). Solo a Ciudad Juarez, 45 mila dei 257 mila lavoratori della maquila hanno perso il lavoro e i 100-120 dollari al mese di salario. Le maquiladoras sono cresciute a una media del 14% l'anno dall'83 fino al 2000 e rappresentano il 29% del totale dei posti di lavoro nel settore manifatturiero del Messico. Ma dipendono totalmente da come vanno le cose negli Stati uniti. Bisogna che i messicani abbiano pazienza: non sono state aperte proprio a questo scopo a sud del Rio Grande?

 

8 febbraio 2002

 

GRAN BRETAGNA: ORARIO DI LAVORO LUNGO

Sono almeno 4 milioni (pari al 16%) i cittadini che lavorano più di 48 ore alla settimana. Ma quasi un milione e mezzo lavora 55 ore e un lavoratore su venticinque arriva addirittura ad una settimana di oltre 60 ore. Sono alcuni dei dati resi noti al convegno organizzato dalle unions britanniche rappresentate dal Trade union congress. E' stato presentato un rapporto che fornisce tutta una serie di informazioni dedicate ai lavoratori sulla legislazione sull'orario. Specialmente in relazione alla direttiva europea (recepita nel `98) e a nuove regole che dovrebbero se non altro rendere estremamente più rigido il limite massimo di 48 ore di lavoro alla settimana.

Il Regno unito è il paese europeo con l'orario di lavoro più lungo e l'unico che consente ai datori di lavoro (previo il consenso dei dipendenti) di non rispettare il limite delle 48 ore. In media, hanno detto i sindacati, un lavoratore britannico lavora più di 43 ore alla settimana, mentre la media europea è di circa 40. Entro il 2003 l'Unione europea spera di riuscire a far abbandonare alla Gran Bretagna almeno la norma che consente di ignorare così facilmente il limite delle 48 ore. Infatti, come sottolinea anche la ricerca del sindacato, questa norma ha consentito di fatto ai datori di lavoro britannici di ignorare la direttiva europea sull'orario. Il 47% delle aziende hanno utilizzato la clausola soprattutto per alcuni settori di lavoro. Tra le industrie medio/grandi la percentuale delle aziende che ha optato per ignorare il limite delle 48 ore sale addirittura al 71%.

"Il lungo orario di lavoro - ha detto Monks - è causa di malattie, stress e problemi familiari. Ma la cosa peggiore è vedere come viene governato il lavoro in questo paese. Metà del Regno Unito è prigioniero di un circolo vizioso: salari bassi, scarsa produttività, orario lunghissimo". Le tanto decantate iniziative del governo per promuovere la flessibilità si sono rivelate un fallimento: la stragrande maggioranza dei lavoratori non specializzati dice di voler lavorare più a lungo o afferma di fare già molte ore di straordinario retribuito, nonostante una settimana lavorativa già lunga. Il motivo, conferma la ricerca, è la necessità di arrotondare salari molto bassi. In questo senso l'introduzione della minimum wage (il salario minimo), uno dei cavalli di battaglia del governo Blair, non ha modificato molto la situazione: il costo della vita rimane troppo alto rispetto all'entità del salario minimo.

ITALGAS

Continua la lotta degli operai dell'Italgas. Dopo l'occupazione di due notti e tre giorni della sede romana per ottenere il riconoscimento del premio di produttività, questa settimana i dipendenti hanno scioperato giornalmente per due ore secondo il pacchetto nazionale di 16 ore promosso da Cgil, Cisl e Uil. Lunedì tutto il Lazio incrocerà le braccia 8 ore per ricordare che da 3 anni 50.000 lavoratori delle 750 imprese del settore gas-acqua sono senza contratto e che da 5 non ricevono un aumento salariale. Per gli operai dell'Italgas oltre alle vertenze sindacali sui contratti nazionali si aggiunge il problema dei tagli dei posti di lavoro e della sicurezza nella manutenzione delle strutture. Sono arrabbiati e determinati i dipendenti nel denunciare la pesante situazione in cui si trovano ad operare e chiedono risposte concrete all'azienda. La precarietà della rete di distribuzione, venuta alla luce con la tragica esplosione a via Ventotene lo scorso 27 novembre, è endemica. L'epilogo tragico di una fuga di gas, non può essere imputato semplicemente alla negligenza di due tecnici, ma dipende dall'intero apparato di gestione della compagnia e dalle scelte amministrative di manutenzione. Dopo il decreto sulla liberalizzazione del mercato del gas nello scorso maggio, dell'allora ministro dell'industria di centrosinistra Enrico Letta, la società ha iniziato a contrarre le spese per gli investimenti sulle condutture e ha avviato una ristrutturazione interna del personale. Attualmente su 4.800 chilometri di tubature 1.200 sono nuovi.

L'azienda, secondo una convenzione del `91, si è impegnata a rimpiazzare solo 100 chilometri ogni anno: il monitoraggio sui restanti 3000 va troppo a rilento. Di questi poi, 600 chilometri sono ancora in ghisa e devono essere al più presto sostituiti con l'acciaio che è più flessibile e meno soggetto a crepe, ma l'Italgas non ne vuol sapere di operazioni aggiuntive a quelle concordate.

Come ricordano gli operai "sulla vita delle persone non si scherza" e pure il decreto sulla liberalizzazione, così come è pensato, tende ad aumentare la redditività delle imprese invece di offrire un servizio completo e sicuro ad un prezzo adeguato. L'azienda ha in previsione 1.500 esuberi in tutta Italia su 6.400 addetti, con 300 a Roma su 1200.

PEUGEOT TAGLIA POSTI DI LAVORO

Faurecia, società di equipaggiamento automobilistico del gruppo Psa (Peugeot-Citroen) ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede la chiusura di cinque fabbriche in Europa enegli Usa e il taglio di 1800 posti di lavoro entro il 2003. Il gruppo ha chiuso il 2001 con una perdita netta di 52 milioni di euro, un po' meglio del 2000 quando le perdite raggiunsero i 62 milioni di euro.

OCEAN IN SCIOPERO

Astensione totale dal lavoro ieri nello stabilimento di Verolanuova (Bs) della Ocean. Un presidio ha bloccato i cancelli per tutta la giornata. La crisi della società potrebbe concludersi con la cessione alla società israeliana Elco, ma i lavoratori vogliono garanzie sui livelli occupazionali e sui diritti. Lunedì 11 ci sarà una manifestazione davanti al ministero di lavoratori provenienti da Brescia e La Spezia.

 

9 febbraio 2002

BRASILE: LICENZIAMENTI ALLA COMPAGNIA DI BANDIERA

La Varig, principale compagnia aerea del Brasile e dell'America latina, ha deciso di sopprimere le tratte da Roma al Brasile, trasferendole a Milano, e licenzia in tronco i 45 dipendenti che lavorano a Fiumicino. La compagnia non è in crisi, proprio in Italia ha visto negli ultimi anni crescere sempre di più il numero di passeggeri, anche dopo l'11 settembre, tanto che si è recentemente dotata di nuovi aeromobili MD-11, con 616 posti in più a settimana. Ancora una volta - come è già avvenuto per il caso della multinazionale francese Danone - a licenziare è un'azienda con i conti floridi, magari per rifarsi l'immagine nell'ambito dei mercati finanziari. Cgil, Cisl, Uil e Ugl già da dicembre hanno proclamato lo stato di agitazione, mentre tutto l'indotto economico, dal commercio al turismo, fino ai tassisti dell'aeroporto di Fiumicino, è preoccupato dalla decisione presa dalla Varig. Bisogna sapere infatti che la compagnia, in base a un accordo bilaterale tra i governi italiano e brasiliano, è titolare unica delle concessioni su Roma. Il 21 febbraio toglierà le tende, e addio collegamenti con la capitale.

OCCUPAZIONE IN CALO NELLA GRANDE INDUSTRIA

Non si arresta il calo dell'occupazione nella grande industria. Nel mese di novembre 2001 la flessione è stata del 3,6% rispetto allo stesso mese del 2000, la più marcata nell'arco dei 12 mesi, con una riduzione di circa 29.000 unità, solo parzialmente compensata dall'aumento di 3.000 unità nelle imprese dei servizi. Nella sola grande industria la variazione mensile di novembre è pari a -0,2% e quella annuale a -3,6% (-4,0% al netto della cassa integrazione), mentre nei primi undici mesi dell'anno si registra un -2,7%. L'occupazione registra una diminuzione tendenziale del 9,9% nel comparto della produzione di energia elettrica e del 2,8 nelle attività manifatturiere.

 

10 febbraio 2002

ALFA DI ARESE: «PROTESTEREMO SOTTO CASA DI MARONI»

Se il ministro non va dai lavoratori Alfa, saranno i lavoratori ad andare da lui, sotto la sua abitazione a Lozza, località a due chilometri da Varese. Lo hanno deciso i sindacati di base, dopo che il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha annullato l'incontro previsto a Milano sui problemi occupazionali dell'Alfa Romeo di Arese. Venerdì 15 febbraio prima manifesteranno sotto la casa del ministro, poi si recheranno nella piazza del paese e infine sotto la sede della Lega Nord. L'esponente del governo non solo ha cancellato l'incontro, ma non avrebbe nemmeno risposto alle richieste di lavoratori e sindacati di base, contenute in una lettera di dicembre, nella quale tra l'altro si denunciavano "continue inadempienze della Fiat nei confronti di impegni presi sia con la presidenza del Consiglio dei ministri, sia con il ministero del Lavoro di governi precedenti". Intanto la situazione sotto il Biscione aresino peggiora: la carrozzeria è ancora ferma per tre settimane di cassa integrazione, lavorano solo le tute blu della meccanica.

FRANCIA: MICHELIN CONDANNATA

Il Tribunale dei probiviri di Soissons, in Francia, ha emesso l'8 febbraio la sua sentenza: la Michelin, attuando nel settembre del 1999 "licenziamenti borsistici" (cioè "non basati su una causa reale e seria" ma solo con il fine di far aumentare il valore delle sue azioni in Borsa) nei confronti di 160 dipendenti della filiale Wolber, ha commesso un'illegalità e dovrà quindi rifondere ai lavoratori i danni, con gli interessi: circa 10 milioni di euro. Il tribunale, composto da una rappresentanza uguale di padroni e dipendenti, si era già riunito nel 2001 senza riuscire a dirimere la spinosa questione. Stavolta invece si è riunito e ha deliberato con il concorso di un magistrato di professione.

 

11 febbraio 2002

SCIOPERANO GLI ADDETTI ALLE PULIZIE NELLE FERROVIE

Stazioni bloccate, ritardi ai treni anche di due ore, viaggiatori nel caos. Tutto per le manifestazioni indette dagli addetti alle pulizie delle Ferrovie che protestano contro la scadenza degli appalti con le Fs e i prevedibili licenziamenti. A Roma, Milano, Napoli, Bologna, Palermo i lavoratori hanno occupato i binari.

Sono a rischio 5.000 posti di lavoro sui circa 10.000 complessivi del settore. Per questa ragione "i pulitori" sono scesi in piazza, o meglio sui binari, mandando letteralmente in tilt il traffico su rotaia dal nord al sud. A Roma, gli operai hanno occupato le stazioni di Termini e Tiburtina, impedendo arrivi e partenze. Idem a Milano dove lavorono duemila dei 13mila addetti alle pulizie di tutta Italia. A Napoli i manifestanti hanno paralizzato per circa due ore il transito in entrata e in uscita alla stazione centrale. Pesantissimi i ritardi, soprattutto per gli Eurostar e per i treni regionali e interregionali che in alcuni casi sono stati soppressi. A Bologna sono stati occupati solo due binari, per quindici minuti. A Palermo, infine, la protesta a sorpresa è iniziata alle 6 del mattino e si è conclusa alle 11.

ALL'AEROPORTO DI CAPODICHINO LICENZIATI I CONTRATTI DI FORMAZIONE LAVORO

Il Sindacato Unitario Lavoratori Trasporto Aereo dell'aeroporto napoletano di Capodichino denuncia il licenziamento dei lavoratori con contratto di formazione lavoro scaduti il 9 febbraio 2002, non riconfermati dalla società di gestione Gesac. I vertici della società fanno derivare i provvedimenti dalla crisi seguita agli attentati dell'11 settembre, ma il SULTA smentisce, affermando che l'aeroporto campano, "stando ai dati ufficiali, sta fortunatamente registrando un sensibile recupero, sia in termini di traffico che di trasportato". Il SULTA ha annunciato "un percorso di lotta, finalizzato alla riconferma dei lavoratori e alla difesa dell'occupazione".

 
12 febbraio 2002

OCEAN

Continua la mobilitazione dei lavoratori della Ocean, che allestiranno «tende della solidarietà» il 21 febbraio in piazza a Verolanuova e il 28 febbraio in piazza Loggia a Brescia. L'assemblea dei dipendenti Ocean ha raggiunto un primo parziale risultato: l'incontro per il 4 marzo a Roma, presso il ministero delle attività produttive, con la società israeliana Elco. Secondo i lavoratori è, però, indispensabile che per la salvaguardia dei posti sia varato un piano industriale che preveda programmi e volumi produttivi, la missione dello stabilimento e il rapporto con gli altri stabilimenti del gruppo Ocean Spa, oltre al mantenimento della progettazione e della ricerca e la salvaguardia dei livelli occupazionali.

CARTIERA BURGO

Oltre 5mila persone in piazza a Tolmezzo, nell'ambito dello sciopero generale della Carnia, per difendere il posto di lavoro di 650 dipendenti della cartiera Burgo. Lo stabilimento rischia la chiusura il 17 febbraio per inquinamento. La Procura di Tolmezzo ha chiesto 14 rinvii a giudizio nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento del Tagliamento.

EX ITALSIDER DI BAGNOLI

Sono saliti sull'altoforno dell'ex Ilva di Bagnoli, a Napoli, 10 operai della ex Italsider che chiedono il riconoscimento del danno biologico per aver lavorato a contatto con l'amianto.

CAPODICHINO: SCIOPERO LAVORATRI GESAC

Sciopero in vista dei lavoratori della Gesac dell'aeroporto di Capodichino. La decisione è stata presa dal Sulta il sindacato dei lavoratori del trasporto aereo contro l'annuncio di tagli formalizzato dalla dirigenza aziendale.

LAVORO CLANDESTINO

Il lavoro stagionale, stando a un'indagine del Censis commissionata dal Cnel, aumenterebbe di pari passo alla "clandestinità" dei lavoratori stranieri. La loro presenza è in costante crescita soprattutto nell'agricoltura, nei servizi turistici, nel commercio e tra gli ambulanti, settori in cui gli immigrati rappresentano ormai il 60% della forza-lavoro. Un 40% di essi possiede il permesso di soggiorno, ma quasi la metà lavora in condizioni di irregolarità totale o quasi: il 43,3% ha un contratto di lavoro, il 35,7% ne è invece sprovvisto. Tra giugno e ottobre del 2001, su un campione di 300 immigrati con particolare attenzione a tre aree fortemente interessate agli stagionali (il Trentino, la zona di Rimini e la provincia di Caserta), questi erano i dati: La fascia di età più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni. La metà circa è celibe (50,4%) e non ha figli (52,2%); il 42,7% è sposato e convive con un connazionale. Il livello di istruzione è basso: il 33,2% ha un diploma di scuola media inferiore, il 23% fa fatto solo le elementari, il 10,5% ha una formazione professionale e il 9,4 nessun titolo di studio. Le nazionalità più rappresentate: Marocco (16,3%) e Albania (12,15%).

Si tratta di lavoratori abbandonati a loro stessi che non hanno alcun incentivo per tornare a casa loro per mancanza di lavoro. Nella metà dei casi vengono pagati mensilmente o settimanalmente, il 26,9% a cottimo, il 13% a giornata, l'8,5% a ore. Il salario supera appena le 75 mila lire al giorno. Quanto alle prospettive, il 58,5% degli immigrati vorrebbe restare stabilmente in Italia. Tra gli ostacoli che lamentano, al primo posto il problema legato al permesso di soggiorno (50%) o al libretto di lavoro (31,5%), seguiti dalla difficoltà di ottenere un contratto di lavoro regolare (23,4%) o semplicemente di trovare un posto (22,4%).

REGOLARI SOLO PER FAVORIRE IL PROFITTO

"Se volete più immigrati da occupare nelle vostre aziende dovete accettare leggi non solo più semplici ma anche meno rigide". Questa la lezioncina semplice semplice impartita venerdì scorso ai piccoli imprenditori milanesi dal sociologo Maurizio Ambrosini (autore di Utili invasori e di La fatica di integrarsi). L'indagine condotta tra 250 piccoli imprenditori milanesi conferma recenti indagini realizzate in altre aree geografiche (nel Nord Est, in particolare) e su campioni non ristretti ai soli imprenditori. Tutte evidenziano che il muro compatto del rifiuto degli immigrati si è sbriciolato: è ormai un'esigua minoranza chi pensa che la "barca è piena" o sostiene che gli immigrati "rubano il lavoro agli italiani". Ormai degli immigrati si riconosce l'utilità in quanto braccia da lavoro che non bastano mai, al basso prezzo che tutti i padroni desiderano. Tutto funziona in orario di lavoro; dopo, gli immigrati dovrebbero sparire. Significa che l'integrazione sociale e culturale non va di pari passo con quella economica. Si pretende un'immigrazione temporanea e a comando.

Questi i dati salienti dell'indagine Apimilano. Gli immigrati sono il 6% della forza lavoro occupata nelle 250 aziende del campione. Il 67% sono operai generici. Solo l'8,6% degli imprenditori pensa che gli immigrati "portano via il lavoro agli italiani". Il 71% valuta come positivo l'apporto dato all'economia lombarda dagli immigrati, ma il 50% ritiene che si inseriscono bene solo nel lavoro e il 31% li considera un peso per la società. Il 61% degli imprenditori è soddisfatto del lavoro degli immigrati (il 7% è molto soddisfatto); nel 47% dei casi il rapporto di lavoro si è interrotto per decisione del dipendente, non del padrone. Il 55% degli intervistati è convinto che una religione diversa non minaccia le nostre "tradizioni" e la nostra "cultura". Ma per l'82% si può arrivare ad un buon livello di integrazione solo se chi entra nel nostro paese "si adatta ai nostri usi e costumi". Gli ostacoli maggiori all'integrazione restano la lingua (21%) e l'abitazione (15%). Il 70% dichiara di non aver riscontrato alcun problema tra dipendenti italiani e stranieri. Quasi tutti sostengono d'aver assunto solo immigrati in regola. Il 65% vuole che il permesso di soggiorno venga concesso solo per motivi di lavoro, cosa che si avvicina molto al contratto di soggiorno della Bossi-Fini. Come correttivo alla Bossi-Fini l'Api propone un periodo di tirocino (circa 9 mesi). In caso di esito negativo, "ove fosse necessario rimpatriare il lavoratore a spese del datore di lavoro", i costi relativi dovrebbero essere defiscalizzati oppure compensati attraverso una riduzione del costo del lavoro. "Rendere le modalità di assunzione degli immigrati le più chiare e semplici possibili", riassume Danilo Broggi, presidente di Apimilano.

SPAGNA: DISOCCUPAZIONE

Per la prima volta dal 1995 i tasso di disoccupazione, nel quarto trimestre del 2001, ha registrato un aumento. E' infatti passato dal 12,77% al 12,96. L'ufficio nazionale spagnolo di statistica ha quantificato i disoccupati ufficiali in 2,2 milioni. Particolarmente pesante la situazione tra i giovani. Il 9,08% degli uomini è disoccupato, così come il 18,66% delle donne. L'istituto di statistica Ine ha anche annunciato una modifica dei criteri di calcolo: una persona sarà considerata disoccupata se iscritta a un ufficio di collocamento e se avrà contattato questa agenzia almeno una volta nelle ultime quattro settimane. C'è da aspettarsi, perciò, una prossima "miracolosa" riduzione del tasso ufficiale di disoccupazione.

