Notizie dalla lotta di classe |
Dicembre 2001 |
Unire quello che il capitalismo divide. |
A dieci giorni dallo sciopero generale contro la modifica dell'articolo 18,
previsto per il 10 dicembre, il governo non vuole grane. Bisogna spegnere sul
nascere tutti i focolai di protesta che vengono dal mondo del lavoro, e quindi
la "soppressione" politica della manifestazione nazionale del
trasporto aereo già in programma per la giornata di dopodomani, 3 dicembre,
diventa, per così dire, d'obbligo: il ministro delle infrastrutture Pietro
Lunardi ha ordinato ieri la riduzione da 8 a 4 ore dello sciopero del settore.
Questa decisione arriva in un momento in cui il settore aereo attraversa una
crisi senza precedenti, con una serie di licenziamenti a catena che sembrano non
avere fine. Le gravi condizioni dell'Alitalia, che annuncia oltre 4500 esuberi,
è soltanto la spia più appariscente. Ci sono anche le altre compagnie di volo,
italiane e straniere, e tutto l'indotto, dal catering alle merci, alle imprese
di pulizia e di altri servizi: in tutto 100 mila lavoratori, completamente
scoperti perché sprovvisti di ammortizzatori sociali.
E proprio in questo contesto, per lunedì prossimo i 9 sindacati del trasporto
aereo (Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt Uil, Anpac, Up, Anpav, Atv, Sulta Cub e Uglt)
avevano organizzato una grande manifestazione nazionale a Roma, per chiedere al
governo dei sostegni al reddito dei lavoratori. Inizialmente, era stato previsto
uno sciopero di 24 ore. La commissione di garanzia, però, aveva invitato a una
riduzione. Il sindacato ha accettato: per non danneggiare troppo gli utenti, si
era passati da 24 a 8 ore. Ancora una volta, la commissione aveva chiesto una
riduzione, che però i sindacati non hanno accettato, avendo garantito i voli
della mattina e della sera (lo sciopero era previsto dalle 10 alle 18). A questo
punto interviene il governo, che "brucia" di fatto la manifestazione
nazionale, anche se non può annullare del tutto lo sciopero: soltanto 4 ore di
sciopero, dalle 12 alle 16. E' chiaro che nessun lavoratore avrà il tempo di
raggiungere Roma da Milano, Firenze, o Napoli. Così, soltanto manifestazioni
locali.
Le proteste, comunque, non si fermano. Ieri, come racconta Angelo De Marco, del
Sulta, "i dipendenti Alitalia di Roma hanno fatto un corteo di oltre 200
macchine che ha viaggiato a due chilometri all'ora dagli hangar di Fiumicino
alla Magliana, sede dell'Alitalia". Per quanto riguarda lunedì prossimo, i
sindacati hanno deciso di non forzare l'ordinanza del ministro, "per
evitare ai lavoratori le sanzioni previste nel caso di mancato rispetto:
provvedimenti disciplinari fino a dieci giorni di sospensione, sanzione
pecuniaria fino a 1 milione", ma non hanno ancora fissato un calendario
delle prossime proteste.
Ciro Aleandro pulisce treni da 25 anni. Ieri per la prima volta li ha
fermati. "Abbiamo ricevuto il preavviso di licenziamento, siamo esasperati.
L'unico modo per far vedere che esistiamo è bloccare i binari". Alla
Centrale di Milano la protesta dei lavoratori degli appalti Fs, durata tre
d'ore, ha bloccato una cinquantina di convogli in arrivo e in partenza.
"Eravamo tantissimi all'assemblea nel sottopassaggio", racconta Mario
Posadino, "la gente si è messa a gridare blocchiamo i treni, andiamo sui
binari e ha scavalcato tutti quanti". Altri blocchi ci sono stati a Termini
e a Napoli Centrale. Lunedì i 13 mila degli appalti delle pulizie Fs
sciopereranno per l'intera giornata.
Ad esasperare i lavoratori è la gara al massimo ribasso bandita dalle Ferrovie.
Le buste delle offerte sono già state aperte e l'Agens le sta valutando.
Chiunque vinca la gara, i lavoratori perderanno di certo, come conseguenza di
appalti ribassati dal 30 al 50 per cento. Ora si comincia a parlare di
ammortizzatori sociali.
L'anno scorso i 13 mila addetti delle "attività di supporto" delle
ferrovie avevano finalmente conquistato un contratto nazionale. Applicato,
però, solo per il trattamento economico. Le controparti, infatti, non avevano
firmato la parte normativa che prevedeva la clausola sociale di garanzia. Che
significa soprattutto il mantenimento del posto di lavoro ai cambi di appalto.
E' questo il varco per i licenziamenti di massa. Ad aggiudicarsi le gare,
prevede Scarpino, saranno le cooperative. Solo loro possono far lavorare i
cosiddetti soci per 12 ore senza pagare gli straordinari, solo loro possono
sostenere appalti così al ribasso.
Le Ferrovie hanno, inoltre, studiato un altro modo per tagliare costi e
personale. Hanno tolto dalla gara d'appalto un 20% del servizio. Le hanno
chiamate "lavorazioni straordinarie" e le hanno messe nel limbo. In
attesa di che cosa? "Di affidare al ferroviere o all'amico del ferroviere
la pulizia delle stazioncine", spiega il sindalista della Filt, "una
cosa tutta in famiglia e possibilmente in nero". Tutto questo significa
frammentazione, deregulation, condizioni di lavoro peggiori per i fortunati che
resteranno in servizio. Significa disperazione per chi il lavoro lo perderà.
Gente che guadagna un milione e mezzo al mezzo al mese e deve mantenere la
famiglia. Per questo, lunedì prossimo al presidio in Centrale ci saranno anche
mogli, figli, nipoti dei lavoratori degli appalti.
Gli operai hanno imparato ad autogestire il lavoro e il salario. Sembrerebbe
un'innovazione importante, invece è il risultato di una situazione disperata e
disastrosa. Da settembre all'Ipea, un'azienda di Caselette (Torino), produttrice
di componenti per i sistemi di scarico delle auto e dei camion, è in atto una
crisi strutturale che potrebbe portare al fallimento e al licenziamento di tutta
la forza lavoro. I circa novanta dipendenti della fabbrica sono corsi ai ripari,
cercando di "salvare il salvabile" con un'intelligente "organizzazzione
operaia". Un delegato, ha aperto un conto corrente, con la fiducia di tutti
i lavoratori, per pagare lo stipendio di trenta operai e la cassa integrazione
dei restanti sessanta. I dipendenti hanno iniziato da agosto ad autogestire
"quel poco di lavoro che c'è": i clienti dell'Ipea, pagano
direttamente a loro la consegna delle produzioni finite, senza passare per l'amministrazione,
evitando così che i soldi finiscano nel debito della società; sono usati
invece per gli stipendi.
La comunità è comunque chiaramente in pericolo: l'autogestione provvisoria
riesce a stento a garantire il salario dei dipendenti e di certo non può farsi
carico dell'indebitamento della fabbrica. Il 15 dicembre il tribunale di Torino
aprirà l'udienza fallimentare, e se non sarà saldato il debito di 280 milioni
ad uno dei creditori, lo stabilimento verrà chiuso, mandando in mezzo ad una
strada definitivamente tutti gli operai.
L'Ipea fa parte dell'indotto più povero della componentistica delle auto
(questo significa che fornisce alle aziende automobilistiche le componenti più
economiche, come i tubi delle marmitte) e al pari delle altre aziende del
settore si trova nel pieno di una crisi legata all'intera fornitura e
soprattutto alla Fiat.
Davanti ai cancelli dello stabilimento di Caselette, ieri c'è stato uno
sciopero con presidio per chiedere ai proprietari e all'amministrazione risposte
concrete sul futuro dell'azienda e dei lavoratori. Alla protesta hanno
partecipato in solidarietà con il destino dei novanta operai, i rappresentanti
sindacali delle aziende della zona Ovest. Un consulente dell'Ipea è intervenuto
all'assemblea, ma non è riuscito a dare soluzioni definitive. Cresce la rabbia
degli operai che non sono disposti ad accettare passivamente la chiusura della
loro fabbrica: sono state promosse nuove iniziative di lotta per i prossimi
giorni.
Ancora un infortunio sul lavoro all'Ilva di Taranto, il terzo nel giro degli ultimi dieci giorni. Uno dei tre incidenti è stato mortale. Ieri invece un operaio di 34 anni, Emidio Deandri, assunto da alcuni mesi con contratto a termine tra gli esuberi della ex Nuova Sifi, ha avuto un piede tranciato di netto da una macchina mentre lavorava nel laminatoio a freddo.
Vivevano in 25 e lavoravano in 70 metri quadrati, con un unico bagno e turni di produzione di 12 ore. Si tratta di 25 cinesi, per la maggior parte clandestini, che sono stati scoperti dai carabinieri nel sminterrato di una villetta al centro di Nereto in provincia di Teramo. I 25 lavoratori producevano capi di abbigliamento anche per famose marche internazionali. Il laboratorio, denominato "Ancana", era gestito da un loro connazionale di 27 anni, in Italia con regolare permesso di soggiorno. I carabinieri lo hanno però arrestato con l'accusa di impiego di manodopera clandestina e favoreggiamento alla permanenza di clandestini sul territorio nazionale.
I problemi che hanno portato alla strage di Roma sono stati senz'altro
accentuati dalla liberalizzazione del mercato del gas, che induce le aziende a
risparmiare sulla sicurezza. I lavori di manutenzione procedono a rilento, con
l'abbandono dell'originario piano che prevedeva la sostituzione delle vecchie
tubature in ghisa e dei rivestimenti. "Su 4.800 chilometri di tubazioni,
1.200 sono nuovi - spiega l'assessore ai lavori pubblici del comune di Roma,
Giancarlo D'Alessandro - Per gli altri c'è una convenzione con l'azienda che,
dal '91, prevede la sostituzione di 100 chilometri ogni tre anni. Gli uffici
attestano che l'Italgas lo ha rispettato, sostituendo in nove anni 300
chilometri di condotte".
Ma i problemi non sono tutti qui. L'Italgas, infatti, ricorre a una catena di
subappalti anche perhé gli organici sono ridotti all'osso. E tuttavia, su 1500
esuberi previsti in tutta Italia, ne dichiata 300 (su 1500 addetti) a Roma, dove
potrebbero andare a casa anche decine di addetti alle reti: la qualità e
sicurezza non ci guadagneranno. La Cgil-Flne (energia) si è mostrata sorpresa e
colta impreparata dagli eventi: dopo aver sostenuto la liberalizzazione si
accorge solo ora che essa equivale a perdita di posti di lavoro e di sicurezza,
scoprendo "l'ostinata ricerca del profitto da parte di un'azienda che
sembra pensare più alla borsa - dove il titolo va benissimo, forse perché si
cercano acquirenti privati - che non alla qualità dei servizi". Nel caso
di via Ventotene, il tecnico Italgas avrebbe erroneamente attribuito l'odore di
gas a un'automobile a gpl parcheggiata, a causa di una ennesima riduzione dei
costi: all'insaputa di molti tecnici, l'azienda per risparmiare ha sostituito il
vecchio odorizzante con un nuovo additivo che rende l'odore del metano molto
simile a quello del propano liquefatto, il gpl delle automobili.
Si farà ad Imperia, giovedì prossimo, quello sciopero generale di tutti i lavoratori che Cgil Cisl e Uil non hanno avuto il coraggio di proclamare a livello nazionale. Scopo dell’agitazione, decisa dalle segreterie unitarie di Cgil Cisl e Uil nell’ambito della mobilitazione nazionale: costringere il governo ha ritirare i progetti di riforma sull’articolo 18 e sull’arbitrato.
Il 1° dicembre i dipendenti della Ligabue, con la lettera di licenziamento
in tasca, hanno bloccato i camion all'uscita del catering Lsg. Quest'ultima
società, legata alla Lufthansa, avrebbe fornito i pasti agli aerei della Cathay
Pacific, dopo la chiusura della Ligabue. Gli stessi lavoratori si sono
preoccupati di precisare che non considerano questo subentro come un'azione di
"sciacallaggio" imprenditoriale; "ma non potevamo consentire che
si lavori al posto nostro". La chiusura del catering ovest - fino a 4 anni
fa "il quinto catering del mondo, in grado di fornire 26.000 pasti al
giorno sui voli da Fiumicino", segna il primo e più visibile disastro
della privatizzazione del settore. I dipendenti parlano di una pura azione
finanziaria, senza alcuna pretesa di "progetto industriale", che ha
mandato a picco un'azienda sana. L'intento era evidentemente quello di abbassare
drasticamente il costo del lavoro (cosa già avvenuta nei nuovi catering sorti
dopo la "liberalizzazione" e che hanno tentato di prendere, senza
incontrare resistenza, il posto di quelli "privatizzati").
Ora i licenziamenti. In teoria la "clausola sociale" prevede che
questi ultimi 300 dipendenti della Ligabue vengano assunti dai catering che
acquisiscono i contratti della società che chiude. Ma il silenzio totale del
governo su tutta la vicenda del trasporto aereo - fino al rifiuto di dichiarare
lo "stato di crisi" e quindi rendere possibile la cassa integrazione -
sta esasperando anche alcuni ruoli direttivi. In contemporanea con lo sciopero
generale del trasporto aereo una delegazione dei lavoratori della Ligabue
parteciperà alla manifestazione a Roma; il grosso, invece, resterà a
presidiare lo stabilimento all'interno dell'aeroporto.
La protesta di tutti, insomma, comincia a rivolgersi ormai contro il governo,
che non ha ancora mosso un passo per fronteggiare una crisi che coinvolge quasi
100.000 lavoratori (Bush, al riguardo, sembra quasi un interventista keynesiano!).
Ancora una volta molte stazioni italiane sono state bloccate dagli operai
delle pulizie, in lotta da tre mesi per conservare il proprio posto di lavoro. A
Roma, i manifestanti hanno occupato per qualche ora alcuni binari di Termini.
Dopo un'assemblea, si sono uniti al corteo degli addetti al trasporto aereo, che
si svolgeva nelle stesse ore nella capitale. A Napoli, una cinquantina di operai
ha bloccato i binari della stazione centrale, provocando parecchi ritardi.
Proteste anche a Cagliari, e a Milano, dove un centinaio di lavoratori ha
impedito la partenza di un Eurostar, dopo aver manifestato con fischietti,
megafoni e striscioni per chiedere "la salvaguardia dei livelli
occupazionali e il rispetto del contratto di lavoro del settore". A
Venezia, oltre 80 lavoratori hanno bloccato per un'ora tutte le partenze e gli
arrivi.
Le proteste dei lavoratori sono partite nel settembre scorso, quando le Fs hanno
pubblicato i nuovi bandi di gara per assegnare le pulizie di treni e stazioni in
appalto. Essendo in scadenza i vecchi appalti, le imprese attualmente titolari
dei servizi hanno inviato, come accade di solito in questi casi, le lettere di
licenziamento agli 11 mila dipendenti. Il problema è che molti di loro,
addirittura 4 mila, rischiano di non essere ripresi a lavorare perché le
Ferrovie hanno ridotto il budget destinato alle pulizie per i prossimi anni e
non hanno inserito nei bandi le cosiddette 'clausole sociali', che imporrebbero
alle aziende aggiudicatrici di mantenere gli attuali livelli occupazionali,
oltre all'applicazione del contratto di settore, siglato nell'aprile scorso con
la Fise-Confindustria.
Quattro ore di sciopero sono state indette dai sindacati dell'energia (nel
settore gas e acqua) per il 14 dicembre in risposta alla decisione del governo
di non ritirare la richiesta di delega sull'art. 18 dello statuto dei lavoratori
e per sollecitare la definizione del contratto di settore.
Lunedì 10, contro il governo che vuole modificare d'autorità la normativa sui
licenziamenti, si fermano per due ore i lavoratori del settore elettrico.
Giornata di sciopero nazionale, il 14 dicembre, per i dipendenti del settore
pubblico. Si fermeranno ministeri, enti pubblici non economici, regioni e
sanità. Anche qui si va contro le scelte del governo sull'art.18.
Anche la Federazione nazionale della stampa ha deciso di aderire alle due di
sciopero proclamate da Cgil, Cisl e Uil contro le modifiche alla normativa sui
licenziamenti, utilizzando le fermate per assemblee di redazione o con tutti i
lavoratori del settore. In alternativa l'equivalente delle due ore potrà essere
devoluto al fondo di solidarietà della Fnsi con i giornalisti licenziati.
