Notizie dalla lotta di classe

Agosto 2001

 Torna all'Archivio

Unire quello che il capitalismo divide.

 

01 agosto ’01

 

SCIOPERO Paralizzato il servizio in tutta Italia contro la procedura di mobilità

E' pienamente riuscito lo sciopero nazionale dei lavoratori delle Poste contro i novemila esuberi annunciati dall'amministratore delegato della società, Corrado Passera. La Slc-Cgil e la Slp-Cisl valutano positivamente anche le iniziative e le manifestazioni che si sono tenute in tutt'Italia. Il 70% di adesioni, dichiarano, e traffico postale paralizzato. Fulvio Fammoni, segretario di categoria della Cgil, ribadisce la posizione del sindacato sulla dura vertenza in corso con la società: "Sì allo sviluppo e al risanamento, no a ogni ipotesi di scaricare sul lavoro, con elementi traumatici come l'utilizzo della legge 223, queste prospettive. Il sindacato e i lavoratori hanno dimostrato con i fatti la loro disponibilità nel processo di trasformazione in spa delle Poste e nella discussione e gestione di un piano industriale che ha aumentato il fatturato e fatto diminuire in tre anni il costo del lavoro". Al contrario, "l'avvio delle procedure di mobilità è vissuta come una forzatura non accettabile, nel merito, nel metodo e nei numeri". L'altro punto importante per i sindacati è la difesa del servizio universale adeguato agli standard europei. Su questo versante, continua Fammoni, "non ci sono fatti concreti. Risposte di routine o negative nella legge finanziaria porterebbero a un intensificarsi delle iniziative di lotta contro il governo".
L'amministratore delegato, Passera, sostiene che un accordo con il sindacato è possibile perché le poste non intendono effettuare licenziamenti per risanare la società e ribadisce le sue ipotesi, contro cui ieri i lavoratori hanno incrociato le braccia: "La mobilità e le uscite incentivate".

02 agosto ’01

Coca Cola uccide

La nostra organizzazione sindacale è stata dimezzata dalla intimidazione, dal sequestro, dalla detenzione, dalla tortura e dall'omicidio di numerosi leader da parte delle forze paramilitari che hanno agito nell'interesse delle grandi imprese che operano in Colombia, come la Coca Cola e la Panamerican Beverages-Panamco". Si apre cosí la denuncia presentata negli Stati Uniti dal sindacato colombiano Sinaltrainal, contro il colosso mondiale delle soft drinks e la loro maggiore società imbottigliatrice in America Latina. "I manager degli impianti di imbottigliamento della Coca Cola in Colombia hanno contrattato gruppi paramilitari per reprimere l'attività dei leader sindacali. Non ci sono dubbi che la transnazionale di Atlanta ha tratto vantaggio dalla repressione sistematica dei diritti sindacali e che non ha protetto debitamente i lavoratori colombiani dagli atti di persecuzione", prosegue il testo della denuncia depositata lo scorso 20 luglio dai legali della Sinaltrainal e dalla centrale sindacale Usa United steelworkers of America presso la Corte distrettuale della Florida.
Sinaltrainal, struttura a cui aderiscono oltre 4.000 dipendenti dei maggiori complessi industriali del settore alimentare, punta il dito oltre che sulla Coca Cola e la Panamco, anche su altre importanti multinazionali, come la Nestlé e la Cicolac. Nelle aziende di proprietà di questi gruppi si è verificata nell'ultimo decennio un'impressionante sequela di omicidi selettivi, sequestri e sparizioni di sindacalisti e operai, eseguiti dagli squadroni della morte di estrema destra, crimini rimasti del tutto impuniti grazie alle coperture e alla collaborazione di ampi settori delle forze di sicurezza statali.
Undici i dirigenti e gli attivisti assassinati (5 quelli dipendenti dalle societá imbottigliatrici della Coca Cola), 6 quelli miracolosamente sopravvissuti ad attentati dinamitardi, 5 i leader sindacali che a seguito delle gravi minacce subite dai paramilitari sono stati costretti a dimettersi dalla Panamco e a rifugiarsi all'estero.
Numerosi i dipendenti colombiani della Coca Cola vittima di persecuzioni da parte di organi giudiziari e di polizia dello Stato colombiano, ingiustamente accusati di legami con il terrorismo o con le organizzazioni della guerriglia; tra essi 12 leader sindacali sono stati detenuti illegalmente per periodi piú o meno lunghi a partire dal 1984. A seguito delle campagne di repressione eseguite dalle forze armate nella regione settentrionale dell'Urabá (dipartimento di Antioquia), nel 1985, 17 operai dell'impianto di imbottigliamento della Coca Cola del comune di Canepa, hanno dovuto abbandonare il lavoro per sfollare insieme ai propri familiari verso altre cittadine della regione. Nel 1996, un gruppo paramilitare ha fatto irruzione nello stesso impianto di Canepa, costringendo 70 operai a rassegnare le proprie dimissioni dal sindacato. Successivamente due lavoratori sono stati assassinati, altri due dipendenti sono stati vittime di attentati e l'ufficio locale di Sinaltrainal é stato devastato e incendiato durante un blitz paramilitare.
A Bucaramanga (capoluogo del dipartimento di Santander), sempre nel 1996, la sede della cooperativa dei lavoratori della Coca Cola, Cooincoproco, è stata oggetto di due raid da parte dei corpi speciali della polizia, alla ricerca - inutile - di armi ed esplosivi. Nel 1997 la Cooincoproco e l'abitazione del leader sindacale e dipendente della Coca Cola, Alfredo Porras, sono stati devastati da un nuovo raid degli uomini della 5^ brigata dell'esercito colombiano. Sinaltrainal ha denunciato altresí come i propri attivisti siano costantemente oggetto di pedinamenti e intercettazioni telefoniche illegali, e come le imprese imbottigliatrici della Coca Cola abbiano ripetutamente violato accordi collettivi e diritti sindacali, chiudendo arbitrariamente i propri impianti e licenziando i lavoratori senza giusta causa.
"Le imprese transnazionali come la Coca Cola e la Nestlé, impediscono in Colombia il libero esercizio sindacale" aggiunge Sinaltrainal. "All'interno delle fabbriche gli operai vivono in un clima di repressione, controllati a vista da videocamere e personale armato. E' sufficiente partecipare a una riunione sindacale per ricevere la notifica di licenziamento e, se il lavoratore la impugna, è costretto a fare i conti direttamente con le minacce dei capi della sicurezza, pagati dall'impresa". Il gravissimo clima d'intimidazione vissuto nelle fabbriche ha avuto come effetto l'indebolimento della centrale sindacale, che ha visto negli ultimi due anni il dimezzamento dei propri iscritti, in un paese, dove appena il 3% dei lavoratori esercita il proprio diritto di affiliazione sindacale e dove negli ultimi 15 anni sono stati assassinati oltre 3.800 tra dirigenti e iscritti della Cut, la Centrale unitaria dei lavoratori della Colombia.
"Neghiamo ogni tipo di vincolo con qualsiasi violazione dei diritti umani" ha immediatamente commentato l'Ufficio degli affari internazionali della Coca Cola di Atlanta, respingendo le accuse delle centrali sindacali colombo-statunitense. "Le imbottigliatrici in Colombia sono compagnie del tutto indipendenti dalla Coca Cola e per tanto la Compagnia non ha a che vedere con i suoi dipendenti o sindacati". Una smentita che non trova riscontri oggettivi nell'organigramma societario. La transnazionale infatti, concede dal 1951 il monopolio della produzione e della distribuzione dei propri prodotti alla Panamco Indega Colombia, filiale della Panamerican Beverages-Panamco di Miami (Florida), di cui proprio la Coca Cola Company possiede il 24% del capitale azionario e conta su due rappresentanti nel consiglio di amministrazione. L'88% del fatturato della Panamco è generato appunto dalla produzione, dall'imbottigliamento e dalla commercializzazione in tutta l'America Latina dei prodotti del marchio Coca Cola, mentre il resto deriva dalla distribuzione sul mercato sudamericano delle note birre euopee Kaiser e Heineken.
03 agosto ’01

Diritto anti-cooperativo

La camera ha apporvato ieri l'articolo 5 della legge sul diritto societario, quello che riguarda i benefici fiscali delle coop. Dopo un lungo braccio di ferro con l'opposizione, la maggioranza ha dunque varato la riforma che - se confermata dal senato - penalizzerà un fatta importante del mondo della cooperazione privandolo delle agevolazioni fiscali.
La legge delega al governo stabilisce infatti un discrimine più netto tra le cooperative costituzionalmente riconosciute - i cui utili non divisibili non costituiscono materia imponibile - e quelle che ad avviso del governo svolgono una attività finalizzata ai profitti. "Un attacco politico alle coop", come protesta all'unisono il centrosinistra e fanno eco tutte le centrali cooperative.
Un attacco subito dopo il quale l'Ulivo si è concentrato sull'altro scandalo della riforma: l'annacquamento del falso in bilancio che lava i guai giudiziari del cavaliere. "Il paese deve sapere...". Inizia così la litania dedicata a Silvio Berlusconi e recitata da tutti i deputati del centrosinistra, che con improvvisa impennata di creatività hanno deciso di pronunciare tutti lo stesso discorso: "Il paese deve sapere che la nuova disciplina del falso in bilancio è la soluzione legislativa dei guai giudiziari del presidente del consiglio in carica, onorevole Silvio Berlusconi. La formulazione proposta dal partito di Berlusconi e fatta propria dal governo presieduto dall'onorevole Berlusconi avrebbe un effetto immediato e diretto sui processi in corso che riguardano Silvio Berlusconi: tutti i reati di falso in bilancio, dei quali Berlusconi è oggi imputato nei processi All Iberian, Sme, Milan, saranno estinti per prescrizione. A ciò si aggiunga che 1) A legiferare sarà lo stesso governo presieduto da Berlusconi; 2) che la nuova formulazione del falso in bilancio è stata proposta dal capogruppo del partito di Berlusconi in commissione giustizia; 3) che il relatore del provvedimento è il legale di Silvio Berlusconi". La litania ha spinto Ignazio La Russa, a chiedere di interrompere la seduta, ma il presidente Casini ha replicato che il rinvio "non avrebbe semplificato bensì complicato la situazione".
La divertente iniziativa dell'Ulivo non è l'unica forma di opposizione in una giornata piena di tensione. Un gruppo di deputati della Margherita ha presentato un ordine del giorno che difficilmrente verrà accolto dal cavaliere di Arcore. Berlusconi rinunci alla prescrizione dei processi a suo carico che lo vedono imputato per falso in bilancio, chiedono i parlamentari dell'Ulivo.
La proposta, finalizzata ad evitare un conflitto d'interesse senza precedenti nelle democrazie europee ed extraeuropee, è contenuta in un ordine del giorno firmata tra gli altri da Enrico Letta, ex ministro dell'Industria nel governo di Centro Sinistra, Renzo Lusetti, il verde Ermete Realacci, Gianfranco Morgando, Antonello Soro e Gianclaudio Bressa. "Premesso che la nuova disciplina penale del falso in bilancio - si legge nel documento - determina una netta riduzione dei termini di prescrizione del reato e che tali effetti si applicano ai processi pendenti e dunque del nuovo regime viene a giovarsi anche l'attuale presidente del consiglio, nei procedimenti penali nei quali è imputato di falso in bilancio", i firmatari chiedono allo stesso presidente del consiglio di "porre in essere in sede di approvazione del decreto attuativo del regime penale in oggetto, più favorevole in relazione alla sua posizione di imputato, l'unico atto utile per l'eliminazione del conflitto di interessi, ossia la dichiarazione, ai sensi del codice di rito, di rinuncia ai benefici della prescrizione".
Il lavoro che uccide Quasi 600 morti sul lavoro nei primi sei mesi dell'anno. In media, quindi, 100 morti al mese, più di tre morti al giorno, domeniche comprese. Una ecatombe. Anche se, ha comunicato ieri l'Inail, infortuni e morti sul lavoro registrano una dimunuzione. Tra gennaio e giugno, infatti, i morti sul lavoro sono stati 598, con una diminuzione del 9,1% rispetto ai 658 registrati nella prima metà del 2000. In diminuzione nel 2001, afferma l'Inail, anche gli incidenti complessivi denunciati: 485.291 (in ogni caso oltre 2500 al giorno) l'1,7% in meno rispetto al 2000. La diminuzione degli infortuni mortali, tuttavia, non è generalizzata. Il miglioramento è dovuto soprattutto all'agricoltura dove, nei primi sei mesi dell'anno, sono morti "solo" 55 lavoratori, rispetto ai 101 del primo semestre 2000. Nell'industria, invece, gli infortuni mortali rimangono elevatissimi: 543 le vittime, appena 14 in meno rispetto allo stesso periodo sono. Considerando tutti i comparti (industria e agricoltura) gli incidenti mortali crescono nel Nord-Ovest (da 164 a 175) e nel Sud (da 113 a 120) mentre diminuiscono nel Nord-Est (quasi il 30% in meno), nel Centri Italia e nelle isole. L'Emilia Romagna è la regione con i migliori risultati sia sul fronte degli incidenti che su quello dei morti, mentre in Lombardia aumentano sia gli infortuni che i morti. L'Inal segnala anche un forte incremento degli incidenti nel settore della sanità.