VALEO: PROTESTA ALLA FIAT DI POMIGLIANO

Un sit-in davanti ai cancelli della Fiat auto di Pomigliano d'Arco ha spinto la direzione dello stabilimento a "mettere in libertà" tutti i lavoratori. La protesta, organizzata dai dipendenti della Cablauto - azienda del gruppo Valeo, fornitrice di parti meccaniche alla stessa Fiat - aveva bloccato gli ingressi merci dello stabilimento. La Cablauto nei giorni scorsi a messo in mobilità tutti e 153 i lavoratori di Mariglianella. La Fiat si tira fuori dalla vicenda, ma dati gli stretti rapporti tra le due aziende ha certamente un senso che la protesta colpisca anche il "cliente" della Cablauto.

APPALTI PULIZIE: CONTINUANO LE PROTESTE

Gli operai delle pulizie ferroviarie moltiplicano in tutta Italia le occupazioni dei binari, a Roma, Napoli, Milano, Venezia, Palermo, Bologna, e a macchia d'olio lo stato di agitazione si diffonde in altre città. Tra i due e i tremila lavoratori rischiano di perdere il posto a causa del rinnovo degli appalti che scatterà il prossimo 22 febbraio. Quelli che otterranno un nuovo contratto, lavoreranno probabilmente per meno ore - si parla in molti casi di orari ridotti anche di un terzo - e potranno perdere i livelli retributivi pregressi, dato che le imprese possono prenderli con contratti da neo-assunti. E se ad Ancona rishiano il posto 70 operai su 200, in Sicilia su mille addetti rischiano il posto 600 persone, essendosi il budget ridotto di oltre il 50% tra base d'asta e ribassi. E chi resta vedrà il proprio orario scendere da 36 a 20 ore. In Liguria 350 addetti su 850 rischiano il posto, essendo stato decurtato il budget di oltre il 30%.

Le Fs si difendono attraverso un comunicato aziendale: scusandosi con i passeggeri per i disagi dovuti alle proteste, spiegano che "le agitazioni in corso riguardano esclusivamente i rapporti contrattuali tra datori di lavoro vecchi e nuovi". Insomma, se la vedano lavoratori e imprese. A Termini oltre 300 operai hanno occupato quasi tutti i binari e i treni sono rimasti bloccati per due ore. Passeggeri inquieti, cartacce dappertutto, ieri mattina la stazione era immersa nel caos. Dei 1000 dipendenti di Termini, le imprese vogliono riprendere soltanto il 60%, mentre le ore di lavoro settimanali verrebbero ridotte da 36 a 24, ovvero 300-400 mila lire nette in meno in busta paga. E su stipendi di circa 1 milione e mezzo non è certo poco. E una ditta del Veneto ha già detto che riassumerà solo 325 dei 450 ex addetti, ridurrà le ore da 38 a 24 e farà a tutti contratti da neo-assunti. La liberalizzazione dei servizi, insomma, è stata condotta in modo selvaggio. Secondo il governo, saranno ripresi a lavorare 7500 operai, lasciando così escluse parecchie migliaia di addetti (non esistono cifre ufficiali sul settore, non è chiaro se gli operatori siano 10 o 11 o addirittura 13 mila, come si diceva fino a qualche mese fa). Secondo i sindacati le Ferrovie potrebbero costituire una società mista con il consorzio di imprese (il 51% andrebbe alle Fs), così da stabilire dei capitolati rispettosi non solo dei costi del lavoro, ma anche della qualità; il superamento dell'attuale frammentazione dei servizi, infine, assicurerebbe anche notevoli risparmi.

SVIZZERA: NESSUNO VUOLE LE 36 ORE

Il Partito del lavoro voterà contro le 36 ore, i socialisti dicono non avere fondi per la campagna, i Verdi hanno espresso il loro sostegno soltanto due settimane fa. Il fronte della sinistra elvetica si sgretola in prossimità del referendum del 3 marzo sulla riduzione del tempo di lavoro. Il Partito socialista mantiene formalmente il proprio appoggio, ma preferisce concentrare le risorse sul voto che dovrebbe sancire, sempre il 3 marzo, l'entrata della Svizzera nell'Onu. Il partito del Lavoro, invece, si dissocia per ragioni di fondo. Le 36 ore provocherebbero un incremento della "flessibilità", sostengono gli unici due deputati del partito, che si pone come l'ultimo baluardo politico alla deregulation del mercato del lavoro. La spaccatura si consuma sull'annualizzazione delle 36 ore che consentirebbe ai datori di lavoro di infiltrarsi nelle maglie della legge per poter disporre a loro modo dell'orario settimanale. Su questo punto gli iniziatori del referendum non offrono sufficienti garanzie, giudicano gli esponenti del partito.
L'Unione sindacale svizzera, che ha lanciato la campagna cinque anni fa, incassa con rassegnazione la defezione della politica su un tema che non riesce a coinvolgere, anche in sede sindacale, tutte le forze progressiste del Paese. I promotori si preparano dunque a far fronte alla sconfitta ma si dicono pronti a rilanciare nei prossimi anni il dibattito sulle 36 ore. Si dovrà vincere in primo luogo la riluttanza del partito del Lavoro che, schierandosi con gli oppositori, ha posto una seria ipoteca sulle rivendicazioni future. L'Unione sindacale svizzera sostiene che le 36 ore permetterebbero di "inquadrare" la flessibilità, contrariamente a quanto afferma l'estrema sinistra del paese, che teme una frammentazione incontrollata delle forme contrattuali.
Con un limite di 50 ore alla settimana e un orario di 42 ore, i lavoratori elvetici sono già considerati, con quelli del Regno Unito, i "coreani" d'Europa, con due ore in più rispetto alla media Unione europea. Come accade in Gran Bretagna, dove si lavora dalle 43 alle 60 ore, anche in Svizzera il tempo di lavoro legale viene di fatto prolungato fino a giungere ad un tetto massimo di 66 ore nel settore dell'agricoltura.
I sindacati propongono vari modelli di orario su base annuale, come la settimana di quattro giorni o un orario giornaliero di 7,2 ore, oppure una settimana di 39 ore che comporterebbe quattro settimane di riposo supplementari. In ogni caso, la riduzione dell'orario lavorativo, che punta a un tetto massimo di 48 ore, compresi gli straordinari, sarebbe ininfluente nella retribuzione dei salari inferiori a 7200 franchi mensili (circa 4800 euro). Oltre questa soglia, la riduzione verrebbe effettuata secondo un calcolo progressivo. Il passaggio alle 36 ore sarebbe effettuato nel giro di sette anni, tagliando un'ora ogni anno, ma dovrà essere accompagnato da una limitazione delle ore di straordinario a non più di 100 ore annue, a fronte delle oltre 170 ore che si registrano attualmente nel settore terziario: banche, assicurazioni, eccetera.
La riduzione del tempo di lavoro è un tema che in Svizzera stenta comunque a giungere ai piani alti del dibattito. Il referendum sulle 36 ore si avvia quindi ad essere bocciato in sede di voto, come gli altri tre sullo stesso tema, sottoposti al popolo negli ultimi cinquant'anni.

 

13 febbraio 2002

ATESIA

I 5000 lavoratori di Atesia, il mega call-center romano di proprietà della Telecom (al 90%), hanno deciso che vogliono di più e scendono in piazza di fronte alla Regione Lazio per chiedere un intervento sulla propria condizione di estremo precariato. L'assessore al lavoro Simeoni ha ricevuto una delegazione e si è impegnato ad aprire un tavolo di trattative con sindacati e azienda nei prossimi giorni. I dipendenti, inquadrati con contratti da Co co co di massimo tre mesi e pagati a telefonata, chiedono una retribuzione mensile minima garantita, oltre alle indennità per interruzione del rapporto, maternità, infortuni e malattia.
I lavoratori di Atesia vivono una vera e propria condizione di sudditi, non avendo nessun potere contrattuale. Alla firma del singolo contratto, l'azienda decide tutto e li lascia appesi a una precarietà assoluta, da cottimo ottocentesco. Innanzitutto, il loro contratto da Co co co, può essere interrotto in qualsiasi momento, a totale discrezione di Atesia: se una campagna che stanno seguendo va male o si conclude, dall'oggi al domani possono restare senza lavoro, senza che sia prevista alcuna indennità. Così il contratto, firmato per un massimo di tre mesi, può arrivare a durare anche sei, con parecchi periodi di vuoto non pagati.
I lavoratori sono scesi in piazza anche per chiedere una polizza per infortuni e malattia: se si ammalano e non vanno al lavoro, non vengono pagati. Perché vengono retribuiti "a contatto", cioè per ogni singola telefonata che ricevono. Attualmente si firma un contratto in cui l'azienda ha già stabilito quanto pagherà la singola telefonata, ma può anche decidere, in qualsiasi momento, di cambiare la retribuzione. Ci sono mesi, quindi, in cui guadagni anche oltre due milioni, ma altri in cui si arriva a stipendi netti di 80 mila lire. E' chiaro che in quest'ultimo caso non ti rifai neppure della benzina e dei pasti.

E se i confederali stanno conducendo una trattativa con un'azienda secondo cui "il modello Atesia non si tocca", dall'altro lato i Cobas sono pure molto attivi, non solo in Atesia, ma anche in Tim e Telecom. Marina, dei Cobas, spiega che "i ragazzi che lavorano in Atesia avrebbero diritto a dei veri contratti e non a delle semplici collaborazioni, applicando il contratto delle telecomunicazioni come già avviene per chi lavora in Telecom. Infatti, molti di loro non vengono presi per semplici campagne spot di Tim o Stream, ma coprono in maniera strutturale e continuativa il customer service di quelle aziende, come se fossero interi settori esternalizzati. Con una differenza: i dipendenti rispondono ai clienti Gold, quelli che spendono di più e che, in caso di morosità, si vedono tagliare il servizio dopo periodi più lunghi. Mentre i telefonisti di Atesia si occupano dei clienti Silver e Copper (rame), quelli che valgono meno, e che, se morosi, si vedono tagliare prima il servizio".

AIR ONE SUBENTRA A MERIDIANA E ALITALIA IN SARDEGNA

Dalla mezzanotte di ieri Air One potrà operare in regime di monopolio sulle due rotte(Cagliari -Milano e Alghero-Roma) e le linee aeree concorrenti dovranno sospendere i voli. Air One accetterà sui suoi voli i passeggeri che avevano acquistato biglietti dalle compagnie concorrenti (Meridiana, Volare e Alitalia). Air One ha anche confermato l'impegno ad assumere i dipendenti dichiarati in esubero da Meridiana e Alitalia nei due scali sardi: 43 fissi e 50 stagionali a Cagliari; 120 fissi e 60 stagionali a Alghero. Niente da fare, invece, per i lavoratori in esubero delle società di gestione dei due aeroporti, in tutto 94 persone. Quanto al personale di volo (assistenti e piloti) non comprese nell'offerta pre-gara di Air One, i sindacati intendono aprire un tavolo di confronto. Air One, per gestire in monopolio le rotte sarde, riceve contributi dallo stato per concedere sconti sui biglietti ai residenti dell'isola. Sulle assegnazioni, tuttavia, pende un ricorso al Tar del Lazio: se dovesse essere accolto il ricorso delle compagnie escluse dai voli, Air One, sottolineano i sindacati, rischierebbe di non poter far fronte agli impegni assunti e la sorte dei lavoratori piomberebbe nella totale incertezza.

RISCHIO OCCUPAZIONE A BLU

Non è ben chiaro che fine farà la società (che ha come partner teconogico la Bt), che non ha neppure acquisto la licenza Umts. Blu ufficialmente è in vendita, ma la società nella sua interezza non fa gola, mentre ci sarebbero manifestazioni di interesse per rilevare il pacchetto clienti o il sistema di comunicazione. Chi sta peggio, in questa situazione, sono i dipendenti: ieri i sindacati hanno inviato una lettera all'amministratore delegato, Enrico Casini, chiedendogli "di non porre in essere alcun atto che modifica l'attuale situazione occupazionale". In particolare, i sindacati chiedono la trasformazione a tempo indeterminato dei contratti di formazione lavoro in scadenza. A rischio 200 posti di lavoro dei quali 50-60 già da oggi nell'area di Firenze.

HEINEKEN: MORTE SUL LAVORO

Giovanni Puddu, 53 anni, di Quartu Sant'Elena è morto per trauma al torace e all'addome mentre lavorava nello stabilimento sardo della Heineken di Macchiareddu, in provincia di Cagliari. L'operaio è stato schiacciato da un montacarichi. La proprietà della fabbrica di birra ha dovuto aggiornare il cartello posto all'entrata che recitava: "213 giorni" trascorsi senza incidenti di lavoro.

INFORTUNI NEI CANTIERI EDILI A ROMA

Precedenza assoluta alle verifiche ispettive nei cantieri edili e nelle cave di Roma e provincia, dopo i gravi incidenti sul lavoro, alcuni anche mortali, verificatisi nei giorni scorsi. E' stato deciso dal prefetto di Roma Emilio Del Mese che ha istituito un gruppo operativo, una task force da lui stesso presieduta. Sotto osservazione, in particolare, la regolarità degli appalti e il rapporto con gli enti previdenziali. Altri controlli saranno effettuati nel commercio, nella ristorazione, negli alberghi e negli esercizi pubblici.

 

14 febbraio 2002

SOTTOPAGATI PER CONTRATTO? E' ESTORSIONE

Secondo la Cassazione è reato di estorsione quello compiuto da un datore di lavoro che, anche attraverso un accordo contrattuale, impone ai lavoratori - condannati altrimenti alla disoccupazione - un contratto con stipendio inferiore alle prestazioni effettuate. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del procuratore del Tribunale di Catanzaro contro la decisione del Gip di porre fine agli arresti domiciliari per Angelo Z., imprenditore indagato con altre 14 persone. In sostanza, i dipendenti di Angelo Z. erano costretti, con un sistema estorsivo, ad accettare retribuzioni più basse, dato che unica alternativa sarebbe stata la disoccupazione. La sentenza, n. 5426 dell'11 febbraio scorso, è certamente da annotare, perché può tornare utile ad altri lavoratori - non pochi in Italia, ma abbondanti nel Sud - costretti ad accettare stipendi da fame a fronte della disoccupazione.

EX LIGABUE

Ilavoratori del Catering ovest (ex Ligabue) di Fiumicino hanno occupato ieri mattina per alcune ore la stazione ferroviaria interna all'aeroporto. 400 persone sono rimaste senza lavoro a causa del ritiro dell'ex parlamentare europeo di Forza Italia, che aveva assunto nel '97 - all'atto della frettolosa "privatizzazione" del catering, prima controllato dalla Aeroporti di Roma - la titolarità dell'zienda. L'AdR, dal canto suo, pur obbligata dagli accordi d'allora a riprendere il controllo dello stabilimento, non sembra far nulla per risolvere la situazione.

SCIOPERO ALLA TNT

Lo sciopero di un'ora dei lavoratori della Tnt di Mirafiori e Rivalta è stato un successo: l'adesione è stata del 60%, con punte del 90%. La maggioranza dei lavoratori, molti interinali, ha aderito all'agitazione contro l'azienda che non intende rispettare l'accordo firmato nel giugno del 2001 con Fim-Fiom-Uilm-Fismic. Un patto che prevedeva la assunzione di 80 lavoratori a tempo indeterminato tra i lavoratori attualmente con contratto interinale. Lo sciopero ha costretto la Fiat a fermare le linee di produzione della Marea e della Multipla per la mancanza di componenti e particolari. Al montaggio della carrozzeria i giovani assunti con contratto interinale, che non se la sono sentita di partecipare allo sciopero anche per le minacce esercitate dall'azienda, hanno lavorato coprendosi la bocca per protesta con una sciarpa.

CONTINUANO LE OCCUPAZIONI DEI BINARI

Terzo giorno consecutivo di occupazioni e manifestazioni nelle stazioni italiane. Da Torino, a Genova, da Napoli, a Messina, passando da Venezia, Ancona e Roma, gli operai delle pulizie difendono a denti stretti i propri posti di lavoro.

Il governo ha dato sostegno alla linea delle Fs - "le Ferrovie hanno indetto gare aperte sia in Italia che in Europa, adottando una linea ritenuta legittima dall'autorità Antitrust". Si sta muovendo anche la Commissione di garanzia per gli scioperi, che ha avviato un esame sulle proteste spontanee e sulla regolarità del prossimo sciopero di due giorni. Lo stesso Maroni, d'altra parte, aveva invitato la Commissione a sanzionare i lavoratori, ritenendo la protesta "inusitata, fuori dalle regole e da stigmatizzare".

Le proteste di ieri sono cominciate in mattinata a Napoli, dove circa 60-70 operai hanno invaso i binari del nodo di Gianturco, impedendo la partenza e l'arrivo dei treni alla stazione centrale.A Roma Termini, le proteste sono iniziate intorno alle 13.00 e proseguite fino alle 16.00. Molti binari bloccati e treni fermi. Tutti i treni sono stati deviati a Tiburtina, con il ritardo medio di un'ora. Gli operai hanno detto che sono pronti a intensificare le proteste nel caso in cui l'incontro di oggi al ministero non dovesse andare bene.

A Torino, è intervenuto il prefetto per chiedere ai pulitori della stazione di Porta Nuova di assicurare i servizi minimi A Venezia, un centinaio di lavoratori ha manifestato all'interno della stazione, mentre a Genova una cinquantina di addetti ha bloccato i binari di Piazza Principe per oltre un'ora. Ad Ancona, hanno manifestato un centinaio di pulitori, distribuendo volantini ai passeggeri. A messina, hanno manifestato operai provenienti da tutta la Sicilia.

INTESA PER I CHIMICI

Chiuso il contratto nazionale dei chimici ora rimangono aperte le vertenze per il rinnovo dei contratti di circa 3 milioni di lavoratori, 2 milioni e 860 mila per la precisione. Tra questi ci sono casi di contratti scaduti già da anni, come per esempio il contratto dei ferrovieri scaduto il 31 dicembre '99 e quello dei lavoratori del settore gas-acqua, che è scaduto nel dicembre del '98.

I contratti da rinnovare sono dunque quello dei ferrovieri (110.000 addetti), gli autoferrotranvieri (100.000), i tessili (800.000), i lavoratori gas-acqua (50.000), i bancari (300.000), il turismo (800.000), i braccianti (700.000 addetti). C'è poi ancora in piedi il caso dei metalmeccanici: il contratto si applica, ma la Fiom non ha firmato e ha chiesto il referendum.

BRITISH AIRWAYS: PRONTI MIGLIAIA DI LICENZIAMENTI

British Airways ha deciso di tagliare altri cinquemilaottocento posti di lavoro, sospendere dieci voli, ridurre ulteriormente il parco aerei e trasferire otto voli da Gatwick a Heatrow. Un pacchetto di misure, definite dai vertici di BA post 11 settembre, che dovrebbe consentire alla compagnia aerea britannica di risparmiare 650milioni di sterline all'anno.

I sindacati hanno sottolineato che "il numero di posti di lavoro destinati a saltare è molto più alto di quanto ci si aspettava", come ha commentato il segretario generale della Transport and General Works union, Bill Morris, che ha aggiunto: "Ci aspettavamo una lieve operazione, ma siamo di fronte a una vera e propria macellazione".