I call center funzionano 24 ore su 24 per 365 giorni l'anno. Proprio per
questo tutto ciò che ha che fare con l'orario (turni, riposi, ferie) incide
parecchio nelle condizioni di lavoro dei forzati delle cuffie. Per ottenere
turni meno ballerini e ferie meno aleatorie IL 3/12 hanno scioperato i 700
lavoratori del call center Omnitel-Vodafone di Milano. Due ore per turno, con
un'adesione - secondo le Rsu - superiore al 60%. Sciopero con picchetto dolce,
all'ingresso è stata offerta una colazione equa e solidale con caffè, tè,
biscotti e cioccolato.
"Abbiamo scioperato perché l'azienda non ci ascolta e le relazioni
sindacali, nonostante il tanto reclamizzato metodo partecipativo, sono
pessime", dice Francesco Sole, da qualche mese delegato della Fiom. Lo
sciopero ha riguardato una "situazione locale", aggiunge il delegato,
ma il clima non è bello su scala nazionale (i call center sono 8 e in essi si
concentra metà degli 8 mila addetti Omnitel). Il tema più sentito è la
"giungla dei turni": nell'arco di una settimana si è costretti a fare
due o tre turni diversi. Quasi impossibile ottenere due giorni di riposo
consecutivi. Difficile la rotazione di ferie e festività. L'azienda, inoltre,
lesina sulla concessione dei permessi retribuiti. L'azienda non regolarizza le
cose per restare lei padrona del tempo, per far sembrare un favore quello che
invece è un diritto. Così premia chi fa sempre gli straordinari, chi non si
lamenta mai, chi abbassa la testa. E tiene al guinzaglio i lavoratori interinali
e quelli assunti a tempo determinato. Per far fronte al picco di chiamate
natalizie al 190 Omnitel ha deciso di ricorrere a un servizio in outsourcing. Lo
sciopero di ieri era anche contro questa decisione, probabile primo passo verso
esternalizzazioni sempre più massicce.
Le chiamate al call center di Milano sono state quasi tutte dirottate
automaticamente su quello di Ivrea. Nell'industria fordista lo sciopero
articolato mordeva parecchio. Nei call center, invece, uno sciopero è efficace
solo se è generale, se coinvolge tutta la rete. I lavoratori lo sanno
"però non si può rinunciare a scioperare nelle singole sedi". Ogni
call center ha le sue "peculiarità"; in quello di Milano, ad esempio,
il turn over è molto più alto che negli altri della rete Omnitel.
Aveva 78 anni e da quasi venti prestava regolarmente servizio come guardia giurata in una fabbrica vicino Parma. Questo l'identikit dell'uomo morto nella notte tra domenica e lunedì, per un malore, durante un normale turno di notte. Un'anticipazione della riforma sulle pensione tanto propagandata dal ministro per il welfare Roberto Maroni. Un episodio che lascia allibiti e attoniti.
Potrebbe chiudere l'ex Magneti Marelli retrovisori di Venaria, diventata
Ficomirrors, dopo l'acquisizione del gruppo spagnolo Ficosa. 211 lavoratori su
286 potrebbero ritrovarsi in mezzo ad una strada dai primi di gennaio.
Continuano le iniziative di lotta per scongiurare il peggio. Questa mattina
davanti i cancelli della fabbrica, durante 2 ore di sciopero, i lavoratori
incontreranno Eusebio Del Jesus, responsabile di Ficosa per la Comisiones
Obreras (CC.OO.), principale organizzazione sindacale spagnola. Un incontro che
arriva in un momento quanto mai delicato per trovare soluzioni sui futuri
assetti industriali del gruppo: altre fabbriche sono state chiuse in Germania e
in Spagna.
Continuano e si intensificano gli scioperi dei dipendenti banckitalia per il rinnovo dei contratti. Alle 4 ore di sciopero previste per il 7 dicembre si aggiungono 2 ore sia il 21 che il 24 dicembre. I lavoratori inoltre incroceranno le braccia durante tutta la giornata del 2 gennaio, giorno del primo grande impatto della moneta unica europea. "I lavoratori di Bankitalia - dice Leone della Falbi - sono anche fortemente preoccupati dall'agire di un governatore che lede l'autonomia e l'indipendenza dell'Istituto".
Decine di coltivatori diretti, in rappresentanza di altrettante aziende agricole del Lodigiano, ieri mattina hanno impedito ai funzionari della Cepav 1 (la società incaricata della realizzazione della linea ferroviaria di alta velocità tra Milano e Bologna) di entrare nei fondi agricoli per prendere possesso delle aree agricole necessarie per la realizzazione dell'elettrodotto aereo che servirà per alimentare la nuova linea ferroviaria. Il blocco è avvenuto presso l'azienda Agricola Francesconi di Pieve Fissiraga, in provincia di Lodi.
Arriva inaspettata e pesa come un macigno la decisione del governo di
tagliare del 50% con la finanziaria i benefici previdenziali per gli addetti
all'amianto. Immediata la reazione dello Slai Cobas di Taranto - da tempo
impegnato nella lotta per i diritti degli operai dell'amianto - che ha invitato
i lavoratori dell'Ilva e delle ditte in appalto a mobilitarsi.
Rimangono spiazzati i lavoratori che secondo le trattative con il precedente
governo dovevano vedere estesi i benefici ad altre categorie. "In base alla
legge esistente - precisano i Cobas - per chi ha un riconoscimento di
esposizione all'amianto superiore ai 10 anni, ha il diritto a 6 mesi di
anzianità in più per ogni anno di esposizione (12 anni producono 18 anni di
anzianità)". Il governo invece vuole stabilire che con 12 anni si
producano solo 15 di anzianità e chi non possiede l'attestato entro il 28
novembre non matura nessun diritto. Secondo le recenti cifre della Cisl
sarebbero 100.000 i lavoratori della zona esposti all'amianto, il 30% delle
domande di prepensionamento nazionale arrivano da Taranto. I Cobas hanno
proposto l'istituzione di un comitato, invitando anche i sindacati confederali.
La British Telecom ha annunciato entro marzo 2003 altri 5.000 tagli al personale della divisione retail. Arrivano così a quota 13.000 gli esuberi previsti, pari al 19% del totale della forza lavoro. Una musica già sentita per molti dipendenti: il gruppo deve ridurre i costi (850 milioni di sterline). Ai lavoratori non rimane che la porta del licenziamento.
Crescono le paure dei 400 dipendenti della Ocean di La Spezia: da lunedì sono in cassa integrazione per una settimana. Il provvedimento sarebbe dovuto ad una serie di problemi con i fornitori: da una settimana non arrivano i pezzi per costruire le lavatrici. Il 20 dicembre scadono le offerte d'acquisto della Brand, società che controlla la Ocean.
Le associazioni dei benzinai hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro la regolamentazione degli scioperi decisa dalla Commissione di garanzia. I benzinai contestano la definizione di pubblico servizio essenziale per il settore della distribuzione carburanti. La tanto "amata" liberalizzazione del mercato ha di fatto mutato radicalmente la natura del servizio, divenuto "semplice attività economica".
"E' solo un inizio, vogliamo di più": tra i metalmeccanici
soprattutto, ma non solo, è il leit motiv delle assemblee che hanno preceduto
lo sciopero nazionale di due ore indetto da Cgil, Cisl, Uil contro la
liberalizzazione dei licenziamenti illegittimi, ossia la modifica dell'articolo
18 dello Statuto dei lavoratori, e, come insiste la Cgil, contro il Libro bianco
e tutta la delega governativa sul lavoro e sul welfare. Lo sciopero è
articolato nei giorni dal 5 al 7 dicembre e per regioni, territori, fino ai
singoli luoghi di lavoro.
Il clima di parte aziendale, che ben illumina la lotta di potere dietro
l'art.18, ci viene da un episodio marchigiano. Nelle Marche venerdì si
concentra l'iniziativa al Cantiere navale e tutte le aziende del molo: si va a
manifestare sotto la sede della Rai di Ancona. Domani si presidia la Fiat di
Jesi, nello sciopero che coinvolge tutte le aziende della zona, tra cui la
Hydropro del gruppo Caterpillar. E' questa multinazionale, che cura il suo
capitale umano, ad aver diffuso un vero e proprio Decalogo per la pedagogia del
dipendente. E' interessante segnalare, tra gli altri, il comandamento che
recita: "i dipendenti non devono sentire l'esigenza di iscriversi al
sindacato".
In Lombardia, come altrove, in attesa dello "sciopero generale",
ciascuno articola come può: alcune rsu allargano il tempo dello sciopero, si
fanno presidi, come a Mantova, e in altri territori; a Brescia tre i tipi di
iniziative: oltre alle assemblee, presidi in una parte delle fabbriche; in
altre, come alla Marzoli, si esce all'esterno, per volantinare "alla
cittadinanza".
Nel Lazio i metalmeccanici hanno fatto il pieno nelle assemblee già iniziate -
"alla Abb-Sace, per esempio, c'erano proprio tutti: si parla anche del
Libro bianco, oltre che dell'art.18, lo chiedono i lavoratori"; e Domenico
De Santis, segretario Fiom, racconta dell'intreccio con lo sciopero di ieri alla
Fiat di Cassino contro l'insopportabilità dei carichi di lavoro: "è il
frutto dell'accordo separato firmato dagli altri sindacati, che sta andando a
regime in questi giorni".
Anche altrove, gli scioperi si intrecciano. Alla Marconi tlc, che ha confermato
ieri 500 "esuberi" di cui 250 a Marcianise (Caserta) e gli altri a
Genova, unitaria è la decisione di Fim, Fiom, Uilm: tutti in sciopero con
assemblee, con la prospettiva di "un'intera giornata di mobilitazione, con
manifestazione nazionale".
In Toscana si sceglie l'articolazione, usando le "due ore" sui tre
giorni, ma con alcuni appuntamenti metalmeccanici, come quelli di oggi - la
mattina assemblea alla Breda, il pomeriggio nella zona industriale a Livorno. E
si articola in Umbria: alla Perugina-Nestlè le rsu hanno anche diramato un
ordine del giorno e comunicano una manifestazione davanti alla fabbrica
venerdì. Articolatissima, con presidi e manifestazioni l'Emilia Romagna, dove a
Reggio Cgil, Cisl, Uil hanno deciso 4 ore per venerdì.Chi può, allarga: fanno
4 ore i chimici della provincia di Alessandria. Quattro ore di sciopero hanno
indetto per venerdì, Fim, Fiom, Uilm a Taranto.
Appuntamenti mirati a Venezia, da parte di Cgil, Cisl, Uil: domani tre
iniziative, una al Petrolchimico, una al centro storico con gli edili, e l'altra
a Mestre. Per i metalmeccanici, domani è la volta della "2 zona
industriale", mentre venerdì Fim, Fiom, Uilm preparano una uscita dalle
fabbriche della "1 zona", Fincantieri. Scioperano anche gli addetti
veneziani del commercio davanti ai centri e ipermercati.
La Confederazione Cobas ha proclamato lo sciopero generale nazionale il 14 con
manifestazione a Roma, lo Slai a Milano il 15. Nel corso dei prossimi 10 giorni
si articoleranno una lunga serie di iniziative. Scioperi, assemblee,
manifestazioni, nelle scuole e negli uffici, nelle industrie, in piazza. Piero
Bernocchi, della Confederazione Cobas, spiega che il 14 dicembre ci sarà una
manifestazione nazionale a Roma (piazza della Repubblica, ore 10.00), "a
cui parteciperanno non soltanto i lavoratori della scuola e del pubblico
impiego, ma anche quelli di ospedali, Telecom, Enel, enti locali, trasporti e
industrie". Uno sciopero per l'intera giornata, soprattutto contro "la
finanziaria di guerra che taglia i fondi all'istruzione pubblica, portando alla
soppressione di 35-40 mila cattedre e fino a 6 ore settimanali di lavoro in più
per gli insegnanti. Gli aumenti del rinnovo sono ridicoli: l'1,6% in più da
gennaio, contro un'inflazione del 2,8%. Inoltre, c'è l'assurda delega per la
cancellazione degli organi collegiali e un forte aumento del precariato".
Lo sciopero dei Cobas sarà preparato da assemblee in tutta Italia, che si
terranno da oggi a venerdì. "Stiamo coinvolgendo anche gli studenti -
continua Bernocchi - in questo periodo molto combattivi. Alla manifestazione del
14, ci saranno anche molti lavoratori della sanità, che l'attuale governo sta
ugualmente stravolgendo. La tutela del lavoro non passa soltanto attraverso la
difesa dell'articolo 18, che oggi esclude moltissimi precari, dai Cococo alle
partite Iva, al mondo del sommerso. Bisogna opporsi al libro bianco di Maroni,
alla precarizzazione già avviata dai governi di centrosinistra. Inoltre,
ribadiremo il nostro no a tutte le guerre, in Afghanistan come in
Palestina".
Lo Slai Cobas, invece, ha organizzato la propria manifestazione nazionale per il
15 dicembre, a Milano (ore 14.00, Piazza Cairoli). "Sfileremo insieme ai
Cub e ai centri sociali milanesi - spiega Renzo Canavesi, Slai Cobas -
soprattutto per dire no alla modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori, già bocciata da un referendum, e per opporci a tutto l'impianto del
libro bianco. Se fosse annullato l'articolo 18, non solo i sindacati confederali
perderebbero il loro ruolo, ma noi autonomi, che non abbiamo ancora parità di
rappresentanza, scivoleremmo addirittura nella clandestinità".
La legge sulla modernizzazione sociale, che comprende anche una serie di
articoli destinati a impedire i "licenziamenti di Borsa", torna di
fronte all'assemblea francese, per essere votata definitivamente all'inizio
della prossima settimana. Ma la polemica infuria, con la destra scatenata a
seguire le indicazioni del padronato, dopo l'offensiva lanciata contro la legge
dal Medef, la Confindustria francese. Anche a sinistra, però, le posizioni sono
molto contrastate.
La legge è difesa, in realtà, prima di tutto dal Pcf, che ha ottenuto lo
scorso giugno, dopo un lungo braccio di ferro con la componente socialista, di
rendere più difficili i licenziamenti. Nel Ps coesistono invece posizioni
divergenti, che vanno dalla ministra degli affari sociali, Elisabeth Guigou, che
ha firmato la legge e quindi la difende, fino all'opposizione dichiarata
del ministro delle finanze Laurent Fabius. Per far emergere alla luce del sole
questa spaccatura, la destra per una volta unita (Udf, Rpr e Dl) ha proposto, e
ottenuto, che il progetto di legge sulla modernizzazione sociale venga votato
martedì prossimo con un "voto pubblico solenne" - formalità dove
ogni deputato dichiara apertamente la propria scelta. La parte della legge che
riguarda i licenziamenti è la conseguenza della moltiplicazione di piani di
licenziamento avvenuti in grandi imprese all'inizio dell'anno, come Danone, Mark&Spencer,
Moulinex, ecc. L'intento è quello di proteggere maggiormente i lavoratori
dipendenti rendendo più difficili i licenziamenti. Viene quindi data una
definizione più limitata del "licenziamento per motivi economici": i
vecchi "piani sociali", cioè le ristrutturazioni pesanti nelle grandi
imprese, si chiameranno pertanto "piani di salvaguardia
dell'occupazione" e potranno essere messi in opera solo in caso di
"serie difficoltà che non hanno potuto essere superate", o in quello
di "mutazioni tecnologiche". Un complesso di norme varate per impedire
i cosiddetti "licenziamenti di Borsa", cioè quelli realizzati quando
l'impresa fa utili solo per venire incontro alle esigenze di realizzo degli
azionisti. Nella legge vengono anche aumentati i poteri del comitato di fabbrica
per le imprese con più di 100 dipendenti. I comitati di fabbrica dovranno
essere obbligatoriamente informati e avranno un diritto di veto con carattere
sospensivo della decisione della direzione. In caso di disaccordo persistente
con il datore di lavoro, potranno invocare il ricorso a un mediatore. Infine, la
legge contiene anche il cosiddetto "emendamento Michelin", che
condiziona ogni ristrutturazione aziendale alla firma preventiva di un accordo
sulle 35 ore.
I lavoratori del catering Ligabue non si arrendono alla prospettiva di perdere definitivamente il posto di lavoro, dopo la messa in liquidazione della società lo scorso 30 novembre. Ieri mattina un centinaio di dipendenti hanno organizzato due presidi. Sin dal mattino presto gli operai hanno bloccato gli ingressi delle quattro società che si occupano della preparazione dei pasti a bordo degli aerei: impedendo i rifornimenti. Sono mesi ormai che i lavoratori chiedono alla compagnia risposte concrete sul loro futuro.
Si è conclusa la trattativa sul passaggio dei lavoratori provenienti da Infostrada al contratto collettivo di lavoro per le imprese esercenti i servizi di telecomunicazione. Con questa intesa Wind - nella quale confluisce Infostrada - avrà un'unica area contrattuale per tutte le persone che operano nel gruppo già da gennaio 2002. Il passaggio riguarda 3.800 addetti e costituisce il più consistente ingresso nel settore delle tlc proveniente da un'altra area contrattuale.