 

5 agosto '01  

 

SFRUTTAMENTO, CON L'AGGRAVANTE DEL PROFITTO!  

Immigrati cinesi senza permesso di soggiorno fatti lavorare dalle dieci alle dodici ore al giorno. Costretti a mangiare e dormire negli stessi ambienti, vecchie case coloniche e casolari trasformati in laboratori di pelletteria dai titolari delle piccole aziende, anch'essi cinesi. Se qualcuno poi voleva uscire la sera per incontrare dei connazionali, doveva chiedere il permesso ai padroni. Tutto questo vicino Empoli, in un casolare di Martignana, alle porte della città e dentro una casa colonica di Gavena, nei pressi di Cerreto Guidi. Per i tre padroni l'accusa è quella di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, finalizzata al profitto. Sorprende che la finalizzazione al profitto diventi una aggravante solo in queste circostanze, ma comunque indica che il profitto, in quanto motore dello sfruttamento, è la causa di tutta una serie di situazioni che non si riducono a quelle "estreme" - come la tratta degli immigrati - ma sono di una quotidianità spaventosa per milioni di lavoratori salariati: morti sul lavoro, infortuni, inquinamento ambientale, pessime condizioni di lavoro, mancanza di diritti ecc. Quindi il profitto, essenza del capitalismo, è una aggravante quotidiana ma che lo stato si guarda bene dal giudicare tale.
Dai racconti dei lavoranti viene fuori ancora una volta una realtà fatta di paghe miserabili, condizioni di semischiavitù e continui ricatti legati alla mancanza dei documenti. Sull'altro fronte gli arrestati, proprietari di auto di lusso e di furgoni nuovi di zecca per il trasporto della merce. I ritmi di lavoro a ciclo continuo, e di conseguenza la grande velocità nel soddisfare le richieste dei dettaglianti, hanno fatto prendere alle piccole imprese cinesi il posto degli ormai scomparsi lavoranti a domicilio. Una parte delle aziende è in regola, un'altra gioca quotidianamente una partita sul filo del rasoio, ricorrendo alla manodopera clandestina. Negli ultimi anni ci sono state almeno tre inchieste della magistratura che hanno gettato una luce sinistra sulle attività della comunità cinese tra Firenze ed Empoli: dai traffici di merce umana, alla riduzione in schiavitù dei "senza nome" approdati in Toscana da alcune province del paese asiatico. Difficile rompere un'omertà diffusa, aiutata dalle difficoltà nella reciproca comprensione, ma anche da vendette che hanno già portato all'omicidio.

  07 agosto '01  
LA CGIL E I LAVORATORI SUL MOVIMENTO IN CORSO

"Genova per noi... che c'eravamo": è il titolo di un duro e articolato comunicato delle Rsu dell'aeroporto di Genova, sottoscritto da decine di dirigenti e delegati della Cgil della città e della Liguria. E' una delle tante prese di posizione polemiche di questi giorni, spedite all'indirizzo dei vertici confederali, accusati di essersi chiamati fuori dal grande movimento che si è coagulato intorno al Genoa social forum. Chi scrive (alle segreterie nazionale, regionale e metropolitana della Cgil) parte proprio da questo punto: noi a Genova c'eravamo, perché la nostra organizzazione no? Forse, è il dubbio, perchè la Cgil "pensa di poter difendere democrazia e convivenza civile rimanendo marginale rispetto alla costruzione politica e materiale di un movimento mondiale come quello espressosi a Genova, all'interno del quale le differenze delle mille anime che lo compongono sono diventate una grande ricchezza". La contraddizione che gli autori dell'appello mettono in evidenza, riguarda la mancata coerenza tra il giudizio negativo espresso dalla Cgil sull'esito del vertice degli 8 grandi e l'assenza dalla lotta contro il G8, definito "illegittimo" dai firmatari della lettera. Una strada, scrivono i lavoratori genovesi, esiste: "Solo l'unità tra le varie componenti del movimento può sconfiggere le derive neoliberiste governate dalle multinazionali che affamano e sfruttano il Sud del mondo, alimentano disuguaglianze sociali, cancellano diritti, sfruttano immigrati, donne e bambini, deturpano l'ambiente".
Tutti i documenti favorevoli al Gsf contestano la violenza, senza mai dimenticare però che "il pesce puzza sempre dalla testa". C'è chi, come le Rsu dell'aeroporto di Genova, tenta di mettere in ordine colpe e responsabilità: "Rifiutiamo e respingiamo la violenza tutta: quella dei G8 in primis, quella che ha subito il movimento, ma anche quella sostenuta dalla contingente necessità abbattutasi sulla popolazione jugoslava durante la guerra dei Balcani".
Sinistra sindacale della Cgil ("Cambiare rotta"), la Fiom al completo e molte Camere del lavoro hanno scelto di partecipare alle manifestazioni di Genova e a quelle del martedì successivo che si sono svolte in tutt'Italia. E tra le decine di migliaia di lavoratori che a titolo individuale sono scesi in piazza, molti sono dirigenti di base e delegati confederali. Un gruppo di bancari romani, segretari delle strutture sindacali (tra cui Daniele Canti della Banca del Fucino, Antonio Maiorano dell'Iccrea banca, Pino Legnate della Fonspa, Stefano Paglia della Banca di Roma, Tiziano Troiani della Bnl), denunciano "l'isolamento in cui sono stati lasciati la Fiom e i delegati e i lavoratori che hanno partecipato alle giornate di Genova", un "fatto gravissimo, il mondo del lavoro deve partecipare ed essere attore principale in questo movimento".
 

PIRELLLI E TELECOM  

Unicredito e Banca Intesa investiranno settecentosettanta milioni di euro ciascuna per una partecipazione del 10% nel veicolo utilizzato da Pirelli per acquisire il controllo di Telecom. Tronchetti Provera, invece, non ringrazia gli operai della Pirelli Bicocca. Questo si dice nella lettera aperta che l'esecutivo delle Rsu della Bicocca ha inviato "all'egregio dottor Tronchetti Provera" dopo il colpo grosso della Bell. Un affaruccio da 14 mila miliardi, tanti ce ne sono voluti per liquidare il ragionier Roberto Colaninno e il gruppone dei bresciani. Con loro, Tronchetti Provera non ha badato a spese. Con gli operai, invece, ci bada. Eccome.
I 1.500 lavoratori della Pirelli pneumatici e delle controllante hanno aperto da qualche settimana la vertenza per il premio di risultato. Visti i "brillanti risultati" del gruppo, chiedono di alzare il premio dalle 950 mila lire lorde del triennio precedente a 2 milioni. C'è voluto uno sciopero di due ore per ottenere un incontro con la direzione aziendale. "Spiacenti, ma non siamo nelle migliori condizioni, al massimo possiamo arrotondare il premio a un milione", ha sostenuto la direzione dell'azienda. Un aumento di 50 mila lire lorde l'anno, 4 mila lire al mese. La "controproposta" diventa una beffa il giorno dopo, quando si è saputo che Pirelli e Benetton si erano pappati la Telecom. "La gente in fabbrica si è incazzata. Un conto sono i regalini ad Afef, ma con 14 mila miliardi siamo in un altro ordine di grandezza...".
Di qui la domanda che l'esecutivo della Bicocca pone in modo persino troppo garbato all'egregio dottore: "Noi lavoratori siamo chiamati a condividere i problemi dell'azienda solo quando le cose vanno male e bisogna fare dei sacrifici, o anche quando le cose vanno bene?". La partecipazione non può essere a senso unico, "non chiediamo la luna, ma il riconoscimento di un lavoro ben svolto che ha permesso al Gruppo d'ottenere i grossi risultati che in questi giorni sono sotto gli occhi di tutti".
L'ultima parte della lettera riprende le dichiarazioni fatte da Tronchetti Provera, fresco padrone di Telecom: cessione e disimpegno entro 18 mesi dai pneumatici per autocarro e dal settore cavi-energia. Un annuncio che equivale a un migliaio di posti lavoro soltanto in Italia. "Siamo preoccupati", scrive l'esecutivo, "non vorremmo che al nostro rientro a settembre ci trovassimo a discutere, invece che del premio di risultato, del nostro posto di lavoro e la ricchezza da noi prodotta cadesse nel dimenticatoio". Alla Bicocca, da venerdì della scorsa settimana, una trentina di lavoratori sono stati messi in cassa integrazione per 12 settimane.
Visto dalla Bicocca, Marco Tronchetti Provera non è, come lo definiscono i media, l'industriale più potente e importante d'Italia. Ha comprato la Telecom, ma per gli operai Pirelli è un venditore. Si teme succederà la stessa cosa anche a Mirs, la produzione robotizzata di pneumatici che si sperimenta alla Bicocca. Fatta la sperimentazione, Trochetti ci metterà sopra un bel fiocchetto e venderà pure quella.

  CRISI SETTORE TELEFONICO ALL'AQUILA

Nelle fabbriche dei telefonini non tira aria buona da più di un anno a questa parte. Ma all'Aquila, una delle poche città italiane dove la Siemens produce centrali telefoniche richieste in tutto il mondo e la Flextronics assembla cellulari Gsm, la crisi è davvero nera. La cassa integrazione non colpisce più soltanto operai e impiegati, ma ormai va al cuore della Silicon Valley abruzzese: anche i ricercatori, per un inesorabile "taglio dei costi", sono costretti allo stipendio decurtato. E se i cervelli fuggiranno, dei telefonini resterà forse soltanto il trillo.
Alla Siemens Icn (Information and communication network) dell'Aquila lavorano oggi circa 500 dipendenti, 200 dei quali sono ricercatori. Nello stabilimento vengono prodotte le cosiddette Cross connect, delle centrali per lo smistamento dei segnali telefonici utilizzate dalle grandi compagnie per distinguere i segnali vocali dagli altri dati. Presso l'industria abruzzese si riforniscono compagnie del calibro della British Telecom, a cui basta al massimo una decina di centrali per coprire l'intera Gran Bretagna, o le compagnie telefoniche nazionali della Polonia e del Sudafrica.
"Dal prossimo 27 agosto e per quattro settimane consecutive - spiega Giuseppe Bernardi, Rsu Siemens della Fiom Cgil - 166 ricercatori saranno messi in cassa integrazione. I vertici Siemens, a Monaco, hanno individuato un buco di 50 miliardi nei conti del nostro stabilimento, ma è assurdo cercare di coprirlo risparmiando sugli stipendi. Se poi a essere bloccate sono le paghe dei ricercatori, si ferma tutto. In futuro ne risentirà la stessa produzione, tanto che in allarme, dopo questa decisione, sono tutti i dipendenti dell'industria".
D'altra parte la "riduzione dei costi" decisa dai vertici della multinazionale tedesca, è, secondo i calcoli del sindacato, poco più di una toppa. "L'azienda - continua Bernardi - risparmia circa un miliardo di lire in un mese, mentre i ricercatori vedranno scendere il loro stipendio di circa un milione di lire. Ma per recuperare 50 miliardi non basterebbe un anno di cassa integrazione. Nel frattempo, i neoassunti fanno le valigie e a poco a poco il territorio dell'Aquila si svuoterà di professionalità preziose".
La cassa integrazione della Siemens è solo l'ultima goccia della crisi che pervade tutte le industrie ex Italtel, società che negli anni '70, quando era controllata dalla Stet, dava lavoro a circa 5000 persone nel territorio aquilano. Oggi, i vari soggetti privati in cui è stata smembrata, non impiegano più di 2500 lavoratori. L'azienda più grossa è la Flextronics, multinazionale che ha sede legale a Singapore, e che realizza cavi, telai e piastre per i telefonini Gsm: nello stabilimento aquilano lavorano circa 1000 persone. Di notevoli dimensioni è pure la Lares-Tecno, che realizza i circuiti stampati e dà lavoro a 230 persone. Anche in queste industrie, che vivono in pratica coi contratti di fornitura della Siemens, i dipendenti da tempo sono sottoposti a settimane di cassa integrazione a rotazione. E' chiaro che se la Siemens si disimpegnerà via via dal territorio aquilano, a pagare saranno tutti i lavoratori "esterni" che da questa dipendono.
Due anni fa, quando la Siemens decise di esternalizzare la produzione, sindacati e azienda firmarono al ministero dell'industria un accordo per l'uscita di 240 dipendenti per mezzo di mobilità e prepensionamenti. Contemporaneamente la Siemens, e la Flextronics, diventata sua partner, avrebbero dovuto fare 120 nuove assunzioni. Ebbene, i 240 sono usciti tutti. Delle nuove assunzioni, però, non c'è ombra.

  08 agosto '01  

 

LAVORO SUPERFLESSIBILE AL NORD  

Il Nord Italia ha la palma della flessibilità nel lavoro e batte il sud su tutti i fronti, dal tempo parziale all'interinale. Il quadro emerge dai rapporti di Bankitalia sulle economie delle 20 regioni italiane. Il Friuli detiene il record di crescita dell'interinale: il numero di "missioni" nel 2000 è salito del 156% rispetto al 1999, e il monte ore del 183%. Anche la Lombardia si difende bene: le richieste di impiego di "lavoratori in affitto" sono cresciute del 75,8% sul '99, mentre i lavoratori part-time sono aumentati del 7,5%, superando le 350 mila unità, il 79,5% dei quali sono donne. Il Centro ha crescite meno sostenute, ma comunque significative: in Toscana i part-time sono aumentati del 9,9%, mentre i contratti interinali sono aumentati del 48,8%. Nel Sud le nuove forme di lavoro allignano meno: in Abruzzo e in Molise, per esempio, il ricorso al part-time e all'interinale non ha registrato segni di accelerazione tra il '99 e il 2000.