Sommando questi nuovi cinquemilaottocento esuberi al taglio già annunciato in agosto, si arriva a tredicimila esuberi. A casa verranno lasciati complessivamente 400 piloti, 3.400 assistenti di volo, e poi ancora dipendenti BA negli areoporti di Heatrhow e Gatwick.

 

15 febbraio 2002

 

PULIZIE FS: REVOCATI I LICENZIAMENTI, PER ORA

I lavoratori delle pulizie di treni e stazioni hanno vinto il primo round: avranno una proroga dei contratti fino al 6 maggio prossimo. I sindacati hanno revocato lo sciopero di due giorni previsto per il 18 e 19 febbraio. L'accordo è stato firmato ieri da Fs, aziende e sindacati al ministero delle infrastrutture. Ma i problemi sul tappeto restano tutti aperti. Per cinquemila lavoratori, infatti, c'è sempre la possibilità di venire licenziati. E per chi tornerà a lavorare, comunque, c'è il rischio di un taglio consistente delle ore e dei salari.

La partita, adesso che lo stato di agitazione è stato sospeso, è tutta nelle mani dei sindacati che condurranno le trattative, aperte già da lunedì prossimo. La Filt Cgil ha dichiarato ieri che punta a "mantenere i livelli occupazionali e di reddito". L'asse governo-Ferrovie è intenzionato a mantenere gli esuberi, resi magari più "soft" da qualche sorta di ammortizzatore sociale. E se invece si aumentasse il budget destinato alle pulizie? Ne guadagnerebbero non soltanto i lavoratori, ma gli stessi passeggeri, costretti sempre più spesso a viaggiare su delle vere e proprie pattumiere ambulanti. La lotta dei pulitori, insomma, non è soltanto una vertenza sindacale, ma una vera e propria battaglia di civiltà. Nell'interesse di tutti

I RISPARMI DEGLI IMMIGRATI

Nel 2000 l'ammontare complessivo delle rimesse inviate dagli immigrati al loro Paese di origine è stato di 1.138.000 milioni di lire (588,1 milioni di euro). Sfuggono invece dall'ammontare complessivo le somme di denaro inviate attraverso canali non ufficiali. Questi i dati elaborati dalla Caritas e dall'International labour organization di Ginevra. Le rimesse inviate dagli immigrati in Italia - ha sottolineato don Guerino Di Tora, direttore della Caritas romana - assumono così una dimensione rilevante nell'ambito dello spazio economico transnazionale in grado di unire immigrazione e sviluppo. "L'immigrato - ha detto il rappresentante dell'International labour organization - si profila sempre più come un soggetto economico di crescente importanza e non solo come un destinatario di politiche assistenziali. Gli immigrati oggi pongono dei compiti innovativi alle banche, chiamate a favorire l'invio delle rimesse e anche l'imprenditorialità degli stessi immigrati nel nostro Paese e in quello d'origine. Durante il convegno è emerso che in alcuni paesi in via di sviluppo (nel Maghreb in particolare), il totale delle rimesse degli immigrati superano di gran lunga gli aiuti economici dei paesi industrializzati.

RICERCA: CONTRATTO BLOCCATO

I lavoratori dell'Istat sono da ieri nuovamente in agitazione. Come gli altri lavoratori degli enti pubblici di ricerca e dell'università sono in attesa da oltre quattro anni del rinnovo del contratto di lavoro. Una vicenda che pareva finalmente conclusa nell'autunno scorso ma che è stata nuovamente bloccata mercoledì dalla Corte dei Conti che ha respinto ancora una volta il contratto 1998-2001. Un contratto che comunque sia nasce già scaduto. Questa situazione contraddice peraltro lo stesso accordo fra governo e sindacati siglato lo scorso 6 febbraio. I lavoratori chiedono al governo di prendersi le proprie responsabilità e di autorizzare la sottoscrizione definitiva dell'accordo pure in assenza del parere positivo della Corte dei conti. La prima reazione al nuovo blocco è stata quella dei lavoratori dell'Istat: riuniti in assemblea nelle varie sedi romane, hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione permanente e sottolineano inoltre l'ulteriore grave segnale per l'autonomia dell'istituto, soprattutto alla luce del contenuto della finanziaria 2002, che apre la strada alla privatizzazione degli enti di ricerca. Lo stato di agitazione coinvolgerà l'attività ordinaria dell'istituto e anche la consegna al governo a fine mese dei conti nazionali per la stima del Prodotto interno lordo del 2001 e del conseguente rapporto deficit/pil.

CALL CENTER IN AGITAZIONE

Mentre i 5000 telefonisti di Atesia (Gruppo Telecom) stanno in questi giorni vivendo una complicata vertenza che li faccia uscire dal precariato per guadagnare un minimo di certezze, a essere messi male sono anche gli oltre 400 dipendenti della Blu di Calenzano (Firenze) e i 100 della Atento di Roma, di proprietà della spagnola Telefonica. Per loro si prospetta addirittura il licenziamento a breve termine.

Telefonica, innanzitutto. Il gruppo spagnolo ha avviato il call center di Roma due anni fa, investendo ben 6 milioni di dollari in microfoni, cuffiette e computer, oltre ad affittare un grande palazzo di 4 piani e 500 postazioni a Cinecittà, proprio accanto alla concorrente Atesia. Sono partite le assunzioni, a tempo indeterminato e contratti di formazione lavoro, con un ricorso minimo alle moderne forme flessibili (interinali). Fin qui tutto bene: dipendenti motivati, commesse in crescita, per Api, General Electric Capital, e perfino per una ditta americana, la Global Vision, che vende delle fiale per la ricrescita dei capelli. Insomma il lavoro c'era, assicurato principalmente dalla società "collega" Atlanet (partecipata da Fiat e dalla stessa Telefonica). Attualmente i dipendenti avevano raggiunto già il numero di cento, tutti con i contratti del commercio, dal quinto livello per i telefonisti, ai quadri e dirigenti. Poi la doccia fredda: in gennaio l'annuncio che tutti devono sbaraccare entro il primo marzo. Licenziati.

I 400 ragazzi che lavorano per il call center Blu di Calenzano, sono, se possibile, messi anche peggio. Le Rsa di Cgil, Cisl e Uil hanno lanciato l'allarme: Blu vuole licenziare più dipendenti possibile, perché il call center di Calenzano dovrà essere venduto. Non è un mistero, infatti, che sulla compagnia di cui ha una buona quota la società Autostrade di Benetton stanno hanno messo gli occhi più soggetti, da Tim a Wind, da H3G a Omnitel. Già dal 5 marzo prossimo, saranno ben 65 i lavoratori del call center a cui sarà scaduto il contratto di formazione e lavoro, e l'azienda ha fatto capire che non sarà rinnovato affatto. "Blu ha beneficiato di parecchi incentivi e sgravi fiscali per attivare quei contratti - protesta un lavoratore - e non è giusto sbaraccare dopo averci illuso sul nostro futuro in azienda".

 

16 febbraio 2002

SCIOPERO GENERALE AUTORGANIZZATO

100 mila a Roma raccolgono l'appello del sindacalismo di base. Sono lavoratori sindacalizzati, che non hanno mai voluto concertare. Chiedono il potere operaio, la lotta dura, l'inflessibilità sui diritti. Gente che non ha mai militato nella Cisl e nella Uil e che ha rotto da anni anche con la Cgil ("Firmate i contratti sulla nostra pelle" recita lo slogan). E con la stessa bandiera rossa manifesta insieme agli studenti, ai disubbidienti, agli immigrati, ai centri sociali. Uno sciopero generale "autorganizzato", di base, di movimento. In difesa dell'articolo 18, contro i ministri Maroni e Moratti, rappresentando quella parte d'Italia che non rispetta i tempi della politica (a maggior ragione, quelli dell'Ulivo...) per opporsi al governo Berlusconi. Operai, impiegati, insegnanti, studenti, gente viva che rumoreggia con fantasia: batte coperchi di pentole all'argentina, usa pattini in linea ("Inseguo le risorse" spiega il cartello) o insegna ai figli "Berlusconi asino".

Quando si solleva lo striscione è davvero sciopero generale. Alle spalle, la gente si moltiplica e le bandiere fanno più impressione con il vento che aiuta a movimentare il corteo. I Cobas alzano la voce, perchè la testa non l'hanno mai abbassata. Stesso lavoro, stesso salario. Ma subito dopo un gigantesco "Fermiamo la guerra" accompagnato dall'enorme bandiera della Palestina al grido di "Intifada, intifada".

Scatterà il blitz in un'agenzia dell'Addeco. Protagonista in piazza ancora il movimento anti-Moratti: i precari sfilano con una sorta di timbro ("Insegnante annullato"), le maestre della Rodari suonano la carica come il 105 circolo di Roma, i Cobas di Genova cedono il passo agli studenti di Taranto. Sono arrivati da Bologna, Palermo, Firenze, Milano. Non hanno bandiere, si agitano meno, ma quelli della Cgil scuola ci sono e ci stanno bene in questo corteo. Arrivano le tute blu: gli striscioni di Cassino e Mirafiori aprono lo spezzone del sindacalismo di base in fabbrica. "Pagherete caro, pagherete tutto" riecheggia ancora con lo spezzone della Campania dove campeggia uno straordinario "Mo' ratti, po' sorci verdi"...

Una Ka rossa modello telefono cellulare ricorda che in Tim i diritti vanno sempre fatti squillare. Risponde chi manifesta dietro lo striscione giallo "L'unica lotta persa è quella abbandonata".

Le rappresentanze di base dei vigili del fuoco escono dal corteo. Mirano al Viminale, perchè vuol ribadire che il corpo non va militarizzato e i "discontinui" vanno assunti. Ma c'è la celere che li fronteggia. Alla fine, però, riusciranno a manifestare anche sotto le finestre del ministro Scajola.

MISTEL LICENZIA 120 DIPENDENTI

I 120 dipendenti della Mistel, industria di apparati telefonici di Pomezia, se la passano male. Il padrone, Giovanni D'Attoma, vuole metterli alla porta. Fino a qualche anno fa la produzione andava a tutto regime: quando la Telecom era statale, la maggior parte delle commesse venivano infatti assegnate senza problemi. Con la privatizzazione e la necessità di fare economia, con l'ingresso insomma della competition tra aziende, la Mistel ha cominciato ad arrancare.

Da luglio a dicembre dello scorso anno i dipendenti sono stati sottoposti alla cassa integrazione ordinaria, con la promessa che tutto si sarebbe aggiustato nel 2002.

In gennaio la direzione ha convocato i sindacati per parlare di un nuovo periodo di cassa integrazione. Due commercialisti e un dirigente dimissionario hanno spiegato che la crisi è nera e che devono licenziare tutti. Hanno proposto l'accesso alla mobilità, poi la cassa integrazione straordinaria per un anno, che permetterebbe al padrone di non sborsare una lira. I lavoratori hanno anche interessato la Regione Lazio, che ha proposto al titolare della Mistel una serie di incentivi per spingere i dipendenti a creare nuove cooperative o imprese individuali, o l'iscrizione all'agenzia di collocamento "Lazio Lavoro". Il padrone D'Attoma vuole creare una nuova Mistel srl con 14 dipendenti, per collaborare con la multinazionale Usa Cisco. La nuova produzione, magari, verrebbe appaltata a cooperative che sottopagano i lavoratori.

 
19 febbraio 2002

LAVORO E AMBIENTE: UNA CONTRADDIZIONE DEL CAPITALISMO
IL CASO AGIP

Sciopero generale indetto dai sindacati confederali siciliani a Gela contro la decisione della magistratura di mettere i sigilli alla raffineria dell'Agip Petroli, accusata di violare le leggi sull'inquinamento ambientale. Una decisione che ha gettato i lavoratori nel panico, fino al punto che gli oltre mille dipendenti dell'azienda Eni, riuniti "in assemblea permanente" nella mensa dello stabilimento, hanno anche preso in considerazione ipotesi di lotta estreme. In un volantino, i sindacati unitari della Fulc parlano di "non essere disposti a rispettare" il blocco della produzione ordinato dalla procura. In altre parole, in attesa del pronunciamento del tribunale del riesame a cui si è rivolto l'Agip - che ha anche chiesto l'incidente probatorio sui 14 serbatoi e i 2 depositi di coke sigillati - i lavoratori annunciano "disobbedienza" contro "il tentativo di cancellare una realtà industriale importante e competitiva".

Le ciminiere dell'impianto intanto hanno continuato a "sputare" veleno nell'aria di Gela. L'Agip è accusata di "raccogliere, recuperare e smaltire illegalmente" il coke - un rifiuto speciale della lavorazione industriale. In base all'ordinanza di sequestro del pm Serafina Cannatà il petrolchimico dovrebbe interrompere gradualmente l'attività degli impianti fuorilegge. Le indagini hanno ampiamente dimostrato che le violazioni riscontrate non costituiscono singoli e contingenti episodi, ma sono la conseguenza di una condotta ripetuta che manifesta una vera e propria filosofia gestionale contraria alle norme sullo smaltimento dei rifiuti e maggiormente attenta al profitto a discapito della salubrità ambientale. Entro 10 giorni la raffineria dovrà adeguarsi alle relative normative sulle emissioni atmosferiche e sullo smaltimento dei rifiuti, quindi ridurre al minimo i veleni che negli anni hanno reso Gela un'"area altamente a rischio". Non farlo equivale alla paralisi del petrolchimico. E questo è l'incubo dei dipendenti, preoccupati, nell'ordine delle priorità, più del posto di lavoro che della salute pubblica, cosa che a Gela, stando ai dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, non sarebbe affatto eccellente. Le vie di uscita da questa situazione potrebbero essere almeno tre, ma tutte hanno un prezzo che non tutti sono disposti a pagare. La prima, la più sensata, sarebbe che l'Agip decida una volta per tutte di rispettare le normative, attuate tra l'altro in tutte le raffinerie d'Italia, che vietano appunto l'uso del carbone come combustibile, riconvertendo l'impianto gelese, per esempio, con il metano. L'altra ipotesi è quella annunciata dal presidente della Regione Siciliana di una legge che consenta l'uso del coke. Infine, la terza ipotesi per "superare" momentaneamente la crisi. Si intreccia con le prime due ed è circolata nella sede degli industriali: la sospensione, per un anno, delle normative violate dall'Agip e invitare in questo periodo di tempo l'azienda a fare gli investimenti necessari per adeguarsi alle leggi. L' Agip di investimenti nella raffineria gelese non vuole sentir parlare. Se ancora tiene in piedi questo petrolchimico è perché, allo stato attuale, gli consente un guadagno di 350 miliardi l'anno. Anziché investirli nel senso richiesto preferirebbe piuttosto una soluzione drastica: chiudere definitivamente l'impianto visto che, oltrettutto, nei suoi piani c'è la riduzione di una delle 12 raffinerie che l'Eni ha in Italia.

"Giù le mani dall'Agip petroli", è stata la parola d'ordine dello sciopero, fatta propria dal corteo cittadino. Insieme agli operai dell'Eni, hanno sfilato pensionati, donne e studenti, autotrasportatori e metalmeccanici. "Basta con le calunnie", "Gela svegliati, lotta per i tuoi figli", "Non permetteremo a nessuno di giocare col nostro futuro", era scritto sugli striscioni portati dalle ragazze del laboratorio della raffineria e dai turnisti degli impianti. Al corteo indetto dai sindacati contro il sequestro della raffineria questa volta c'era, singolarmente, anche l'Agip Petroli con alcuni dei suoi dirigenti. Tutti uniti, azienda e sindacati, contro la magistratura, che sabato scorso, cosa mai accaduta nella storia della raffineria, ha sequestrato una dozzina di serbatoi e depositi di coke per violazione delle normative sull'inquinamento atmosferico e sullo smaltimento dei rifiuti speciali. Il ministero dell'ambiente ha annunciato l'intenzione di rispolverare un vecchio decreto con il quale, nei fatti, legalizza il pet-coke, il rifiuto industriale utilizzato illegalmente dall'Agip come combustibile e che ha determinato, tra l'altro, l'azione della procura gelese. Il provvedimento salva-Agip in animo al ministro Matteoli è il cosiddetto "decreto sui combustibili non convenzionali", in cui è inserito appunto il coke. Così sarà l'Agip sarà pienamente soddisfatta. Lo saranno ovviamente anche i lavoratori della raffineria, giustamente preoccupati di finire in mezzo alla strada. Secondo Amoretti segretario regionale Cgil "l'industria può convivere con la tutela della salute. I problemi a Gela non si possono affrontare con il cappio al collo. Le misure imposte all'azienda dalla magistratura sono un cappio al collo. Siamo a favore di una sospensione temporanea del provvedimento di sequestro degli impianti per un confronto serio che verifichi i problemi esistenti per poi passare alla loro soluzione. L' Agip - continua - ha fatto tanto per risolvere le questioni ambientali. Ovviamente non è tutto a posto, ma siamo su una linea di risanamento evidente". Affermazioni che fanno a pugni con una realtà che, stando alle motivazioni (riportiamo il decreto di sequestro qui a fianco) con cui la procura di Gela ha parzialmente chiuso il Petrolchimico, sarebbe ben diversa.

Ma a generare questa contraddizione è un modo di produzione che non ha a cuore la natura, che sfrutta fino alla fine uomini e ambiente e poi, se "minacciato" nei propri interessi, se ne va a inquinare e a sfruttare in altre parti del mondo dove le lotte dei lavoratori - quegli stessi che pur giustamente oggi lottano contro la chiusura dell'Agip - non sono riuscite ad imporre alcuna regola al capitale.

BREDA: OPERAI E AMIANTO

In ricordo dei compagni di fabbrica morti d'amianto, gli operai della Breda hanno lasciato le tute blu stese sul prato di via Ciliegiole, proprio davanti alla nuova sede dell'azienda meccanica. Poi via, veloci, fino al Dopolavoro ferrovieri dove l'amministrazione provinciale aveva organizzato il convegno "Pistoia, l'amianto e i diritti: una legge da rivedere". Ma non come vorrebbe il sottosegretario leghista Brambilla, che intende ridisegnare la 257/92 tagliando parte dei benefici pensionistici per i lavoratori esposti almeno 10 anni alla sostanza cancerogena. Due ore di sciopero ieri in Breda. Uccisi dal cancro, da tumori che hanno colpito 150 operai, per lo più al polmone. Tutte vittime dell'amianto, dicono quelli della commissione sindacale interna, che cercano di convincere le famiglie a chiedere un risarcimento postumo. E per la magistratura ci sono sicuramente 17 casi accertati di morti per mesotelioma pleurico. Per quei 17 operai sono stati rinviati a giudizio sei ex dirigenti Breda, che ad aprile saranno chiamati in tribunale a rispondere di omicidio colposo plurimo.

CONTRATTO DEI CHIMICI

Intervento di * * *Davide Franceschin Filcea Cgil Torino, Paolo Belloni Filcea Cgil Lombardia, Dario Filippini Seg. Gen. Filcea Cgil Brescia, Antonello Rustico Filcea Cgil Bari, Giancarlo Straini Filcea Nazionale

Il contratto dei chimici non ha mai avuto le caratteristiche di un contratto "normale"; ha modificato l'impianto contrattuale sulle indicizzazioni salariali, ha introdotto il fondo pensione, la banca ore. Ha in qualche modo tracciato una linea, un indirizzo che poi ha avuto una valenza generale. [...] Partiamo dal metodo: i chimici non hanno la prassi di quantificare le cifre richieste sui vari capitoli, di conseguenza si fanno riferimenti percentuali mediabili lasciando ampi margini alla trattativa. In questo caso in particolare, sia la piattaforma che la richiesta di mandato, lasciando ampi spazi interpretativi, non sono riusciti a far vivere il contratto ai lavoratori, i quali, per capire quanto si richiedeva, erano invitati a fare calcoli complicati con la conseguente difficoltà di socializzare le richieste. [...] Logica conseguenza che la consultazione laddove si farà (di referendum nemmeno a parlarne) non potrà che essere una richiesta di fiducia sull'operato delle segreterie nel disinteresse generale.