Prima alla Centrale poi alla stazione di Lambrate. Ieri mattina i lavoratori degli appalti delle pulizie FS hanno di nuovo bloccato i treni. La protesta ha coinvolto una trentina di convogli. Anche a Napoli Centrale lavoratori sui binari per un paio d'ore. Da settimane i 13 mila pulitori di treni e stazioni sono in lotta contro le FS che hanno bandito una gara al massimo ribasso per il cambio d'appalto. Tutti hanno ricevuto il preavviso di licenziamento; scatterà il 20 dicembre e si prevede che almeno un terzo degli addetti perderanno il posto di lavoro. Lo sciopero di 24 ore di lunedì scorso non ha modificato la situazione.
Quattro laboratori clandestini sequestrati, quattro padroni cinesi indagati, 50 immigrati rimpatriati. Questo è il resoconto di un blitz della polizia nella provincia di Teramo. Gli agenti hanno ritrovato nei locali adibiti a laboratori di pelletteria e a dormitori, cittadini cinesi schiavizzati a lavorare per 16 ore in condizioni igieniche precarie. Gli inquirenti temono che gli impiegati - pagati 500 lire per ogni pezzo finito - erano gli schiavi della criminalità organizzata cinese.
Un successo superiore a ogni previsione. Lo "scioperino" di due ore
indetto dai sindacati contro la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori ha registrato ieri alla Fiat di Torino un'adesione pressoché totale.
La produzione è stata totalmente bloccata, l'adesione dei lavoratori nei vari
reparti è stata tra il 90 e il 95%. Cortei interni di migliaia di persone hanno
percorso le fabbriche per poi uscire, tra gli applausi. Pressante la richiesta
di un'estensione della mobilitazione al di là del ristretto calendario degli
scioperi indetti dopo l'accordo tra Cgil, Cisl e Uil. "E adesso, sciopero
generale" è la richiesta forte che viene da quanti hanno scioperato ieri a
Torino per la difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e contro ogni
ipotesi di arbitrato e monetizzazione in luogo del reintegro in caso di
licenziamento senza "giusta causa".
"Sciopero generale". E' stato questo lo slogan più urlato in questi
tre giorni di manifestazioni, assemblee, cortei spontanei (come quello di ieri
ai Cantieri navali di Palermo), comizi di piazza. Oggi si chiudono i tre giorni
decisi da Cgil, Cisl, Uil per le prime due ore di sciopero di tutte le categorie
contro la legge delega sul lavoro, la modifica dell'articolo 18 e i blitz in
agguato sulle pensioni. Gli scioperi hanno avuto una grande rispondenza in tutti
i settori e in tutti i luoghi di lavoro. In varie città e zone industriali le
due ore sono state stiracchiate fino a 3 o anche 4 ore.
L'acqua è un bene comune e essenziale: su questo non ci sono dubbi. Governo,
sindacati, enti e aziende sono però d'accordo che per un migliore utilizzo
delle risorse c'è bisogno di una riforma. La discussione si apre dunque sulle
forme, i tempi, i modi e la gestione delle reti idriche e della distribuzione
dell'acqua. La settimana scorsa il ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli ha
firmato un decreto e due circolari per spingere l'apertura ai privati al mercato
dell'acqua. I provvedimenti puntano a dare attuazione alla legge Galli del '94 -
che significativamente non è mai decollata - e a limitare il ricorso
all'affidamento diretto da parte dei comuni alle società pubbliche.
Ieri alla Cgil si è aperto un convegno dedicato al futuro delle acque. Una
tavola rotonda importante che ha puntato il dito sulle difficoltà ad
individuare i gestori del sistema idrico integrato, sugli ostacoli a superare il
localismo delle gestioni e sulle necessità inderogabili di conservare nel
passaggio ai privati le garanzie della "clausola sociale" per i
lavoratori e dei servizi equi per gli utenti. Dalla relazione del segretario
della Fnle-Cgil, Sandro Notargiovanni, la posizione del sindacato appare chiara.
In primo luogo c'è il bisogno di aziende a dimensione industriale che competano
in ambito europeo. Bisogna superare l'amministrazione diretta da parte dei
comuni, ma non ci può essere separazione tra gestione e vendita del servizio.
Per questi motivi il sindacato si è battuto per la modifica di alcuni
emendamenti dell'articolo 23 della finanziaria 2001, che rischiava un ritorno al
passato - il mantenimento delle gestioni in economia e degli affidamenti diretti
e il perdurare di lunghe concessioni. Nel testo ultimo, invece, è prevista la
definizione dei servizi pubblici locali a rilevanza industriale, ripristinato
l'obbligo della gara, non si prevede la privatizzazione obbligatoria per le
aziende degli enti locali che vogliono partecipare alle gare in altri territori
e lascia alle gestioni in economia i paesi sotto i 3000 abitanti.
Secondo CGIL la privatizzazione dovrebbe servire a garantire il miglioramento
della gestione: non imparano nemmeno dai più recenti errori, come la vicenda
dell'Italgas, con relativo strascico di morti a Roma.
Dilaga la precarietà in Italia. E con l’entrata in vigore del decreto del governo che liberalizza i contratti a termine le cose non sono certo destinate a migliorare. Nel 2000 a Padova quasi metà delle nuove assunzioni (38.550 su un totale di 82.500) è avvenuta con questa formula. I dati, che confermano il trend regionale, sono stati diffusi ieri dall’Unindustria di Padova, soddisfatta del fatto che già oggi il contratto a tempo determinato sia diventato la prima modalità di accesso al mondo del lavoro. Il diffondersi della precarietà preoccupa invece Alessandro Sabiucciu, assessore al Lavoro della provincia di Venezia. «I dati diffusi a Padova - commenta Sabiucciu - dimostrano che l’attacco all’articolo 18 è puramente ideologico, perché chi è precario sa già che alla fine del contratto potrà essere mandato via. E’ falso sostenere, come fa Confindustria, che i diritti sindacali rappresentano un freno per la crescita. Così facendo - accusa l’assessore - le imprese trascinano l’economia italiana verso modelli di competitività da terzo mondo, basati sulla riduzione dei costi. L’aumento della precarietà inoltre non è, come sostiene la parte più moderata del sindacato, un incentivo per l’occupazione. Da questo punto di vista l’accordo separato sui contratti a termine - conclude Sabiucciu -rappresenta una lesione dei diritti del lavoro che pone l’Italia come punto avanzato dell’offensiva padronale in Europa».
Sono rimasti dentro solo alcuni capi, nella solitudine delle officine vuote:
i cortei con migliaia di operai le avevano già percorse, uscendo per le strade
di Torino. La Fiat ha fatto il botto. A Mirafiori, a Rivalta una partecipazione
90-95% e oltre nei diversi settori Fiat, uno slogan per tutti, il più
gettonato: "Ci vuole lo sciopero generale".
Sventolavano anche bandiere dell'Ugl, tra i manifestanti, dopo lo scontro tra il
sindacato di destra, che non aveva aderito allo sciopero, e i suoi in fabbrica
che "non accettano i diktat dei partiti di riferimento". Unica
assente, l'Associazione quadri e capi Fiat, che ha boicottato lo sciopero,
"ma senza successo", visto che molti quadri e "addirittura
capi" sono usciti fuori.
Grande sciopero anche per Rivalta, nel pomeriggio, 1500 dei suoi 2000 lavoratori
sono usciti per le strade in corteo, replica di impianti fermi e officine vuote.
A Mirafiori al secondo turno si sono trovati fuori dalle carrozzerie in 3000 e,
uscendo, "abbiamo spento la luce, non c'era più nessuno". A Rivalta
ieri mattina avevano già totalizzato il 90-95% di adesioni anche alla Turinauto
(ex presse vendute dalla Fiat) e alla Sistemi Sospensioni (ex Marelli), due
cortei fuori dai cancelli per riunirsi in una assemblea - dentro in fabbrica
sono rimasti solo capi e dirigenti del personale. Corteo e presidio anche per i
lavoratori della Powertrain Fiat-Gm (ex meccaniche di Mirafiori). Totale
l'adesione anche nei servizi, gli stabilimenti di Tnt e Comau service.
"Adesione totale" alla Fiat-Itaci, così come a "Il
Quotidiano", e all'Ipercoop Carrefour di Lecce; 80% di adesioni per i
lavoratori del brindisino: Petrolchimico, Fiat Avio, Agusta; ma anche
nell'editoria, alla Grafischena di Fasano - che hanno chiuso ieri i tre giorni
di scioperi per i quali la Cgil pugliese segnala nella regione una
partecipazione che "sfiora il 100%". Ieri anche l'Ilva di Taranto era
in sciopero, le "due ore" canoniche allargate a quattro. Anche a
Genova ieri in piazza i lavoratori dell'Ilva, e quelli della Marconi, in
sciopero anche contro gli "esuberi".
Ultimi cortei anche a Venezia e Mestre, e pieno successo negli scioperi del
Veneto - comunicano i sindacati. Brescia invia l'elenco di presidi in 13
fabbriche, di sciopero con assemblee in altre 12, conferma la "grandissima
adesione", riporta le numerose richieste di "sciopero generale".
Nel Lazio, che ieri ha concentrato in un sol giorno le due ore di sciopero, per
"dargli un carattere più generale", i lavoratori della Sib di Roma
hanno pensato di tradurre il concetto "anche per i turisti" con
volantini in italiano e in inglese. Fra gli altri, scegliamo lo sciopero dei
metalmeccanici di Napoli, adesioni fino al 90-100%, con manifestazioni, e di
nuovo richieste di "sciopero generale" da Rsu come alla Alenia; dallo
Slai cobas alla Fiat.
Migliaia di giovani hanno partecipato ieri mattina, per le strade di Catanzaro, alla manifestazione contro la riforma della scuola. La protesta era stata indetta dai rappresentanti degli studenti di dieci istituti scolastici della città. Gli studenti hanno scandito slogan contro il ministro e hanno esibito cartelli e striscioni (uno dei quali, sotto forma di necrologio, annunciava la morte della scuola pubblica), accompagnando il loro passaggio con il rullio di tamburi e con fumogeni.
Ieri, gli operai della Bata di Moussey hanno trovato le porte della fabbrica
di scarpe chiuse. E' questa la risposta della direzione al saccheggio di due
negozi Bata, avvenuto giovedi' a Parigi, in rue de Rivoli. Un gruppo di
lavoratori ha fatto irruzione nei due negozi del centro di Parigi e gettato in
strada centinai di scarpe, che sono state subito recuperate dai passanti.
La Bata di Moussey ha in programma un ampio "piano sociale", cioè una
ristrutturazione che porterà tra quindici giorni al licenziamernto di 524
dipendenti sugli 875 che lavorano in quella fabbrica. La direzione non sembra
aver fatto nulla di quanto promesso: organizzate i pre-pensionamenti e trovare
posti di lavoro alternativi. Anche il sotto-segretario all'industria, Christian
Pierret, aveva promesso un intervento. "Ma padroni e ministri aspettano -
riassume un sindacalista - e nel frattempo i lavoratori cadono in
depressione". Esiste un piano di ripresa della fabbrica, fatta da un quadro
dirigente, ma che prevede di mantenere solo 268 dipendenti.
Saturazione da azoto gassoso in una cisterna nella quale lavoravano: questa
la causa, secondo le indicazioni dei vigili del fuoco,che ha ucciso a Vicenza
due giovani che stavano lavorando - appalto - all'interno di uno stabilimento
della Zambron group, una importante società che opera nel settore farmaceutico.
Un terzo operaio che aveva tentato di aiutare i suoi compagni di lavoro è stato
colto da malore. La tragedia è avvenuta giovedì in tarda serata all'interno
dello stabilimento della Zambron situato nella zona industriale di Vicenza.
I due operai operai erano dipendenti della Tecninox di Parma. Gli operai della
Zambon hanno aperto una sottoscrizione a favore delle famiglie di Loris e
Michele.
Nuova settimana di scioperi contro le pretese del governo di cancellare
diritti individuali e sociali fondamentali, di cui è esempio eclatante la
"modifica" dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: la
liberalizzazione dei licenziamenti illegittimi è in effetti il fulcro,
simbolico e insieme concretissimo, di tutta l'operazione della
"delega" sul mercato del lavoro. E la stessa cancellazione della
contrattazione collettiva che vi è inscritta ha un anticipo nella sottrazione
dei soldi in finanziaria per coprire il rinnovo dei contratti pubblici. In
questi scioperi si riassume anche, per settori e singole realtà, la resistenza
alle ristrutturazioni e ai tagli di manodopera, come già in quelli dal 5 al 7.
Domani si inizia con quattro ore di sciopero nei trasporti: dalle 9 alle 13 si
fermano treni, autobus, metropolitane. Mentre nel settore aereo è indetto per
lunedì 17 uno sciopero di 24 ore. Domani si fermano i dipendenti del Banco di
Sicilia, e lunedì 17 tutti i bancari, per due ore a fine turno. Nel settore
energia gli elettrici si fermano domani; gli addetti a gas-acqua invece venerdì
14.
Venerdì è anche il giorno dello sciopero generale del pubblico impiego indetto
da Cgil, Cisl, Uil con tre manifestazioni a Milano, Roma, Napoli: mobilitazione
contro il governo che nella finanziaria ha fatto mancare nientemeno che circa
3mila miliardi, necessari per il recupero del potere d'acquisto nei contratti, e
ha in mente anche alcune operazioni sul lavoro pubblico. Sciopero, per l'intera
giornata, indetto anche dai Cobas del pubblico impiego e della scuola. Mentre
nella scuola Cgil, Cisl, Uil per il 14 prevedono sì uno sciopero, ma di una
sola ora.
Una bizzarra iniziativa, che "rischia di disperdere la tensione unitaria e
la disponibilità alla lotta della categoria, sacrificate alla logica
dell'unità di vertice" - il dissenso è espresso in un appello, primi
firmatari 85 delegati della Cgil-scuola, che annunciano: "caratterizzeremo
la nostra partecipazione alla mobilitazione della scuola e del pubblico impiego
scioperando per l'intera giornata", e invitano "quanti condividono la
nostra posizione a sottoscrivere questa dichiarazione".
Salvatore D'Andrea, operaio trentaduenne di Napoli, è morto ieri dopo sette giorni di agonia. Dietro la sua morte una storia sconvolgente: era stato trasportato in ospedale da un uomo che aveva dichiarato di averlo investito con la macchina involontariamente. In realtà D'Andrea era stato investito da un "muletto" nel cantiere in cui lavorarava in nero. Alla guida del mezzo il titolare dell'impresa edile, F.A. di 38 anni. E' stato lui a pensare di simulare l'incidente, trasportando il corpo del giovane operaio sull'asfalto. Ma la versione non aveva convinto sin dall'inizio gli inquirenti. F.A. dovrà rispondere di omicido colposo.
NOTIZIARIO a cura del Centro di Documentazione e Lotta 11-16/12: Meridiana, Marconi sud, Postalmarket, Lsu Carrara, Banco di Sicilia, Ristrutturazione alla Fiat, Salario in Germania, BNL, Scioperi in ogni comparto, Fiat Pomigliano, Statali, Vigili del Fuoco, Occupazione, Docenti, Morte sul lavoro, Tim, Siae, POstini inglesi, Porto Marghera, Pensioni, Scuola, St Microeltectronics, Argentina, BNL, Pirelli, Sanità, Sciopero generale 14/12, Istat, Cub a Milano, Disney
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AGGIORNAMENTI su www.oocities.org/it/cen_doc_lotta
MATERIALI
- 14 DICEMBRE: UNA STRAORDINARIA GIORNATA DI SCIOPERO INTERCATEGORIALE (Conf Cobas)
- Ma esiste ancora l'art.18 dello Statuto dei lavoratori? (Cobas Ministero Economia e finanze)
- PER L’UNITA' DEGLI OPERAI ESPOSTI all'amianto
- D’A M I A N T O S I M U O R E! (Cont. Inf. Operaia)
- Lavoratori Eds per lo sciopero generale
- Lavoratori Sogei di Roma per lo Sciopero Generale
LOTTE
- Repressione alle Poste di Taranto (Slai)
- SOTTO L'ALBERO DI NATALE TROVEREMO LE LETTERINE? (Slai aeroportuali)
- Gli autisti del consorzio Caac e Contrafer dicono basta! (AsLO)
- I LAVORATORI DELLA DIREZIONE DEL LAVORO SCENDONO IN SCIOPERO IL 14 (Slai)
- ASSEMBLEA DEI LAVORATORI DELL'UFFICIO ISTAT DI TORINO
- Ordinanza del Ministero dei trasporti su sciopero Trasporto Aereo
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Assemblea aperta oggi dei lavoratori Meridiana dello Scalo di Cagliari dopo la decisione della compagnia di far pagare a 300 dipendenti gli effetti della crisi innescata dall'11 settembre e dalla perdita della gara per la rotta Cagliari-Milano. Come prima risposta ai licenziamenti i lavoratori hanno deciso di avviare «una raccolta di firme a sostegno della continuità territoriale per tutte le rotte da e per la Sardegna».