BASF TAGLIA 1200 POSTI  

Basf, il più grande gruppo chimico europeo (103 mila lavoratori in tutto il mondo), ha annunciato che nei prossimi 18 mesi taglierà altri 1200 posti di lavoro, dopo la chiusura di 10 fabbriche già decisa nello scorso giugno. La società tedesca ha registrato nel secondo trimestre una diminuzione del 14,9% degli utili operativi, mentre il fatturato è sceso del 7,1%. A fine luglio, un altro gigante della chimica, la statunitense Du Pont, aveva annunciato 5.500 esuberi.

  ROMA: LAVORO NERO IN SPIAGGIA  

Il 45% degli occupati negli stabilimenti balneari del litorale romano sarebbero fuorilegge. La maggioranza dei lavoratori in nero sarebbero extracomunitari senza permesso di soggiorno e minori. Quasi tutti gli stabilimenti si sono trasformati in veri e propri villaggi turistici a pagamento. L'85% della costa è occupata da stabilimenti e molti abusi edilizi sono stati commessi per realizzare volumi in cemento non autorizzati.

    09/08/01     MICRON SPIA E LICENZA UN SINDACALISTA FISMIC

Micron Technology ha licenziato Antonello Tangredi, segretario della Fismic - il sindacato autonomo già Sida, maggioritario nella fabbrica di memorie. Lo ha fatto con lettera notificata dall'ufficiale giudiziario, dopo che Gabriele Bellini, procuratore speciale Micron, aveva incontrato Tangredi e Marzio Tomassetti, segretario nazionale Fismic. Un incontro per fornire giustificazioni in relazione a una lettera di contestazione inviata a Tangredi il 26 luglio. Le giustificazioni "in parte risultano prive di fondamento, in parte non coprono tutti gli addebiti oggetto di contestazione, nel complesso non sono assolutamente idonee a scalfire la gravità" del suo comportamento, che ha determinato per la Micron "una insostenibile violazione degli obblighi nascenti dal contratto di lavoro".
Al sindacalista è stata contestato di essere stato, durante un'assenza per malattia, nella sede della Fismic. Allo stesso modo, gli è stato contestato l'utilizzo improprio di permessi sindacali. L'impressione è che Tangredi sia stato controllato in ogni suo movimento minuto per minuto, tanto gli orari annotati nella lettera sono precisi. Tangredi ha fondato il Fismic dopo avere operato a lungo nella Fiom. La Fiom, tre anni fa, lo aveva espulso. Anche per via di questa vicenda, la vita sindacale in fabbrica è stata particolarmente difficile. La Fismic, cresciuta ai danni della Fiom, è da due anni il primo sindacato.
Ieri il sindacalista licenziato ha annunciato il ricorso all'articolo 700 (richiesta di reintegra) e all'articolo 28 della legge 300 (antisindacalità). Ma alla Micron si sciopera o no, contro questo licenziamento? Lo stesso sindacalista ammette che questa non è una fabbrica dove si sciopera. La forza lavoro è fatta di diplomati e laureati (età media 30-32 anni). La gran parte dei tecnici, operators e ingegneri pensano che il sindacato serva per aggiustarsi gli affari propri. Lo sciopero, probabilmente, non ci sarà. Le Rsu hanno tenuto un incontro nella sede della Fismic..

 

PRIVATIZZAZIONE ALLA PROVINCIA DI VICENZA  

La gestione delle strade della Provincia di Vicenza è stata privatizzata e, di conseguenza, 89 dipendenti verranno trasferiti dall'ente locale alla spa.Vi.abilità. In cambio, i lavoratori privatizzati incasseranno una buonuscita pari a 3 mensilità, ma solo nel caso in cui non procederanno a ricorsi contro l'Amministrazione provinciale. Inoltre, lo stipendio mensile sarà aumentato di 200 mila lire lorde. In cambio, nuovo regime di orari e nuova organizzazione del lavoro che per molti lavoratori vorrà dire lavoro disagiato e probabili trasferimenti in sedi decentrate.
L'accordo con la Provincia è stato siglato da tutte le organizzazioni sindacali - Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Confail, Ugil e Sinpa - esclusa la Rdb-Cub che ha respinto il progetto di privatizzazione. La Cub non si fida e teme che in futuro la nuova società possa non rispettare gli accordi, mentre la critica nel merito riguarda l'impossibilità degli 89 dipendenti di scegliere se passare alla nuova società oppure essere ricollocati all'interno dell'ente locale. Il reimpiego nella Provincia è garantito, ma soltanto per 5 anni, unicamente per il personale eventualmente dichiarato inidoneo al servizio dalla spa Vi.abilità.
Il 6 agosto Cgil, Cisl e Uil hanno convocato un'assemblea dei dipendenti privatizzandi, e una risicata maggioranza (60 presenti, 29 no all'accordo) dei presenti ha approvato il testo siglato dalle organizzazioni sindacali e la Provincia di Vicenza.
La privatizzazione della gestione delle strade provinciali (primo caso in Italia di affidamento ai privati di un settore così delicato) era stata annunciata alcuni mesi fa, con la costituzione di una società per azioni nella quale ha una presenza anche la provincia. Contro la nascita di Vi.abilità e l'affidamento della gestione delle strade provinciale a livello politico si è battuta unicamente Rifondazione comunista, mentre a livello sindacale, la Rdb-Cub in una prima fase è riuscita a coinvolgere le organizzazioni confederali. Ora la Cub non si dà per vinta e annuncia proteste.

 

LA Fiat LICENZIA ALLA COMAU  

Niente accordo alla Fiat-Comau. Il leader mondiale nella progettazione delle fabbriche per automobili, 100% di proprietà Fiat, taglia corto: i 135 lavoratori degli stampi, la cui procedura di mobilità era stata avviata il 23 maggio scorso, saranno licenziati.
Le lettere di licenziamento non sono state ancora inviate, e il sindacato si sta battendo perché la procedura venga per il momento sospesa e si torni a trattare. L'accordo sui 135 si è arenato per la presenza di un'altra procedura di mobilità che, sempre alla Comau, riguarda altri 315 dipendenti. Avviata l'1 agosto scorso, questa seconda tranche porta a 450 i dipendenti attualmente in bilico. Si pensi che nella sola costruzione stampi, fino a 5 anni fa, i lavoratori erano 1400. Oggi, tolti i 135, si riducono a meno di 400.
La Fiat ha confermato il trasferimento, dopo la decisione di chiudere lo stabilimento auto di Rivalta, di 370 lavoratori dal Comau System (progettazione e produzione macchine per la costruzione di automobili, attività più tradizionale di Comau), al Comau Service (manutenzione e assemblaggio, legato quindi più direttamente alla produzione). Trasferimento che non ha impedito, subito dopo, di dichiarare degli esuberi nello stesso Comau Service. Duecentocinquanta dei 315 in mobilità dall'1 agosto, infatti, sono proprio dipendenti del Comau Service.
"Negli ultimi anni - aggiunge La Mendola - il Comau a Torino ha perso oltre 1500 posti di lavoro qualificato e professionalizzato. Eppure, con l'acquisizione all'estero di Pyco, Renault Automation e Sciacky, è diventato il primo produttore al mondo di beni strumentali. Lo stesso Comau Service non è altro che la terziarizzazione delle manutenzioni di Fiat Auto".
 

FLEXIDER COMMISSARIATA   La Flexider di Torino, azienda fino a ieri di proprietà della multinazionale americana Anamet è dal 6 agosto in "amministrazione straordinaria".
Alla Flexider vengono prodotte principalmente le "manichette" che collegano il motore al tubo di scappamento delle automobili: l'86% della produzione è destinato alla Fiat, il restante 14% alla Volkswagen. Un'altra parte dello stabilimento costruisce compensatori di dilatazione per i grossi gruppi petrolchimici: tra i clienti più importanti, l'Eni e la Nuovo Pignone. Il fatturato medio annuo è di 80 miliardi di lire, i dipendenti sono circa 360.
L'Anamet ha scoperto un buco che si aggira tra i 20 e i 30 miliardi di lire. Nello scorso aprile sono stati posti in mobilità 59 dipendenti: la multinazionale ha deciso di non affrontare il deficit e di lavarsene le mani.
Nel corso della propria storia, la Flexider si è trovata nelle mani di diversi gruppi industriali: da De Benedetti a Gilardini, fino alla Anamet. Nell'ipotesi peggiore, dopo il mese di verifica, che scade il prossimo 6 settembre, potrebbe essere dichiarato il fallimento. I sindacati lamentano di non venire informati su quello che accade: in aprile, all'atto dei prepensionamenti, la dirigenza diceva che non ci sarebbero stati altri interventi. Ma già all'inizio di agosto, forse approfittando delle ferie estive, la Anamet si defila, lasciando i dipendenti in un mare di guai.
  10 agosto '01  

 

PROFITTI E DEBITI

Nel 2000 tanti profitti, ma anche tanti debiti: è questa la sintesi dell'indagine annuale di Mediobanca sulle principali imprese italiane. La ricerca è stata condotta sui bilanci delle 1893 maggiori società operanti nell'industria e nel terziario. Complessivamente queste imprese danno lavoro al 33% degli occupati, producono il 43% del fatturato, rappresentano il 47% del totale dell'export e realizzano oltre la metà degli investimenti fissi lordi.
Per queste società il 2000 è stato un anno favorevole: la crescita del fatturato è stata del 18%, l'incremento più alto dell'ultimo decennio che anche escludendo il settore energetico (che sconta forti aumenti dei prezzi) hanno realizzato un boom di vendite dell'11,8%, contro l'1,1% del '99. Complessivamente queste imprese (anche scontando chi perde) hanno realizzato utili netti per 21,5 miliardi di euro, oltre 42 mila miliardi, il 3% più del '99, anche se parte di questi utili derivano da proventi di natura straordinaria consentiti dalla finanziaria dello scorso anno.
Anche se l'anno è stato buono e il valore della produzione per addetto (escluso il settore energetico) è cresciuto dell'8,5% (2,1% nel '99), grazie a un +5,3% per l'aumento della produttività, l'occupazione in queste imprese è diminuita di 11 mila addetti e l'aumento dei costi di lavoro unitari (+3,7%) è stata quasi interamente traslata sui prezzi, con un aumento di quelli alla produzione del 3%.
Per quanto riguarda i debiti: quelli verso il sistema bancario hanno raggiunto il massimo del decennio. Con l'indebitamento le imprese hanno accresciuto gli investimenti, soprattutto quelli di natura finanziaria. Il rendimento di questi investimenti, però, è risultato basso, più basso del costo del capitale. E così le imprese hanno finito per "distruggere" valore, anzichè crearlo.

 

NELLA BASE USA DI AGNANO E' VIETATA LA CGIL  

Sono anni che la Cgil è esclusa dalle trattative e anche dalla normale attività sindacale nelle basi sotto giurisdizione USA. Nonostante le numerose proteste dei lavoratori, che vedono nel divieto la violazione di un diritto costituzionale e nonostante i ripetuti interventi dei rappresentanti del più grande sindacato italiano, dalla fine della seconda guerra mondiale alla Cgil è impedito di varcare i cancelli della Us Navy.
Ora, al personale della base di Agnano a Napoli che non si riconosce nella Cisl e nella Uil - le sole organizzazioni ammesse nelle centrali Nato e Usa - è stato vietato anche di volantinare e di affiggere qualsiasi comunicazione nelle bacheche. Questo, secondo i diretti interessati è il risultato dell'inasprimento del clima dopo l'intervento, nello scorso marzo, di un rappresentante della Filcams Cgil a un'assemblea del personale italiano nella zona riservata ai militari Usa dell'aeroporto di Capodichino. Inoltre, si assiste ogni giorno a una vera "caccia all'uomo", con numerosi richiami e provvedimenti disciplinari contro coloro che tentano di far cadere l'interdizione della Cgil come rappresentante degli oltre 500 lavoratori dell'area napoletana (200 ad Agnano), che svolgono le mansioni più diverse nella Us Navy.
Molte sono le proteste per la "mancanza di democrazia" nei luoghi di lavoro. Ma le lamentele sono rivolte anche contro lo stesso sindacato per gli impegni presi dalla Cgil a essere controparte in tutte le controversie e rimasti poi lettera morta. Già da tre anni le basi americane hanno dato inizio a un forte processo di ristrutturazione che sta comportando la privatizzazione di molte mansioni lavorative. In questi casi, i dipendenti non potrebbero essere assunti con contratto a termine, ma senza una dura opposizione da parte dei sindacati presenti, anche queste norme vengono contravvenute. Inoltre, sulle nuove assunzioni e sugli esuberi ci sarebbero molte controversie. In base alla legge 98, infatti, gli esuberi del personale delle centrali, sono mandati in cassa integrazione a carico del governo italiano. Così vengono cacciati lavoratori con contratto permanente, in molti casi "scomodi", per dar posto ad assunzioni a tempo determinato. In altri casi, gli stessi dipendenti con contratto a tempo determinato, una volta scaduto, vengono messi da parte per assumere esterni senza esperienza. Se questa è la situazione con la CGIL, che certo non è un sindacato molto determinato, di costituire sindacati di base e di classe manco a parlarne!