Il merito: la piattaforma era in qualche modo ambiziosa. Controllo degli appalti, diritti sindacali aggiuntivi, riduzioni d'orario differenziate tra le condizioni di lavoro, fondo sanitario integrativo, diritti certi per i recuperi delle ore accantonate in banca ore, aumento delle maggiorazioni per i turnisti, aumenti salariali che partivano dal presupposto che quantomeno i recuperi inflattivi non dovessero essere intaccati. Il risultato è un accordo che flessibilizza ulteriormente gli orari, le normative (ipotizzando la possibilità di deroghe al CCNL), diversifica sui settori le condizioni complessive, modifica le normative sul mercato del lavoro (applicando la nuova legge sui contratti a termine frutto dell'accordo separato), costituisce il fondo sanitario integrativo (con partenza dal secondo biennio), si impegna a modificare gli inquadramenti in funzione di un abbassamento dei costi per i settori "in crisi", si richiama marginalmente agli appalti (capitolo misteriosamente scomparso nella stesura del precedente contratto), riduce di otto ore l'orario per tutti, non contempla maggiorazioni per i turnisti ed incredibilmente fa perdere ulteriore salario ai lavoratori. a questione salariale, oltre al resto, è forse la nota più negativa di questo rinnovo contrattuale. La richiesta era di circa 179000L. mensili, il 5.9% del salario medio del settore composte da un 3% di recupero dall'erosione inflattiva del precedente biennio e del 2.9% di inflazione programmata. [...] Gli aumenti (170.000L. mensili) sono "spalmati" e si concludono nel giugno 2003 con notevoli perdite salariali sul montante complessivo sui due anni che si vanno ad aggiungere alle perdite del biennio precedente. Il ccnl chimico [...]si colloca a nostro avviso al di fuori delle positive conclusioni del congresso confederale nazionale sulle politiche contrattuali ed in particolare sul ruolo del contratto come elemento redistributivo di ricchezza prodotta.

Per questo riteniamo che i lavoratori debbano tenere conto di queste riflessioni nel momento in cui dovranno esprimere un parere.

MENARINI

Taglio della metà del personale e dismissione di parte degli impianti. Questa la strategia della Finmeccanica per l'azienda bolognese Bredamenarinibus, una delle principali ditte italiane nella costruzione di autobus che impiega oggi 475 dipendenti, ma che nei prossimi mesi potrebbe arrivare ad averne la metà (235). La proprietà non ha presentato neppure un piano industriale, una strategia. I dipendenti dell'azienda hanno deciso di scendere in piazza, anche se la procedura di mobilità non è stata ancora ufficializzata. Non solo una manifestazione di protesta contro i licenziamenti, ma anche il tentativo di dialogare con la città: "In questi anni abbiamo sviluppato degli autobus a bassa emissione completamente elettrici, ibridi o a metano - dice Marco Prendin, delegato sindacale. Vogliamo dimostrare che la nostra battaglia interessa anche i bolognesi". Mentre a Roma sindacati e Finmeccanica si incontrano per decidere il da farsi, i lavoratori dell'azienda hanno indetto un presidio permanente davanti ai cancelli e stanno programmando per i prossimi giorni una assemblea pubblica che si rivolga a tutta la città. Già da qualche anno Bredamenarinibus ha difficoltà a chiudere i bilanci in pareggio e la produzione di autobus non è più un settore strategico di Finmeccanica, oggi interessata più che altro agli investimenti finanziari e all'industria bellica.

SCIOPERO DEL PERSONALE DEL SETTORE AEREO A FIUMICINO

Le quattro confederazioni Cgil, Cisl, Uil e i nazional-alleati dell'Ugl hanno deciso di proclamre un mini-sciopero generale di due ore di tutti i lavoratori del settore aereo operanti a Fiumicino. La fermata, con tanto di manifestazione, ci sarà il 28 febbraio, dalle 10 alle 12. E' stato anche predisposto un collegio legale unitario a disposizione dei lavoratori. E' la risposta del sindacato al trascinarsi di alcune situazioni occupazionali che stanno ormai precipitando. I lavoratori dell'ex Ligabue - il catering ovest "privatizzato" nel '97 e precipato dal ruolo di fiore all'occhiello dell'aeroporto romano al fallimento con tanto di libri in tribunale - hanno visto avviare le procedure di mobilità della legge 223: chi di loro ha più di 40 anni riceverà il 60% dello stipendio per due anni; chi ne ha meno solo per 16 mesi. Alla Varig, la compagnia di bandiera brasiliana che ha programmato il trasferimento di due voli sull'aeroporto di Milano, è in cantiere il licenziamento di circa 40 lavoratori.

Alla Ligabue sono in 400. E hanno già fatto chiaramente vedere più volte di non esser disposti ad attendere passivamente che il "destino" si compia. "Chiedevamo di fare un'assemblea generale di tutte le realtà dell'aeroporto - dice uno dei delegati Cgil della Ligabue - Invece si faranno assemblee divise. Forse c'era il timore che i lavoratori, che sanno benissimo come stanno le cose, si pronunciassero per iniziative più efficaci". Del resto, dicono da più parti, è chiaro a tutti che quello della Ligabue è solo il prima di una serie di una serie di fallimenti "voluti" per ridurre il numero degli occupati e i diritti dei lavoratori. Lo sciopero del 28 mira a ottenere la convocazione dei "tavoli istituzionali" chiesti anche dal Comune di Roma, la ripresa delle trattative al ministero delle infrastrutture e quello dei trasporti, per affrontare anche la situazione delle compagnie aeree straniere e dell'indotto aeroportuale.

DISOCCUPAZIONE IN GERMANIA

In Germania si registrano 4,3 milioni di disoccupati mentre la crisi economica sta mettendo a dura prova il paese. A ciò è aggiunta una tempesta che ha coinvolto nelle settimane scorse la rete degli uffici di collocamento, coordinati dal Bundesanstalt für Arbeit, l'ente federale per il lavoro di Norimberga. Recentemente la Corte dei conti tedesca ha messo sotto esame cinque sedi territoriali e ha scoperto che le statistiche redatte dagli uffici erano inattendibili nella maggioranza dei casi. Un'ispezione interna ha poi confermato. In sostanza gli uffici di collocamento, che devono mettere in contatto domanda e offerta di lavoro, dichiaravano di avere concluso più mediazioni di quante ne avessero effettivamente portate a buon fine. Attualmente il sistema è basato sulla cogestione, come è nella tradizione tedesca. Anche nel comitato di presidenza dell'ente federale per il lavoro siedono componenti sindacali, imprenditoriali e del soggetto pubblico. Dopo la rivelazione delle irregolarità si è sollevato un coro a favore del collocamento privato. Il presidente dell'organizzazione dei datori di lavoro, Dieter Hundt, ha accusato il governo di camuffare l'impatto visivo della disoccupazione pompando risorse nella macchina burocratica degli uffici di collocamento. E la stampa conservatrice fa campagna per una maggiore competizione pubblico-privato. Gerhard SchrÖder ha dato pienamente ragione a chi muoveva critiche in questa direzione. "Credo davvero che la mediazione tra domanda e offerta riesca in modo ottimale solo quando c'è una concorrenza privata", ha dichiarato il cancelliere.

Immediata la replica del sindacato confederale Dgb, che ha messo in guardia contro una crescente privatizzazione della mediazione. Si alimentano così i dubbi sul numero reale dei disoccupati tedeschi. La cifra ufficiale dei posti di lavoro mancanti - arrivata ormai a 4,3 milioni - potrebbe infatti lievitare fino a 5,5 milioni se si tiene conto delle centinaia di migliaia di persone al momento parcheggiate nelle iniziative di promozione occupazionale e di formazione continua.

LAVORATORE: FLESSIBILE O FISSO?

La flessibilizzazione del mercato del lavoro, principalmente attraverso la modifica dell'articolo 18 alle imprese italiane interessa poco. Il modello che tira e che tirerà ancora per anni - per tutto il secolo, addirittura, dicono alcuni studiosi - è quello del lavoro dipendente, con una fetta ben precisa e limitata di lavoro "flessibile". A "mettere in guardia" le associazioni degli imprenditori è l'ultimo studio dell'Ires Cgil, "Il lavoro flessibile: cosa pensano davvero imprenditori e manager", inchiesta condotta tra il 2000 e il 2001 intervistando dirigenti e imprenditori di 467 imprese italiane piccole, medie e grandi di Lombardia, Emilia, Lazio e Campania. Secondo l'indagine, coordinata dal sociologo della Sapienza Aris Accornero, il lavoro "standard", a tempo pieno e indeterminato, è ancora il più praticato dal 96% delle imprese. Seguono i contratti a tempo indeterminato part-time (35%), le collaborazioni coordinate e continuative, i cosiddetti "Co co co" (12,4%), il tempo determinato pieno (8,6%) e, dopo varie altre voci, il lavoro interinale (3%). Un terzo delle imprese, soprattutto le più piccole, già flessibili per le loro stesse dimensioni, non fa ricorso a questo tipo di assunzioni. E per quali motivi si fa ricorso agli impieghi flessibili? Il 27% degli imprenditori risponde "per soddisfare esigenze di specifiche figure professionali", il 23,4% "per far fronte alla variabilità del mercato", il 12,3% per "provare nuovo personale in vista di assunzioni", il 10% "per soddisfare esigenze di lavoro in orari diversi". Non trascurabile, è chi sceglie l'"atipico" per "ridurre i costi del personale" (17,6%) e per "avere minori vincoli in caso di licenziamento" (4%).

Nel caso dei contratti di collaborazione (Co co co e occasionali) si annidano i maggiori rischi di sfruttamento dei lavoratori, sempre secondo l'inchiesta. Basti pensare che oltre il 45% delle collaborazioni, secondo lo studio dell'Ires, rappresenta in pratica lavoro dipendente mascherato, essendo il lavoratore perfettamente inserito nella struttura aziendale, e quindi ad essa necessario, e ricevendo disposizioni "molto precise" e che di fatto diminuiscono la sua autonomia. In oltre i due terzi delle imprese gli "indipendenti" sono "interni", tenuti cioè a lavorare in azienda, la maggioranza fino a 15 ore settimanali, un terzo dalle 16 alle 30 ore. Alcuni lavoratori vivono gli impieghi "atipici" come una transizione necessaria verso il posto fisso o come una scelta (soprattutto nel caso dei part-time o delle consulenze professionali), ma molti, sempre di più, sono costretti a subire la flessibilità e a non uscirne, permanendoci anche per anni (soprattutto nelle fasce occupazionali di basso profilo e nel Sud).

ISTAT

Continua lo stato di agitazione dei lavoratori dell'Istat per il rinnovo del contratto degli enti pubblici di ricerca, scaduto ormai da oltre quattro anni. Nell'affollatissima assemblea tenuta ieri è stata ribadita l'intenzione di mantenere l'agitazione fino alla ratifica definitiva del contratto, chiedendo all'Aran l'immediata convocazione dei sindacati per la firma. Restano dunque confermate le iniziative di lotta volte a ritardare l'uscita dei comunicati stampa e delle stime di contabilità nazionale. Qualche risultato nel frattempo questa lotta sembra averlo ottenuto: già venerdì scorso i presidenti degli enti avevano chiesto al ministro Frattini di dare immediatamente il via libera per la firma, mentre ieri è stata diffusa una lettera dello stesso Frattini che autorizza l'Aran ad andare avanti, anche se i termini per la firma restano vaghi.

GIAPPONE IN CRISI

Le prime 13 banche giapponesi registrano, stando a dati ufficiosi, "sofferenze" per 75mila miliardi di yen: qualcosa come 646 miliardi di euro; una cifra a 13 zeri e un incubo per le istituzioni bancarie, che farebbero carte false per non dover iscrivere nei loro malfermi bilanci un terzo di quella stratosferica cifra come altrettanti "crediti inesigibili". Terza recessione in un decennio: un tasso di decrescita del Prodotto interno lordo che è passato dal più 2,2% di due anni fa al meno 0,4% dell'anno scorso e al meno 1% calcolato dal Fondo monetario internazionale per la fine di quest'anno. Previsione confermata da tutti gli altri organismi internazionali e da osservatori economici come l'Ocse (-1), Eurostat (-0,9), The Economist (-1,2) e che caratterizza questa terza crisi giapponese assieme al permanere, per il terzo anno consecutivo, di una deflazione tra l'1 e l'1, 4%. Il che sta a indicare una patologia di sistema che si avvita sul crollo dei consumi - in particolare privati - e dei prezzi. Assieme alla caduta dell'indice Nikkei al di sotto del Dow Jones, lo scorso primo febbraio, e assieme al declassamento di sette grandi banche giapponesi da parte di Standard & Poor, a cui seguirà il declassamento annunciato da parte di Mody's di altrettante compagnie di assicurazione, si tratta di inequivocabili segnali di malessere e di fragilità dell'economia della seconda potenza mondiale, che stenta a trovare una nuova vocazione produttiva e nuovi percorsi e mercati attorno a cui radicare e rilanciare la prossima fase di crescita, dopo quella prebellica degli armamenti e dopo quella postbellica centrata sulle tecnologie innovative, sull'auto e sulla concorrenza a colpi bassi dei prodotti americani e occidentali. Gli effetti della recessione preoccupano il governo nipponico soprattutto perché riguardano gli investimenti delle imprese. Investimenti in caduta libera nonostante un costo del denaro prossimo allo zero, che dovrebbe rappresentare un incentivo per il credito alle attività produttive. Invece le banche non concedono prestiti perché sono oltre la soglia delle sofferenze consentite e le imprese non chiedono soldi perché sono sovrastate dal clima di sfiducia nella ripresa dei mercati, che per l'economia giapponese stanno diventando sempre più impervi a mano a mano che sulla scena si affaccia la crescita impetuosa della Cina, con la massa d'urto dei suoi prodotti e con la ventilata svalutazione della moneta ufficiale cinese, il renminbi, che agevolando le esportazioni di Pechino potrebbe mettere definitivamente fuori gioco i prodotti giapponesi sui mercati occidentali.

 

20 febbraio 2002

 

TELEFONIA: UN INTERVENTO DEI LAVORATORI DI "BLU"

Salve a tutti, desideriamo sottoporre alla Vostra attenzione tutto ciò che da un po' di mesi a questa parte sta accadendo all'interno dell'azienda in cui lavoriamo: la BLU l'azienda del "Futuro che non c'era". Chi vi scrive lo fa dal Call center di Palermo dove lav orano circa 500 persone, ma tutto quello che segue riguarda anche i colleghi del Call center di Calenzano (Fi) della direzione generale di Roma e delle altre sedi di Napoli, Padova e Milano. Troppo complesso e difficile spiegare tutti i fattori che hanno provocato la drammatica situazione che noi tutti dipendenti stiamo affrontando o siamo in procinto di affrontare. Al di là di tutte le motivazioni originarie resta il fatto che, dopo neanche due anni di vita sul mercato, tutto il personale rischia di essere licenziato o di non aver confermato il proprio contratto di formazione e lavoro in contratto a tempo indeterminato. Dopo una serie di trattative per una possibile vendita o di un eventuale assorbimento da parte di un altro gestore, l'azienda sta valutando negli ultimi giorni la possibilità della liquidazione, che le consentirebbe la vendita dei singoli asset. Naturalmente una liquidazione frutterebbe molto di più di una possibile vendita in blocco. In fondo a chi interessa dell'enorme disagio sociale che si viene a creare buttando in mezzo alla strada circa 2.000 persone?

Non ci sembra corretto che l'azienda, dopo aver firmato dei contratti dove si obbligava ad una serie d'investimenti, dopo aver usufruito in tutto questo tempo degli sgravi fiscali sulla forza lavoro e di tutti i benifici destinati a chi investe nel mezzogiorno (per quanto riguarda il personale impiegato nel Call center di Palermo) stia optando verso la liquidazione o che per concludere in maniera più conveniente la vendita dell'azienda, elimini tutte le risorse che fino ad oggi hanno fatto in modo che la Blu diventasse ciò che è adesso. L'elemento che rende ancora più triste la nostra situazione è che fino ad oggi è stata considerata esclusivamente come un mera operazione finanziaria, e l'attenzione dei media è stata pressochè assente, salvo alcuni scarni articoli su qualche quotidiano 

Noi gente di BLU siamo stati costantemente tranquillizzati da parte dei nostri superiori e un po' per ingenuità un po' per fiducia adesso ci ritroviamo da soli e a vivere giorno per giorno senza un minimo di certezza su ciò che sarà domani. Adesso diciamo basta perchè non vogliamo in un "futuro che ci sarà" essere ricordati da un Tg che finalmente ci degnerà un attimo di attenzione, come vittime della mobilità. Abbiamo bisogno per la nostra sopravivvenza, che le parti interessate ci dedichino l'attenzione che un caso come questo merita. Desideriamo che il sig. Ministro Gasparri ci dia delle risposte concrete e che intervenga in maniera incisiva in merito alla questione.

Siamo certi che ci aiuterete a fare in modo che il nostro problema sia degnato di un po' di più d'attenzione dall'opinione pubblica, forzando così chi di competenza a riflettere un po' di più e ad analizzare anche l'enorme aspetto sociale che sta dietro la vendita o la liquidazione di Blu.

Grazie
Noi Gente di BLU

GRAN BRETAGNA: ANCORA PRIVATIZZAZIONI ALLE CORDE

Il governo Blair sta collezionando un fiasco dopo l'altro. Il ministro dei trasporti è stato nuovamente travolto dalle polemiche, questa volta legate alla vendita parziale del controllo del traffico aereo. Dopo nemmeno un anno di semi-privatizzazione, le banche che hanno prestato i soldi ai soci privati del servizio di traffico aereo (riuniti nella sigla Nats, proprietaria del 46% delle azioni della società) hanno infatti lasciato intendere che non investiranno altri soldi nella compagnia se il governo non metterà a disposizione altri fondi. Le banche dicono che il prestito di oltre un miliardo di sterline concesso a Nats lo scorso luglio andava ben al di là del reale valore dell'impresa e adesso minacciano di ritirarsi da quella che, a distanza di meno di un anno, sembra essere già un'azienda in crisi. Se il governo non pagherà, Nats rischia la bancarotta. Il governo Blair (che ha mantenuto il 49% della proprietà del servizio, mentre il 5% è stato venduto ai dipendenti) ha deciso di proseguire nell'operazione di vendita nonostante il parere contrario dell'opinione pubblica e di molti consulenti. Il rischio è quello di una Railtrack dei cieli, in riferimento alla conclusione disastrosa della privatizzazione delle ferrovie: poche settimane fa, il governo è stato costretto a una rinazionalizzazione di fatto del servizio ormai allo sbando e sommerso dai debiti. Anche nel caso del controllo del traffico aereo, il rischio è che alla fine sia necessaria una consistente iniezione di soldi pubblici per mantenere a galla la baracca, come sta accadendo per le ferrovie.