Sciopero riuscito ieri mattina alla Marconi Sud di Caserta, dove circa mille lavoratori sono scesi in piazza per manifestare contro il licenziamento di lavoratori assunti con contratto di formazione. I dirigenti della Marconi hanno intascato fior di risorse pubbliche e ora vogliono produrre altra disoccupazione in un'area che ha già subito una deindustrializzazione pesantissima.
C'è il rischio fallimento per la Postalmarket, lo storico marchio di vendita per corrispondenza, ed è probabile che l'occupazione dell'azienda, iniziata giovedì scorso, prosegua costringendo i lavoratori a fare un Natale ancora in assemblea nella sede di San Bovio, nel milanese. Seicento i posti a rischio.
Comune di Carrara occupato «a oltranza» a partire da ieri mattina da 23 lavoratrici e lavoratori socialmente utili che rischiano di finire in mezzo alla strada se l'amministrazione non provvederà ad assumerli entro il primo gennaio. «Dopo l'assunzione di 10 Lsu e molte promesse - accusano i precari - il governo di centrosinistra non ha ancora deliberato l'assunzione dei restanti 23. Un'assunzione possibile sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista economico, visti i cospicui incentivi legati agli Lsu».
Una decina di giorni fa avevano occupato la stanza del consiglio di amministrazione, ieri hanno partecipato in duecento al sit-in di fronte alla sede centrale del Banco di Sicilia a Palermo. I lavoratori dell'istituto di credito sono in lotta contro il progetto di fusione per incorporazione con l'azionista di controllo Banca di Roma. In gioco c'è il destino occupazionale di una fetta importante di dipendenti coinvolti direttamente dal progetto di Cesare Geronzi per la nascita di una nuova holding, piano che dovrebbe avere ufficialmente il via nell'assemblea degli azionisti del Bds convocata per il 20 e il 21 dicembre prossimi. L'adesione allo sciopero è stata massiccia e ha provocato la chiusura di tutte le 600 agenzie. «Siamo almeno 1.800 a rischiare. Vogliamo garanzie e chiediamo che vengano conservati in Sicilia i centri decisionali dell'istituto», ha detto Gigi Zancla, della Fiba. Lo sciopero di ieri, oltre che contro la fusione, è rivolto anche a sollecitare Banca di Roma al rispetto di alcune clausole del contratto di lavoro. Tra le richieste anche l'equiparazione del trattamento economico dei dipendenti del Banco a quello goduto dai colleghi di Banca di Roma.
La Fiat licenzia Testore, l'amministratore delegato dell'auto, il comparto più importante della multinazionale e che pesa per la metà del fatturato del gruppo. la sua fine accompagna processi pesanti di ristrutturazione, a margine della crisi finanziaria che ha toccato livelli preoccupanti: un indebitamento che supera i 15.000 miliardi di lire, il doppio secondo la stima di Mediobanca che non conteggia i crediti ma soltanto la cassa. General motors, al momento dell'accordo, chiese garanzie proprio sulla riduzione del debito, tanto che la Fiat ha messo in vendita a pezzi la Magneti Marelli, ma nessuno se l'è comprata. E il debito è aumentato anche per la caduta di redditività legata agli sconti sulle vetture per mantenere le quote di mercato. Quote che invece sono diminuite.
Alla Fiat è crisi, dunque. Chi la pagherà? Ci vuole poca fantasia a immaginarlo: pagheranno i lavoratori per i disastri dei padroni, 18 stabilimenti saranno chiusi in tutto il mondo e seimila dipendenti sono stati dichiarati "in esubero". Seimila per adesso. Alcune chiusure erano già state annunciate, come quella di Rivalta la cui produzione viene trasferita a Mirafiori e, ancora in Italia, la Avio perderà uno stabilimento. "Razionalizzazioni" alla Iveco (due stabilimenti chiusi in Argentina, con relativo trasferimento della produzione nello stabilimento brasiliano) e alla Cnh (via tre fabbriche, due negli Usa).
Il consiglio di amministrazione ha anche deciso la secca ristrutturazione della Fiat Auto, scorporata in "quattro unità di business": Fiat-Lancia, Alfa Romeo, Sviluppi internazionali e Servizi per tentare di risalire la china del mercato, sul quale il gruppo non va bene, soprattutto in Europa.
Ma le cose vanno male per la Fiat anche negli altri paesi: l'Argentina è messa come è messa, il Brasile ha già esaurito la sua breve spinta propulsiva, la Russia non decolla e la Cina ha i tempi cinesi, in Turchia l'economia è al disastro e non basterà l'iniezione di soldi del Fmi a rilanciare in breve il mercato dell'auto. E la Polonia non è certo messa meglio. In Polonia e in Turchia si costruiscono modelli anche per i mercati ricchi d'Europa: il futuro produttivo di questi stabilimenti potrebbe procedere a discapito di quelli italiani.
Il sindacato metalmeccanico tedesco (3,8 milioni di iscritti) ha preparato la piattaforma per il 2002 che prevede aumenti salariali del 5-7 per cento. Per Klaus Zwichel, presidente della confederazione, "il momento è propizio per chiedere aumenti salariali significativi". Per il vice presidente Juergen Peters è necessario "un aumento del potere di acquisto che significa un rialzo della domanda e questo porta a un miglioramento della produttività e dunque del mercato del lavoro". Nel 2002 l'inflazione tedesca è prevista in crescita dell'1,5%.
I lavoratori della Banca nazionale del lavoro per non danneggiare l'iniziativa umanitaria lanciata da Telethon hanno spostato al 17 dicembre la partecipazione allo sciopero generale dei bancari che si terrà venerdì 14 dicembre. Lo sciopero si terrà con le stesse modalità ed è stato proclamato "per respingere gli immotivati attacchi governativi e confindustriali alla disciplina sui licenziamenti e, più in generale, alla disciplina previdenziale e del mercato del lavoro".
I lavoratori si uniscono, nonostante le deboli indicazioni di
CGIL CISL UIL: gli scioperi del 10 dicembre, contro il tentativo di modificare
l'articolo 18, hanno avuto l'adesione di oltre l'80% dei dipendenti dei
trasporti. Nelle principali città la protesta dei lavoratori del settore ha
bloccato le metropolitane e rallentato le corse degli autobus. Disagi minori per
il settore ferroviario: secondo Trenitalia sono partiti il 70% dei treni.
A Roma quasi totale il fermo dei mezzi pubblici. Lo sciopero, che si è concluso
alle 13.00 ha bloccato tra l'altro la metropolitana uno dei mezzi pubblici più
usati in città. Molti disagi anche per i viaggiatori milanesi: chiuse le
metropolitane e rari gli autobus in strada. In base ai dati forniti in Lombardia
non ha viaggiato alcun treno locale, mentre hanno svolto regolare servizio
Eurostar e Intercity, previsti dalla Commissione garanzia. A Milano si è svolta
una manifestazione davanti al grattacielo Pirelli con centinaia di partecipanti.
A Napoli traffico ferroviario paralizzato, metropolitane comprese, pochissimi
gli autobus in strada, funicolari ferme, stop ai treni di Circumflegrea e
Circumvesuviana. L'adesione allo sciopero nazionale, in difesa dei diritti dei
lavoratori, contro l'abolizione dell'articolo 18, per i contratti da definire
nel settore, ha raggiunto il 90%
Contro la liberalizzazione dei licenziamenti i lavoratori della Fiat di Pomigliano e delle collegate aziende terziarizzate hanno paralizzato gli impianti della fabbrica per 16 ore consecutive. La decisione di incrociare le braccia 8 ore per ogni turno - proposta dallo Slai cobas - è stata presa all'unanimità da circa 4.000 lavoratori nelle assemblee generali del giorno precedente. Allo sciopero ha aderito il 90% dei lavoratori che hanno bloccato la produzione: a fronte dell 900 vetture programmate dalla Fiat ne sono state prodotte appena 98. Durante le assemblee i sindacati e i lavoratori si sono anche espressi per la costruzione di un vero sciopero "dal basso" entro gennaio 2001 e per l'avvio di una campagna per la costituzione di un Comitato unitario nazionale per l'abrogazione refendaria della "legge Treu" sul lavoro in affitto
Quanti sono gli impiegati pubblici e in quali settori della pubblica amministrazione operano? Secondo i dati Istat, nel 2000, nei vari settori erano impiegati oltre 3,5 milioni di "unità di lavoro". Questo numero si è andato lentamente riducendo a partire dal '92. Allora erano quasi 3,8 milioni, oltre 200 mila dei quali militari di leva (che nel 2000 si sono ridotti a poco più di 100 mila). Dai dati più analitici della Ragioneria generale dello stato, riferiti al '99, si scopre inoltre che gli impiegati pubblici erano al 31/12/1999 pari 3,6 milioni. Di questi però quasi mezzo milione (486 mila) sono lavoratori a tempo determinato: in questa cifra sono compresi anche i militari di leva e i lavoratori socialmente utili (Lsu), ma non i supplenti "brevi e saltuari" della scuola. In breve, anche nel pubblico impiego il posto "fisso" non è una regola: un lavoratore su sette è precario. Gli impiegati pubblici veri e propri sono dunque 3,1 milioni: quasi tutti a tempo pieno, visto che soltanto il 2,4% è impiegato part-time. Quasi il 30% del pubblico impiego è concentrato nella scuola, sanità e enti locali seguono a ruota con il 20% ciascuno. Uno su 10 fa parte di uno dei corpi di polizia. Mentre poco meno del 9% degli impiegati pubblici lavora nei ministeri. Il precariato è particolarmente diffuso negli enti locali (circa il 20% degli addetti), negli enti di ricerca (18%) e nella scuola. La presenza femminile è decisamente maggioritaria nella scuola (75% degli addetti) e nella sanità, mentre è decisamente rarefatta nelle forze di polizia (5%), aziende autonome (10%) e carriere diplomatiche (10%).
Uno dei settori del pubblico impiego in fermento è quello dei
vigili del fuoco, che sta attraversando una "crisi di identità" dopo
la recente riforma dei ministeri, che ne ha rivoluzionato lo statuto. Il governo
Berlusconi, poi, minaccia anche di imporre un netto peggioramento sul piano
contrattuale.
I pompieri chiedono un lavoro più sicuro e meglio remunerato, un'autonomia ben
definita rispetto al governo e nel rapporto con gli enti locali, oltre a una
chiara divisione dei compiti e delle responsabilità rispetto ad altri corpi,
come la Protezione civile. Il nuovo governo ha soppresso l'agenzia della
protezione civile, in cui i vigili potevano ricoprire un ruolo importante, e ha
creato due tronconi distinti e che spesso sovrappongono le proprie funzioni: il
dipartimento della Protezione civile, dipendente dalla presidenza del consiglio,
e il dipartimento della difesa civile (in cui rientrano i vigili del fuoco),
dipendente dal ministero dell'interno. Una dicotomia che
crea spesso schizofrenia negli interventi e che non rende chiare le singole
competenze.
Ma non basta, perché fra un po' i pompieri, fino a oggi visti dalla gente come
una "forza buona", che tutela l'ambiente e le persone, potrebbero
essere inquadrati nel comparto sicurezza ed essere organicamente affiancati ai
poliziotti nelle azioni di ordine pubblico. I vigili del fuoco si dicono
assolutamente contrari a questo ruolo, previsto dal nuovo governo. Al G8 di Genova,
per esempio, erano stati allertati: ma una cosa è spegnere un cassonetto in
fiamme per gli scontri, un'altra è essere gettati in mezzo a quegli scontri ed
essere identificati con le forze di polizia, caricando così la loro immagine
anche di un carattere repressivo. In più, pesa la minaccia di inquadrarli nel
contratto della polizia, che non prevede diritto di sciopero e limita fortemente
la contrattazione, perché l'ultima decisione spetta al governo. Mancano anche
gli uomini e le risorse: gli organici ammontano a 30 mila, invece dei previsti
55 mila.
L'occupazione nelle grandi imprese dell'industria è crollata a settembre, del 9,8% nel comparto della produzione di energia elettrica, gas ed acqua e del 2,5% nelle attività manufatturiere. Lo rivela l'Istat e fa sapere che c'è stato un calo del 3,2% su base annua, tradotto in una perdita di 26.000 unità. In aumento invece il numero di ore effettivamente lavorate per dipendente che registra un incremento dello 0,3%.
Da settembre diverse migliaia di neo docenti e di supplenti di intere province sono senza stipendio. La denuncia arriva dalla Cgil che ritiene "questa situazione un fatto grave, intollerabile e lesivo dei diritti dei lavoratori". Il sindacato ha chiesto un intervento immediato ed un incontro al Ministro dell'istruzione.
E' morto cadendo dal tetto di un capannone, mentre stava sostituendo il pannello di un lucernario. Michele Russo, 27 anni, pratese, era diventato da poco tempo dipendente della "Vetro plastica", e lunedì 10 era stato inviato con un collega per un intervento al lanificio Milltex. Secondo le prime ricostruzioni, Russo è caduto dal lucernaio, da un'altezza di una decina di metri, proprio mentre era in corso il lavoro di sostituzione del pannello.
Sciopereranno il 21 dicembre i dipendenti, stabili e precari, del call center Tim di Bologna. La decisione è stata presa dopo una serie di assemblee per cercare di avvicinare le due piattaforme contrattuali. La mobilitazione è appoggiata sia dai sindacati confederali che da quelli di base.
I dipendenti della Siae scendono in sciopero per 24 ore. A Roma manifesteranno davanti a Montecitorio contro la chiusura di sei filiali della Società Italiana Autori ed Editori nelle città di Salerno, Montecatini, Piacenza, Mantova, Taranto e Reggio Emilia. L'astensione di un'intera giornata è stata proclamata dal sindacato dei lavoratori delle comunicazioni Slc Cgil.
I postini britannici minacciano lo sciopero generale a fronte di una riduzione di 30mila unità, pari al 15% dell'organico, ventilata dal management. La Consignia (nuovo nome delle Poste britanniche) nel giugno del 2000 annunciò il primo bilancio "in rosso" da 24 anni, con una perdita di 264 milioni di sterline, circa 800 miliardi di lire. Nel maggio scorso 6mila postini scioperarono contro la riorganizzazione del lavoro, senza troppi disguidi per i sudditi britannici. Questa volta la protesta rischia di essere ben più dura. I sindacati di categoria hanno annunciato che se entro le 13 di oggi (le 14 in Italia) la Consignia non ritirerà la minaccia degli esuberi, tutti i dipendenti saranno chiamati a votare lo sciopero generale.
Sciopero di quattro ore del settore chimico, ieri a Marghera, proclamato dal coordinamento Enichem e, a livello nazionale, dalla Fulc, la federazione unitaria dei lavoratori chimici confederali, contro lo spezzettamento delle aziende del gruppo. «L'Enichem - ha detto Paolo Albertin della Rsu del Petrolchimico - sta vendendo tutti gli impianti e per quello che resta non presenta alcun piano industriale». In particolare l'Enichem ha illustrato un progetto per la ridislocazione di tutte le attività in due nuove società. Nella "Nuova Polimeri Europa" dovrebbe confluire la ricerca e l'attuale produzione; nella "Nuova Enichem" dovrebbero andare i servizi e le attività legate al ciclo del cloro. Secondo la Fulc «si prepara così l'intesa con una grande società estera, probabilmente l'araba Sabic, con la quale sono da tempo in corso trattative per un'uscita dell'Eni dalla chimica». Lo sciopero ha luogo in tutti gli impianti Enichem di Porto Torres (Ss), Cagliari, Priolo (Sr), Brindisi, Ravenna, Ferrara, Mantova, S. Donato Milanese e Novara. Complessivamente, nel settore chimico del polo industriale veneziano sono occupati tuttora circa 5000 operai; solo all'Enichem sono circa 2300
Incentivi fiscali e contribuitivi per chi decide di rimanere
al lavoro nonostante il raggiungimento degli anni di contributi per andare in
pensione, compensazioni (ancora da definire nei particolari, anche se è chiaro
che ci saranno facilitazioni nell'accesso al credito e agevolazioni di natura
fiscale) per le aziende che dovranno smobilizzare (ovvero rendere disponibili) i
soldi del Tfr oggi utilizzati dalle stesse aziende per gli investimenti, il
trattamento di fine rapporto da utilizzare per i fondi pensione. Sono questi i
punti più importanti contenuti nell'articolato (quattro articoli) sulla riforma
delle pensioni che è stato consegnato dal governo ai sindacati e alle
organizzazioni imprenditoriali convocate oggi a palazzo Chigi.