  SUDAFRICA: SCIOPERO A OLTRANZA NEL SETTORE AUTO  

Da lunedì scorso - con la pausa di ieri per una festa nazionale - 21 mila lavoratori delle fabbriche di automobili sudafricane sono in sciopero. Quello che li oppone ai loro datori di lavoro - sette case automobilistiche europee, statunitensi e giapponesi - è il rinnovo del contratto di lavoro: il sindacato più rappresentativo, il Numsa, chiede un aumento del 12% e la validità di due anni. Bmw, Daimler Chrysler, Delta, Ford, Nissan, Toyota e Volkswagen, rappresentate dall'Ameo, erano partite offrendo un aumento del 7,5% e la validità contrattuale di tre anni; mercoledì sera hanno raggiunto un accordo con un sindacato meno rappresentativo, l'Mwu, per un aumento dell'8%. E per la giornata di oggi lo sciopero continua. Da martedì, ai lavoratori delle fabbriche automobilistiche si sono aggiunti anche 4000 operai siderurgici della Hiveld, il secondo produttore d'acciaio del paese. Il mondo del lavoro sudafricano è in subbuglio.
Nelle scorse due settimane datori di lavoro e sindacati hanno raggiunto l'accordo sugli aumenti per i lavoratori delle miniere d'oro e del carbone, per quelli dell'agenzia elettrica nazionale e della prima acciaieria del paese, la Iscor. In molti casi, i sindacati sono riusciti a strappare aumenti superiori al tasso d'inflazione (che attualmente è al 6,4%), risultato che li ha incoraggiati a minacciare altri due scioperi: uno, la settimana prossima, per il contratto dei dipendenti pubblici (1 milione e centomila persone), e uno sciopero generale per il 29 e 30 agosto, contro il piano di privatizzazioni deciso dal governo. La richiesta di aumenti superiori al tasso d'inflazione, secondo il Numsa, è motivata dalla perdita del potere d'acquisto dei salari. La Iscor, per esempio, si è accordata per aumenti tra il 7% e il 9%, mentre la Steel and Engineering Industries Federation of South Africa, che associa il 70% delle imprese produttrici di acciaio, ha concesso aumenti del 9%. La Hiveld, con la proposta del 6,9% non è riuscita a convincere i propri dipendenti, che adesso si trovano in piazza con gli operai dell'automobile.
L'industria automobilistica che rappresenta da sola oltre il 5,5% del PIL, è seriamente danneggiata dallo sciopero degli ultimi giorni: le imprese calcolano perdite per oltre 42 milioni di dollari nei soli primi due giorni. Un terzo delle automobili prodotte, inoltre - circa 70 mila su un totale di quasi 200 mila - sono destinate alle esportazioni. Le perdite complessive nei ricavi delle sette imprese automobilistiche vengono calcolate in circa 120 milioni di dollari e in 25 milioni di dollari di guadagni per ogni settimana di sciopero, mentre gli operai ricevono una paga media di 435 dollari (circa 900 mila lire) al mese.
L'industria dell'automobile dà lavoro direttamente a 30 mila persone e uno sciopero così lungo non si faceva da tre anni. L'adesione tanto massiccia e prolungata ha provocato il blocco del 90% della produzione. I sindacati, galvanizzati dai contratti delle altre categorie chiusi nelle passate settimane, hanno annunciato che l'astensione dal lavoro potrebbe prolungarsi anche fino a quattro settimane consecutive, mentre qualche migliaio di lavoratori, aderenti al sindacato che ha raggiunto l'accordo (Mwu), potrebbe tornare al lavoro già da questa sera. Una "defezione" che non fa paura al combattivo Numsa, che ha invitato ulteriori 3 mila lavoratori, stavolta quelli dell'Hulett Aluminium, a incrociare le braccia, sempre per oggi: la richiesta è di alzare i salari del 15%. L'azienda offre al massimo l'8,7%.

  11 agosto '01  

 

PENSIONI: 712.952 DA TAGLIARE  

Brutte notizie per 712.952 pensionati che ricevono un assegno maggiorato: dovranno restituire in tutto o in parte la maggiorazione, perchè l'Inps ha scoperto che non ne hanno diritto. Buone notizie, invece, per 378.770 pensionati: l'istituto previdenziale integrerà la loro pensione. Sono queste le conclusioni alle quali è giunto l'Inps dopo la prima fase della "campagna red", cioè la verifica dei redditi dei pensionati che percepiscono prestazioni il cui diritto è legato al reddito posseduto nel treinnio '96-'98. I risultati della verifica (resi noti ai sindacati nei giorni scorsi) hanno rivelato che su 6.324.783 modelli reddituali già esaminati, 378.770 evidenziano un conguaglio a credito del pensionato e 712.952 un conguaglio a debito. Per i pensionati a credito, l'Inps provvederà alla ricostituzione della rendita e alla corresponsione del nuovo importo a partire da settembre e nel rateo del mese saranno anche liquidati tutti gli arretrati. Più lunga (e in parte incerta) la situazione per i pensionati a debito. L'Inps ha solamente stabilito che la ricostituzione della pensione (che comporta una diminuzione della prestazione) sarà fatta in novembre per permettere ai pensionati di intervenire presso la sede Inps competente. Non è stata, invece, ancora fissata alcuna data per il recupero di quanto corrisposto "indebitamente". Anche se in generale non si tratta di cifre molto elevate: la platea dei pensionati a debito, infatti, non naviga certamente nell'oro e la riduzione della pensione rende estremamente complicata la possibilità di restituzione degli arretrati. La soluzione secondo l'Inps e i sindacati (che hanno chiesto un incontro al ministro del lavoro Maroni) sarebbe in una legge di sanatoria, cioè la cancellazione dell'obbligo di restituzione delle somme percepite in eccesso. Oltre alla sanatoria, le organizzazioni sindacali (Spi, Fni e Uilp) chiedono anche modifiche legislative delle procedure, per omogeneizzare i limiti reddituali, le tipologie di reddito (prese di volta in volta in considerazione) e la modalità di raccolta di questi dati.

 

BAYER TAGLIA 4000 POSTI  

La casa farmaceutica Bayer taglierà più di 4000 posti di lavoro. Il gruppo tedesco aveva già annunciato una riduzione dei costi da 1,5 miliardi di euro, con la chiusura di 15 impianti e il licenziamento di almeno 1800 dipendenti. Ieri è arrivata la precisazione sulle cifre da parte di un portavoce del gruppo. La ristrutturazione riguarderà soprattutto le divisioni estere, compresa la statunitense Bayer Corp.

OMNITEL: SCIOPERA IL CALL CENTER  

Sciopero di tre ore il 10 agosto nel call center Omnitel-Vodafone di Roma. Gli operatori del 190 hanno aderito all'astensione, indetta dalla Fiom Cgil, per richiamare l'attenzione dell'azienda sulle proprie condizioni di lavoro. "Organici numericamente insufficienti, picchi lavorativi permanenti, turni disagiati e ricorso sistematico agli straordinari determinano sovraccarico di lavoro, stress e una cattiva qualità sia del servizio offerto al cliente sia della vita delle persone", scrive la Fiom. Secondo i delegati della Cgil, lo sciopero ha "registrato un'adesione massiccia": i lavoratori chiedono l'ampliamento degli organici e l'allungamento strutturale dei turni dei part-time, definiti "molto flessibili".

 

14 agosto ’01

 

ANCHE LE BANCHE TAGLIANO POSTI

Oltre a pretendere l'applicazione di ristrutturazioni nei settori produttivi e dei servizi, nel settore pubblico, che provocano licenziamenti a non finire, le banche hanno provveduto a licenziare e a ridimensionare anche al loro interno. Secondo una ricerca del "Financial times" 25.430 lavoratori di banche d'affari hanno perso il posto nel 2001. E la cifra è sottostimata: molte banche hanno proceduto a ridurre il personale senza eccessiva pubblicità. Le riduzioni di personale più consistenti riguardano la mitica Jp Morgan Chase e il Credit Suisse First Boston, entrambe coinvolte in processi di acquisizione. Ma anche Deutsche Bank e l'olandese Abn Amro che hanno avviati piani di ristrutturazione. L'area più compita è quella statunitense, seguita da Londra e, a distanza, da Francoforte e Amsterdam. Le perdite di posti di lavoro riflettono la forte contrazione delle attività del mercato di capitali seguita alla caduta dei prezzi azionari delle società del settore tech e tlc. Come dire: la new economy è già old.

 

15 agosto ’01

 

SCIOPERO NEI CANTIERI DI DANZICA

A 21 anni dalla nascita di Solidarnosc, i lavoratori dei cantieri di Danzica tornano a protestare. Questa volta, si oppongono al piano di licenziamenti previsto dalla Gdynia Shipyard Group: 500 dei 3800 impiegati del gruppo perderanno il posto tra settembre e la fine dell'anno. La causa - dicono "spiacenti" i proprietari dei cantieri - è il cambio sfavorevole e in continuo peggioramento tra lo zloty (la valuta nazionale) e il dollaro.
Nell'agosto del 1980 Solidarnosc ottenne la sua prima vittoria e il riconoscimento da parte del governo guidato da Gierek - gli operai lottavano per l'aumento dei salari e per la legittimazione del sindacato di Walesa accanto all'unico sindacato riconosciuto nel paese. Oggi, bisogna guardare alle fluttuazioni del dollaro e alla nuova durissima crisi che Varsavia affronta, obbligata a tagli sempre più forti sul piano della spesa sociale e a pagare pedaggi molto salati sulla via che porta nell'Unione europea.

Va detto che la situazione attuale può essere anche definita come effetto di quelle lotte di allora, che ad una volontà di aumentare libertà e diritti hanno unito giocoforza il passaggio ad un sistema economico allora ritenuto migliore e che però ha portato tutte le società ex socialiste ad una crisi senza precedenti e all'insicurezza economica e politica, senza nulla aggiungere in termini di libertà, se non quella di licenziamento e di soffrire la fame.
A pagare per primo sarà il settore pubblico, con il congelamento di paghe e pensioni. E una stretta si attende anche sul piano della legislazione sociale: di recente, il governatore della banca centrale, Leszek Balcerowiwicz, ha aspramente criticato il parlamento per le leggi sull'accorciamento della settimana lavorativa e sull'ampliamento del periodo di maternità, che starebbero portando "alla distruzione delle finanze del paese". E poi ci sono le privatizzazioni, che però ritardano a dare i frutti sperati. Lo zloty ha perso in pochi giorni fino al 9% del suo valore, il tasso di disoccupazione viaggia intorno al 18%.

FRANCE SOIR LICENZIA

La Presse Allìance, controllata dal gruppo Poligrafici Editoriale e editore di France Soir, ha raggiunto un accordo con i sindacati per quanto riguarda il piano di ristrutturazione per risanare e riequilibrare il conto economico della società. Questo, tra le altre cose, comporterà il licenziamento di 72 dipendenti.

 

17 agosto ’01

 

SUDAFRICA: IN PIAZZA CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

Diecimila lavoratori sudafricani appartenenti al Cosatu, il congresso dei sindacati sudafricani che conta 1.8 milioni d'iscritti, sono scesi in piazza a Johannesburg per manifestare contro le privatizzazioni delle aziende Telkom (telefonica), Transnet (trasporti) e Eskom (energia) previste dal governo. Un'anteprima del grande sciopero nazionale che si terrà il 29 e 30 agosto, il primo grande sciopero da quando il governo ha deciso di ristrutturare e privatizzare le aziende ereditate nel 1994 dal regime dell'apartheid. Per gli stessi motivi anche a Pretoria si è mobilitato oltre un migliaio di lavoratori. La COSATU, che già l'anno a scorso a maggio aveva organizzato una grossa mobilitazione di massa contro la disoccupazione, ha rilevato che da quando si è iniziato a parlare della privatizzazione Telkom ha già tagliato 17 mila posti di lavoro. Tra i manifestanti anche centinaia di lavoratori pubblici, soprattutto insegnanti, in lotta contro il governo per ottenere un aumento dei salari. Dodici sindacati del settore pubblico, tra cui la Nehawu che da sola rappresenta 1.1 milione di lavoratori del settore pubblico, si riuniranno infatti lunedì per discutere la strategia da adottare per le mediazioni con il governo. Se le mediazioni dovessero fallire ci sarà la possibilità di un altro grosso sciopero nazionale. Il mese scorso, sempre in Sudafrica, per poco non si è scioperato contro le industrie dell'oro e del carbone e la settimana scorsa si sono concluse le dispute nelle maggiori acciaierie del paese ma ancora molti lavoratori continuano a scioperare.

EGITTO: PRIVATIZZAZIONI IN CORSO

Il ministro egiziano delle Pubbliche imprese ha recentemente dichiarato che continuerà il programma di privatizzazione vendendo anche i rimanenti interessi di compagnie precedentemente privatizzate, considerando le offerte di potenziali investitori e gestori finanziari. La motivazione è il risanamento dell'economia del paese per poter stare dietro alle riforme del 1996 attuate con il sostegno del Fondo monetario internazionale.