MISTEL

Qualcosa si muove per i 120 dipendenti della Mistel di Pomezia che rischiano il licenziamento. Dopo giorni di lotta degli operai e dei tecnici contro il piano unilaterale dell'azienda, e dopo un lungo periodo di silenzio totale da parte dei responsabili aziendali, finalmente un rappresentante della Mistel si è degnato di partecipare a un incontro convocato dalla Regione Lazio. Anche a nome del padrone Giovanni D'Attoma, il dottor Ippolitoni, commercialista, ha confermato che l'azienda metalmeccanica avrebbe già depositato gli atti per il concordato preventivo di fallimento. I lavoratori, che continuano il presidio dell'azienda che produce apparati telefonici e che è entrata in crisi in contemporanea alla privatizzazione di Telecom da cui riceveva commesse, chiedono ora garanzie per il futuro e soprattutto hanno voluto chiedere conto di un tracollo così repentino dei piani aziendali. Gli operai e i tecnici, tra i quali alcuni molto qualificati, hanno chiesto più volte un chiarimento definitivo sul futuro dell'azienda. L'unica cosa che è emersa è l'idea di chiudere l'azienda madre (e infatti sono stati già consegnati gli atti) per riaprirne un'altra con un nome leggermente modificato, ovvero Mistel srl. Ma la grande trovata del proprietario D'Attoma è basata sul numero dei dipendenti. Si chiude la Mistel con gli attuali 120 dipendenti, e si riaprirà la Mistel srl con 14 dipendenti. L'azienda sarebbe intenzionata a scegliere solo 14 lavoratori per la nuova Mistel e per gli altri proporre una cassa integrazione straordinaria per un anno per avviarli poi alle liste di mobilità. Si parla di due anni di mobilità o più a seconda dell'età dei lavoratori coinvolti. D'Attoma da una parte non accetta il conflitto e infatti ha sospeso tutte le buste paga e ha promesso di ricominciare a dare qualche soldo solo se i lavoratori interromperanno il presidio; dall'altra intende continuare a fare il padrone riapre un'altra azienda con 14 dipendenti. Uno in meno per l'applicazione dello Statuto dei lavoratori e quindi dell'articolo 18.

DONNE CONTRO IL PIANO SANITARIO DEL PIEMONTE

Battendo pentole e padelle circa cinquecento donne si sono ritrovate davanti a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte. E' stata la prima uscita pubblica del Coordinamento Cittadino delle Donne per l'Autodeterminazione: una manifestazione voluta per contestare apertamente il nuovo piano socio-sanitario presentato dalla regione Piemonte nell'ottobre dello scorso anno. Il presidio di fronte a Palazzo Lascaris ha voluto sottolineare il disagio e la contrarietà delle donne piemontesi nei confronti di una riforma della sanità che le vede fortemente penalizzate. Secondo il nuovo piano socio-sanitario non vengono precisati i livelli essenziali di assistenza; non è chiaro quanto si deciderà di spendere per i servizi a vantaggio dei cittadini e come verranno ripartite le responsabilità per i finanziamenti necessari; viene leso il riconoscimento dei diritti primari agli individui a vantaggio della cosiddetta "famiglia"; si mette in discussione l'autodeterminazione e la libertà anche rispetto alla procreazione delle donne - come prescritto dalla legge 194 ciò è di competenza del sistema socio-sanitario e non di quello assistenziale - il prestito d'onore viene concesso solo alle persone che intendono contrarre matrimonio e non alle altre che siano in stato di bisogno; le politiche riferite ai "nidi d'infanzia", di pertinenza educativa, vengono accostate all'assistenza; viene insinuata la possibilità di sostenere con questa legge la "libera scelta della famiglia delle forme di educazione e di istruzione", sottintendendo la concessione del bonus per le scuole private. Il Coordinamento è nato il 13 maggio 2001, all'indomani della vittoria del centrodestra alle elezioni politiche, per difendere la legge 194 ed è formato da avvocatesse, mediche, universitarie, insegnanti, impiegate, operaie, sindacaliste, gruppi della Casa delle donne, associazioni che operano nel sociale, rappresentanti di istituzioni e amministratrici.

LAVORATORI DEL GAS

Continua l'odissea dei lavoratori del settore gas acqua. Dopo oltre 37 mesi, i circa 45.000 addetti delle 750 imprese del settore sono senza contratto per le assurde pretese padronali. Per i sindacati la situazione è ormai insostenibile: "le associazioni padronali continuano con arroganza a sostenere appieno le tesi più becere di confindustria, vogliono mano libera nei luoghi di lavoro, insieme ad una riduzione delle retribuzioni".

BRESCIA, INIZIATIVA CONTRO LA NUOVA SCHIAVITU'

In Piazza della Loggia a Brescia "Italia 2002: il mercato degli schiavi", una vera e propria azione teatrale pensata e messa in scena dagli immigrati del Coordinamento per dare una forma più immediata e coinvolgente alla protesta. Alcune decine di migranti si sono presentati in piazza legati da una lunghissima catena, condotti da un "fratello" nei panni del mercante di schiavi. Suscitato l'interesse di molti passanti, ecco gli interventi, in particolare un appello ai lavoratori per unificare le lotte: per i dirittti e contro l'articolo 18.

KENIA. CONDIZIONI DISUMANE DEI COLTIVATORI DI FIORI

Quanti si sono mai domandati seriamente che cosa c'è dietro il profumo di una rosa rossa? Chi ha mai indagato sulla provenienza di quel garofano o sui traffici che ruotano intorno al tir floreale destinato ad Amsterdam piuttosto che a Londra o Berlino? Qualcuno resterà sbigottito leggendo queste poche righe, ma il punto di partenza del ragionamento è il Kenya, la terra dei grandi parchi, di Malindi, delle vacanze da mille e una notte, ma anche la terra dei milioni di baraccati, di Korogocho e Kibera, bidonville tristemente famose alla cronaca per le drammatiche condizioni che stringono in una morsa infernale i disperati che ci vivono. Proprio il Kenya è uno dei maggiori produttori mondiali di fiori, massima fonte di ricchezza di quei pochi latifondisti che hanno in mano l'industria floreale. "Non comprate i fiori keniani" è stato il grido lanciato per la giornata di San Valentino da alcune associazioni umanitarie che operano tra mille difficoltà a Nairobi e dintorni. La storia è molto simile a quella della produzione di ananas nelle mani della multinazionale Del Monte, che nella piantagione di Thika, sempre alle porte di Nairobi, ha fatto il bello ed il cattivo tempo: sfruttamento del lavoro, impiego di minori, assenza di ogni forma di tutela sindacale, prevenzione sanitaria praticamente inesistente in presenza di un uso massiccio di pesticidi, orario degli operai deciso dal padrone, molestie e ricatti sessuali nei confronti delle donne.

La lotta operaia è solo agli inizi, contrastata dalle istituzioni, dal presidente Moi e dagli stessi sindacati ufficiali, collusi con la classe politica dirigente, troppo spesso corrotta e inaffidabile rispetto ai bisogni delle classi subalterne. «Quella appena passata - è la testimonianza di Alex Zanotelli, vicino agli operai delle industrie floreali keniane - è stata una settimana ricca di iniziative a Nairobi, stiamo facendo di tutto per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle drammatiche condizioni di lavoro di migliaia di persone. Stiamo raccogliendo testimonianze, filmati, stiamo sfidando i poteri ufficiali ad un confronto che loro non vogliono. Venerdì scorso abbiamo organizzato un presidio di fronte alle industrie dei fiori di Naivasha, 150 km a nordovest di Nairobi.

Erano presenti anche dei giornalisti, ma la polizia, d'accordo con i padroni, ha impedito che si avvicinassero alle piantagioni». I dati dell'orrore pesano come macigni: nell'industria floreale keniana lavorano 120mila persone, il 90% è costituito da donne, ci sono presenze di lavoro minorile, i salari sono bassissimi (meno di un dollaro al giorno), le condizioni di lavoro disumane, manca qualsiasi forma di tutela sindacale e sanitaria, malattie della pelle e cecità sono diffusissime a causa del massiccio impiego dei prodotti chimici.

SARDEGNA: SCIOPERO NEL TRASPORTO AEREO

Sciopero di quattro ore dei 90 dipendenti della Sogaerdyn, societa' di handling del gruppo Sogaer penalizzata dall'applicazione del decreto sulla continuità territoriale. I lavoratori protestano per l'annunciato licenziamento di 50 di loro. A tutti i passeggeri e' stato distribuito un volantino con le ragioni dello sciopero cui hanno aderito anche i colleghi della Sogaer.

ALENIA: NO ALL'INTERINALE

Sciopero di mezz'ora di Fim, Fiom e Uilm alla progettazione dell'Alenia di Torino (600 addetti) contro la mancata conferma di due giovani progettisti assunti con un contratto interinale. I sindacati intendono aprire un confronto su tutta la partita del lavoro precario.

CINESI SFRUTTATI

Costretti a lavorare anche di notte all'interno di un laboratorio tessile di Porzano di Leno, nel bresciano. Al momento in cui i Carabinieri della stazione locale, in collaborazione con la Polizia Municipale e personale dell'Inps, hanno fatto irruzione i cinesi fingevano di dormire. Volevano far credere di non essere piegati sulle cucitrici e le stiratrici trovate ancora "calde" nel laboratorio ricavato al piano terra di una abitazione in via Politi, ma erano nel letto con ancora i vestiti da lavoro addosso, e l'espediente non è servito a convincere i Carabinieri. Tra le 15 persone controllate due erano prive di permesso di soggiorno. Il gestore del laboratorio, un connazionale che lo aiutava e la cognata, tutti e tre cinesi, sono stati arrestati con l'accusa di sfruttamento.

 

21 febbraio 2002

MICHELIN CONDANNATA PER ATTEGGIAMENTO ANTISINDACALE

La Michelin di Spinetta Marengo è stata condannata per attività antisindacale. La sentenza, emessa lunedì dalla pretura di Alessandria, accoglie in pieno la denuncia dei sindacati di violazione degli articoli 15 e 28 dello Statuto dei lavoratori e dichiara la colpevolezza della compagnia per aver sostituito gli operai in sciopero con impiegati inquadrati a un livello superiore; nonché per aver minacciato la chiusura dello stabilimento e la messa in libertà in caso di ulteriori scioperi, promettendo gratitudine nei confronti di coloro che non avrebbero aderito all'iniziativa. Una vittoria in una fase delicata in cui il governo Berlusconi e le imprese con l'attacco al contratto e allo statuto dei lavoratori puntano a cambiare e snaturare il diritto del lavoro. La decisione del giudice Pierluigi Mela intacca direttamente la prepotenza dei padroni, sia ordinando alla Michelin di astenersi in futuro dai comportamenti denunciati, sia costringendo l'amministrazione ad affiggere la sentenza in tutti i luoghi di lavoro.

Il 29 gennaio gli operai aderiscono allo sciopero generale contro la politica economica e sociale del governo Berlusconi. Durante le 4 ore di astensione al lavoro, la compagnia decide di sostituire gli scioperanti con altro personale di livello superiore (capi reparto e capi squadra) su alcune linee di prodotto. I sindacati, venuti a conoscenza dell'iniziativa dell'amministrazione - in contrasto con il diritto di sciopero e in violazione della legge 2130 c.c. che vieta al datore di lavoro di utilizzare il dipendente per mansioni diverse dalle quali è stato assunto o ha successivamente acquisito - il 30 gennaio decidono di bloccare la fabbrica per un'ora e mezza. La risposta della compagnia è immediata. La Michelin invia una nota aziedale che viene letta dai capireparto ai lavoratori radunati in piccoli gruppi. Dal documento emergono chiaramente delle affermazioni che nulla hanno a che vedere con la critica allo sciopero, ma sfondano ampiamente i limiti della legalità con atteggiamenti che troppo rimandano agli usi di mezzo secolo fa . Alcune delle frasi incriminate: "Uno sciopero che non potrà che aggravare la nostra situazione", "Quali conseguenze se non rispetteremo questa commessa?", lo stabilimento di Alessandria è "caro, inaffidabile, ingestibile" a causa degli scioperi. Lo stesso giudice Mela ha ritenuto che in questi avvertimenti si nascondessero delle vere intimidazioni: coloro che scioperano, in definitiva minacciano se stessi in quanto l'azienda in futuro per il ripetersi delle proteste potrebbe "mettere in libertà il personale" o addirittura "chiudere lo stabilimento". I sindacati hanno denunciato che comportamenti simili a quelli della Michelin sono stati adottati da molte imprese in provincia di Alessandria, che addirittura hanno sostituito gli operai in sciopero con lavoratori interinali o delle cooperativa

BLU: ALTRI 30 LICENZIAMENTI

Per i 400 lavoratori del call center di Calenzano (Firenze) stanno scadendo i contratti di formazione lavoro. E con cadenza settimanale vengono mandati via. 24 la settimana scorsa, altri 30 alla data di oggi. Probabile, a questo punto, che identica sorte tocchi a quelli il cui contratto scade il 28. Del resto l'orario di lavoro è stato progressivamente ridotto alla fascia 7-23 (mentre prima copriva tutto l'arco delle 24 ore), e molte delle attività sono state dirottate sul call center di Palermo. Al tentativo di conciliazione con il sindacato di base che sta organizzando i lavoratori di Calenzano (il Flmu Cub) la società non è neppure presentata. Per lunedì 25 febbraio, alle ore 10, i lavoratori di Blu terranno un presidio davanti alla Regione Toscana, alla prefettura e alla Provincia di Firenze, in via Cavour, per sollecitarne l'intervento.

RICERCA: CONTRATTO IN VISTA

Dopo quattro anni di attesa i lavoratori degli enti di "ricerca e sperimentazione" stanno per avere il contratto nazionale. I governi succedutisi in questi quattro anni hanno mostrato di tenere in assai poco conto il settore. Solo le decise iniziative di lotta degli ultimi tempi hanno convinto la controparte a concludere positivamente la trattativa.

 

22 febbraio 2002

PRIMI SCIOPERI

In centinaia di fabbriche i delegati hanno invitato già ieri mattina allo sciopero, non appena si è diffusa la notizia della proposta di Berlusconi, della divisione dei sindacati. Scrivono da Grugliasco i "lavoratori della Lear", che ieri si sono fermati per due ore: "è solo l'inizio di una lotta che non intendiamo cessare fino allo stralcio definitivo della delega sull'articolo 18", poi parlano della "preoccupazione" per una situazione che tende a colpire "la propria vita nelle aziende e fuori", e chiariscono ai sindacati che non sono "disponibili a cancellare diritti né per sé nè per i propri figli". Oltre alla Lear nella provincia di Torino ieri si sono fermate una quarantina di fabbriche, circa 10 mila donne e uomini. I comunicati che invitano i sindacati a riprendere insieme e intensificare le lotte, che chiedono lo "sciopero generale contro le pretese di governo e Confindustria", sono firmati quasi sempre unitariamente dalle rsu. In una fabbrica della provincia alcuni iscritti alla Fim ieri hanno restituito le tessere, e la Rsu della Automotive apostrofa direttamente il segretario della Cisl Pezzotta: "la cosa più umiliante è che ha dichiarato di essere disponibile a discutere con il governo l'art.18 e il Libro bianco". Nel torinese hanno scioperato le grosse fabbriche come la Carrozzeria Bertone, dove i giovani sono in maggioranza tra i 2mila lavoratori, la Marelli illuminazioni, la Denso di Poirino, i due stabilimenti di Pininfarina di Grugliasco e S. Giorgio, ma anche tante fabbriche di dimensioni minori, anche quelle dove per i licenziamenti illegittimi oggi non vige ancora l'art.18. Scioperi spontanei anche alla Galleria del vento, un pezzo degli Enti centrali Fiat di Mirafiori. Decisi gli scioperi a Ivrea - alla Trioneuro Valperga, Bergo di Busano, Mac e Dayco di Chivasso. E a Novara alla S.Andrea, Ego, Merito; ad Alessandria oggi ci si ferma per due ore alla multinazionale Legrande, e per 4 ore all'Europa Metalli. In Lombardia Brescia apre con una raffica di scioperi nelle fabbriche metalmeccaniche: tra ieri e oggi fermate alla Ocean, Alfa Acciai, Stefana, Tubificio Petra, Ferrosider, Federal Mogul, Skw, Redaelli, per citarne alcune. A Legnano ha scioperato l'Abb. Alla camera del lavoro di Milano piovono fax e telefonate di protesta di rsu contro il governo che ha rifiutato lo stralcio dell'art.18, e di ammonimento ai sindacati a continuare le lotte "fino allo sciopero generale" e a non imbarcarsi in una trattativa "mistificatoria" (come scrivono le rsu Ibm). Ieri nel milanese gli scioperi spontanei hanno aperto la giornata nelle metalmeccaniche Macco, Van Lear, Anuria, Ceme, Frimont, Aros e altre. Si fermano anche fabbriche chimiche e farmaceutiche: la Pirelli, la Clariant, la Elf, la Wlm plastica, e la Avir vetrerie. All'Alfa Romeo di Arese Fim e Fiom di fabbrica dicono "no alla modifica dell'art.18". Alla Perondi "rsu e lavoratori fanno presente a Cgil, Cisl, Uil di essere indignati" contro il governo e chiedono, come moltre altre rsu "lo sciopero generale". Ritornano sull'argomento le rsu della Marcegaglia di Brolo: "stanno mettendo in gioco la dignità di ognuno di noi, ci stanno preparando un futuro da schiavi: questo futuro non ci piace". Chiedono lo sciopero generale anche dal commercio, gli addetti alla Gs, Coop, Ikea e Rinascente Duomo, Pam, Coin, Atlas Copco, Ced, Camera di commercio (a maggioranza Cisl). Messaggi dai delegati genovesi di tutti i settori, dall'Ilva alla Stoppani, dalla imprese di pulizia alla Rinascente, le banche, dai cantieri navali agli autoferrotranvieri. In Toscana si scrive dalla metalmeccanica Delphi di Livorno, che ha già scioperato ieri, dal Nuovo Pignone, Gkn, Esaoto biomedica, Ge Transportation. A Napoli le proteste sono già state sottolineate ieri dagli scioperi indetti dalle rsu delle aziende metalmeccaniche del porto, tra cui Wartsila, Palumbo, Solla. Sciopero generale "per impedire che si affermi un modello sociale fondato sull'ingiustizia, l'iniquità" dalle rsu della Fincantieri-Breda di Marghera.

In Emilia Romagna la giornata di ieri si è aperta con scioperi a tappeto, e altrettanto si annunica quella di oggi. Per citare solo alcune delle fermate unitarie nelle aziende metalmeccaniche: a Modena 30 munti di sciopero alla Fiat, Italtractor, Carrozzerie Barbi e in altre aziende. Un'ora per tutti alla Ferrari. A Reggio Emilia scioperi e assemblee alla tra le altre alla Lombardini, Landini, Fantuzzi-Reggiane. A Ferrara scioperi unitari alla Simel, Stay, Guaresi. A Bologna alla Arcotronics, Beghelli, Cesab, all'Acma e alla Fini.

MORTE SUL LAVORO

Antonio Campagna, un capotreno della ferrovia Cumana di Napoli è morto fulminato ieri notte dopo aver toccato i fili dell'alta tensione. Il giovane originario di Pozzuoli, è salito su un treno nella stazione del Corso Vittorio Emanuele per effettuare la regolare manutenzione del mezzo prima di avviarlo a deposito, ma ha toccato i fili dell'alta tensione ed è morto all'istante, folgorato da una scarica elettrica. Sono state aperte due inchieste sia dall'ispettorato del lavoro, sia dalla magistratura. Fabio Favalli, operaio dell'azienda Franchini lamiere di San Zeno (Br) è morto ieri mattina in un tragico incidente sul lavoro. Secondo una prima ricostruzione il giovane sarebbe rimasto schiacciato tra un camion che stava facendo una manovra in retromarcia e una bobina di metallo. Immediati i soccorsi del 118 intervenuto con un'eliambulanza, ma gli operatori non hanno potuto fare nulla: il 28enne purtroppo era già morto.