Viene confermata la certificazione del diritto alla pensione: l'azienda o l'ente
dovranno dare al lavoratore una certificazione sui requisiti della sua pensione
d'anzianità. Per il lavoratore che matura i requisiti per la pensione
d'anzianità, ma decide di rimanere al lavoro con il consenso dell'azienda viene
prevista una esenzione totale del versamento dei contributi. I soldi
corrispondenti saranno destinati al lavoratore per il 50% e all'azienda per il
restante 50% come riduzione del costo del lavoro. Confermata
anche la liberalizzazione dell'età pensionabile e la progressiva eliminazione
del divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro. Il governo dichiara le
sue intenzioni di ampliare questo diritto fino alla totale cumulabilità tra
pensione d'anzianità e redditi da lavoro dipendente o autonomo, in funzione
dell'anzianità contributiva. Punto delicato nello schema di riforma del governo
è quello che riguarda l'aumento dell'aliquota contributiva dei lavoratori
parasubordinati. Per tutti questi lavoratori che non siano comunque iscritti ad
altre forme di previdenza obbligatoria, l'aliquota contributiva sarà innalzata
dal 13% al 16,9%, equiparando tali aliquote a quelle pagate attualmente dai
commercianti. Saranno esclusi dall'aumento coloro che hanno incarichi di
amministratore, sindaco o revisore di società.
Viene stabilita con l'articolato del governo anche la parità dei fondi chiusi e
aperti. Per lanciare la previdenza integrativa il governo pensa alla riduzione
della tassazione sui rendimenti dei fondi con parità di condizioni tra fondi
chiusi (quelli legati al contratti) e fondi aperti.
Vengono previste inoltre misure di emersione dal nero per i pensionati che
lavorano.
Con un "nulla di fatto" si è concluso l'incontro tra la sottosegretaria all'istruzione, Valentina Aprea e i sindacati. Sul documento Bertagna "restano in piedi tutte le nostre perplessità" ha dichiarato - per la Uil - Noemi Ranieri, evidenziando polemicamente l'unica novità emersa dall'incontro: "Per la prima volta abbiamo avuto la conferma che alla riduzione dell'orario scolastico corrisponderà la riduzione del numero delle discipline". Nonché del numero degli insegnanti. Soddisfatti, invece, sembrerebbero i sindacati in merito alla nuova scansione dei cicli: cinque anni più tre più quattro. L'anno mancante? Se ne riparlerà. Mentre i sindacati confederali si barcamenano possibilisti, il 14 in piazza scendono i Cobas scuola contro i programmi di disgregazione e privatizzazione della scuola.
Rischia di frantumarsi il sogno dell'"Etna valley".
A dare un primo scossone al mito del "polo tecnologico catanese" e del
suo gioiello, lo stabilimento siciliano della St Microelectronics
(multinazionale con 17 siti produttivi in 4 continenti, azionisti di controllo
France Telecom e Finmeccanica), era stata già la decisione di mettere in cassa
integrazione 600 dipendenti a rotazione, un mese fa. Dopo
qualche settimana, la mancata conferma, per la prima volta, di 6 dipendenti in
contratto di formazione. Così è scattato lo sciopero spontaneo. E, dopo
qualche giorno, un'altra astensione, di otto ore. Si chiede l'annullamento di
quelli che sono veri e propri licenziamenti, visto che c'era l'accordo che
venissero confermati tutti. In cambio i sindacati avevano accettato che fossero
utilizzati come dipendenti veri e propri facendo gli straordinari e gestendo da
soli sale e macchinari; e senza corsi di formazione.
L'impresa amministrata da Pasquale Pistorio negli ultimi anni è cresciuta
vertiginosamente - sulle ceneri della vecchia Sgs Thomson a partecipazione
statale - liberandosi di ogni vincolo pubblico fino al boom del 2000, con un
utile netto salito del 43% nel primo trimestre, oltre 2 mila assunzioni negli
ultimi tre anni e riflettori e grandi speranze addosso, visto lo sviluppo
incessante dell'insediamento che attualmente ha 4200 dipendenti, dei quali ben
1200 laureati. E che ha iniziato la costruzione di un
nuovo stabilimento - il modulo M6, 1500 assunzioni annunciate - dove produrre
una versione avanzata di quelle "memorie non volatili" per le quali la
multinazionale è leader mondiale nel settore della microelettronica.
Pistorio ha approfittato di leggi per favorire l'occupazione nel Mezzogiorno,
della fiducia accordata dai vertici delle istituzioni. Per i contratti di
formazione-lavoro (nel solo '98 la Regione ne ha concessi 1150) ha beneficiato
sia delle agevolazioni della legge Treu che di quelle del "pacchetto
Briguglio", raddoppiando a sei gli anni di sgravi fiscali concessi. A
pioggia, anche i riconoscimenti ufficiali, in primis dall'allora sindaco Enzo
Bianco.
Un ingegnere catanese alla St guadagna nei primi anni 2 milioni al mese, circa
un terzo di un suo collega di Agrate (Mi). Molte ricerche dell'università sono
diventate brevetti e produzione in St, senza alcun costo, fino alla nascita di
una Scuola di eccellenza, sul finire del '98, e alla
creazione di un master in microelettronica le cui lezioni e il cui percorso si
sviluppano tutte dentro l'azienda.
Il Movimento laici America latina ha espresso le paure del volontariato internazionale per le decisioni della Fiat di chiudere in Argentina, trasferendo le produzioni in Brasile. "Oggi come non mai - ha detto il presidente della Ong - è pericoloso brindare alla salvezza di un posto di lavoro italiano ai danni di un operaio di un altro straniero". L'Argentina è un paese fortemente colpito dalla recessione: ieri è partita una nuova tornata di scioperi contro la politica liberista del governo.
intervento di MARCO DEL PASQUA * Delegato Fisac/Cgil Banca nazionale del lavoro Agenzia di Montevarchi (Arezzo)
Lo spostamento della data dello sciopero generale dei bancari dipendenti della Banca nazionale del lavoro - dal 14 al 17 dicembre - contro le modifiche all'articolo 18 giustificato dalla necessità di non danneggiare l'iniziativa Telethon (come segnalato da il manifesto dell'11 dicembre) è stato un errore e suscita perplessità. Non voglio criticare l'operato della Fondazione onlus per l'iniziativa che svolge, ma mi permetto di criticare la decisione sindacale di spostare la data dello sciopero. L'astensione per le ultime due ore pomeridiane del 14 avrebbe avuto scarsa influenza sulla manifestazione Telethon che si svolge tra le 15,30 e le 22 del venerdì e per le intere giornate di sabato e domenica.Tenendo conto che, per ragioni tecnico contabili, le casse non sarebbero state comunque operative tra le 16 e le 16,30, il danno presunto a Telethon derivante dallo sciopero sarebbe stato solo di circa mezz'ora nel pomeriggio, mentre è noto (per l'esperienza degli ultimi anni) che la stragrande maggioranza dei versamenti in beneficenza avviene nelle giornate di sabato. In questo modo si rischia di sminuire pericolosamente il significato di uno sciopero su una questione grave e di enorme importanza per tutte le categorie lavorative e, nello stesso tempo, si avalla una grande operazione di marketing di una banca che, sempre molto attenta al raggiungimento di budget e introiti miliardari nelle sue casse, di sensibilità ai valori etici, in realtà, ne ha sempre dimostrata assai poca.
La Pirelli vuole chiudere la sua fabbrica di cavi a Berlino,
ma i 137 dipendenti dello stabilimento di Gartenfeld, nel quartiere di Spandau,
non si rassegnano. E denunciano il retroscena speculativo di questo disimpegno:
"Tronchetti Provera ha bisogno di denaro per la scalata di Telecom, e vende
così un'area industriale di 244 mila mq".
Gli operai berlinesi hanno attraversato la città con un corteo di auto. Sono
andati a protestare davanti all'ambasciata italiana, accampata nella Dessauer
Strasse in attesa che venga ultimata la ristrutturazione del mostruoso palazzone
fascista del Tiergarten. Il presidente del Betriebsrat (il consiglio aziendale)
e un rappresentante del sindacato Ig Metall sono stati ricevuti dal consigliere
per gli affari economici Squillante. Il funzionario ha gentilmente espresso il
suo rammarico per la sorte degli operai, spiegando che però governi e
ambasciate nulla hanno da dire sulle scelte delle imprese. Questo
gli operai lo sapevano già, ma lo soddisfazione di rompere le scatole soffiando
per mezz'ora nei fischietti se la sono tolta lo stesso. Soltanto
tre anni fa, Pirelli comprò dalla Siemens tutto il settore internazionale dei
cavi elettrici, con tre stabilimenti anche in Germania a Berlino, Neustadt
(vicino a Coburg) e Schwerin. Ma la Pirelli, assurta al
rango di prima produttrice mondiale di cavi, si è stancata presto di investire
denaro e energie in questo settore. A Berlino, capitale "storica"
dell'industria elettrica - la Siemens vi cominciò a produrre cavi ricoperti di
guttaperca nel 1847 - i milanesi si son messi a "tagliare". La
produzione di cavi a media e alta tensione (da 2 a 45 kilovolt) è stata
trasferita a Schwerin, in Italia, in Inghilterra e in Francia. Gli operai si
sono ridotti da 520 nel 1998 ai 137 attuali. I licenziamenti non sono stati
controbilanciati dal trasferimento da Erlangen a Berlino di un centinaio di
impiegati del centro amministrativo e commerciale per la Germania. Ora
a Berlino si producono solo cavi da un kilovolt in alluminio e in rame.
Il piano comunicato a ottobre da Milano prevede il trasferimento a Schwerin dei
macchinari per i cavi di alluminio, mentre la produzione dei cavi in rame
passerebbe (senza spostare le macchine) in Ungheria. I tre
stabilimenti tedeschi hanno accettato dal luglio 2000 un pesante sconto sugli
standard contrattuali, con 40 sabati lavorati senza
supplementi di salario (e un risparmio di 12 milioni di marchi all'anno per il
padrone). Ma Pirelli vuole vendere in blocco. A Berlino resterebbero solo un
centinaio di impiegati, in uffici da prendere in affitto.
"Arrabbiamoci per difendere la nostra salute!". A far arrabbiare le donne torinesi del Coordinamento per l'autodeterminazione è il piano sanitario della Regione Piemonte. Ghigo, con un po' di ritardo ma con le stesse intenzioni, copia il collega Formigoni: la salute come merce, fasulla competizione tra strutture pubbliche e private, drastico ridimensionamento della prevenzione, incentivazione del consumismo sanitario, ricorso alle assicurazioni integrative private. Tutte cose che penalizzano doppiamente le donne, sulle quali ricade gran parte del lavoro di cura a sostegno di malati e anziani non autosufficienti. Per fermare lo smantellamento del servizio sanitario pubblico il Coordinamento invita tutte le donne a partecipare all'assemblea di questa sera a Torino al salone dell'Antico Macello, via Pescatore 7. Il Coordimanento ha già raccolto 2 mila firma contro lo smantellamento dei consultori pubblici. Per contatti: giovedì 16-18,30 alla Casa delle donne, via Vanchiglia 3, tel.011-8122519.
Ancora proteste per il rinnovo contrattuale e contro la
privatizzazione, nel settore pubblico, questa volta. Tre
città per tre leader sindacali, ma poca piazza. Lo sciopero del pubblico
impiego, indetto da Cgil, Cisl e Uil, "è stato un successo" con
adesioni - secondo le organizzazioni - tra il 75% e il 90%, con punte anche del
100%. Dipendenti (e precari) pubblici, uniti contro la modifica dell'articolo 18
dello Statuto dei lavoratori e per avere più risorse per i contratti. Una
protesta molto sentita, indubbiamente, ma chiusa negli hotel e nei palazzetti,
senza mai sfociare in un corteo. Sarà che gli impiegati sono un po' più
"tranquilli" degli operai, ma ieri un grande striscione, piazzato
all'hotel Ergife di Roma, proprio di fronte al palco dove era seduto Sergio
Cofferati, recitava "Sciopero sì, ma in piazza". Un invito molto
chiaro al leader del più grande sindacato d'Italia.
"Non oggi, non è ancora il momento", risponde così il segretario
della Cgil Sergio Cofferati agli oltre 5 mila dipendenti pubblici stipati
nell'aula magna dell'hotel Ergife di Roma. Non è il momento di andare in
piazza, "ma quel momento potrebbe essere vicino", aggiunge. "Le
occasioni di lotta non mancheranno, se il governo si manterrà sulle attuali
posizioni, ma non dobbiamo sbagliare i tempi". C'è
una strategia, dunque, nella protesta scelta dai sindacati confederali, ma si
dovranno affrettare a renderla esplicita perché nel frattempo il governo
Berlusconi sta smantellando l'intero stato sociale e rivoluzionando il mercato
del lavoro.
Lavoratori, studenti, precari e disoccupati. Circa
cinquantamila persone hanno sfilato, ieri a Roma, nel corso della manifestazione
indetta dai Cobas scuola. Robusta la partecipazione dei diversi comparti del
pubblico impiego - tra gli altri, trasporti, sanità, telecomunicazioni, ricerca
- ma anche del settore privato. Telecom, Enel, Fiat, Valtour, ma anche posti di
lavoro anonimi come "La Fiorita", piccola azienda tarantina di
pulizie.
Pochi i social forum in corteo; quanto ai centri sociali, va dato atto ai
compagni del Godzilla di Livorno di essere stati gli unici ad approdare a Roma
sfidando nevi e temperature polari.
"Oltre alla nutritissima partecipazione - ha commentato Piero Bernocchi,
portavoce dei Cobas - l'altro elemento assolutamente positivo è stato il
delinearsi di un fronte unitario che combatte contro la guerra sociale,
economica e militare del governo Berlusconi". La lotta contro la
privatizzazione della scuola, della sanità e delle altre strutture pubbliche si
è intrecciata, ieri, con il rifiuto netto della libertà di licenziamento e
della precarizzazione. E al no deciso nei confronti della revisione
dell'articolo 18 e del Libro Bianco che toglie ogni diritto al lavoro dipendente
si è legata la difesa dei migranti "contro la legge ultrarazzista di Bossi
e Fini", l'opposizione alla finanziaria di guerra "che migra per il
mondo seminando morte e distruzione sotto la guida americana". Una catena
di proteste, un unico linguaggio.
Questo il senso dello striscione che ha aperto il corteo: "Fermiamo la
guerra, fermiamo la Moratti". E facciamolo, soli fra tutti, per le strade,
lontani dai conforti alberghieri, al riparo dalle suggestioni in stile
"convention". Va detto: i Cobas - a Trieste, Milano, Palermo, Genova,
Bologna, Roma - sono stati gli unici a scendere in piazza. E - tra i lavoratori
della scuola - gli unici a scioperare per l'intera giornata.
Sotto l'organizzazione della Conf. Cobas sono scesi in piazza docenti sciolti,
studenti di numerosissimi istituti superiori, il coordinamento nazionale delle
Rsu, i lavoratori socialmente utili, l'Attac di Roma, piccoli e poco visibili
sindacati di base (come il Si. Può, Sindacato personale universitario
organizzato), ricercatori. "Il progetto di privatizzazione della ricerca e
della scienza - dichiarano alcuni ricercatori dell'Enea - si esplica con una
finanziaria voluta dal governo su precise indicazioni della Confindustria che da
anni utilizza gli enti publici come serbatoio di competenze da utilizzare nel
privato". Non è difficile intuire come la trasformazione degli enti in
fondazioni vada precisamente in questa direzione.
Per il rinnovo del contratto - atteso da 4 anni - e contro la
privatizzazione dell'ente di ricerca statistica più importante e prestigioso
d'Italia. I lavoratori dell'Istat, dipendenti e precari, hanno aggiunto la loro
protesta a quella del resto del pubblico impiego. Dopo aver seguito la
manifestazione all'Ergife di Roma, con Sergio Cofferati, si sono spostati per un
presidio in via del Corso, davanti alla sede dell'Aran, l'agenzia che si occupa
della contrattazione dei dipendenti pubblici.
I ricercatori dell'Istat ci mettono in guardia sul rischio di perdere
l'imparzialità - carattere essenziale di un istituto pubblico di statistica -.
"La finanziaria che si sta votando proprio in questi giorni - spiega
Gabriele Giannini, coordinatore nazionale Snur Cgil - prevede delle deleghe per
le riforme di molti enti pubblici, e noi temiamo fortemente che si voglia
privatizzare anche l'Istat, tutto o in parte. Tra le ipotesi, anche se per il
momento nulla è chiaro, c'è quella di creare una Spa in mano al Tesoro,
facendo perdere così qualsiasi autonomia all'istituto".