POSTE: STRAORDINARIO=INFARTO

Alle Poste in questo periodo quello che più conta è risparmiare. Tagliare costi e personale è il nuovo imperativo - da qualche mese il presidente Corrado Passera ha annunciato 9 mila esuberi su tutto il territorio nazionale - e i dirigenti locali più solerti nel realizzare risparmi hanno anche degli ottimi premi a fine anno. Tutto questo, naturalmente, razionalizzando il servizio e facendo in modo che gli utenti non debbano aspettare troppo prima di veder recapitata una lettera. Non manca però qualcuno che paga per questa "ottimizzazione": è il portalettere. I ritmi di lavoro sempre più selvaggio e la carenza di organico ormai pressoché strutturale lo possono portare anche in ospedale, magari con un infarto. Come è accaduto a un postino di Ascoli Piceno.
Luigi Alesiani, 56 anni, da oltre 30 lavora alla sede delle Poste della città marchigiana. Nel dicembre del 2000, il signor Alesiani ha preso tre permessi consecutivi, di 4-5 giorni ciascuno, inviando ai superiori regolari certificati medici che attestavano ipertensione arteriosa e vertigini. Sintomi tipici di chi ha problemi di cuore. Il 2 gennaio, tornato al lavoro, la sorpresa. In sua assenza si era accumulata una pila gigantesca di posta da recapitare, tutto materiale rimasto indietro a causa della carenza di personale. Affiancato da uno stagionale, il 2 gennaio Alesiani fa mezz'ora di straordinario. Il 3 gennaio, il capo del personale, però, gli ordina di smaltire tutta la posta entro la fine della giornata. Alesiani risponde che non è possibile, soprattutto perché, di recente, ha avuto problemi di cuore.
Il responsabile del recapito è inflessibile. Una prima lettera ordina al postino di fare 2 ore di straordinario. Successivamente l'ordine sale alla cifra paradossale - quanto illegittima - di 6 ore di straordinario. Illegittima, perché il contratto collettivo nazionale prevede un massimo di 2 ore di straordinario al giorno, e non più di 12 complessive in un mese. Il "robottino" Alesiani, però, per coprire le carenze di personale delle Poste Italiane spa, è chiamato a fare addirittura 12 ore di lavoro consecutivo in una sola giornata. A questo punto, il portalettere dice di sentirsi male e chiede un'ambulanza. I superiori attendono ben 40 minuti prima di muoversi, schernendolo e dicendo "l'ambulanza la chiami da solo", "l'ambulanza chi la chiama la paga". E' uno stagionale, l'ultima ruota del carro, ad avere pietà e a chiamare i soccorsi. A Teramo, Alesiani verrà operato d'urgenza per grave infarto miocardico e gli verranno applicati ben 7 by-pass.
A 7 mesi dall'incidente, Alesiani è ancora in malattia. Ha sporto denuncia contro i suoi capi, e un'altra denuncia è stata presentata da 28 colleghi e dalle segreterie provinciali di Slc Cgil, Slp Cisl, Uil Poste, Failp Cisal. I responsabili del recapito, ben fermi sulle proprie poltrone, nei tre mesi successivi all'incidente, hanno tempestato i dipendenti "ribelli" con circa 30-40 contestazioni disciplinari. Le Poste sovraccaricheranno di lavoro i pochi postini disponibili. Anziché procedere a nuove assunzioni si va avanti con gli stagionali, ragazzi che cambiano ogni tre mesi. Il numero di infortuni si è accresciuto moltissimo dopo la privatizzazione. Molte zone restano scoperte, e intere ore di lavoro non vengono conteggiate affatto: i volantini pubblicitari, ad esempio, non vengono considerati quando si determinano le esigenze di personale. Eppure, portano via tempo ed energie come il resto della corrispondenza.

 

LAVORO NERO

Due arresti, 55 denunce a piede libero, violazioni amministrative contestate per 813 milioni ed evasioni contributive recuperate per 2 miliardi e 259 milioni. E’ il bilancio dei controlli dell’Ispettorato del lavoro nelle provincie di Roma, Napoli, Palermo, Catania, Livorno, Como, Foggia, Prato e, naturalmente, Rimini. Lo screening, condotto in collaborazione con personale delle rispettive Direzioni provinciali, ha consentito anche l’individuazione di 211 lavoratori in nero, di 26 lavoratori extracomunitari clandestini e di 12 minori impiegati irregolarmente. Due i cantieri sequestrati, 74 le ditte ispezionate. I controlli hanno interessato insediamenti industriali, esercizi commerciali e artigianali, centri di ristorazione, cantieri edili, strutture ricettive, aree ricreative, stabilimenti balneari ed aziende agricole. Numerose le irregolarità penali e amministrative accertate: truffe nel settore agricolo mediante l’instaurazione di fittizi rapporti di lavoro, omesso versamento all’Inps delle ritenute operate a carico dei lavoratori, omesso versamento di contributi e premi, avviamento al lavoro di minori, impiego illecito di clandestini, violazione in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, buste paga "gonfiate" (non corrispondenti a quanto effettivamente corrisposto al lavoratore), assunzioni irregolari, violazioni alle norme sul collocamento ordinario, mancata istituzione o tenuta irregolare della documentazione aziendale. Secondo i dati del ministero del lavoro la lotta al sommerso segna ancora il passo. Nel biennio ’98-’99, per esempio, le politiche di emersione dei lavoratori irregolari, incentrate sui contratti di riallineamento, hanno funzionato solo al 50% per quasi tutti i settori produttivi. Su una platea di almeno 10mila lavoratori interessati, infatti, a usufruire degli sgravi previsti sono stati appena 5mila. Sarà per questo che il governo Berlusconi intende insistere nella stessa direzione. Dal rapporto, "Monitoraggio sulle politiche occupazionali e del lavoro 2001" emerge una realtà incontrovertibile che parla di un fallimento totale delle politiche di emersione. La quasi totalità dei lavoratori regolarizzati, infatti, è composta da soggetti che erano già denunciati all’Inps, ma per importi e periodi, appunto, parziali, probabilmente a copertura del fatto che il loro salario mensile era inferiore a quello stabilito dalla contrattazione nazionale.

 

18 agosto ’01

 

EXTRACOMUNITARI IMPRENDITORI?

Boom degli imprenditori extracomunitari a Milano, stando ai dati diffusi dalla camera di commercio. In più, il nuovo imprenditore extracomunitario è donna. Molte sono imprese individuali, botteghe e negozi, nuove partite Iva. Nel 2000, rispetto al 1999, le imprese di stranieri presenti nella provincia di Milano sono cresciute del 19,4%, ovvero di un quinto in un solo anno.
Attualmente nel capoluogo lombardo sono presenti oltre 176 mila cittadini residenti stranieri, in crescita del 17% rispetto allo scorso anno. Le imprese intestate a extracomunitari sono in tutto 8.247, il 5% del totale. Se si considerano solo quelle di cittadini provenienti da paesi in via di sviluppo, sono cresciute del 23,3%. L'emigrazione giapponese, per esempio, che registra una buona presenza in città, non si può mettere sullo stesso piano di quella eritrea, albanese o marocchina. La nascita di neoimprese, comunque, si è registrata proprio nelle comunità più "disagiate" in partenza: la equadoregna (+110%), la nigeriana (+75%), l'albanese (+56,5%), la marocchina (+52,9%).
Oltre alle imprese, è cresciuto anche il numero dei cittadini stranieri al lavoro: nel 2000, rispetto al '99, del 16,2%.
Le comunità più rappresentate sono nell'ordine quella cinese (1.471 imprese, +23,3%), quella egiziana (1.379, +19,6%) e quella marocchina (497, +52,9%). Per quanto riguarda i settori, il 29,3% delle imprese intestate a stranieri è attivo nel commercio, il 18,2% nelle costruzioni, il 16,4% nel manifatturiero e il 7,2% nei trasporti. Oltre 1.400 imprese (il 16,1% del totale) opera nelle attività immobiliari, di noleggio e di informatica. Nel 2000, sono aumentati esponenzialmente i contratti a tempo determinato (+264,4% rispetto al '99), mentre quelli a tempo pieno o a durata indeterminata, come avviene anche per gli italiani, arrancano, con una crescita del 72%.

 

REINTEGRATI I CASSAINTEGRATI NUOVO PIGNONE

"Immediato reintegro sul posto di lavoro". Una frase che per i quattordici residui soci del comitato lavoratori cassintegrati del Nuovo Pignone segna la fine di un incubo iniziato nella primavera di due anni fa, quando General Electric avviò una delle sue periodiche "cure dimagranti" all'interno della fabbrica fiorentina. Ora i giudici della sezione lavoro del tribunale hanno deciso che l'azione della multinazionale era illegittima, a causa del mancato rispetto della legge 223/91. In sostanza, la magistratura imputa a General Electric di non avere spiegato perché furono scelti certi lavoratori invece di altri, nel momento in cui dal Nuovo Pignone partirono 221 lettere di messa in mobilità. In un'azienda che, bilancio alla mano, aveva segnato l'anno precedente un utile di un migliaio di miliardi di lire.
Quando nella primavera scorsa sono scaduti i due anni di cassa integrazione, un gruppo di operai è stato di fatto licenziato. Quattordici lavoratori nel frattempo avevano costituito il comitato cassintegrati del Nuovo Pignone, affidando poi agli avvocati il compito di opporsi alla decisione dell'azienda.
Con l'ordinanza emessa ieri dai giudici Giampaolo Montoni, Bruno Varriale e Vincenzo Nuvoli, è stato disposto l'immediato reintegro sul posto di lavoro dei quattordici ricorrenti, ai quali dovranno essere corrisposte anche le differenze salariali per il periodo passato in cassa integrazione, e gli stipendi non ricevuti dal marzo scorso ad oggi. Per General Electric è una sconfitta secca, arrivata tra l'altro proprio mentre la multinazionale ha avviato una nuova ristrutturazione che comporterà altre 160 mobilità. Nell'accordo raggiunto con i sindacati e accettato dalle maestranze, è stato deciso che solo 100 dipendenti usciranno dalla fabbrica fiorentina. Ma dall'altro centro produttivo di Vibo Valentia, i lavoratori hanno già fatto sapere che si opporranno a qualsiasi taglio, visto che lo stato di crisi ufficialmente non li riguarda.


FORD: LICENZIAMENTI IN VISTA

La Ford ha perso 752 milioni di dollari nell'ultimo trimestre. La causa: 13 milioni di ruote Firestone da rimpiazzare, spese varie di ristrutturazione e costi che riguardano la Mazda Motor Corp (un terzo degli interessi della quale appartengono alla Ford). A farne le spese saranno 4-5000 "White Collars" che verranno eliminati entro la fine dell'anno, la maggior parte attraverso pensionamenti. La Ford ha comunicato che la riduzione degli utili è dovuta alla concentrazione delle vendite e alle elevate spese per marketing e soddisfazione clienti.

FAZIO: PIU' FLESSIBILITA' E LIBERTA' DI LICENZIAMENTO

E' stata una lezione a tutto campo quella che il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio ha tenuto ieri sera nell'Abbazia di San Domenico Abate a Sora. Partendo dal tema propostogli, quello dei rapporti tra etica ed economia, il banchiere centrale si è diffuso su molti argomenti collaterali.

LICENZIAMENTI. Ha invitato governo e parti sociali a riformare il mercato del lavoro nella direzione della flessibilità: "Non dico che dobbiamo arrivare al sistema della flessibilità degli Stati Uniti - ha spiegato - ma certamente occorre un sistema in cui sia più facile licenziare e sia più facile anche assumere". E a chi sostiene che l'occupazione creata con la flessibilità sia precaria Fazio risponde: "L'occupazione resta precaria solo in un sistema in cui non ci sono aspettative di sviluppo".

GLOBALIZZAZIONE. "La globalizzazione è molto più forte dei no-global, è impossibile fermarla: è il progresso. E sarebbe pericoloso fermarla, perchè crea ricchezza. Però occorre governarla e occorre correggerla nei suoi effetti negativi". E "c'è un punto di ragione nella protesta: c'è una grande divergenza nella distribuzione della ricchezza. Alcuni Paesi sanno sfruttare il sistema, altri arrancano". Si sbaglia Fazio: alcuni governi di alcuni paesi sanno sfruttare gli altri!