OLIMPIC AIRWAYS LICENZIA

La Olympic Airways, compagnia di bandiera greca, nel tentativo di evitare la bancarotta taglierà 2.000 posti di lavoro e verrà divisa in società più piccole. Lo ha annunciato il governo greco, che qualche giorno fa aveva azzerato le trattative per la privatizzazione, annunciando una ristrutturazione. I tagli di oltre un quarto degli addetti avverranno costringendo i dipendenti al prepensionamento e all'abbandono volontario.

SCIOPERANO I TESSILI

L'8 marzo sciopereranno le lavoratrici (70% degli 800 mila occupati nel settore) e i lavoratori dell'industria tessile. Il settore tessile è l'unico dell'industria manifatturiera ad essere ancora senza contratto. L'iniziativa di lotta è stata decisa da Cgil, Cisl e Uil al termine dei direttivi riuniti a Milano per valutare l'andamento delle trattative per il rinnovo del secondo biennio dei contratti nazionali. Secondo i sindacati la mobilitazione è necessaria "perché contrariamente a quelle che erano le prospettive aperte dalla trattativa dello scorso 29 gennaio, la posizione delle associazioni tessili non ha fatto emergere nessun elemento nuovo ed è rimasta ancorata a una proposta di aumento di 68 euro".

IMPIEGATE DELLA DIFESA DENUNCIANO MOBBING E MOLESTIE

Nell'esercito, nei ministeri, in molte aziende le donne non hanno una vita facile. Le molestie sessuali, che molto spesso possono trasformarsi in vero e proprio mobbing, sono ancora oggi un problema largamente irrisolto.

Nell'esercito il problema non riguarda soltanto le nuove donne soldato, ma tutte le dipendenti civili del ministero della difesa che si recano quotidianamente nelle caserme a svolgere la professione di dattilografe, elettriciste, elettromeccanici di bordo, pittori, amministrative. Sono circa 14-15 mila su un totale di 41.800 dipendenti civili, e vivono in un ambiente fatto soprattutto di uomini e coperto da innumerevoli cortine di segretezza, dove è difficilissimo denunciare quello che non va.

Marta, ad esempio (il nome è di fantasia), ha avuto il coraggio di denunciare le pesanti molestie a cui è stata sottoposta da parte del proprio capo, un colonnello del Ce. Ri. Co. (Centro rifornimenti del commissariato) di Roma, nel quartiere Cecchignola. Un caso che si è trasformato in una sorta di mobbing, perché, dopo aver rifiutato le avances, Marta è stata progressivamente isolata da parte di molti colleghi e privata delle sue mansioni. "Il mio capo - racconta - è arrivato nella caserma nel '98 e ha subito cominciato a farmi battute offensive, diverse avances e regali che ho sempre rifiutato. Per un lungo periodo mi ha anche fatto varie telefonate mute al cellulare, e ha anche cercato di corrompermi, proponendomi di far vincere un appalto a mio marito, che fa l'ingegnere, se io fossi stata al gioco". Ma Marta al gioco non c'è stata e nel corso del tempo il capo non demordeva, convocandola spesso nel suo ufficio senza alcun motivo: una volta le ha chiesto di copiare a mano una parte delle Pagine Gialle, un'altra volta ha tirato fuori dalla scrivania una tabella in cui registrava maniacalmente il suo abbigliamento quotidiano con un voto di gradimento accanto. Esasperata, Marta decide di denunciare l'accaduto e il Commissariato convoca il dirigente militare per saperne di più. Da quel momento in poi, le molestie sessuali si trasformano in mobbing. "Il colonnello - continua Marta - cominciò a dire ai suoi sottoposti di non parlarmi perché ero poco affidabile, mentre a poco a poco molti colleghi cominciarono a isolarmi. Inoltre, buona parte del mio lavoro fu affidato progressivamente ad altre figure, la password del mio computer fu cambiata improvvisamente, tanto che presto mi trovai senza fare nulla. Nel frattempo, però, sono stata eletta delegata sindacale e mi sono rivolta all'osservatorio del mobbing e ai sindacati. Mi sento un po' più forte in questa battaglia, e voglio andare avanti".

MOBBING

Molestie sessuali, tentativi di licenziamento (almeno finché regge l'articolo 18), prepotenze e arroganze da parte del capo e dei colleghi possono trasformarsi in mobbing, anche se non in tutti i casi il passaggio da un fenomeno all'altro è automatico. Il mobbing, come spiega Antonio Vento, psichiatra e presidente dell'Osservatorio nazionale mobbing-bossing, è un fenomeno ben preciso e individuabile, fatto di diversi elementi, medici e sociali. Non è insomma un generico esaurimento nervoso, né una semplice difficoltà di relazionarsi con i colleghi di lavoro, ma una vera e propria tecnica messa in atto spesso con predeterminazione per annientare il dipendente, isolandolo da tutti gli altri e facendogli perdere la fiducia in sé stesso. E, se non curato, il malato di mobbing può anche arrivare al suicidio. Il lato comune a tutti sembra essere il problema della fiducia in sé stessi legato all'ambiente di lavoro. Si parla di una vera e propria tecnica messa in piedi volontariamente dai capi, quando si vuole licenziare ad esempio una persona scomoda. Al lavoro è legata anche la dignità della persona, e con il mobbing si mette in dubbio: l'amore di sé, l'autostima. Perché ci sia mobbing, comunque, non bastano le angherie del capo, definite "bossing", ma si deve creare anche l'isolamento da parte dei colleghi. Per paura, o per piacere al capo, per l'identificazione nel gruppo, è facile che i tanti isolino i pochi o l'uno, creando così il sentimento della persecuzione. Il resto lo fa da solo il lavoratore, portando fuori dall'ambiente lavorativo questo carico di problemi, che travolge, come in un domino, anche la sua vita familiare e le altre relazioni.

L'aggressione del mobbing ha successo quanto più si instilla nel lavoratore il dubbio sul suo destino. Il meccanismo si basa sul timore, che diventa il compagno inseparabile della persona colpita. E' chiaro che in un sistema in cui manca un solido stato sociale o delle adeguate garanzie per chi teme di perdere il lavoro, come gli ammortizzatori sociali e lo stesso articolo 18, il lavoratore è ancora più esposto alle intemperie. Abolire l'articolo 18, ad esempio, crea le condizioni "naturali" per rendere ancora più nudo il dipendente di fronte al mobbing.

CASA: IN LOTTA CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO

Tutti in piazza a Firenze contro la privatizzazione delle case popolari, mobilitazione indetta dal Coordinamento autogestioni e assegnatari fiorentini: «Vogliamo difendere il diritto di chi non può comprare a restare nelle case dove abitano, a canoni sociali, o in alternativa, di riscattare la propria abitazione come vuole la legge (la 560/93)». Un diritto negato che riguarda circa 26mila famiglie di assegnatari, molte delle quali minacciate di sfrattato e nel migliore dei casi con un futuro da deportate in aree meno "appetibili" per il mercato.

La Toscana è una delle regioni ad averne fatto le spese a tutto campo. «Attraverso questa logica si è manifestato un processo di deindustrializzazione devastante» ricorda Maria Gemma Guidelli, portavoce del Coordinamento dei comitati in lotta. E tira giù l'elenco della disfatta produttiva, a partire dallo smantellamento del polo siderurgico di Piombino; il dimagrimento progressivo della Nuovo Pignone (svenduta alla multinazionale made in Usa, General Elettric); assenza di ogni chiarezza e certezza sulle prospettive della Officine Galileo e l'elenco è infinito, ma è in questo quadro che ha preso piede il degrado delle condizioni di lavoro e sicurezza, affiancato a quello della qualità della produzione. «Arrivati a questo punto, noi assegnatari fiorentini, sentiamo la necessità di creare un fronte sociale, sindacale e politico contro tutte le privatizzazioni che colpiscono le masse popolari. Siamo indignati e preoccupati per il nostro futuro. La crisi della giunta di centro-sinistra che governa Firenze è emblematica. Il maggior partito della sinistra, i diesse, e il loro sindaco Leonardo Dominici, devono ormai decidere quale strada percorrere per uscire dal pantano nel quale si sono voluti infilare. Devono scegliere se stare con l'utenza, con i bisogni popolari, oppure con le logiche speculative», sottolinea la portavoce del Coordinamento autogestioni e assegnatari.

 

23 febbraio 2002

 

CONTINUANO GLI SCIOPERI SPONTANEI CONTRO IL GOVERNO

Nei volantini napoletani si saltano i giri di parole per nominare la "trattativa" che Berlusconi ha proposto, e Cisl e Uil hanno accettato, di vedersela con la Confindustria sui licenziamenti illegittimi: tanto il governo ha comunque detto che "è lui a decidere", e che certo, se ci saranno "pezzi buoni" prodotti da padroni e sindacati "li prenderà con piacere" - è il commento orale di un delegato. Ma sono delegati della rsu Fiom della Fiat di Pomigliano e delle aziende collegate, a scrivere il testo. E però gli scioperi di ieri alla Nuova meccanica navale "contro il governo per il mantenimento dell'art.18" erano indetti insieme dalle rsu di Fim e Fiom . E altri documenti sullo stesso tema li hanno approvati Fim, Fiom, Uilm e Sin Cobas alla Whirpool, li hanno scritti insieme i delegati della Sofer di Pozzuoli, e della Meltem, le rsu di Magnaghi aeronautica e Ansaldo. Ieri è stata giornata Fiat anche in Molise. Nello stabilimento di Termoli, l'assemblea riunita da Fiom e Cobas sul tasto dolente degli "orari" di lavoro, è sfociata in un corteo interno, concedendosi il "tempo" dello sciopero. Un'ora di sciopero per turno anche alla Sevel di Val Sangro, indetta da Fiom e sindacati autonomi, ma hanno partecipato anche delegati Uilm, e tra i lavoratori la Fiom ha raccolto richieste di iscritti ad altre organizzazioni che hanno disdetto le loro precedenti tessere. Ma fuor di Fiat, nel chietino scioperi in quasi tutte le fabbriche. Un salto al nord dove Brescia ha segnato la seconda giornata di scioperi nelle fabbriche metalmeccaniche: ieri si sono fermati alla Beretta di Gardone Val Trompia, dove lavorano in mille, e alla Metal Work (200 addetti), ad aggiungersi alla Ocean, Alfa acciai, Ferrosider, Stefana, Tubificio Pietra, Gnutti, Sidegardo Mollificio bresciano e molte altre. Martedì 12 marzo sciopero generale provinciale di 4 ore a Brescia. Sintetica la parola d'ordine: "No alla trattativa farsa".

Si propone l'allestimento di una "cassa di resistenza", per un conflitto lungo, prima, durante e dopo "lo sciopero generale", contro un governo che ha deciso "la manomissione dell'articolo 18", affidandola per il momento alle arti della Confindustria "mandante dell'attacco ai diritti", e intanto l'intera delega sul lavoro rimane intatta "con tutto il suo carico di ingiustizie e di precarizzazione". A Torino oltre che a Mirafiori si è scioperato alla Teksid di Borgaretto, alla tesio Radiatori, Oxford Automotive, Trw, Valeo e Tessa di Moncalieri. Alla Marelli scarico, Sandretto, Fergat e altre di Collegno. Scioperi anche a Ivrea: Trioneuro, Berco, Dayco, Mac. E a vercelli dove alla Teksid di Crescentino la fabbrica ha taciuto nello sciopero: si sono fermati tutti. Ad Alessandria, scioperi di 2-4 ore alla Oda, di 4 ore alla Europa metalli, alla Hms, Acerbi, Mino. A Cuneo: fermate alla merlo, alla Alstom ferroviaria (ex Fiat di Savigliano) sciopero al 100%, 80% alla Trau. Scopero all'80% degli operai, ieri, anche alla Pirelli Bicocca e alla Pirelli di Bollate, a Milano, dove hanno scioperato anche alla Clariant di palazzolo milanese, alla Basf e alla Cf gomma di Cinisello: tutte fermate con assemblee. Alla Cgil milanese ieri in mattinata erano già arrivati 150 messaggi dalle Rsu di altrettante fabbriche. E un appello "giù le mani dall'art.18", sottoscritto da 65 rsu di realtà del pubblico impiego. Dai lavoratori pubblici pioggia di messaggi anche a Bologna e in altre città emiliane dove ieri sono proseguiti gli scioperi.

BERLUSCONI PROPONE: 24 MESI E VIA L'ART. 18

Proposta spettacolare di Berlusconi: eliminare l'articolo 18 e dare due anni di stipendio a chi verrà licenziato ingiustamente. Lo ha detto ieri a Torino e poi il suo governo è stato costretto a un qualche aggiustamento comunicativo: è solo un'idea, non è una proposta formalizzata. Ma intanto la cosa è detta e piomba direttamente proprio sul tavolo che il ministro Roberto Maroni aprirà martedì a Roma. L'uscita di Berlusconi può essere una boutade, oppure può essere letta come un messaggio. Governo e industriali vogliono chiudere al più presto questa storia portandosi a casa anche la modifica dell'18 dello Statuto dei lavoratori. La Confindustria attacca intanto la Cgil ("è uno sciopero politico") e punta risolutamente su questa nuova "concertazione". Lo ha detto ieri il consigliere incaricato, Guidalberto Guidi, che ha ripetuto un'affermazione che circola da qualche tempo negli ambienti confindustriali. Guidi ha spiegato che "non vale la pena morire per nulla, neppure per quel numero che viene dopo il 17. E' però importante toccare certi temi che mettono il nostro paese in condizione di competere sui mercati internazionali". Si prospetta la seguente scena: il governo spera di ottenere un accordo separato su quasi tutta la delega sul lavoro, che tra l'altro contiene altri provvedimenti molto pesanti, gravi almeno quanto l'articolo 18. A quel punto, con un accordo in mano, il governo Berlusconi sarà legittimato a tradurre la delega in legge, modificando d'imperio anche l'articolo 18.

BLU IN SCIOPERO IL 1° MARZO

Il primo marzo i lavoratori di Blu sciopereranno per 8 ore e scenderanno in piazza a Roma per una manifestazione nazionale (partenza da Piazza della Repubblica alle 9.00, si concluderà in piazza SS. Apostoli). Le agitazioni sono state indette dai sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil contro la vendita del gruppo, decisa "nonostante sia nato e cresciuto nel mercato delle telecomunicazioni mobili in modo significativo e raggiungendo tutti gli obiettivi che gli stessi proprietari avevano approvato". La vendita di Blu ha già prodotto molte mancate conferme di contratti di formazione lavoro nelle diverse sedi italiane, e si teme per altri posti di lavoro. I sindacati chiedono di incontrare il ministro delle Attività produttive Marzano al termine della manifestazione. Intanto, ieri il ministro Gasparri ha annunciato che sono state recapitate al ministero le offerte formali per l'acquisto: le hanno presentate i gruppi Tim, Wind, H3G e Omnitel. Il ministro ha confermato che si va verso una vendita "spezzatino" degli asset e che non si procederà a una vendita in blocco, anche perché l'acquisizione dell'intera società da parte, ad esempio, di Tim comporterebbe dei problemi sul fronte della concorrenza. Il presidente di Blu, Giancarlo Elia Valori, ha spiegato che le offerte pervenute a Blu sono già al vaglio dell'amministratore delegato Enrico Casini.

NUOVO PIGNONE

Una serie di scioperi - ieri tre ore nello stabilimento di Bari - per i dipendenti del Nuovo Pignone, l'azienda che produce valvole e pompe, controllata da General Electric. I 241 dipendenti dello stabilimento barese temono che la riduzione della produzione valvole e il trasferimento a Firenze dei rotori possa portare a una crisi occupazionale. Già dal '94, dopo l'aquisto da parte di General Electric, il Nuovo Pignone di Bari ha visto il personale ridursi progressivamente, e oggi lo stato di crisi è previsto nonostante gli utili viaggino intorno al 6.5%.

AERMACCHI: MORTE SUL LAVORO

Un operaio di 40 anni è morto ieri mattina all'Aermacchi di Venegono Inferiore (Va), dopo messere rimasto schiacciato da un macchinario che stava installando. Nel settembre 2000 un altro operaio era morto, folgorato mentre svuotava un pozzetto. Le Rsu aziendali hanno subito incontrato la direzione

UNGHERIA: MERCATO DEL LAVORO

Karl è di Szeged, ha 41 anni: insegna inglese part-time per sbarcare il lunario. Non ha un lavoro a tempo pieno da ben oltre un anno e quando va a fare un colloquio, dice, è sempre la stessa storia. Gli promettono di richiamarlo per fargli sapere qualcosa, ma il telefono non squilla mai. Don, invece, è di Miskolc, ha 49 anni e la disgrazia di essere quasi cieco, disoccupato da nove anni e non si aspetta niente dal futuro. "Anche per i lavori più semplici, una ragazza in minigonna è molto più competitiva di un portatore di handicap - dice amaramente e aggiunge - secondo la mentalità di molta gente, chi ha quasi 50 anni è ormai fuori".

Sono due dei tanti casi che dipingono la situazione di chi ha già passato gli "anta" in Ungheria. Le cifre dell'Ufficio centrale di statistiche evidenziano che in giugno la popolazione attiva era cresciuta dello 0,6% rispetto a un anno prima, ma, contemporaneamente la presenza dei lavoratori fra i quaranta e i quarantaquattro anni è scesa del 6,23%. Del milione e mezzo di "over 40", almeno 400.000 sono a spasso. Una volta che queste persone perdono l'impiego, difficilmente riescono a trovarne un altro.

Secondo Imre Ikvai-Szabó, responsabile del programma budapestino di reinserimento, molta gente ha perso il lavoro proprio per questioni di età e la situazione è ancora più nera per le donne e gli zingari. "Nel corso degli ultimi dieci anni -dice- ci sono stati cambiamenti tremendi nel mercato del lavoro. Decine di migliaia di persone che lavoravano nelle industrie all'epoca socialista sono state licenziate dopo il cambio di regime". Racconta che, allora, c'erano molti lavoratori improduttivi. ma non esisteva la disoccupazione e che la terapia del cosiddetto mercato aperto ha scombussolato il settore dell'impiego, popolato da gente impreparata ad accogliere le nuove ricette. Insomma, sono finite le sicurezze di un tempo e le prospettive risultano tutt'altro che allegre per chi non risponde a certi requisiti. Una recente inchiesta fatta a Budapest ha, infatti, messo in luce che su 100 offerte di lavoro 10 sono discriminatorie. Così, sono molto frequenti annunci che cercano solo uomini sotto i 40 anni.

FS: PRIVATIZZAZIONE CRIMINALE

Un segnale rosso non rispettato in territorio italiano o il malfunzionamento di uno scambio in territorio svizzero. Sono queste le possibili cause del tragico incidente ferroviario avvenuto la scorsa notte appena oltre il confine tra Italia e Svizzera, nella stazione di Chiasso, e che ha causato la morte di due ferrovieri e il ferimento di altri cinque. Tra le lamiere di un locomotore "636" vecchio di cinquant'anni hanno perso la vita due esperti ferrovieri, Salvatore Fortunato 41 anni, siciliano di origine e abitante a Bollate, e Carmine Senatore 42 anni, napoletano di Castellammare di Stabia, residente a Pieve Emanuele. Erano alla guida del treno merci carico di automobili, proveniente da Milano, che ha provocato l'incidente.