Il grosso problema quello che tocca più da vicino i compilatori delle
statistiche è rappresentato dal contratto. Da ben 4 anni, come si è detto, si
attende il rinnovo. In pratica, si deve ancora siglare il contratto 1997-2001,
quando il 2001 si concluderà a giorni. "Il vecchio contratto - spiega
Giannini - è già tecnicamente scaduto anche se non è stato mai firmato, tanto
che proprio in questo periodo dovremmo avviare il rinnovo per il quadriennio
prossimo". I "paradossi" della statistica.
In più, il sindacato sta avviando una vertenza per il graduale assorbimento del
precariato: attualmente 500 lavoratori, a fronte di 2200 dipendenti, hanno
contratti a termine (che possono durare fino a 5 anni, secondo i progetti di
ricerca) o di collaborazione.
"Berlusconi, Maroni e padroni ci vogliono tutti precari e
senza diritti".
Contro la liquidazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
manifestazione nazionale ieri a Milano della Confederazione unitaria di base (Cub)
e dello Slai Cobas. In corteo da largo Cairoli alla prefettura qualche migliaio
di persone. Parole d'ordine contro governo e Confindustria, l'opposizione alla
guerra. In corteo striscioni da Torino e Bologna, lavoratori della sanità e
degli enti locali, un gruppetto di pompieri in divisa, lo Slai Cobas dell'Alfa
di Arese, alcuni centri sociali.
"Sull'articolo 18 il governo è vulnerabile, non ha il consenso del paese,
neppure di tutti quelli che hanno votato per le destre", dice Pergiorgio
Tiboni, coordinatore nazionale della Cub. E' quello, quindi, il punto su cui
fare forza per costruire, a gennaio, uno sciopero generale vero, non puramente
simbolico, che faccia male sia al governo che ai padroni. La gente ha capito che
Maroni "mente spudoratamente" quando sostiene che senza l'articolo 18
i giovani diventeranno meno precari. E nessuno è così fesso da credere alla
"sperimentazione" a tempo. L'obiettivo è rendere i lavoratori
"licenziabili a vita". L'articolo 18 è "questione di vita o di
morte", afferma Pierluigi Sostaro dell'Flmu dell'Alfa di Arese. Lo è a tal
punto che anche Cgil, Cisl e Uil hanno capito la posta in gioco, "speriamo
non arretrino". Altro che cancellarlo, fa eco Renzo Canavesi,
plurilicenziato politico aresino dello Slai Cobas, l'articolo 18 andrebbe esteso
a chi non c'e l'ha. Senza quello scudo protettivo, "le organizzazioni
sindacali sarebbero costrette a vivere in clandestinità". Ai due alfisti
chiediamo un commento sul piano di ristrutturazione della Fiat: non fa parola
dello stabilimento di Arese, ormai ridotto al lumicino;
significa che lo danno già per chiuso? "Una beffa", dice Canavesi,
"scoprono le potenzialità del marchio Alfa quando ad Arese si assembla
solo la Multipla Fiat, chiedono la mobilità lunga per migliaia di persone,
cioè licenziamenti a carico dell'Inps e, nello stesso tempo, il lavoro alla
domenica a Cassino". Sostaro confessa un qualche ottimismo: "il
silenzio della Fiat su Arese io l'ho preso come un buon segno, speriamo".
La Walt Disney Company è stata multata di 903.000 (circa 2 miliardi di lire) per aver violato la legge sul lavoro minorile. Lo scrive ieri il New York Times. Una società d'appalto della Disney, la Ktba Inc che produce cappelli per costumi da fata e bacchette, avrebbe inoltre pagato i lavoratori $1.20 l'ora, mentre il minimo federale è fissato a $5.15, e quello dello stato della California, in cui opera l'azienda, è di $6.25. Alla Ktba lavorano bambini dai 7 ai 15 anni quando lo stato proibisce l'impiego dei minori di 16 anni.
L'incremento della produzione è stato del mille per cento. Gli investimenti
realizzati 1.100 miliardi. I nuovi posti di lavoro creati 450. Sergio Galbiati,
plant manager del megastabilimento Micron di Avezzano, ha presentato una sorta
di consuntivo di fine anno della fabbrica di memorie che dirige (percependo uno
stipendio di 50 milioni netti al mese), per dire che se le cose vanno bene per
l'azienda dell'Idaho devono andare bene per tutti, lavoratori e sindacato
metalmeccanico. C'è infatti "una condivisione dei profitti con i
dipendenti per un valore individuale che supera le quattro mensilità",
oltre all'"attribuzione ad oltre il 94% dei dipendenti di stock option".
A fine 2001 l'aria è quella della vigilia di importanti decisioni aziendali
dagli evidenti risvolti occupazionali. "La decisione definitiva - ha
spiegato l'azienda - verrà adottata entro la fine di dicembre".
Va tenuto presente che i risultati "molto positivi" sono stati
raggiunti grazie alla nuova organizzazione del lavoro seguita agli accordi
sindacali del dicembre 1999. Due anni fa, sotto Natale, è stato firmato
l'accordo sui turni di 12 ore. Ma le "importanti decisioni aziendali"
sono subordinate al fatto che "l'attuale organizzazione del lavoro sia
definitivamente accettata e quindi non più messa in discussione".
Il plant manager si è riferito al fatto che all'inizio di novembre la Rsu di
stabilimento ha comunicato che avrebbe disdetto l'accordo. Badare bene: la Rsu
non ha comunicato la disdetta (per far questo si invia una formale
raccomandata); ha fatto sapere di aver preso in considerazione l'ipotesi della
disdetta dell'accordo sui turni. Difatti una disdetta formale dell'accordo
firmato tra Rsu, sindacato e Micron giusto due anni fa, non è stata mai oggetto
di una riunione, né di una lettera notificata all'azienda.
Questa circostanza, che un management ansioso si affanni a mettere le mani
avanti temendo che sui profitti aziendali si abbatta la disdetta dell'accordo di
due anni fa sui turni, va spiegata. In realtà la Rsu non ha la forza di disdire
alcun accordo, come non ha avuto la forza di indire e organizzare scioperi dei
dipendenti. D'altra parte, com'è noto, gli stipendi netti dei tecnici Micron si
aggirano sui 3 milioni al mese. La "condivisione dei profitti", cioè
la retribuzione legata al risultato, aggiunge al reddito di un dipendente altre
quattro mensilità. La Rsu non ha da lungo tempo la forza di indire uno
sciopero: non si vede perché dovrebbe sentirsela di sfilare quattro mensilità
dalle buste paga dei dipendenti, in maggioranza avvezzi a un sindacalismo che
forma i lavoratori a pensare ognuno agli affari propri.
Il management aziendale agisce ponendo un aut-aut: o i turni attuali per sempre
oppure gli investimenti vanno altrove per il pianeta. Questo squallore è
possibile unicamente a causa dello squallore del livello politico della
stragrande maggioranza dei dipendenti Micron.
Si deve invece porre sul tavolo una questione politica diversa. Ieri il
sindacato ha presentato una piattaforma. Riguarda un punto dell'accordo di due
anni fa che era rimasto in sospeso. L'accordo prevedeva infatti che le parti
sarebbero tornate alla trattativa in rapporto al problema dell'articolazione dei
turni di 12 ore.
Sono passati due anni e ora la piattaforma che sta per essere presentata è
imperniata sulla proposta di istituire nello stabilimento Micron una quinta
squadra di tecnici. Le squadre attuali sono quattro. L'istituzione della quinta
squadra avrebbe l'effetto immediato di ridurre da due a una le notti di lavoro
da passare in fabbrica. Chi, invece di fare sindacato, si diletta a fare
dispetti preferisce i pomposi annunci di disdetta degli accordi di due anni fa,
che non sono una cosa seria. La generalità dei dipendenti Micron preferisce le
chiacchiere alla politica, ma forse è arrivato il tempo che qualcosa in
fabbrica cambi. Per cambiare, non sarebbe insensato tornare a votare.
Ondata di saccheggi e scioperi in Argentina. Dopo il supermercato di Rosario
si sono ripetuti episodi simili nella provincia di Mendoza (1.000 Km dalla
capitale), a Concordia e nell'estrema periferia di Buenos Aires. In un quartiere
della capitale centinaia di donne e bambini si sono presentati davanti ad un
megastore della Carrefour e, per evitare il peggio, i dipendenti hanno
distribuito carrelli pieni di alimenti.
Tutta l'Argentina vive ore di caos dopo le ultime misure governative che
impediscono di ritirare dai depositi bancari più di 1000 dollari al mese.
Soprattutto è l'aumento della povertà (40% degli argentini) e della
disoccupazione a spingere molte famiglie alla disperazione. Il governo definisce
i saccheggi "provocazioni di alcuni agitatori che vogliono mettere
zizzania". Però sono in aumento anche le astensioni dal lavoro. Ieri è
toccato al settore dei trasporti con il blocco totale dei treni. E' annunciato
lo sciopero dei medici di 50 ospedali di Buenos Aires contro il piano di
riaggiustamento provinciale.
Il governo De la Rua sta per presentare il piano di bilancio per il 2002
condizione per avere il nuovo prestito del Fmi.
Il grande freddo è la causa di un incidente sul lavoro avvenuto ieri mattina in una rimessa dell'Atac di Roma. Tre operai sono rimasti feriti, due in maniera grave, mentre riparavano un mini-bus. L'autista di un muletto elevatore a causa del ghiaccio ha perso il controllo del mezzo che, scivolando, ha schiacciato il mini-bus e gli operai che lavoravano all'interno.
Brucia il petrolchimico della Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari: fortunatamente restano tutti illesi. Un incendio - divampato per una perdita di petrolio greggio da una pompa - ha interessato un vasta zona della fabbrica. Si è sprigionata un'intensa cortina di fumo che ha avvolto l'intero stabilimento e ha provocato il panico tra i lavoratori e gli abitanti dei paesi vicini. Alcuni tecnici sono al lavoro per accertare le cause del pericoloso incidente.
Ad incrociare le braccia sono i dipendenti del consorzio di imprese titolare dell'appalto (capo fila la Donati di Roma), contro il licenziamento, senza ammortizzatori sociali, di tre colleghi. L'impresa avrebbe motivato la decisione con la ridotta possibilitaà di impiego a causa di una perizia di variante non ancora approvata. Ma, secondo i sindacati, si tratta di una motivazione strumentale. La consegna definitiva dell rifacimento della cattedrale dopo il crollo del 1996 è prevista entro l'ottobre del 2004.
Annunciato a Tolosa un piano per la riduzione delle ore-lavoro del 20% del progetto Airbus. Airbus ricorrerà principalmente al blocco del turnover e alla riduzione dei lavoratori temporanei. Inoltre Airbus eliminerà 500 posti di lavoro negli stabilimenti inglesi in relazione alla decisione di Bae System di tagliare la produzione dei jet regionali.
Scioperano gli addetti della sanità privata. L'astensione dal lavoro, di due ore e proclamata dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, è stata indetta in difesa dell'articolo 18 e per il rinnovo del biennio economico del contratto nazionale di lavoro.
Su changeover e rinnovo del contratto i bancari sono pronti a scendere in lotta. «Se giovedì mattina, quando ci incontreremo con la delegazione dei banchieri, la trattativa non si dovesse sbloccare, il sette gennaio 2002 chiuderemo le banche», minaccia il segretario responsabile del settore credito della Fiba-Cisl, Luigi Ramponi.
Il "Sole 24 Ore" sforna la sua statistica sulla qualità della vita delle centotré città italiane e le loro province. Il giornale della Confindustria ci ha fatto conoscere, per la dodicesima annata consecutiva, i risultati delle valutazioni effettuate da esperti, analisti e rilevatori (assai più celeri che non quelli del censimento) che hanno "misurato" l'Italia. Ecco alcuni dei parametri presi in cosniderazione. Primo: "affari e lavoro", per i quali è Bolzano ad essere in testa, con il 2% di disoccupati, l'importo minimo nei protesti, 28 cause civili per mille abitanti contro una media di 70, e 12,7 imprese fallite ogni mille su una media nazionale di 30. Secondo: il "tenore di vita", in cui è invece Milano a eccellere, con un Pil per persona di 31mila euro (un po' più di 60 milioni) contro una media italiana di 18mila (un po' meno di 35), e con 21mila euro di risparmi in banca contro una media di 7.800. Terzo parametro: "servizi e ambiente", con Trieste migliore di tutte, dato che ha l'indice più alto sia per infrastrutture e opere di urbanizzazione, sia in rapporto all'ecosistema (protezione dei suoli, tasso di inquinamento, eccetera). Quarto: la "sicurezza", in cui è Sondrio ad avere la meglio. Il quinto parametro è la "popolazione", per la quale il primato spetta a una città meridionale come Vibo Valentia, che registra anche il minor numero di divorzi, il più basso tasso di suicidi, bassi indici di mortalità e di densità demografica. Sesto e ultimo: il "tempo libero", per il quale la regina è Bologna, dove la spesa per spettacoli sportivi è di 45 euro, contro una media italiana di cinque euro a persona. La capitale romagnola è poi al secondo posto per numero di cinema, con sei sale ogni 100mila abitanti, ed è al quarto in graduatoria per numero di librerie e spesa pro capite per la musica. E così via, in una fotografia dell'Italia che ognuno guarda con occhi diversi e misura secondo i criteri che ritiene di voler valorizzare o penalizzare. L'Italia che ne emerge, allora, è quella che gli industriali vogliono prendere in considerazione, forse facendosi il conto di dove possa essere più o meno conveniente, opportuno o "sicuro" andare a investire. Non è certo un caso che uno dei titoli del dossier reciti: «Puntano a Nord i riflettori del benessere», né che le ultime province in graduatoria secondo la Confindustria siano, partendo dal fondo, Palermo, Benevento, Caserta, Lecce e Salerno, Taranto, Catanzaro, Catania, Trapani, Caltanisetta, Reggio Calabria, Foggia, Siracusa e Cosenza, Bari, Messina, Avellino. E così via, risalendo per la dolente china dell'Italia, come facevano gli emigranti di quelle province con le loro valigie di cartone e con la speranza (o solo l'illusione) che percorrendo e ripercorrendo in su e in giù l'arco degli Apennini, oltrepassando più e più volte la grande ferita del Po, a poco a poco l'Italia sarebbe diventata un'unica grande nazione operosa.
E' stata siglata ieri l'intesa per il rinnovo del secondo biennio contrattuale degli oltre 120.000 lavoratori delle aziende grafiche, editoriali e multimediali. L'accordo prevede un aumento retributivo medio pari a circa il 5% che si colloca in una fascia tra le 120mila lire del livello C1 e le 140mila del livello B2.
I sindacati dei dipendenti di Banca Carime (Cassa di Risparmio di Macerata ed Empoli) hanno proclamato per venerdì prossimo uno sciopero di tutti i dipendenti con una manifestazione di protesta a Milano. I sindacati chiedono, tra l'altro, il piano industriale e il premio aziendale per il 2000.
Filograna, padrone di Postalmarket ha in mente un piano che mette a rischio 600 dipendenti. La soluzione alla crisi non può che nascere da un cambio di proprietà dell'azienda.
Gli Stati generali della Scuola sono stati organizzati dalla ministra Moratti
per racimolare un consenso che non c'è. L'intento è ristrutturare
l'istruzione, un progetto che da mesi incombe su migliaia di studenti,
professori e famiglie. Intanto però la protesta cresce e il governo non ha
contro solo studenti e no global: sono tantissimi i docenti che non sono
disposti a vedere la scuola pubblica trasformata in "un servizio a domanda
individuale" e quindi pronti a scendere in piazza e a dare battaglia.
"Più scuola per tutti e in tutte le fasi della vita" questo il
concetto che unisce abbastanza Cidi, Cgil scuola, Cobas e Coordinamento genitori
democratici in una tavola rotonda, presieduta da Tom Benettollo, presidente
dell'Arci, per dire no ai finanziamenti ai privati, alla cancellazione degli
organi collegiali, alla scuola regionalizzata e pensata come un servizio
aziendale all'utenza. Tanti gli interventi, molti i rappresentanti di diverse
associazioni e comitati accorsi da tutta Italia per "rivendicare il valore
strategico di una scuola pubblica di qualità il cui destino non riguarda solo
gli addetti ai lavori, ma tutta la società civile". Ad essere messa in
discussione è l'idea collegiale dell'istruzione per far passare quella
dell'individualismo. L'attacco del governo Berlusconi alla scuola ha come
disegno preciso quello di destrutturare la socialità del paese.