 

CONTRATTI

Nell'elenco pubblico impiego, metalmeccanici, tessili, agricoltura, telecomunicazioni e poste: tutti in scadenza entro il 12 dicembre, e nessuno sembra disposto a fare sconti. Gli incrementi richiesti nel trattamento economico - tra recupero del potere d'acquisto e aumenti legati all'inflazione programmata - sono fino al 6%. Ma il governo non vuole rilanciare l'inflazione reale. E quindi le trattative saranno particolarmente dure.
Anche perché gli appuntamenti si accavallano. Nel Pubblico impiego, per esempio, assieme alla tornata contrattuale scattano le elezioni per le rappresentanze sindacali di base. Difficile essere eletti contrattando aumenti inferiori a quelli stabiliti dall'accordo del 23 di luglio.
I sindacati degli statali attendono quindi il varo della finanziaria per conoscere le somme destinate ai contratti. L'aumento richiesto è di 2 milioni all'anno per i tre milioni di dipendenti. Lo Stato, per soddisfare la richiesta, dovrebbe sborsare almeno 10 mila miliardi di lire.
Altro fronte caldo e' quello dei metalmeccanici. L'accordo sul rinnovo siglato tra Federmeccanica, Fim e Uilm non è riconosciuto dalla Fiom che a luglio ha lanciato una raccolta di firme con l'intento di affossare l'intesa e mobilitare il milione di lavoratori della categoria. E si parla di manifestazioni dove è stato invitato anche il popolo degli anti globalizzatori.
La Fiom non accetta le 130 mila contrattate dagli altri due sindacati per due motivi: il primo è che già solamente i calcoli tra recupero del potere d'acquisto e aumenti legati all'inflazione programmata portano alla cifra di 120 mila lire. Il secondo è che nell'aumento di 130 mila lire sono comprese 18 mila lire a titolo di anticipo sul prossimo contratto.
Pronti alla mobilitazione anche gli oltre 800 mila lavoratori del mondo agricolo. Scade infatti il contratto quadriennale per 650 mila operai agricoli e florovivaisti, 110 mila forestali, 40 mila lavoratori delle cooperative e scade il biennio per 9 mila dipendenti delle bonifiche e 10 mila contoterzisti.
Preoccupazioni per l'autunno anche dal mondo dei 500 mila lavoratori del tessile che hanno varato la piattaforma rivendicativa lo scorso 23 luglio per 500 mila lavoratori ed hanno già in corso la consultazione. Il sindacato è già pronto a scendere in Piazza.
Scatta a settembre anche la mobilitazione dei sindacati delle Comunicazioni chiamati a un doppio impegno: preparare la piattaforma per il rinnovo del secondo biennio economico; discutere dei processi di ristrutturazione del settore: dall'azienda leader, Telecom Italia, alla fusione Wind-Infostrada alla vendita di Blu. E il timore è quello di un nuovo giro di vite sul fronte occupazione.
Rinnovo del secondo biennio economico e problemi occupazionali anche per i 165 mila dipendenti delle Poste. A settembre verrà data la disdetta e aperta la fase del rinnovo.

 

19 agosto ’01

 

RUSSIA ALL'ASTA

Nel decennale del colpo di stato, e della disastrosa fine del "socialismo reale", il governo russo presenta il suo più importante progetto economico: la nuova ondata di privatizzazioni di aziende pubbliche, oltre 500 tra cui molte di grandissimo rilievo economico, sociale e anche culturale come la celebre Mosfilm, che saranno messe in vendita nel corso dell'anno prossimo come saldi di fine stagione, a prezzi bassissimi. Si tratta della maggior privatizzazione lanciata in Russia dopo quella, famigerata e drammatica, promossa da Eltsin nel '94 con l'imbroglio dei cosiddetti voucher, i tagliandi distribuiti a ogni cittadino che dovevano servire per acquistare quote di proprietà delle aziende in cui lavoravano (in realtà vennero rastrellati facilmente da società che li usarono poi per impadronirsi delle aziende stesse).
Il piano, nei suoi allarmanti dettagli, è stato reso pubblico giorni fa dal quotidiano economico Kommersant, sotto il significativo titolo "In vendita un boccone della patria" e la foto di una ciotola di caviale da cui una mano offre una bella cucchiaiata colma. Dopo la pubblicazione, qualche rappresentante governativo, senza negare la sostanza, ha detto in televisione che sul progetto "si sta ancora lavorando" e che l'elenco di 500 aziende pubblicate non è definitivo ma soltanto "l'elenco delle aziende tra cui sceglieremo quelle da mettere in vendita nel 2002". Quanto alla cifra che Kommersant, prendendola dalle basi d'asta per ogni singola azienda, indica come obiettivo totale di ricavo da parte del governo - 18 miliardi di rubli, pari alla ridicola somma di 1300 miliardi di lire - gli stessi funzionari hanno detto semplicemente che "non è ancora decisa". In sostanza dunque le rivelazioni del giornale sembrano confermate, anche se probabilmente qualche variazione è ancora possibile, soprattutto per le pressioni che sul governo stanno esercitando, in varie direzioni, le grandi lobbies economiche presenti in Russia: in qualche caso le pressioni sono perché delle aziende vengano tolte dalla lista (e lasciate dunque nelle mani dei potenti che oggi le controllano) - così per esempio è già avvenuto nel caso di un paio di aziende gas-petrolifere siberiane - in altri casi le pressioni sono perché altre aziende appetitose vengano inserite nel programma.
L'elenco comprende nomi importanti nei campi più diversi: ci sono industrie nucleari, aerospaziali, metallurgiche, chimiche, parti del complesso militar-industriale, aziende cinematografiche, complessi minerari, società di trasporti e comunicazioni, imprese agro-alimentari, forestali e via di questo passo. Per quanto riguarda i settori più delicati dal punto di vista strategico (industrie militari, aerospaziali e nucleari), sembra comunque che siano sulla lista soltanto le aziende in cui l'attuale partecipazione dello stato è inferiore al 25%, o per le quali le commesse statali rappresentino meno di un terzo del budget - in altre parole, quelle più laterali rispetto alle esigenze strategiche e anche quelle meno attraenti per gli investitori.
La sottovalutazione delle imprese privatizzande è assolutamente clamorosa. La giustificazione che secondo Kommersant ne darebbero i responsabili del ministero per le privatizzazioni (quello che fu di Anatoly Chubais, che tuttora vi esercita una certa influenza anche dal suo nuovo posto di capo dell'enorme azienda elettrica panrussa) è che si vogliono incoraggiare le società medio-piccole, che non dispongono di grandi capitali, in modo da allargare il più possibile lo strato di imprenditoria nazionale "sana". Un concetto pericolosamente simile a quello che venne seguito proprio da Chubais con la grande privatizzazione ladronesca del '94, e che il suo autore non molto tempo fa ha candidamente spiegato, in un convegno pubblico, più o meno in questi termini: dovevamo scegliere se dare molti soldi allo stato lasciando che gli stranieri si impadronissero del tesoro, o favorire l'accumulazione capitalistica primitiva in Russia, anche a costo di ricavare poco e premiare dei criminali. Abbiamo scelto la seconda strada. Un concetto anche molto "statalista", sia pure in modo perverso: visto che prevede che lo stato non si limiti a mettere delle regole al mercato, ma persegua un risultato concreto ignorando ogni regola. Nel '94 le aste per la privatizzazione delle imprese maggiori vennero truccate, e quando neanche i trucchi bastarono si ricorse alla forza bruta per espellere i pretendenti "sgraditi". Nel 2002 è inevitabile che avvenga qualcosa di simile, se davvero l'idea è quella di premiare alcuni.

TAR PARIFICA INSEGNANTI DI PRIVATE E STATALI


Il tribunale amministrativo di Catania, che ha accolto l'istanza cautelare di 200 insegnanti siracusani delle scuole private, mette in forse il regolare avvio dell'anno scolastico 2001/2002. Ormai è concreto il rischio che i banchi siano pieni ma le cattedre vuote. Nonostante il Tar siciliano non abbia emesso una sentenza, ma solo un' "ordinanza propulsiva" (come si dice in gergo), la pubblica amministrazione è obbligata ad adeguarsi. La querelle riguarda due decreti ministeriali - il 123 del 3 marzo 2000 e il 124 del 18 maggio 2000 - in cui si stabilisce che il servizio prestato nelle scuole private parificate vale 6 punti annuali, contro i 12 del servizio prestato in una scuola statale. E il meccanismo delle nomine dei precari rischia di andare in tilt. L'ordinanza obbliga la pubblica amministrazione a immettere i 200 ricorrenti nelle graduatorie calcolando 12 punti per ogni anno speso al servizio di una scuola privata "con riserva fino all'esito definitivo del giudizio".
Il provveditorato di Siracusa, per ora, si rifiuta sia perché le scuole andrebbero nel caos sia perché si configurerebbe una palese discriminazione: l'ordinanza vale infatti soltanto per i 200 ricorrenti. "Non è un problema che riguarda il provveditorato - commenta l'avvocato Emanuele Tringali, che ha difeso i 200 insegnanti - semmai è un problema del ministero: dovrebbe emettere un decreto che conceda a tutti gli insegnanti delle scuole private parificate di accedere agli stessi benefici. L'ordinanza, infatti, afferma un valore giustissimo che è quello della parità di trattamento di servizio". Com'è noto il ministro Moratti ha già legiferato in materia, e il suo decreto - il 255 - ha ottenuto l'appoggio del parlamento. Il neoministro, però, ha posto dei paletti per evitare un disastroso avvio dell'anno scolastico che creerebbe non poche grane al governo Berlusconi: la parificazione vale a partire dall'anno scolastico 2002/2003 e per il servizio svolto dal 1 settembre 2000. "E' questo il punto - rincara Tringali - non si capisce questa discriminazione. O il servizio nelle scuole private vale allo stesso modo di quello prestato nelle scuole statali oppure no".
I Cobas scuola sono pronti alla lotta: "Torneremo in piazza all'inizio di settembre al fianco dei precari - dichiara Anna Grazia Stammati, responsabile nazionale del Cobas scuola - non è affatto giusto che l'insegnamento nelle scuole private, dove risaputamente si accede tramite meccanismi clientelari, scavalchi l'insegnamento nelle scuole pubbliche. Gli insegnanti delle scuole pubbliche saranno così doppiamente svantaggiati: sia perché è molto più difficile ricevere supplenze in una scuola statale, e quindi verranno travolti dagli insegnanti delle private se non si terranno separate le due categorie, sia perché le scuole private selezionano i propri lavoratori: un docente ateo e comunista non potrà mai insegnare in una scuola privata confessionale". La sindacalista comunque ricorda: "Ad aprire la porta a queste rivendicazioni è stata la legge sulla parità scolastica. E' ovvio che se passa il principio dell'uguaglianza tra statali e private, diventerà uguale anche il servizio prestato".

CALA L'OCCUPAZIONE NELLE GRANDI IMPRESE

Nel settore industriale, a livello tendenziale (e cioe' maggio 2001 su maggio 2000) si e' trattato del 2,4% che diventa il 2,9% al netto della cassa integrazione. In cifre, secondo i dati diffusi dall'Istat, sono 20.000 lavoratori in meno. Nelle grandi imprese dei servizi si registra una riduzione tendenziale, dovuta esclusivamente al settore dei trasporti, pari allo 0,4%. In cifre si tratta di circa 4000 unita' in meno. Nei primi cinque mesi del 2001 il calo dell'occupazione e' stato pari a -2,2% dell'industria e dello 0,2% nei servizi. A maggio, e rispetto ad aprile, la riduzione e' stata pari allo 0,3% che diventa -0,5 al netto della cig nell'industria e dello 0,1% nei servizi. In sintonia si riduce l'entita' delle ore lavorate nell'industria (-1,3% a livello tendenziale) cosi' come degli straordinari (-0,1) mentre aumenta il ricorso alla Cig. Quanto alle retribuzioni aumentano, mediamente, a livello tendenziale dell'1,1% e del 3,5% nel periodo gennaio-maggio. In salita anche il costo del lavoro che, a netto dei cassaintegrati, registra un incremento medio tendenziale dello 0,2% e del 2,5 nel periodo gennaio-maggio.In calo anche nei servizi l'entita' delle ore effettivamente lavorate (-1,4%) mentre scende dal 6 al 5,9 l'incidenza delle ore di straordinario . Aumenta il ricorso alla Cig mentre si riduce dello 0,3%, a livello tendenziale, la retribuzione media lorda che, nel periodo gennaio-maggio registra pero' un aumento dello 0,5%. Il costo del lavoro si riduce dell'1,7% a livello tendenziale e dello 0,3% nel periodo gennaio- maggio. A registrare i piu' bassi tassi di calo occupazione e' il settore della produzione di energia elettrica, gas e acqua che registra un calo del -6,4. Unici settori in positivo nell'industria sono il tessile e abbigliamento che mette a segno un incremento dell'1,7%, e la lavorazione dei minerali non metalliferi che registra un +0,5%. Si attesta all'1,7% il calo di occupazione nelle attivita' manifatturiere mentre nell'industria della carta, stampa ed editoria si tocca -3,3% (ma ad aprile era stato -5,1% di aprile); nelle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco il -2,5% (rispetto a -3,3% ad aprile) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto si registra un -4,1% ( -3,7% ad aprile).In controtendenza, invece, e' il settore dei servizi nel quale si registra un andamento positivo in tutti i comparti, ad eccezione di quello dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni che, in ragione del suo consistente peso occupazionale, condiziona il risultato complessivo. Gli incrementi tendenziali piu' marcati si verificano nel comparto del commercio e riparazione di beni di consumo (+8,5% come ad aprile) e negli alberghi e ristoranti (+6,9% rispetto a 6,3% ad aprile). Il comparto trasporti, magazzinaggio e comunicazioni presenta una diminuzione tendenziale del 4,2% (rispetto a-4,3% del mese di aprile), dovuta all'uscita di personale con contratto a termine e alle ristrutturazioni in corso nel settore.

 
21 agosto '01

LICENZIAMENTI FACILI

Marzano ha provato ad elaborare una proposta che doveva far passare la libertà di licenziamento inizialmente "solo per i neo-assunti". Aveva anche avuto cura di precisare che la conseguente modifica dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori andava necessariamente "concordata con le parti sociali". Ha sollevato per ora l'ira di tutti i sindacati (post-fascisti compresi) e di dividere la sua maggioranza di governo. Ma analoga divisione si è verificata anche in campo avverso, nel sempre tentennante centro-sinistra. Quindi, c'è da stare allerta, circa i propositi "barricaderi" di alcuni sindacalisti...! Lanfranco Turci e Debenedetti, diessini, erano stati fulminei nell'apprezzare l'invito di Fazio. E lo stesso Marzano li aveva citati, insieme a diversi popolari, come possibili attori di una modifica bipartisan dello Statuto dei lavoratori. E' poi arrivata anche l'ex sottosegretario al Tesoro, la diessina Laura Pennacchi, a ribadire che "né dal punto di vista empirico, né tantomeno da quello teorico è dimostrato che una facilità di licenziare crei una maggiore occupazione".