Fonti delle Fs parlano di eccesso di velocità rispetto al limite, che in quel tratto è di 30 chilometri all'ora. Ma intanto esplode la rabbia dei sindacati per una tragedia che si sarebbe potuta evitare e che è figlia del processo di liberalizzazione e privatizzazione del trasporto ferroviario. Da quando infatti le Fs si sono poste l'obiettivo del pareggio di bilancio, risparmiando sul costo del lavoro e della manutenzione, riducendo drasticamente il personale, si è registrata una costante diminuzione della sicurezza. Esattamente quello che è accaduto in Inghilterra, dove la privatizzazione voluta dalla Thatcher è praticamente fallita. Ma in Italia si fa finta di niente, il contratto di lavoro dei ferrovieri è scaduto da due anni e gli utenti non possono fare altro che beccarsi gli scioperi. Come quello di 24 ore indetto per il 2-3 marzo dall'Orsa (l'organizzazione che raggruppa i sindacati di base dei ferrovieri) proprio sui problemi della sicurezza, dell'orario di lavoro e del contratto. Se le Fs si concedono il lusso di spremere come limoni i lavoratori delle ferrovie, ciò viene reso possibile, in parte, proprio dai contratti siglati da Cgil Cisl e Uil. «E' dal 92 che nelle Fs si abusa del lavoro straordinario - accusa Giulio Moretti, segretario generale aggiunto dell'Orsa e macchinista del Comu -. In più c'è stato un progressivo aumento delle flessibilità. L'ultimo contratto attualmente in vigore, scaduto da due anni, ha introdotto deroghe con la possibilità di nastri lavorativi di dieci ore la riduzione dei riposi fuori residenza fino a sei ore. E si tratta di un accordo sottoscritto dai sindacati confederali». Inoltre il contratto stabilisce un tetto di straordinari, intorno alle 80 ore annue, che non viene rispettato: «Sappiamo di colleghi - riferisce Moretti - che lavorano anche 250 ore al mese, senza beneficiare di riposi compensativi. Questo ha permesso la riduzione degli organici». E' significativo che lo "stallo" in cui versa la trattativa sul contratto di sistema sia dovuto proprio a differenze di posizioni sull'orario di lavoro, con Confindustria che chiede l'aumento da 36 a 38 ore di quello settimanale, da 7 a 8 ore di quello notturno e un ampliamento della flessibilità oraria fino a 44 ore settimanali.

TRENITALIA ANTISINDACALE

La società Trenitalia Spa (gruppo Fs) è stata condannata per comportamento antisindacale dal tribunale di Milano. L'azienda aveva sostituito i lavoratori in sciopero con proprio personale e/o con addetti esterni durante le agitazioni del 25 settembre e del 24 ottobre, proclamate da Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt Uil. Una pronuncia che, a detta dei sindacati, «restituisce dignità ai lavoratori degli appalti delle pulizie impegnati nella difesa del loro posto di lavoro».

 

24 febbraio 2002

UNA SETTIMANA DI LOTTA

Dicono i comunicati delle fabbriche in sciopero: "indispensabile respingere con ogni sforzo l'attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori sferrato da Confindustria tramite il governo", così alla Lombardini di Reggio Emilia, dove gli scioperi continuano, chiudendo la settimana con le fermate alla Maletti, alle ceramiche Ragno, per riaprire con gli scioperi di domani alla Casalgrande padana e Graniti Fiandre, così come in altre aziende, la nuova settimana di lotte che prevede un programma sempre più fitto in Emilia e nelle altre regioni del nord.

Anche in Toscana gli scioperi spontanei organizzati dalle rsu hanno fermato molte aziende, soprattutto metalmeccaniche, primi "assaggi" delle iniziative che seguiranno "in preparazione della manifestazione del 23 marzo e dello sciopero generale del 5 aprile", annuncia la Cgil toscana.Intanto le fermate di un'ora con assemblee hanno già coinvolto le province toscane: alla Delphy, Pier Burg e Trw di Livorno; alla Siemens, Motrola Rolta e Pistoni Asso Werk di Pisa; all'Europa metalli di Pistoia; alla Codecasa, Azimut e Perini navi di Lucca. Ferme a Firenze Laika e Axis, e domani tocca alla Zanussi. Ma le notti di questo week end hanno visto protagonisti i giovani del sud. Alla Fiat di Termoli, dove l'ultima assemblea in sciopero c'è sta la notte di venerdì: l'art.18 è naturalmente il tema caldo per tutti; ma le assemblee decidono anche l'inizio di una vertenza sugli orari ,"ormai oltre ogni umana sopportazione" nella fabbrica molisana, dove la Fiat pretende il totale dominio del tempo: ha imposto ben 18 turni settimanali di lavoro, e contemporaneamente mette la gente in cassa integrazione.

Alla Fiat di Melfi hanno scioperato ancora ieri, due ore per turno, mattina e sera: non una cosa massiccia come a Mirafiori, ma gli operai sono usciti fuori dai reparti del montaggio, della lastratura e verniciatura, fermando così la produzione. La serie degli scioperi era iniziata la sera di venerdì e si era allargata anche alla società Fenice, che opera nell'area dello stabilimento Fiat potentino.

ALTA VELOCITA': INFORTUNIO SUL LAVORO

Grave incidente sul lavoro nel cantiere Morticine dell'alta velocità ferroviaria. Franco Marrazzo, 24 anni, è caduto da un'altezza di circa sette metri mentre era impegnato nei lavori di realizzazione di una delle gallerie nel tratto appenninico Firenze-Bologna. Trasportato in jeep all'imbocco della galleria e da lì in elicottero all'ospedale fiorentino di Careggi,

Marrazzo è stato operato d'urgenza e gli è stata asportata la milza. L'operaio ha riportato anche la frattura di un femore e di un polso oltre a un grave trauma toracico, le sue condizioni hanno convinto i sanitari a riservarsi la prognosi.

LIGABUE: ACCORDO FATTO?

Ieri è stato firmato presso l'Ufficio territoriale del governo l'accordo tra la società Aeroporti di Roma (Adr) e i rappresentanti dei lavoratori della società Ligabue, fornitrice di servizi di catering a bordo degli aerei. «Adr- si legge nell'accordo siglato - con la collaborazione attiva della Regione, Provincia, Comuni ed Enac, s'impegna a salvaguardare i livelli occupazionali complessivi della Ligabue e dell'indotto». L'Adr si impegna anche a «sostenere economicamente tutti i lavoratori della Ligabue con anticipi per i diritti maturati e maturandi». Dalla prossima settimana sarà istituito un tavolo di confronto tra Adr, sindacati ed Enti locali.

AIRONE ASSUME I LICENZIATI DI MERIDIANA?

Air One potrebbe assumere già da domani, con effetto retroattivo, i 38 lavoratori in esubero licenziati dalla società Meridiana. Lo comunicano i vertici della compagnia aerea, precisando che la firma dei contratti avverrà dalle ore 9, singolarmente per ciascun dipendente, preavvertito da un telegramma.

SICUREZZA SUL LAVORO A CASSINO

Centosedici lavoratori della società Sistemi sospensioni, ex dipendenti Fiat, presso lo stabilimento di Cassino, hanno denunciato l'azienda per una lunghissima serie di violazioni della legge 626 sulla sicurezza sul lavoro, tra cui uscite di emergenza ostruite, sganciamento di ammortizzatori, presenza di gas e fumi e scarsissima areazione.

BLU, PROTESTE A FIRENZE

Presidio contro i licenziamenti dei lavoratori di Blu domani davanti al consiglio regionale della Toscana, alla prefettura e alla provincia di Firenze. I posti a rischio dei lavoratori dei call center impiegati a Calenzano sono circa 400.

 
26 febbraio 2002

TROPPI SCIOPERI IN ITALIA, SECONDO GLI USA

Continua il cosiddetto "tavolo delle parti sociali", la trattativa di "60 giorni" sul mercato del lavoro: la materia è già oggetto della legge delega di Berlusconi. Alla partenza, però, ci sono già due assenti: la Cgil, la Uil. Cofferati rifiuta il "tavolo" in assenza dello stralcio dalla delega delle modifiche all'"art.18" sui licenziamenti illegittimi, mentre Cisl e Uil, che pure avevano considerato lo "stralcio" punto ineludibile, chiamando agli scioperi unitari di questi mesi, hanno accettato la "proposta" di Berlusconi. Il segretario della Uil Luigi Angeletti manca perchè si è ricordato di avere impegni per la preparazione del suo congresso. Il "tavolo" traballa comunque per via degli scioperi già in corso, indetti spessissimo dai delegati di tutti e tre i sindacati, e la prospettiva della manifestazione nazionale e dello sciopero generale già fissati dalla Cgil per il 23 marzo e il 5 aprile, spingono il Wall Street Journal a intervenire a sostegno di Berlusconi sparando un pezzo da novanta. Il quotidiano finanziario americano è uscito nell'edizione europea ammonendo Sergio Cofferati che il suo sindacato rischia di finire male come il "potente sindacato" dei minatori inglesi di Scargill, che dopo un lungo sciopero fu sconfitto dalla signora Thatcher tra il 1984 e il 1985. "Se Cofferati spera in una riedizione del 1994" con lo "sciopero generale" del 5 aprile, argomenta il WSJ, il premier italiano potrebbe "ben pensare a un decennio prima". A differenza del `94, stavolta la Cgil "corre da sola", mentre il premier ha "una solida maggioranza" e addirittura potrebbre "avvantaggiarsi" dello scontro, che impedisce a "centristi" e "destra sociale" di continuare a essere "concilianti" con i sindacati. Come si vede il quotidiano statunitense non si limita più a sostenere Berlusconi come campione del liberismo "nello scontro tra due parti in Europa", ma sentendolo in difficoltà si spinge dentro le pieghe della politica italiana. Fino a sostenere che "anche il centrosinistra" spera in un fallimento di Cofferati: "molti credono che aspiri a guidare il partito" dei Ds, e un successo anche solo parziale dello sciopero "sarebbe utile alla carriera politica" del leader della Cgil.
Rispondono gli scioperi indetti dalle rsu soprattutto nelle fabbriche metalmeccaniche. "Per lo stralcio dell'art.18, contro le deleghe del governo e per lo sciopero generale", a Torino si sono mosse molte piccole e medie aziende, con fermate da mezz'ora a due ore, e assemblee. Oggi ripartono le grosse fabbriche: scioperi convocati unitariamente dai delegati di Fim, Fiom, Uilm alla Teksid di Carmagnola ( 1500 addetti), alla Fiat Hitachi di S. Mauro (600 dipendenti), e agli stabilimenti della Fiat Avio di v. Nizza e Sangone (1200 addetti). Ieri scioperi anche a Chieti: alla Honeywell, dove lavorano in 600 quasi tutti giovani, lo sciopero è andato bene, oltre il 90%; scioperi anche alla S. Marco e Metalpress, e altre fabbriche della zona, molte dell'indotto Fiat.

AMIANTO: IL GOVERNO CONTRO I DIRITTI DEI LAVORATORI

Gli aderenti all'Associazione esposti all'amianto (Aea) hanno preso carta e penna per scrivere una "lettera aperta ai parlamentari" e a tutti quelli che si trovano nella loro condizione. L'accusa è precisa, circostanziata, e non risparmia nessuno. Il governo attuale è ovviamente il nemico principale, ma il centrosinistra non è affatto visto con un occhio di riguardo. La storia dei lavoratori e cittadini "esposti all'amianto" è lunga, ma nenache troppo. Una legge del `92 riconobbe loro una serie di diritti al risarcimento, quasi esclusivamente sul piano pensionistico, e che diede adito a un ricco contenzioso. La scorsa legislatura - ricordano quelli dell'Aea - in molti volevano "riformare" quella legge. Le virgolette sono d'obbligo, visto che si trattava quasi sempre di proposte peggiorative. L'intervento finale di Confindustria, nel `99, che considerava "troppo onerosa" la legge già esistente e il testo integrativo su cui era stato infine raggiunto un accordo, fece crollare anche i buoni propositi dei più sinceri sostenitori dei diritti degli avvelenati dall'amianto (Pizzinato, Ripamonti, Sarto, ecc). Subentrato nel ruolo di presidente della commissione parlamentare, il senatore Battafarano presentò un disegno di legge - nel 2000 - che penalizzava i lavoratori, introducendo anche un meccanismo di "validità temporale" che ne escludeva un gran numero.
Nel frattempo venivano però attivati degli "indirizzi amministrativi" che permettevano a molti lavoratori di vedersi riconosciute le erogazioni previdenziali previste. L'irruzione del governo Berlusconi ha messo a rischio questi minimi aggiustamenti, anche perché a Confindustria l'appetito è aumentato mangiando, e ora anche la "bozza Bottafarano" sembra un regalo eccessivo.
Tar e Consiglio di stato sono stati investiti da una raffica di ricorsi padronali; l'Inps ha sospeso le erogazioni per tutti i lavoratori che hanno già avuta riconosciuta la propria condizione in base agli "indirizzi amministrativi". Ed ecco arrivare l'eroico sottosegretario al lavoro "dimissionato" da Maroni, Brambilla che, prima, ha minacciato di apportare correttivi alla legge già in finanziaria - azzerando i benefici previdenziali previsti dalla 257/92 - e, poi, ha scelto la strada ordinaria per introdurre altre limitazioni ai risarcimenti, tali comunque da ridure al minimo il numero degli aventi diritto. Si parla di 25/30.000 persone che si sono già viste ricoscere l'esposizione all'amianto, e di altre 100.000 che hanno i ricorsi in itinere. L'incertezza delle cifre, oltre un certo limite, è connaturata alla diffusione di un materiale che aveva trovato applicazione sia nell'industria che nelle costruzioni; al punto che alcuni morti per amianto si sono avuti anche in categorie che nulla, in teoria, avrebbero avuto a che farci.
Una piaga sociale di dimensioni incerte, ma certamente vaste. Ma per cui i padroni - e questo governo - non ritengono di dover pagare alcunché.

MORTE SUL LAVORO

Un operaio di 33 anni originario di Afragola (Na) è morto in un tragico incidente mentre lavorava alla costruzione di una palazzina, in un cantiere edile di via Casal Boccone, a Roma. L'operaio è morto sul colpo dopo essere precipitato da un'altezza di nove metri. Ancora non sono chiare le dinamiche dell'incidente e per questo motivo sono state aperte due inchieste sia da parte della polizia che dall'Ispettorato del Lavoro.

ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO

"La Commissione di garanzia stavolta ha esagerato". A dirlo in una nota sono le rappresentanze sindacali di Base (Rdb), attaccando così una delibera della Commissione Giugni per la regolamentazione degli scioperi nel trasporto pubblico locale, approvata giovedì scorso. Una delibera, sottolineano le Rdb, che "di fatto impedisce definitivamente l'esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato". Allarga "a dismisura - secondo il sindacato - i tempi necessari alla proclamazione" e inoltre ancora più grave "individua periodi lunghissimi in cui lo sciopero è completamente precluso, impedisce di fatto lo sciopero per il rinnovo del contratto, definisce comunque le prestazioni da assicurare nella misura del 50%". Perciò Rdb federazione trasporti ha deciso di "proporre a tutte le realtà di base esistenti nel settore la proclamazione di uno sciopero per difendere lo sciopero, con caratteristica nazionale e da effettuare anche in violazione delle norme previste nella delibera della Commissione".

AIR DOLOMITI

A causa "dell'irresponsabile atteggiamento del management di Air Dolomiti" e per le "numerose violazioni contrattuali" i piloti della società hanno deciso di sospendere, dalle 10 alle 24, tutte le partenze nazionali ed internazionali. Ad annunciarlo è l'Anpac, sottolineando che anche in questa occasione il sindacato, nel rispetto e a tutela dell'utenza, ha dichiarato la propria disponibilita "a fissare un incontro per definire i servizi minimi essenziali: cio' nonostante Air Dolomiti ancora non ha provveduto in tal senso". L'azione sindacale arriva dopo mesi di crisi e in seguito ad un'analoga iniziativa lo scorso 8 gennaio.

SCIOPERO ALLA HEMMOND

Si fa sempre più pesante la crisi economica della Hemmond, l'azienda tessile con stabilimento a Bastia Umbra: 150 dipendenti diretti e circa 1000 indiretti rischiano di essere sbattuti in mezzo alla strada a causa del blocco della produzione. I lavoratori hanno incrociato le braccia per chiedere garanzie alla società sul proprio futuro; poi ancora manifesteranno davanti alla sede della Regione per indurre le istituzioni ad impegnarsi concretamente per salvare la fabbrica e l'occupazione. La Hemmond ha un fatturato di circa 100 miliardi, ma con l'uscita del marchio Valentino dalle produzioni, negli ultimi mesi le vendite sono crollate. La produzione per l'estate - pari a circa 35 miliardi di fatturato - è stata bloccata, non potendo la compagnia approvvigionarsi di materie prime.

COREA DEL SUD: IN MIGLIAIA CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

Sciopero ad oltranza dei lavoratori sudcoreani del settore pubblico del gas, delle ferrovie e dell'energia elettrica contro il piano di privatizzazioni portato avanti dal governo. Più di diecimila dipendenti hanno incrociato le braccia e la Corea del sud è stata messa in ginocchio per il blocco dei trasporti, dell'erogazione ridotta del gas e dell'elettricità. Il primo ministro Lee Han-dong - durante un discorso televisivo - ha dichiarato che "questo sciopero è illegale" ed ha comandato alle forse di polizia l'arresto immediato dei leader della protesta. Anche la Corte di Seul ha predisposto il fermo di 47 sindacalisti di cui e finora ne sono stati arrestati diciassette. Su ordine del premier sono inoltre presidiate le stazioni, le principali piazze e le vie centrali della capitale. Per ora non si registrano gravi incidenti pure se si deve segnalare l'assedio da parte delle forze dell'ordine di alcuni rappresentanti dei lavoratori nella spazio adiacente alla cattedrale di Seul, nel centralissimo quartiere di Myongdong. 
La tensione nel paese è altissima ed i disagi hanno soprattutto colpito la capitale che è collegata a numerosi città limitrofe, da cui ogni mattina giungono migliaia di pendolari che hanno un lavoro a Seul. La direzione delle ferrovie ha predisposto mezzi alternativi (bus e navatte) per trasportare i lavoratori in città e solo l'uso dei "crumiri" nelle centrali elettriche e l'interruzione dello sciopero dei lavoratori del gas - dopo un primo accordo tra i sindacati di categoria e i rappresentanti dell'azienda pubblica, Kogas - ha impedito che la situazione peggiorasse. Il blocco del lavoro è stato proclamato dalle due grandi sindacati del paese, la Fktu (circa 1,3 milioni di membri ) e la Kctu (mezzo milioni di aderenti), dopo l'interruzione del tavolo del negoziato con il ministro dell'industria, del commercio e dell'energia sul piano di privatizzazioni. Piano con il quale il governo vuole dismettere questi settori. I sindacati ribadiscono che con le privatizzazioni i lavoratori non hanno sufficienti garanzie per la difesa del proprio posto del lavoro e la più agguerrita Kctu rivendica il diritto da parte dei dipendenti al riconoscimento della settimana lavorativa corta. Il tasso di disoccupazione in Corea del sud è pari al 3,2% della forza lavoro. La Kctu minaccia un allargamento dello sciopero ad altre categorie e chiede che siano stabilite garanzie - rispetto alla riduzione dell'orario di lavoro - per i lavoratori dell' Hyundai motor corp.