Il punto centrale della riforma è proprio quello di creare un'istruzione
selettiva in cui solo le famiglie ricche avranno la possibilità di scegliere e
di esercitare la possibilità di apprendimento. La proposta Bertagna prevede
infatti un curriculum composto da 25 ore di frequenza obligatoria e dieci di
laboratorio. Solo chi ha la possibilità economica potrà usufruire delle dieci
ore "compensative" in strutture private di settore per imparare
inglese, informatica, musica e sport, agli altri toccherà una scuola di serie
B. Le famiglie dovranno sborsare circa 6 milioni di lire in più ogni anno per
usufruire di questi servizi.
I docenti scenderanno in piazza insieme agli studenti, ma la proposta delle
associazioni che si sono incontrate ieri è anche quella di chiedere un incontro
al ministro dell'istruzione "per denunciare i rischi che oggi corre la
scuola e il futuro del paese".
Nel 2002 la Daimler-Chrysler prevede di tagliare 5-6 mila posti in Germania. La "sforbiciata" riguarderà soprattutto la divisione camion. Secondo la direzione non si farà ricorso a licenziamenti, ma sarà bloccato il turn-over.
Un operaio di 26 anni è morto ieri nel pomeriggio precipitando dal tetto di un capannone di una ditta di Imbersago (Lecco) dove stava lavorando. Per cause non ancora accertate il giovane e scivolato e dopo un volo di 10 metri si è schiantato al suolo. La procura di Lecco ha aperto una inchiesta per accertare il rispetto delle norme di sicurezza.
Blitz sul taglio dei contributi per i neoassunti. Dopo vertici notturni e
tentativi di mediazione, alla fine il governo ha scelto di venire incontro alle
pressioni della Confindustria. Nella delega sulle pensioni che sarà presentata
domani al consiglio dei ministri è infatti ricomparsa la "decontribuzione"
per i nuovi assunti. Non sarà totale come si era pensato inizialmente, ma sarà
tra i 3 e i 5 punti. La novità è che il taglio dei contributi per i nuovi
assunti a tempo indeterminato non sarà a tempo, ma stabilita una volta per
sempre. I contributi saranno ridotti in modo permanente. Un cavillo spiega che
la riduzione dei contributi verrà effettuata solo per quei lavoratori che con
il sistema del "silenzio-assenso" decideranno di girare tutto il loro
Tfr, (la liquidazione), nei fondi pensione che stanno per essere lanciati anche
in Italia. Si tratta molto probabilmente di un cavillo perché proprio il
sistema del silenzio-assenso (che in fondo è una misura forzosa) possa trarre
in inganno o generare confusione. I sindacati hanno in proposito una posizione
equivoca, essendo cointeressati nei fondi pensione.
Il punto più controverso del pacchetto pensioni continua dunque a riguardare la
decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato che gli industriali
chiedono (insieme a tante altre cose) come compensazione per lo sblocco del Tfr.
Se passa la delega così come è stata anticipata, per gli industriali sarebbe
una vera vittoria sul fronte della riduzione del costo del lavoro, cavallo di
battaglia tradizionale delle imprese italiane. Questa parte della delega
pensioni risulta in piena sintonia con quel che si è deciso all'interno della
legge finanziaria che azzera i contributi a carico delle imprese per i nuovi
assunti a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno per tutta la durata
del 2002.
Operai e polizia gli uni di fronte agli altri. Mentre la Camera vota. E'
Genova, ancora una volta, il teatro di una tensione sociale molto alta. Fin
dalla mattina oltre 700 lavoratori dell'Ilva di Cornigliano si sono mossi in
corteo per le vie della città, da Sampierdarena fino a piazza Corvetto, dove
per tutta la giornata hanno mantenuto un folto presidio. Qualche cassonetto
bruciato, un po' di slogan.
A scatenare la protesta dei siderurgici è stato un emendamento che Forza Italia
ha voluto a tutti i costi inserire nella legge finanziaria in discussione alla
Camera. Il testo dispone la chiusura delle aree a caldo dello stabilimento e il
trasferimento della gestione dell'area demaniale alla Regione Liguria, in cambio
di un indennizzo di 5 miliardi. La vicenda di Cornigliano è antica e scabrosa:
il sito è altamente inquinante e più volte la popolazione residente ne ha
chiesto la chiusura. La resistenza del padrone, Riva, si è così incontrata con
quella degli operai, preoccupati da ogni soluzione che non prevedesse qualche
seria garanzia occupazionale. La sinistra, locale e nazionale, si è spesso
divisa, così come anche parti del sindacato. E il centrodestra ne ha
approfittato, giocando sui timori della popolazione e sugli appetiti di forze
economiche finora non ben identificate.
Nell'ultima versione dell'emendamento, che la Camera ha approvato con voto
blindato del Polo, l'area viene affidata alla Regione; e verrà costituita una
società per azioni mista tra Regione, Provincia e Comune (se questi due lo
chiederanno). La quota della Regione sarà doppia rispetto a quella delle altre
due amministrazioni locali. Un pasticcio orrendo che ha moltiplicato le
proteste. Gli operai hanno occupato la Prefettura a oltranza, minacciando di non
muoversi di lì finché il governo non li riceverà.
Contro il "colpo di mano del governo Berlusconi", stamattina gli
operai dell'Ilva muoveranno in corteo decisi ad arrivare alla sede della
Regione.
Sarà un vertice esteso e non ristretto come in un primo momento si
prevedeva. Gli operai dell'Ilva che dall'altro ieri assediavano Genova hanno
infine avuto la meglio: Gianni Letta ha convocato per oggi a Roma i
rappresentanti delle organizzazioni sindacali, della regione, del comune, della
provincia, dell'autorità portuale e anche l'associazione industriali, il gruppo
Riva e Confindustria che in un primo momento sembravano esclusi dall'incontro.
All'ordine del giorno: l'emendamento del Governo alla finanziaria che toglie al
demanio portuale l'area siderurgica dell'Ilva per assegnarla alla regione
Liguria. Con un obiettivo chiaro: azzerare le attività produttive a caldo del
gruppo siderurgico, altoforno e cokeria, alle quali lavorano 1.200 persone e
ridefinendo l'area, magari favorendo la speculazione edilizia e commerciale a
Cornigliano.
Per due giorni i giovani dell'Ilva sono scesi in strada fino ad occupare la
prefettura. Nella notte di mercoledì un gruppo di operai ha presidiato la sede
del governo. Ieri circa 500 tute blu dalle prime ore della mattina avevano
lasciato lo stabilimento ed erano tornati con i loro mezzi pesanti al centro
della città. Una protesta che alla lunga ha sortito i suoi effetti, anche se
restano ancora da definire dei nodi irrisolti. Il nuovo contenitore per
Cornigliano, delineato dall'emendamento, prevede il conferimento delle aree ad
una società per azioni alla quale potranno partecipare, a richiesta, Comune e
Provincia, con una quota, complessivamente e congiuntamente paritaria a quella
della Regione. Mentre il restante 10% potrebbe essere di un soggetto terzo come
Sviluppo Italia. Nell'emendamento vi è anche un esplicito impegno al
mantenimento della continuità occupazionale. Ma, visti gli interessi e le parti
in campo, resta da chiarire come ciò potrà effetivamente tornare a vantaggio
dei lavoratori e della qualità dell'ambiente.
Il gigante Usa di telefonia mobile Motorola ha annunciato ieri altri 9.400 tagli di posti di lavoro. Questi ultimi tagli che saranno completati nei prossimi 12 mesi portano a un totale di 48.400 i licenziamenti disposti quest'anno dal secondo produttore di telefonia mobile del mondo, se si calcolano anche i trasferimenti ad altre compagnie. Una cifra che rappresenta quasi un terzo dei 150mila dipendenti in servizio ad agosto 2000. La compagnia ha detto che, nonostante il calo previsto delle vendite in corso dal 5% al 10%, gli utili il prossimo anno dovrebbero confermare le previsioni degli analisti di 15 centesimi ad azione. La notizia annunciata dalla compagnia americana ieri ha fatto crollare tutte le borse.
Anche quest'anno è arrivato il Natale alla Ducati Motor. E con esso sono
arrivati i primi "regali". Quello destinato dal management
dell'azienda ai lavoratori è davvero speciale. Ci riferiamo al gioco del
"Grande Fratello" di cui la Ducati ha deciso di omaggiare ogni
dipendente addetto alla produzione. Ovviamente è una versione riadattata e
studiata espressamente per loro. I partecipanti sono molto più numerosi e non
sono tenuti a parlare o, piuttosto, a confessarsi.
La situazione che si è venuta a creare è la seguente: all'interno di un'area
produttiva della Ducati è stata posta una scrivania attorno alla quale il
caporeparto convoca a turno piccoli gruppi di lavoratori ai quali pone una
semplice domanda: che cosa, secondo voi, potrebbe fare l'azienda per migliorare
il lavoro svolto in questo reparto?
Al quesito può essere data una risposta orale o scritta. Il nome dato a questa
"creazione" è di "angolo delle idee", qualcosa che sta tra
il gioco del Grande Fratello e l'angolo delle Occasioni. In apparenza potrebbe
sembrare un nobile intento, quello dell'azienda, ma ben presto ci si accorge che
non è così. Ecco le proposte tipo: rendere più umani i tempi di lavoro o
prolungare le pause. Proposte immediatamente cestinate. A questo punto sarebbe
più corretto riformulare la domanda così: che cosa, secondo voi, potrebbe fare
l'azienda per aumentare la produzione senza nuove assunzioni o investimenti?
Domanda vecchia che, se posta ai lavoratori, rischia di mettere gli stessi in
competizione tra loro con l'unico vantaggio, per l'azienda, di attingere a costo
zero dalle idee dei dipendenti. Da un lato siamo lusingati dalla novità: finora
i lavoratori addetti alla produzione venivano utilizzati solo per la pura
esecuzione di operazioni, da oggi possono anche pensare. Nessuno ha detto che
possono pensare liberamente, s'intende. Infatti se il lavoratore pensa troppo o
male rischia la "nomination" e quindi viene eliminato dal gioco. Se
invece l'idea è valida la "nomination" può anche arrivare. Ma non ci
saranno veri vincitori perché i lavoratori non conosceranno migliori condizioni
di lavoro.
E' certo che i lavoratori sono gli unici veri conoscitori dei problemi legati al
lavoro. Ma un conto è cercare di risolvere i problemi, altra cosa è sfruttare
le idee dei dipendenti per eliminare gli sprechi (quelli che non creano profitto
per l'azienda). Noi invece sosteniamo proposte e modifiche che non tengano conto
solo degli aumenti di produttività, ma anche della professionalità,
dell'ambiente, della formazione e del salario dei lavoratori. Ma per le aziende
ogni accordo è un "vincolo".
Colpo politico di fine anno per il governo Berlusconi. Ieri il consiglio dei
ministri ha infatti varato le deleghe sulle pensioni e il fisco che si
aggiungono così alla delega sul mercato del lavoro che, tra le altre cose,
sospende in modo sperimentale l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Toni
trionfalistici durante la conferenza stampa dei ministri Tremonti e Maroni e del
vicepremier Fini. Nessuno era mai riuscito a liberare i soldi del Tfr per
destinarli ai fondi pensione. Lo ha detto con un certo orgoglio il ministro
Maroni, che ha anche confermato l'obbligatorietà del provvedimento. Nessun
governo era mai riuscito a varare una finanziaria come questa senza il voto di
fiducia e senza alcun emendamento. Lo ha detto Gianfranco Fini, che ha così
stigmatizzato la forza e la bravura di questa maggioranza.
I sindacati confederali, quelli autonomi e anche quelli dell'area politica della
maggioranza di governo sono tutti contrari alle misure in campo previdenziale.
Ora la partita più grossa che si sta per giocare è quella dei fondi pensione e
del conseguente ingresso in Italia delle potenti finanziarie internazionali.
Intanto anche il mondo delle piccole imprese è in subbuglio. Ieri la Confapi ha
dichiarato il suo no allo smobilizzo del Tfr.
Spintoni, ceffoni e gli ormai noti gomiti piantati nello sterno. Zittiti gli
studenti, messa nell'impossibilità di lavorare la stampa. E' bastato poco per
scatenare la reazione cinematografica dei gorilla vestitisi apposta per
l'occasione. Figurarsi la soddisfazione quando - salita sul podio Moratti - un
gruppo di studenti si alza per protestare pacificamente. Poche parole, ma
significative: "Resistenti alle privatizzazioni", "Non siamo in
vendita". Gli piovono addosso come falchi, li trascinano via.
Accorrono i giornalisti di tutte le testate e si frappongono tra studenti e
polizia (privata o dello stato si fa fatica a intuire nella calca). Mani
misteriose oscurano gli obiettivi delle macchine fotografiche, le telecamere
vengono allontanate, i taccuini sono inservibili.
Alcuni studenti piangono, altri tremano. Hanno paura, dicono, ma pure continuano
a gridare: "Gli studenti sono fuori, gli stati generali sono fuori": a
gridarlo con rabbia sono quegli studenti "democraticamente" invitati
alla grande kermesse di Lady Letizia. Che di certo ha pensato - col piglio
sicuro della manager di successo - di averli ben bene selezionati. Nel rispetto
della par condicio, per carità. Ci sarà voluto il bilancino ma i conti - per
l'azienda - sembravano tornare: la parola è concessa (quasi) a tutti.
Ci sono i cattolici, l'azione studentesca vicina ad An (splendido il lapsus
della sua rappresentante Giorgia Meloni, "Siamo a favore dell'autonomia
operaia...scusate volevo dire scolastica"), i berluschini in giacca e
cravatta di Alternativa studentesca e financo i terribili rappresentanti dell'Uds,
organizzazione vicina agli ancor più temibili Ds: ha parlato per loro Giovanni
Ricco. Va a braccio, critica, incalza, rivendica una scuola pubblica e laica.
Dalla platea qualcuno gli urla sfottente di andare a studiare. Stile e buon
gusto sono la cifra di questa kermesse. In realtà Ricco - insieme agli altre e
alle altre studenti presenti - avrebbe molto da insegnare: scopriamo che si è
maturato col massimo dei voti, studia fisica e ha la media del trenta. Quante
delle signore qui presenti con volpi argentate o dei signori d'azzurro vestiti
possono vantare lo stesso curriculum? Urla una insegnante mentre brandisce
l'album di foto di casa Berlusconi (ricordate, quello con fiori, mamme e joggin
spedito a tutta Italia sotto elezioni): "Questa è subcultura - sbotta al
secondo giorno di tortura - noi insegnanti non permetteremo che questa riforma
passi". E se ne va.
Quale discussione reale c'è stata in questi due giorni di farsa carnevalesca?
Quale confronto? Quale scambio?
Diciamolo chiaramente: gli unici ad aver creduto sul serio a questi stati
generali sono stati proprio gli studenti che ieri li hanno contestati e che per
questo sono stati malmenati. Per gli altri si è trattato di una passarella:
inchini garbati e buone maniere.
I ragazzi la passerella l'hanno subita per quasi due giorni. Non hanno
fischiato, non hanno interrotto nessun intervento né - a differenza di molti
docenti e cosiddetti dirigenti - hanno sonnecchiato. Molti di loro non hanno
esperienze politiche alle spalle eppure sono stati accusati di essere
strumentalizzati. Gli abbiamo visti macerarsi, in questi due giorni: discutere
tra loro, cercare soluzioni, mediazioni. Poi sono esplosi.
Fuori una manifestazione gigantesca e pacifica. Dentro la protesta degli
studenti invitati, di alcuni genitori ed insegnanti, della stampa tutta.
Il governo ha varato la delega sulle pensioni e quella sul fisco che si
aggiungono così a quella sul mercato del lavoro e alla sospensione sperimentale
dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, delega già in corsa in
parlamento. La riunione del consiglio dei ministri di ieri sarà archiviata come
una tappa importante nell'album di centro destra. Anche se le due deleghe non
sono ancora leggi (tempo massimo per l'applicazione, due anni, è stato detto
ieri), i ministri Maroni e Tremonti e il vicepresidente del consiglio Fini,
hanno potuto usare toni trionfalistici per descrivere la "svolta"
delle politiche economiche e finanziarie italiane all'insegna della
"competitività". Per la prima volta in Italia i soldi delle
liquidazioni dei lavoratori verranno indirizzati direttamente ai fondi pensione.
Il lavoratore potrà avere la libertà di scegliere solo a quale fondo
indirizzare i suoi soldi per la cosiddetta previdenza complementare, ma il
ministro Maroni ha spiegato che tutto il Tfr maturando andrà ai fondi stessi.