FUJITSU RISTRUTTURA

La giapponese Fujitso, produttrice di chip e di computer, ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede il taglio di 16.400 posti di lavoro. Per il presidente della società, il taglio, pari al 10% della forza lavoro, è dovuto al forte calo della domanda nel settore dell'informatica. Con la ristrutturazione, l'azienda giapponese spera di ridurre i costi di 10 miliardi di yen all'anno e avere per il 2003/04 un utile operativo di 400 miliardi di Yen. La borsa di Tokyo ha ovviamente gradito il piano e il titolo ha guadagnato il 2,8%.

VOLKSWAGEN IN MESSICO

Più di 12.000 operai dello stabilimento della Volkswagen di Puebla, nel Messico centrale, sono entrati in sciopero sabato 18 agosto: chiedono un aumento del salario (272 pesos al giorno) del 21%. I dirigenti dello stabilimento messicano, l'unico al mondo a produrre i maggiolini, si sono rifiutati di aprire le trattative dopo che alcuni rappresentati sindacali aveva cercato di intervenire nella trattativa domenica, anche se il vice presidente della Volkswagen, Francisco Bada, ha negato che le trattative siano state interrotte per la presenza dei rappresentanti del sindacato nazionale. Jose Luis Rodriguez Salazar, segretario generale del sindacato della Volkswagen, ha dichiarato che la compagnia non ha fatto alcuna proposta accettabile e che il sindacato è disposto a negoziare solo se l'azienda proporrà un aumento minimo del 10%.

 

22 agosto '01

CONTRATTI D'AREA, FLESSIBILITA' FALLITA

Solo quattro anni fa doveva essere la formula magica per risollevare il destino economico delle aree più arretrate del Mezzogiorno. Ora a dire la parola definitiva sulla programmazione negoziata ci pensa il vice ministro dell'economia Gianfranco Miccichè: "La metà dei patti territoriali va revocata perché sono senza alcun presupposto imprenditoriale". Ma prima che ci pensasse la destra a scoprire che ogni posto di lavoro creato con questo strumento costa trecento milioni, anche il centrosinistra e la Cgil avevano cominciato ad accorgersi che la formula non dava gli effetti sperati. Tra il '97 e il '99 si faceva a gara per essere inseriti nella lista preparata dal governo. Analizzando il mix costituito da flessibilità spinta in entrata e in uscita, finanziamenti fino al 50% dell'investimento complessivo, deregulation urbanistica e velocizzazione delle procedure burocratiche, difficile immaginare che il contratto d'area non avrebbe funzionato. E, invece, si chiude con un fallimento la stagione aperta dal dibattito acceso nel '97 da Confindustria, intenzionata ad estendere il contratto d'area a tutto il Sud per far saltare il contratto nazionale di lavoro, applicando su vaste aree del paese le deroghe previste negli accordi tra le parti sociali. Un dibattito che ha costretto a lungo la Cgil in una posizione di difesa e ora è ritornato in auge sotto la richiesta del licenziamento senza giusta causa. Una seconda strada battuta aggirando la prima, che dimostra come nel Mezzogiorno la flessibilità sperimentata non abbia attivato investimenti e creato posti di lavoro. Nel torrese-stabiese, prima area di crisi italiana e tra le prime tre ad essere scelta dal governo Prodi per sperimentare il contratto d'area, la sirena della massima flessibilità non ha richiamato capitali nazionali o esteri. Non sono arrivati gli imprenditori laddove potevano pagare gli assunti il 30% in meno rispetto ai minimi previsti nel contratto nazionale di lavoro. Sottoscritto il contratto d'area il 7 marzo del '98, dopo tre anni sono solo quattro i progetti previsti nel torrese-stabiese per un investimento di 445 miliardi, dei quali 281 provengono dal Cipe e dall'Unione europea. Soldi che saranno in gran parte risparmiati, visto che delle quattro opere solo una è in via di realizzazione: un albergo a cinque stelle, sulla statale che porta alla penisola sorrentina, del gruppo veneziano dei Zacchello. L'albergo, risultato della ristrutturazione di un ex cementificio sul mare, è l'unico segno visibile che nell'area sia stato attivato un processo di sviluppo. Ma con un investimento di 54 miliardi e una ricaduta occupazionale calcolabile sulle 80 assunzioni non è un risultato che si possa definire apprezzabile.

REGOLE GENEROSE PER PADRONI LIBERISSIMI

Accanto alle agevolazioni e ai finanziamenti pubblici che incentivano investimenti privati, nelle zone dov'è sperimentato il Contratto d'area le parti sociali hanno firmato un accordo per ridurre il costo del lavoro. Sottoscritto tra sindacati e industriali a livello locale, l'accordo ha assunto contenuti specifici per ognuno dei contratti d'area partiti nel '98. Ma tutti seguono una traccia comune applicando la flessibilità in entrata e in uscita con il ricorso ai contratti di formazione e all'apprendistato in misura superiore a quanto previsto nella normale contrattazione. L'imprenditore che assume i giovani in un investimento finanziato con il contratto d'area può applicare:

- un inquadramento professionale per i contratti di formazione fino a due livelli al di sotto di quanto previsto nel contratto nazionale di lavoro, che dura per un altro anno dalla fine del periodo formativo se il contratto viene trasformato a tempo indeterminato;

- un apprendistato che duri quattro anni e ciò anche in deroga a quanto previsto dai contratti nazionali di categoria;

- un orario che può essere definito anche su base annua e plurisettimanale con massima flessibilità;

- una moratoria della contrattazione aziendale in materia di salario di 4 anni per la nuova azienda che si insedia nell'area.

 

23 agosto '01

LICENZIAMENTI

Il commissario europeo Mario Monti ha voluto dare il suo contributo alla campagna per il licenziamento libero in Italia. Senza scendere nei particolari delle provocazioni del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio e del ministro Antonio Marzano, Monti ha ammesso che l'Europa si aspetterebbe dal nostro paese ancora "più flessibilità nel mercato del lavoro".

Bordata di critiche invece contro Gino Giugni, uno degli artefici dello Statuto dei lavoratori e oggi uno dei più agguerriti sostenitori della necessità della sepoltura dell'articolo 18 che garantisce i lavoratori per quanto riguarda i licenziamenti individuali senza una giusta causa. Ma mentre si discetta a livello teorico, il governo mette nero su bianco un libro sul lavoro che conterrà tutte le "riforme": dai licenziamenti, alla sospensione dei contribuiti sanitari e pensionistici. Lo ha spiegato il vice del ministro Tremonti, Mario Baldassarri, che ha anche parlato della possibilità di ridurre notevolmente le tasse per le imprese che assumono giovani: meno tasse e niente contributi, dunque, per i primi due anni.

 

25 agosto '01

SUD: LAVORO ATIPICO

La Cgia di Mestre (l'associazione degli artigiani e piccole imprese) elaborando dati di fonte Inps e Istat relativi al 2000 ha scattato una nuova foto del mondo dei lavoratori subordinati che seguitano a aumentare in tutto le regioni, superando quota 2 milioni. La provincia che ne occupa in assoluto di più è la Lombardia: oltre 221 mila, l'11,65 del totale nazionale. Al secondo gradino la provincia di Roma (8,70%), terza Torino (4,05%). All'ultimo posto la provincia di Isernia che raggiunge una incidenza nazionale di appena lo 0,08%.
A Milano i lavoratori parasubordinati sono tanti non solo in cifra assoluta (e il dato sarebbe facilmente spiegabile con la popolazione) ma anche in rapporto al totale degli occupati: il 13,16% di tutti i lavoratori appartengono al popolo del 13%, rispetto a una media nazionale del 9%. Milano è seguita nella graduatoria dalle province di Trieste (13,45%), Firenze (13,2%) e Bologna (12,03%). Gli indici più bassi sono invece quelli rilevati a Vivo Valenzia (3,92%), Avellino (4,75%) e Reggio Calabria (4,86%).
La Cgia commenta i dati sostenendo che questo strumento di flessibilità appare decisamente più utilizzato "nelle aree del Nord e del Centro, dove esistono minori problemi di disoccupazione". La situazione, invece, si capovolge (in termini percentuali) per il lavoro parasubordinato delle donne: tra le prime 10 province nelle quali è maggiore l'incidenza, 9 sono al Sud. L'eccezione è Trieste al 5 posto. In testa a tutte Caltanisetta dove oltre un quinto delle donne al lavoro ha unicamente un contratto di lavoro subordinato. E, naturalmente, nessun diritto.

 

26 agosto '01

 

TOSHIBA: 20.000 LICENZIAMENTI

E' la volta di Toshiba: in un prossimo futuro verranno messi alla porta venti mila addetti dell'impresa che produce semiconduttori, componenti, computer, stampanti. I vari portavoce dell'impresa, come Hideyuki Miyazaki, si schermiscono, senza negare: non sappiamo, i numeri sono ancora incerti (anche se prevediamo alla fine dell'anno finanziario, nel marzo 2002, un risultato operativo di 10 miliardi di yen contro i 200 previsti nell'aprile scorso). Comunque sarà una riduzione di personale importante, riguarderà anche i quadri, in Giappone cercheremo soluzioni morbide con trasferimenti e prepensionamenti degli esuberi; invece all'estero,... all'estero li mandiamo via. E' fatta circolare anche l'informazione che i tagli in Giappone, due terzi del totale, si svilupperanno nei prossimi due anni. Quel che risulta con assoluta evidenza è che gli 8.500 tagli dell'anno scorso non sono bastati.

 

28 agosto '01

SCUOLA: STUDENTI E INSEGNANTI CONTRO MORATTI

Parità scolastica, riforma degli esami di maturità, unificazione delle graduatorie statali e parificate. A questo si aggiunge l'ultima chicca del ministero della pubblica istruzione: tempi rigidi per il decreto sulle immissioni in ruolo. Termine ultimo, 31 agosto: 30.400 cattedre cui vanno sommate le 15.000 ereditate dallo scorso anno (e dal precedente governo). Migliaia di nuovi posti di lavoro, esulta e manda a dire il centrodestra, tacendo che quel numero - nella scuola - rappresenta ogni anno il normale turn over.
Scoppia per primo il provveditorato di Napoli - costretto domenica a rimanere aperto - ma anche a Roma si temono esplosioni. Sul piede di guerra contro Letizia Moratti scendono in campo - dopo gli studenti, i precari e i sindacati (tutti, esclusa una più morbida Cisl che, comunque, ribadisce il suo altolà ai buoni-scuola pur mostrandosi conciliante verso forme di accreditamento tra pubblico e privato) - anche gli impiegati e i dirigenti degli uffici "periferici". Costretti non solo a inaspettati straordinari ma anche a "navigare a vista": esposti, in altri termini, al pagamento di danni patrimoniali in caso di ricorso.
"La reale verifica - spiega Francesco Amodio, responsabile scuola per i Cobas in Campania - viene dunque effettuata solo all'atto di presentazione in servizio. In caso di errore di nomina, la causa è vinta dal ricorrente". Anche a costo di errori e forzature, dunque, il provveditorato di Napoli - 1.688 cattedre da assegnare - intende restare nei tempi. "L'insieme di norme già introdotte da Berlinguer - insiste Amodio - e poi rafforzate da una quantità di modifiche normative da parte di Moratti, ha reso utopico il rispetto dei tempi e delle norme medesime. Non è un caso che, a Napoli, persino il dirigente incaricato avesse sperato in un rinvio di ameno dieci giorni". Dopo la Nato, allora, la prima scadenza del movimento - dichiara Amodio - sarà quella "di contrastare Letizia Moratti, portavoce del governo globale".
Nel mirino comunque - oltre alla privatizzazione dell'istruzione e alla riduzione del sapere a merce - la visione classista della scuola espressa dal centrodestra. Insostenibile, per Panini della CGIL, risulta soprattutto la separazione tra scuola di avviamento professionale e scuola di "modello liceale" insita nell'introduzione - a partire dalla scuola dell'obbligo riportata a 14 anni - di "un percorso duale".