TELECOMUNICAZIONI: LAVORATORI A RISCHIO

Blu sta per essere cannibalizzata, Ipse va verso l'evaporazione, in mezzo è in corso la dissoluzione di centinaia di posti di lavoro, costituiti soprattutto dai call center dai precari che vi lavorano e dall'illusione che quella potesse diventare la nuova frontiera e la grande occasione per un lavoro innovativo, o almeno per un lavoro tout court.
I lavoratori di Blu, quasi tutti precari o con contratti di formazione-lavoro, si sono mobilitati «per protestare contro la mancata conferma in servizio alla scadenza dei contratti», si legge in un volantino dei dipendenti dei call center di Firenze, che ieri hanno manifestato davanti all'Assessorato al lavoro della regione Toscana. Oggi è la volta dei dipendenti Blu di Napoli, che hanno convocato un'assemblea con le organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, «per ribadire la salvaguardia dei livelli occupazionali nonché la contrarietà alla messa in liquidazione dell'azienda».
Fanno sentire la loro voce anche i lavoratori della Ipse con una lettera all'amministratore delegato Pierluigi Celli (ex direttore generale della Rai).
Sia Blu sia Ipse hanno perso la scommessa del mercato delle tlc: la prima fallendo nella corsa per la gara Umts; la seconda avendo vinto una licenza Umts senza detenere quella per la telefonia mobile.

LAVORO DOMESTICO

Stirare, lavare, portare i figli a scuola, fare la spesa e cucinare: quello della casalinga è un vero e proprio lavoro. A dare l'imprimatur legale di "stabile occupazione" alle mansioni della donna di casa è la Corte di Cassazione. Il lavoro domestico, dicono gli Alti magistrati, è valutabile economicamente. Così va risarcita la casalinga che, per aver subìto un trauma, non riesce più a lavorare. Questa la storia: A. R., madre di famiglia e casalinga, viene aggredita dal dipendente di una ditta di mobili dove era tornata per protestare dopo aver comprato alcuni arredi. Afferrata alla mano dall'uomo inferocito per l'insistenza, A. R. riportava graffi ferite e la frattura dell'anulare destro. Non solo, la violenza subìta le procurava un grave stato di depressione e di ansia, con "esiti permanenti". Il venditore di mobili è stato condannato in sede penale. Sul fronte civile proseguiva il giudizio per il risarcimento dei danni subìti. Alla signora sono stati riconosciuti in primo grado i danni biologici e morali; in appello, però, non le era stato riconosciuto l'indennizzo. La Cassazione invece ha stabilito che «il lavoro della casalinga è un lavoro produttivo valutabile economicamente sotto il profilo del mancato guadagno, inteso come risparmio domestico che accresce le disponibilità della famiglia».

OCEAN

L'acquisizione del marchio "Moulinex-Brandt" e "San Giorgio" da parte della ditta franco-israeliana "Elco" non apre spiragli per 250 dipendenti dell'Ocean San Giorgio di La Spezia, che potrebbero perdere definitivamente il posto.

 

27 febbraio 2002

 

CONTRATTO CHIMICI: UNA CRITICA DAL PIEMONTE

La delegazione piemontese della Federazione unitaria lavoratori chimici è stata l'unica ad aver espresso parere contrario sul nuovo contratto nazionale di categoria appena rinnovato.
Dice Furfaro: "Nel quadro generale che vede Confindustria e governo porre un serio attacco ai diritti dei lavoratori, il contratto sottoscritto rappresenta un punto di tenuta, ma vi sono degli elementi di criticità che non possiamo non sottolineare. Il primo dato negativo riguarda la mancanza di discussione in sede di delegazione, che ha caratterizzato la firma del contratto. In secondo luogo, vengono per la prima volta introdotti degli elementi di flessibilità, soprattutto per quanto riguarda il secondo livello di contrattazione. E' un contratto che andrà gestito con cura: l'orario di lavoro, ad esempio, verrà ridotto in termini generali ma potrà comportare lo stravolgimento dell'orario normale di lavoro dei giornalieri, indebolire la contrattazione sugli organici e degli schemi di turno. Anche in questo caso, siamo di fronte alla rimozione di una serie di paletti presenti nel precedente accordo. Le richieste presenti nella piattaforma in materia di appalti, infine, sono state eluse e rimandate all'osservatorio".
Viene fortemente criticato l'atteggiamento del segretario nazionale della categoria, Eduardo Guarino. "Come si fa a definire 'ottimo' un contratto che nel giro di quattro anni fa perdere ai lavoratori il corrispondente della tredicesima, non seguendo il tasso d'inflazione?", ha attaccato uno dei delegati. "Si pone il problema - ha dichiarato Antonio Citriniti - della democrazia di mandato. Il voto finale dei lavoratori sugli accordi raggiunti è necessario o no? Non possiamo più eludere domande come questa. E' stato un errore, inoltre, da parte del segretario generale definire "una sconfitta dei metalmeccanici la non firma del contratto".

LICENZIAMENTI SULLE LINEE DELL'ALTA VELOCITA'

Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato di opporsi al licenziamento dei lavoratori impegnati nella costruzione della tratta della linea ad alta capacità Firenze-Bologna. Il Consorzio della imprese Cavet ha iniziato le procedure di licenziamento per altri 196 dipendenti, portando così la riduzione dell'organico a 250 operai. I lavoratori sono per lo più originari della Calabria, Sicilia, Puglia, Abruzzo, Campania, Molise, tutte regioni ad alto tasso di disoccupazione. Per loro il licenziamento sarebbe l'esclusione certa dal mercato del lavoro all'infinito.

ALITALIA: I SINDACATI TRATTANO PER LA RIDUZIONE DEL COSTO DEL LAVORO?

Si allargano i tempi della trattativa tra Alitalia e sindacati per la riduzione del costo del lavoro: l'incontro di ieri mattina è stato aggiornato alle 10 e 30 del 7 marzo. Tre settimane dopo la data del 15 febbraio che avrebbe dovuto essere il termine ultimo per un'intesa tra le parti così, come previsto dall'accordo triangolare raggiunto con il Governo a palazzo Chigi a fine gennaio. Le parti, non riescono a giungere a un accordo sull'avvio delle procedure di mobilità per 2.518 lavoratori decise dall'azienda, previste dalla legge 223 sulla mobilità. Tutte le organizzazioni e le associazioni professionali dei piloti contestano la correttezza formale delle procedure adottate dall'Alitalia. Nell'incontro le organizzazioni sindacali hanno chiesto una serie di dati per verificare le reali esigenze della compagnia: bilanci delle società del gruppo, elementi sulle attività di volo, informazioni sui contratti di consulenza e sulle attività cedute all'esterno. Per alcune informazioni l'Alitalia si è detta disponibile a "collaborare" mentre, su altri argomenti, si è riservata di esaminare l'opportunità delle richieste.

PIATTAFORMA DEL SETTORE TURISMO

Dopo i fatti dell'11 settembre sono molte le perdite di aziende che vivono di turismo (alberghi, agenzie viaggi, ecc); prevedibili - quindi - resistenze sull'"esosità" di qualunque richiesta sindacale. Eppure qualche segnale di "uscita dal tunnel" è possibile intravederla; e anche l'arretramento costante del lavoro rispetto al profitto potrebbe subire una battuta d'arresto.

Nella parte salariale è indicato con chiarezza un obiettivo collegato all'andamento del settore (produttività), e questo va in controtendenza, dopo una lunga serie di contratti in cui non se ne era più parlato. Questo punto è quantificato in 85 euro al 4 livello, oltre al recupero del differenziale tra inflazione reale e programmata. Nella piattaforma c'è anche la difesa e sviluppo della contrattazione di secondo livello, nonché l'impegno a realizzare un diverso modello di rapporto tra formazione-professionalità-inquadramento particolamente importante in un settore molto composito, con numerose sottospecificazioni. Grande attenzione, infine, anche al punto della sanità integrativa, con la rivendicazione della gratuità di libretti sanitari e certificati di malattia finora a carico dei lavoratori (un punto importante, giacché il certificato in questo settore diventa spesso una nuova dichiarazione di idoneità al lavoro).

FREEDOMLAND LICENZIA

La new economy non poteva reggere e continua a far pagare i lavoratori. Questa volta tocca ai dipendenti della Freedomland di Milano, la "terra delle libertà" su Internet controllata da Virgilio De Giovanni, sotto inchiesta a causa di una presunta lievitazione ingiustificata del valore azionario grazie alla stipula di falsi contratti mai richiesti dai clienti. E se nel 2000,all'ingresso in borsa, il titolo valeva 105 euro, oggi siamo intorno ai 13 euro, con un vago piano di rilancio industriale, 23 procedure di mobilità avviate a metà gennaio e una causa intentata da parte di 2 mila piccoli azionisti.
Sulla strada rischiano di finire soprattutto i giovani redattori del portale, ma tra i licenziandi ci sono anche gli impiegati del customer service, del marketing, della logistica, tra i 25 e i 40 anni di età. 23 esuberi su un totale di 60 dipendenti, tutti contratti a tempo indeterminato. La crisi è nera nel settore, basti pensare alle tute arancioni di Matrix. Non ci sono ammortizzatori sociali.
I tagli al personale provengono dal nuovo piano industriale presentato dalla dirigenza per il rilancio della società. L'Internet tv, la promessa iniziale su cui era stato costruito il successo di Freedomland, è miseramente fallita: dall'ottobre del 2000 al dicembre del 2001 gli utenti del servizio - consistente nel collegamento a Internet direttamente dalla tv, grazie a una speciale "set top box" - sono diminuiti addirittura del 64%, da 47 mila a 17 mila.
E adesso il "rilancio", un piano industriale in sei paginette per una società che ha ancora in cassa oltre 200 milioni di euro (400 miliardi di lire). "Un piano assolutamente vago", protestano sindacati e lavoratori, "che parla di creazione e produzione di contenuti video multimediali e interattivi, di fornitura di applicazioni e di servizi per il broadcasting". Il sindacato confederale ha chiesto l'avvio dei contratti di solidarietà, dei part-time insomma ancora precariato. Fino a oggi è stato offerto un incentivo all'uscita di 18 milioni lordi a lavoratore

COREA DEL SUD: SI ALLARGA IL FRONTE DELLO SCIOPERO

Il fronte dello sciopero si è allargato ieri in Corea del sud quando oltre 100mila operai dell'industria privata pesante si sono affiancati ai lavoratori del settore pubblico, ferrovieri ed elettrici, al loro secondo giorno di astensione "illegale" dal lavoro. Gli operai sono stati chiamati alla protesta di solidarietà dalla Confederazione sindacale coreana (Kctu), la seconda del paese. Così per oltre quattro ore si sono fermate oltre alla Hyundai e alla Kia (le due più grandi fabbriche di automobili coreane) anche la Ssangyong e non meno di 25mila metalmeccanici sparsi in altri 84 luoghi di produzione di 22 città della Corea.
Il governo non sembra voler retrocedere dalla linea dura. Per la legge coreana gli scioperi dei dipendenti pubblici sono illegali e 36 madati di arresto sono stati emessi a carico dei leader sindacali che guidano la lotta di ferrovieri ed elettrici contro il piano di privatizzazione e ristrutturazione dei settori delineato dal governo e per una diminuzione degli orari di lavoro.
La tensione si sta alzando a Seoul, dove gli operai dell'industria stanno raggiungendo i lavoratori e gli attivisti sindacali del settore pubblico, che in ottomila sono asserragliati negli storici santuari della sinistra coreana, le due universitàdella capitale, la Nazionale e la Konkuk, strette d'assedio da migliaia di poliziotti in assetto anti sommossa. Alcuni dei 36 leader del sindacato colpiti dall'ordine d'arresto hanno invece trovato rifugio in una chiesa cattolica che si trova al centro della capitale.
Nonostante l'ampiezza della protesta, non si è finora verificata alcuna violenza paragonabile a quella che ha caratterizzato il movimento di protesta operaio alla fine degli anni `80, quando il paese fu teatro di non meno di 3000 scioperi molto aspri l'anno. Lo scorso anno gli scioperi sono stati 235, in crescita rispetto ai 129 del 1998 e agli 85 del 1996. Ma l'astensione dal lavoro dei dipendenti pubblici è un inedito per la storia dei conflitti sudcoreani.
Il presidente Kim Dae-jung, premio Nobel per la pace per la politica di disgelo nei confronti della Corea del nord e lui stesso attivista sindacale quando era un oppositore duramente represso, ha finora usato il pugno di ferro con il dissenso sindacale . Va d'altra parte ricordato che la sua entrata in carica avvenne nel dicembre del 1997, in piena tempesta provocata dalla crisi asiatica esplosa quell'anno, e la sua politica è consistita essenzialmente nel gestire i piani imposti dalle istituzioni finanziarie per rimettere in carreggiata la Corea del sud: smantellamento dei chaebol protetti dallo stato, privatizzazione dei settori pubblici, insomma apertura sostanziale alla concorrenza internazionale secondo le ricette più classiche.
Kim ha fatto capire che non accetterà alcuna intromissione dei lavoratori nella gestione di decisioni come quelle di privatizzare. Il sindacato deve preoccuparsi solo del miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Che peraltro in Corea del sud sono ancora troppo spesso durissime. Molti lavorano ancora sei giorni a settimana e persino le 44 ore che la legge ancora stabilisce sono il più delle volte superate. Lo scorso anno, si è registrata una media di straordinari di 20,4 ore a settimana.

I MORTI DELL'EX ACCIAIERIA FALK

Novantasei morti per cancro negli ultimi cinque anni, probabilmente provocati dalle esalazioni di "cromo esavalente"; un progetto di bonifica della regione Lombardia che, con il pretesto di "risanare", minaccia di compromettere i delicati equilibri ambientali della vallata. A dieci anni dalla chiusura della ex acciaieria Falk, gli abitanti di Novate Mezzola e Samolaco (paesi in provincia di Sondrio, all'imbocco della Valchiavenna) sono ancora costretti a fare i conti con i veleni lasciati in eredità da questa fabbrica. Oggi a Samolaco il cromo è ancora tutto lì, nella grande discarica della Falck, libero di filtrare nella falda sottostante e di contaminare l'acqua che si beve e che viene usata per irrigare le coltivazioni.
Il paradosso è che il rimedio rischia di essere peggiore del male. Invece di bonificare l'area, infatti, si pensa di coprire la discarica con una bella spianata di cemento, in modo da potere costruire sopra di essa uno stabilimento per tritare la roccia strappata ai monti e destinata a creare il ballast, la ghiaia per le massicciate dell'alta velocità ferroviaria. Per portare a valle la roccia si vorrebbero realizzare tunnel e strade camionabili dentro il parco regionale della Val Masino e della Val Coderam che travolgeranno sentieri alpini e alvei di torrenti. E intanto il cromo continuerà indisturbato a inquinare il terreno su cui giace.

 

28 febbraio 2002

INAIL: PIU' INFORTUNI NELLE PICCOLE IMPRESE

Secondo gli ultimi dati Inail, il 62% degli infortuni mortali nei primi 5 giorni di lavoro avviene nelle aziende con meno di 5 dipendenti. Idem per il 50% degli infortuni gravi. Si potrebbe pensare che i neo assunti, poco pratici di mansioni e macchinari, si infortunano più di chi ha una certa esperienza. E' vero, ma solo in minima parte (è quel che succede, ad esempio, ai lavoratori interinali). La spiegazione più consistente è il lavoro nero. Le aziende devono dichiarare di avere alle proprie dipendenze una persona entro 5 giorni dal momento in cui questa ha cominciato a lavorare. Spesso e volentieri non lo fanno e, quando ci scappa l'infortunio, affermano che il lavoratore era lì da meno di 5 giorni. Le cifre dell'Inail dicono che questo comportamento è particolarmente diffuso nelle piccolissime aziende. Gli infortuni "precoci" sono una spia di lavoro nero. Su 356 infortuni mortali del primo semestre del 2001, il 27% è avvenuto in aziende che hanno da 1 a 5 addetti, il 30% in imprese da 6 a 49 dipendenti, il resto in aziende con oltre 49 dipendenti. Nello stesso periodo, gli infortuni sono aumentati dello 0,7%.Da un'indagine su un campione di 9 mila aziende risulta che solo nel 31% dei casi viene fatto un controllo sull'attuazione delle misure di prevenzione.

DANA LICENZIA A FIRENZE

I quaranta dipendenti della Dana di Sesto Fiorentino il 23 aprile prossimo rischiano di veder chiusa la fabbrica di veicoli industriali. Eppure, da loro le cose non vanno male, anzi: il fatturato 2001 è stato di circa 12 milioni di euro, con utili in aumento, e le previsioni per il 2002 erano ancora più rosee. Però succede che la multinazionale dell'Ohio, che nel 1999 si era fusa con Gkn, veda calare le sue azioni in borsa, e decida così di tagliare del 18% il numero dei dipendenti.
I lavoratori si fermano per cinque ore, terzo sciopero in una settimana. Intanto, è stato aperto un tavolo di crisi, e domani l'amministratore delegato Franco Pacini incontrerà prima Rsu e sindacati. Vicino alla Dana, a Calenzano, c'è il call center Blu in via di smantellamento, con i suoi giovani dipendenti condannati dai loro contratti di formazione sistematicamente rinnovati. E sempre vicino, a Campi Bisenzio, c'è la Nuovo Pignone, dove la Rsu fa sapere che "la nuova filosofia di General Electric prevede ogni anno un 10% dei lavoratori che, a prescindere, va considerata `least effective'". Una volta si chiamava decimazione.

GALBANI AI FONDI PENSIONE INGLESI

Doveva essere Parmalat, e invece la Galbani, alla fine, è stata venduta ai fondi inglesi di private equity Bc Partners. La multinazionale francese Danone ha ceduto ieri il 100% della storica industria italiana di latticini e salumi per 1,015 miliardi di euro, trattativa andata in porto dopo che è sfumato l'accordo con il colosso del latte di Parma. E negli stabilimenti della Galbani - 5 in Italia, oltre 4200 dipendenti - si è immediatamente diffusa la preoccupazione sul futuro dell'azienda. Anche perchè i fondi pensione non hanno un futuro, come dimostra la Enron.
I Bc Partners sono tra i leader in Europa nel campo dei fondi privati. Operano in quattro sedi europee (Londra, Parigi, Milano e Amburgo) e annoverano, tra i sottoscrittori, alcuni tra i più grandi investitori istituzionali del mondo tra fondi pensione, assicurazioni e fondazioni. In Italia, hanno già realizzato operazioni di private equity come Brembo, Zucchini, Buffetti e Seat. Ed è proprio questa grande "disinvoltura" nelle operazioni finanziarie a preoccupare lavoratori e sindacati: basti pensare a un altro marchio storico e prestigioso italiano, come la Piaggio, in mano alla tedesca Morgan Grenfell Private Equity, che se la deve vedere proprio in questi mesi con riassetti decisi dall'alto, che comportano esuberi e terziarizzazioni senza alcuna attenzione da parte della nuova dirigenza verso la qualità del lavoro e dei prodotti.

EQUADOR: SCIOPERO CON SCONTRI E MORTI

Due bambine sono morte durante gli scontri verificatisi l'altra notte tra polizia e popolazione nella provincia di Sucumbios; forse soffocate dal fumo dei lacrimogeni. Altri quattro manifestanti sono stati invece feriti da colpi d'arma da fuoco sparati dai militari. Da venerdì le autorità locali delle province amazzoniche si Orellana e Sucumbios sono in sciopero per chiedere al governo misure urgenti per far fronte alla crisi economica. Nel corso delle manifestazioni di ieri è stato assaltato il governatorato e momentaneamente sequestrati lo stesso governatore, alcuno assessori e quattro cittadini americani. Il presidente Gustavo Noboa ha dichiarato lo stato d'assedio.