FIAT: SI TORNA AL LAVORO E ALLA LOTTA

Le fabbriche maggiori hanno riaperto solo ieri mattina, ma già oggi si terrà un'assemblea straordinaria davanti alla porta 15 di corso Settembrini, a Mirafiori. Lo promuove la V Lega della Fiom-Cgil a sostegno della vertenza dei lavoratori della Comau, colpiti dai 135 licenziamenti decisi dalla Fiat, cui si è aggiunto l'annuncio di altri 315 "esuberi" tra i manutentori di Mirafiori e Rivalta. Il 7 agosto, infatti, la Comau procedeva al licenziamento unilaterale di 135 addetti al reparto Stampi. Un decisione neppure discussa con il sindacato, che intendeva arrivare a un accordo che consentisse la tutela di questi lavoratori. Non solo. Ha contemporaneamente aperto le procedure di mobilità per altri 315 operai qualificati nel comprensorio di Rivalta e Mirafiori (250 alla Comau Service e 65 agli Stampi).
E' non è davvero l'unica preoccupazione che i dipendenti Fiat debbono affrontare in questa ripresa del lavoro. 5.400 addetti delle carrozzerie sono in cassa integrazione per tutta questa settimana; altri 4.700 vi andranno dal 3 al 7 settembre, 700 dal 10 al 14 e 7.200 dal 24 al 28. Per un totale, a fine mese, di 18mila vetture in meno, a causa della contrazione della domanda. E la Fiom, intanto, riprende la raccolta delle firme contro il "contratto" firmato con un accordo separato da FimCisl e Uilm. Sono già 33.000 i lavoratori del gruppo che hanno sottoscritto la richiesta di un referendum di verifica della validità di questo "accordo".
Ma è chiaro che la brusca accelerazione al conflitto data dalla Fiat corrisponde a precise scelte, sia di politica industriale che di politica in senso stretto. "E' da quando la Fiat ha siglato la joint venture con General Motors che non si riesce più a fare un accordo vero", dice il segretario della Fiom Piemonte, Giorgio Cremaschi. Le "sinergie" rese possibili dalla semi-fusione tra i due gruppi automobilistici consentirebbero alla Fiat di giocare molto più spregiudicatamente sulla possibile distribuzione delle lavorazioni, anche prescindendo - perciò - da accordi con il sindacato all'interno degli stabilimenti.
Ma c'è anche un dato politico: l'obiettivo della Confindustria di arrivare all'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (che vieta alle aziende di procedere a licenziamenti "senza giusta causa", demandando al pretore del lavoro la possibilità di reintegrare il lavoratore al suo posto) ha ricevuto nei giorni scorsi la benedizione ufficiale da parte di casa Agnelli. L'uscita di Umberto, che non è davvero passata inosservata, ha per Cremaschi confermato - oltretutto - "che la Fiat ha intenzione di licenziare; e che tutte le piccole schermaglie su Comau ecc. non sono state altro che la preparazione di questo attacco".

 

29 agosto '01

COMAU APRE L'AUTUNNO

Se c'era qualche timore - alla ripresa del lavoro può accadere che la "tensione" dei lavoratori sia minore che al momento dell'andata in ferie - questo è stato fugato subito. La prima assemblea-comizio della Fiom è andata molto bene. Davanti ai cancelli della porta 15 di Mirafiori, tra le 13 e le 15 di ieri, c'è stata la verifica che la rassegnazione - tra i dipendenti della Comau - non ha fatto strada.
Interventi rapidi, come si conviene a un'"incursione" a cavallo del cambio turno, tra operai che escono e altri che entrano. La Fiat vuole imporre una logica che ripercorre pedissequamente il "copione Zanussi": per rendersi disponibile a discutere sulle forme di tutela per i 135 esuberi già dichiarati, la Fiat vorrebbe che i sindacati accettassero preliminarmente l'avvio delle procedure di licenziamento per altri 315 lavoratori. La nuova ondata di espulsioni dal lavoro investirebbe 250 manutentori della Comau Service e altri 65 operai qualificati degli Stampi.
L'insieme delle mosse sembra confermare l'impressione da tempo circolante, e che cioè la Comau stia forzando i tempi del trasferimento delle lavorazioni da Rivalta a Mirafiori. A questo punto la Fiom "propone a tutti i consigli di fabbrica Comau e a Fim, Uilm e Fismic di indire fermate e assemblee per la prossima settimana". Nel caso, però, la discussione tra i sindacati non dovesse portare a una decisione positiva, "la Fiom andrà avanti anche da sola".

 

30 agosto '01

EMERSIONE DEL SOMMERSO: LA MANNA PER I PADRONI

Sulla legge per l'emersione del sommerso gli emendamenti che accolgono alcune delle proposte di modifica suggerite dalla Cgil, non modificano due aspetti sostanziali: non c'è alcun riferimento agli accordi sindacali per tutelare i lavoratori che emergono, ma soprattutto non c'è alcun bilanciamento tra i benefici accordati agli imprenditori e i benefici "di modesta entità accordati ai lavoratori". Ma quanto risparmieranno, sulla base del progetto di legge, i datori di lavoro per emergere? Un calcolo è stato effettuato dalla Cgia di Meste. L'associazione degli artigiani e delle piccole imprese ha ipotizzato il caso di un artigiano con un dipendente in nero che regolarizza il triennio 1998-2000. Considerando anche le agevolazioni fiscali e contributive per il successivo triennio (2001-2003) rispetto a un "concorrente" che ha sempre rispettato la legge, il neo emerso avrà un beneficio economico di oltre 90 milioni. Certo, spiega la Cgia, dovrà pagare (a rate) 27 milioni per mettersi in regola, ma l'affare rimane.

BERTONE TERZIARIZZA 10 OPERAIE

10 lavoratrici passate alla Tnt. L'ultimo giorno di lavoro prima delle ferie - il 28 luglio - l'azienda convoca i delegati presenti nel secondo turno per comunicare la decisione di cedere un "ramo d'azienda": il magazzino delle C1 (lo scooter tutto coperto targato Bmw, ma costruito alla Bertone di Grugliasco). Dal 1 settembre 10 ragazze (con contratto part time a tempo indeterminato) passeranno alle dipendenze della grande azienda che sta cannibalizzando tutta la logistica metalmeccanica. All'incontro di tre giorni dopo la Fiom chiede di fermare la procedura di esternalizzazione, visto che la fabbrica è chiusa e non si può trattare per conto di persone che si ritroveranno i "giochi chiusi" al rientro delle ferie. La Bertone ha così deciso di procedere unilateralmente.
Bertone è un carrozziere che lavora molto per la Opel, ossia per General Motors, su modelli non di serie, dove la "qualità" del prodotto fa premio sulla quantità e l'ossessiva ricerca della riduzione dei costi. Il peggioramento del clima viene posto in relazione all'aumento di "uomini Fiat" in azienda. L'esternalizzazione, del resto, era una pratica estranea alla Bertone, che aveva fin qui preferito tener dentro tutte le professionalità e le fasi della produzione per garantirsi un prodotto all'altezza della sua fama.
Questo sembra solo un assaggio che prelude alla cessione di tutti i magazzini e dei carrellisti. Inoltre 10 lavoratrici di un magazzino non costituiscono un "ramo d'azienda" (neanche dal punto di vista della legge in vigore, visto che manca il presupposto dell'autonomia produttiva).
Due sono i punti problematici di questa modifica di "strategia" industriale. Il primo è relativo al 2003, anno in cui andrà "a rifilo" l'accordo tra Fiat La TNT che ha rilevato la logistica e buona parte del personale relativo alla Fiat, alla Lancia e in decine di altre aziende metalmeccaniche piemontesi ha ormai 3.500 dipendenti in Piemonte. Ma il sindacato la incontra sempre "a valle" delle esternalizzazioni; e si ha quindi la "strana" realtà di un'azienda che si espande saltando a pie' pari il confronto sindacale su piano industriale, politiche occupazionali, contratti, ecc.
E sono già stati registrati casi come alla Lear (sedili per auto), dove la Tnt ha subappaltato la lavorazione a una sua controllata, che l'ha a sua volta subappaltata a una cooperativa dove il lavoro è retribuito 7.400 lire l'ora (circa à della paga contrattuale dei metalmeccanici).

FIAT CASSINO IN SCIOPERO

A Cassino la catena della Stylo - il nuovo modello su cui la Fiat punta molto per rilanciare il suo marchio in Europa - aveva appena preso a funzionare che subito è partito uno sciopero. Mezz'ora a fine turno, dalle 17 alle 17,30 di ieri, contro i ritmi insostenibili.
La causa è il nuovo metodo di lavoro e di rilevazione dei tempi (il Tmc2) fortemente voluto dall'azienda e accettato - con un accordo separato che ha segnato l'inizio della rottura tra i sindacati metalmeccanici - da Fim, Uilm e Fismic. Contestata allora radicalmente dagli operai con ben 45 giorni di scioperi, la nuova "metrica" ha immediatamente dimostrato di essere anche peggiore di quanto temuto.
Il Tmc2 nasce dallo studio dei movimenti fondamentali del lavoro e del tempo "necessario" a eseguirli. Il metro di misura non è però un operaio in carne e ossa, ma una ricostruzione al computer. Le operazioni fondamentali, magicamente, diminuiscono; e l'operaio reale si ritrova perciò obbligato a seguire una tempistica "virtuale", decisamente irrealistica e faticosa. Il sistema precedente, che è ancora lo standard internazionale riconosciuto, si basava invece sulle operazioni concrete.
Alla fermata sulla linea 11 ha preso parte il 95% degli operai in quel momento al lavoro. Ma il problema della nuova "metrica" supera ormai ampiamente i confini di Cassino.

SUDAFRICA: MILIONI IN SCIOPERO CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

Secondo il Cosatu, il sindacato che ha organizzato lo sciopero, Pretoria e Durban erano deserte, perché il 65% dei lavoratori non si è presentato negli uffici e nelle scuole, mentre oltre 15 mila persone sfilavano a Johannesburg, con striscioni e bandiere. Il Cosatu, sostenuto dal partito comunista (Sacp), si oppone alle privatizzazioni perché porterebbero molti licenziamenti. Già 200 mila posti di lavoro, secondo il Cosatu, sarebbero stati tagliati nel settore pubblico dal 1994, anno dell'avvento della democrazia. Il governo intende privatizzare la compagnia telefonica Telkom, cedendo il 20% ai privati, oltre alle aziende nazionali dell'energia e dei trasporti. Il tutto dovrebbe fruttare 2,15 miliardi di dollari.
Lo sciopero mette in crisi l'alleanza al governo dell'African national congress, di cui fanno parte il Cosatu e il Sacp. Il presidente Thabo Mbeki (ANC) ha accusato il Cosatu di aver "tradito" i propri iscritti, aggiungendo che proprio l'economia competitiva scelta dal governo porterà più posti di lavoro, anziché diminuirli. I sindacati dal canto loro, vogliono che servizi come l'acqua, l'elettricità, l'assistenza, l'educazione, i trasporti, la sanità restino "nelle mani della popolazione" e affermano che la privatizzazione "migliorerà i servizi per i ricchi e per gli imprenditori, ma significherà costi più alti e accesso limitato per i lavoratori".
Lo sciopero di ieri, che continua anche oggi, si aggiunge a quello di 6 mila lavoratori metalmeccanici in sciopero per un aumento dei propri salari.

 

31 agosto '01

ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO

Finito il periodo "di franchigia" estivo in cui, nel settore dei trasporti, non si può scioperare sono state annunciate le agitazioni che prima dell'estate erano state spesso rinviate dagli stessi sindacati o vietate per qualche motivo dalla Commissione di garanzia. E subito dal governo è uscita l'indicazione: "cambieremo la legge che regola il diritto di sciopero" nei servizi pubblici, perché la legge del 2000 "non sembra aver dato i risultati auspicati".
A guardar meglio, però, ci si accorge che l'intenzione del centro-destra era già contenuta nel documenti di analisi preparato dal ministero dell'economia (dallo staff di Tremonti, perciò) per accompagnare il Dpef. Prima e indipendentemente, quindi, dalle dichiarazioni di sciopero rilasciate dai sindacati. Un attacco a freddo, premeditato, a un diritto costituzionale - già pesantemente rinsecchito dalla normativa approvata dal centrosinistra - che ha trovato conferma in un'intervista al sottosegretario al Lavoro, Sacconi. Il quale arriva a ipotizzare l'obbligatorietà di un referendum tra i lavoratori prima di effettuare uno sciopero e addirittura "il coinvolgimento delle associazioni degli utenti".
Le reazioni sindacali presentano parecchi distinguo. Guido Abbadessa, segretario del settore trasporti della Cgil, nega infatti la necessità di metter mano a una nuova legge, ma chiede di accelerare quella sulla "rappresentatività" dei vari sindacati, in modo da eliminare la possibilità di proclamare scioperi per le sigle che non raggiungano una certa soglia di iscritti. Tutti i sindacati di base, ma anche parte della stessa Cgil, hanno però da tempo bocciato questa ipotesi individuandovi pesanti dubbi di costituzionalità: il diritto di sciopero è infatti individuale, non di organizzazione.

ST MICROELECTRONICS: 2600 IN CASSA INTEGRAZIONE

La crisi della new economy, partita dal Nord America e passata per il Giappone, è arrivata in quella che sembrava un'isola felice e per il momento intatta, la StMicroelectronics di Catania. Ma il mercato dell'elettronica è globale e anche l'azienda di Pasquale Pistorio, famosa perché negli ultimi anni ha portato centinaia di posti di lavoro in una terra di disoccupazione, risente della crisi delle commesse: 2600 dipendenti verranno messi in cassa integrazione dal prossimo autunno.
Non tutti in Sicilia: anzi, la maggior parte di cig toccheranno ai dipendenti della sede di Agrate (Milano): 2 mila su un totale di 3.500 dipendenti, per 6 settimane. I catanesi colpiti saranno meno, ovvero circa 600 su un totale di 3.800, ma per un periodo lungo più del doppio: 13 settimane. Il provvedimento non è stato ancora ufficializzato: il piano verrà discusso nei prossimi incontri con i sindacati dell'11 e 13 settembre.