Ci saranno delle eccezioni possibili per i lavoratori che hanno bisogno di quei
soldi (magari in caso di malattie, per comprare una casa o per altre evenienze),
ma il meccanismo dovrà essere comunque garantito e le eccezioni dovranno essere
"normate". Non è chiaro invece il destino dei soldi del Tfr maturato
e di quello residuo di tutti quei lavoratori che stanno alle soglie della
pensione d'anzianità. Ma a parte le questioni di merito, quello che oggi conta
per il governo Berlusconi è il successo politico e di immagine: il mercato del
lavoro diventa totalmente flessibile, si rendono più facili i licenziamenti, si
ridocono le pensioni pubbliche (e quindi il ruolo dello stato), si riducono i
contributi dei neoassunti per sempre, si apre la strada ai fondi pensione
privati (novità assoluta per l'Italia), si cambiano le regole per andare in
pensione attraverso il sistema degli incentivi, si supera il cumulo della
pensione con altri redditi. E soprattutto si abolisce il principio della
progressività dell'imposta con l'introduzione di due superaliquote.
La forte pressione e ora l'avallo della Confindustria sono state decisive.
Lo stesso ministro del welfare, che ieri è apparso molto caricato visti i
risultati raggiunti, ha anche potuto recitare la parte del ministro dialogante,
che ci tiene al rapporto con i sindacati. A gennaio - ha detto - ricominceremo a
discutere di questi temi. Il lavoro è appena cominciato. Ma i sindacati - che
dovranno chiarire meglio la loro posizione - hanno già espresso la loro
contrarietà a tutta l'operazione e in particolare ad alcuni punti delle
"riforme" che si stanno per varare. I sindacati sono nettamente
contrari alla sospensione dell'articolo 18 e - anche se con qualche distinguo
tra Cisl e Cgil - anche alle altre novità in tema di "flessibilizzazione"
del mercato del lavoro. Tutti i sindacati (compresi quelli autonomi e di destra)
sono poi contrari alla decontribuzione per i nuovi assunti. Per tutti i
sindacati, il taglio dei contributi è una decisione assolutamente
inaccettabile.
Ma sui Fondi pensione? Inizialmente i sindacati confederali, ma anche altri
sindacati autonomi avevano sperato in una sorta di scambio con il governo.
Palazzo Chigi chiede di applicare il massimo della flessibilità e di rendere
disponibili i lavoratori a rinunciare a una parte dei loro diritti acquisiti. In
cambio, però, si era ventilata la possibilità di dare un ruolo ai sindacati
nella gestione dei fondi (sulla scia, guarda caso, del modello americano).
O cambiate città in venti giorni, o, ci dispiace, per voi non c'è più
posto. In attesa della modifica dell'articolo 18, oggi si licenzia così. Un
"regalino" per i dipendenti della nota agenzia di villaggi vacanza
Valtur. Una lettera del 5 dicembre 2001 invitava gli 80 addetti di Valtur Tour
Operator di Roma a decidere entro il 20 dicembre, ossia in soli 15 giorni, di
smontare baracca e burattini entro marzo prossimo e trasferirsi a Milano per
motivi tecnico-organizzativi. Decisione mai concordata con i sindacati,
informati del "piano di emergenza" post-11 settembre soltanto a metà
novembre. E dato che tutto il ramo d'azienda deve traslocare per decisione del
management, chi rifiuta il cortese invito è chiaramente licenziato.
"Abbiamo delle famiglie - dicono due impiegate - la nostra casa è a Roma.
Spostare 80 persone in questo modo, e domani forse anche altre 140, è una pura
follia. E' un chiaro pretesto per licenziarci". Sì, altre 140 persone,
perché in azienda temono che in un secondo tempo verrà comunicato il
trasferimento coatto pure ai dipendenti del ramo Valtur spa, anche se una
settimana fa l'amministratore delegato Maria Concetta Patti lo ha smentito.
E così, nonostante le temperature gelide di questi giorni nella capitale, gli
80 dipendenti Valtur stanno effettuando da oltre due settimane un presidio di
protesta davanti alla sede di Roma, in piazza della Repubblica, con annesso
sciopero a oltranza. Hanno anche impugnato la lettera che impone il
trasferimento: i loro avvocati affermano che i motivi tecnici avanzati
dall'azienda a giustificazione del trasloco a Milano, in realtà non sussistono.
"La Valtur dice che ormai la maggior parte dei suoi concorrenti è
concentrata a Milano e che quindi è lì che bisogna localizzare tutti gli
uffici", spiega Danilo Lelli, segretario Filcams Cgil Roma centro. "Ma
gli impiegati di Valtur Tour Operator svolgono un lavoro amministrativo, che con
i computer e il telelavoro ormai si può fare indifferentemente a Roma come a
Milano. E se Roma non è una città 'degna' di ospitare una grande azienda di
turismo, perché non spostare la sede a Parigi o a Londra, anziché a
Milano?"
La Valtur era in parte di proprietà pubblica: il 30%, che era dell'agenzia
governativa Sviluppo Italia, è passato per 18,6 milioni di euro nelle mani di
Carmelo Patti, che aveva già il 70%. Patti è un imprenditore di Castelvetrano
(Trapani), già sotto processo a Palermo per una presunta frode fiscale di circa
40 miliardi, in concorso con altre imprese di cablaggio per auto (è anche
titolare della fabbrica di componentistica Cable Elettra). Nel 2000 la Valtur ha
ottenuto 40 miliardi di finanziamento da Sviluppo Italia per creare occupazione
nel centro-sud. Si prepara a sbaraccare, dopo che il foraggiamento pubblico si
è esaurito. I sindacati, sempre concertativi, hanno già siglato un accordo
regionale con l'intero settore del turismo, attivando part-time e altri
contratti flessibili. Si accorgono sempre troppo tardi che più danno più gli
si chiede.
I sindacati hanno proclamato un'altra tornata di scioperi. Questa volta sarà
di quattro ore che saranno attuate dal 14 al 29 gennaio e articolati localmente
anche se con una regia nazionale. L'obiettivo dei sindacati confederali è
quello di "far cambiare idea al governo" sulle tre deleghe su fisco,
pensioni e mercato del lavoro e il rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Il taglio dei contributi con la progressiva riduzione della copertura
pensionistica e la sospensione dell'articolo 18 con la conseguente estensione
della libertà di licenziamento sono provvedimenti da "buon padre di
famiglia", secondo il governo. E non è proprio il caso di protestare, né
tantomeno scendere in piazza.
Per i sindacati i provvedimenti varati giovedì dal consiglio dei ministri sono
inaccettabili. E se queste sono state le reazioni ai vertici del sindacato
italiano, è facilmente prevedibile il senso di paura e rabbia che cresce agli
altri livelli sindacali e soprattutto in tutti i posti di lavoro. Sta succedendo
il contrario di quel che il premier si augura. L'Ugl, il sindacato di destra, ha
indetto lo sciopero contro i provvedimenti del "suo" governo. Il
sindacato autonomo Cisal ha aderito allo sciopero dei sindacati confederali - e
questa risulta una novità nella storia recente del sindacalismo italiano. La
Cisl della Sicilia, al termine del consiglio regionale di ieri, ha lanciato la
proposta si uno sciopero generale di tutte le regioni del Sud per riportare la
questione meridionale al centro della politica del governo. Il segretario
confederale della Cgil, Casadio, parla di inevitabile allargamento delle lotte.
Cinque giorni di sciopero di seguito, da giovedì scorso a lunedì prossimo,
periodo di punta per tutto il trasporto merci, compreso quello aereo. Lo stanno
facendo i 450 lavoratori della Dhl Aviation a Orio al Serio (Bergamo), lo scalo
principale della multinazionale in Italia.
Altissima l'adesione, oltre il 90 per cento, tra i 250 "operativi",
quelli che caricano e scaricano i cargo e lavorano nel magazzino. Un lavoro che
viene svolto quasi sempre di notte, perché i cargo volano quando non volano gli
aerei passeggeri. Il motivo dello sciopero è proprio il lavoro notturno. Il
contratto dei trasporti, applicato dalla Dhl, prevede per questi orari
un'indennità del 25%. E', invece, del 60% quella fissata dal contratto degli
aeroportuali. La differenza più che sostanziosa spiega perché i lavoratori
chiedano l'applicazione del secondo contratto e perché la Dhl non voglia
cedere, nonostante una direttiva dell'Unione europea del '96, recepita
dall'Italia nel '99, dia ragione ai lavoratori. Quella direttiva, infatti,
contestuale alla liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli scali,
stabilisce che per chi lavora in quei servizi deve valere il contratto
aeroportuale.
In teoria, toccherebbe all'Enac (Ente nazionale aviazione civile) controllare
che così sia. Ma l'Enac, sollecitata dalle Rsu della Dhl Aviation a dirimere il
contenzioso, se ne è lavata le mani. Dopo una prima giornata di sciopero, ad
ottobre, l'azienda ha offerto 125 mila di aumento mensile, come superminimo.
"L'abbiamo rifiutato perché l'indennità notturna del contratto
aeroportuale vale molto di più", spiega Ernesto Spaccamonti, delegato
della Filt Cgil. Più di un milione al mese, per chi fa il tempo pieno e prende
circa 2 milioni al mese. Va tenuto conto, però, che più della metà degli
"operativi" fa il part time, lavora 4 o 6 ore al giorno.
Stanno scioperando anche i lavoratori in formazione lavoro. Per parare il colpo
la Dhl non si è limitata a mandare i suoi manager a caricare i pacchi nei
container. Per le mansioni "sotto rampa" ha usato il personale della
Sacbo, la società che gestisce i servizi aeroportuali a Orio al Serio. Ci sono
gli estremi per denunciare la Dhl per attività antisindacale. Sette anni fa la
Dhl, prima della liberalizzazione degli scali, aveva fatto causa alla
monopolista Sabco. E l'aveva vinta. Ora, per piegare lo sciopero, si allea con
l'ex nemica.
Ma che contratto applica la Dhl negli altri scali Ue? A Bruxelles e in Spagna
quello aeroportuale. "Negli altri non lo sappiamo, non abbiamo
contatti", ammette il delegato. Che aggiunge: "Noi svolgiamo mansioni
che non sono neppure contemplate nel contratto dei trasporti. Vogliamo il
contratto che ci spetta, per evitare che un domani ci inquadrino nel settore
delle pulizie o ci facciano entrare per forza in qualche falsa
cooperativa".
Privati del diritto di sciopero dalle misure illiberali del governo
Berlusconi per "tutelare" le vacanze natalizie degli italiani, le
organizzazioni sindacali attive nel settore aereo sono dovute ricorrere al
volantinaggio per far conoscere all'utenza dell'aeroporto intercontinentale di
Roma Fiumicino le condizioni di lavoro e di stress dei lavoratori dell'intero
comparto (in Italia compreso l'indotto, sono più di 100mila addetti).
L'azione di sensibilizzazione, svoltasi contemporaneamente alla conferenza
stampa delle organizzazioni sindacali e professionali attive nel settore
dell'aviazione civile, era mirata a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla
drammatica crisi che ha colpito il settore, vitale per l'intero sistema
produttivo italiano, e con esso le migliaia di lavoratori.
Sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Italia. L'amico
americano iperliberista di Berlusconi, George W.Bush, ha varato programmi di
stampo keynesiano (32mila miliardi) per cercare di risollevare le sorti
dell'aviazione civile americana.
La crisi è stata aggravata dall'11 settembre, ma già da anni l'Alitalia è
alle prese con una mancata ricapitalizzazione, negata dalla Commissione europea,
che la fa navigare in cattive acque.
Collegamenti aerei eliminati, aerei che viaggiano semi vuoti e gli addetti che
lavorano soprattutto nell'indotto ne risentono. Orari di lavoro ridotti e
assenza di ammortizzatori sociali.
Insieme, lavoratori precari e lavoratori dipendenti per dire no alla
flessibilità e alla mancanza dei diritti. Scene di lotta di classe ieri davanti
al Call center Tim di Bologna dove più di trecento addetti dopo essere scesi in
sciopero hanno inscenato un sit in durato tutta la mattina. Adesioni in massa
allo sciopero generale indetto ieri dal sindacato Slc-Cgil-Fistel-Cisl e
Uilte-Uil alla Tim di Bologna e Emilia Romagna.
La rabbia è esplosa - due i blocchi stradali - mettendo assieme tutte le varie
tipologie di lavoratori, e sono tante, presenti all'interno del Call center.
Solo gli interinali sono circa trecento. Da questi vengono le richieste più
"radicali": stabilizzazione dei rapporti di lavoro e accesso alle
quote di salario variabile. "No al lavoro usa e getta, inflessibili contro
la precarietà", è lo slogan scritto su uno striscione. Sono sempre loro,
gli interinali, che nei prossimi giorni daranno vita a un Comitato di lotta che
tenterà di porsi come soggetto di trattativa nei confronti dell'azienda.
La maggior parte sono lavoratori giovani perchè occorrono la forza e l'energia
della gioventù per sopportare le condizioni lavorative che vigono in questo
settore della comunicazione: turni continuati di sette ore, dove la pausa pranzo
è praticamente un lusso. Lunghe ore che i dipendenti, perlopiù diplomati o
laureati, trascorrono inchiodati davanti ad un terminale, spesso senza sosta.
Ecco i risultati delle nuove politiche aziendali (non solo Tim) volte ad
aumentare al massimo la produttività: peggiorano le condizioni di lavoro e
aumentano le patologie prodotte dallo stress.
Una pressione imputabile pure alla particolare situazione di precarietà a cui
sono esposti i numerosi lavoratori impiegati al call center "forti" di
un contratto interinale ma sfruttati appieno. I contratti a termine, si sa,
espongono al ricatto costante del mancato rinnovo. Queste sono le prospettive
offerte ai giovani lavoratori del call center. Per questo molti se ne vanno.
Anche perché il 40% dei lavoratori è impiegato part time: può andare bene per
uno studente universitario, ma molto meno bene per chi ha solo quello stipendio
e deve camparci.
D'altro canto vi sono pure discutibili scelte aziendali che contribuiscono non
poco a creare disagi al personale. Soprattutto l'esternalizzazione di parti di
lavoro cui la Tim fa seguire la mancata conferma di lavoratori interinali.
Incombe anche la minaccia di allungare l'orario di funzionamento del presidio
del call center di Bologna fino alle due del mattino.
Altri segnali importanti, la solidarietà ricevuta dalla Fiom dell'Omnitel e dai
lavoratori di Atesia di Roma. In un comunicato la Flmu/Cub e lo Snater
sottolineano di cominciare a trattare da una piattaforma «proposta dai
lavoratori». Entrambi le sigle sindacali sostengono che al primo punto vanno
inseriti la conversione dei lavoratori interinali (Adecco e Ali) in contratti a
tempo indeterminato e il riconoscimento ai interinali del premio di risultato e
di pari trattamento «equiparato a quello dei lavoratori Tim».
La protesta non riguarda solo il call center di Bologna o solo il call center
della Tim: simili condizioni lavorative le ritroviamo in tutti i call center in
generale. Quindi il prossimo gennaio sarà di nuovo sciopero ma nazionale,
esteso a tutti i call center.
La Duma russa ha approvato ieri il Codice del Lavoro, il complesso di norme che regola i rapporti tra imprenditori e dipendenti delle aziende private fortemente voluto dal Cremlino. A votare a favore sono stati 289 deputati (ne occorrevano 226) mentre 131 si sono opposti. Militanti comunisti e sostenitori del governo si sono più volte fronteggiati a Mosca davanti alla sede della Duma, proprio durante i lavori di approvazione in seconda lettura. Si tratta per la Russia in assoluto del primo "codice", visto che l'Urss non aveva norme di questo tipo. Infatti, secondo la legislazione sovietica, i lavoratori - usciti vincenti dalla Rivoluzione del 1917 - non avevano bisogno di tutela dato che erano classe dominante e, attraverso il Partito, esercitavano la dittatura del proletariato. Con questo progetto di legge il governo vorrebbe modernizzare i rapporti di lavoro a dieci anni dalla dissoluzione dell'Urss. Superata nel luglio scorso la prima votazione - mentre all'esterno della Duma si svolgevano manifestazioni contrapposte analoghe a quelle inscenate in questi giorni - il progetto di legge è stato ora approvato anche in seconda lettura, superando l'esame di oltre duemila emendamenti presentati dalle opposizioni. Le nuove norme restano comunque molto contraddittorie. Introducono infatti tutele per le donne e gli apprendisti, regolano il lavoro notturno e lo straordinario, ma introducono anche la possibilità di licenziamento dopo una consultazione con il sindacato, che comunque non può condizionare le decisioni del datore di lavoro. E' proprio questo passaggio che non ha convinto l'opposizione comunista e i sindacati, che hanno ripetutamente manifestato a Mosca. Il codice stabilisce che la settimana lavorativa sarà di 40 ore. Differentemente dall'epoca precedente il singolo lavoratore può andare in ferie dopo sei mesi di lavoro e non dopo undici. Norme restrittive per quanto riguarda lo sciopero. L'organizzazione sindacale che lo dichiara deve prima ricevere l'approvazione dell'assemblea dei suoi iscritti.
Torna in discussione il contratto unico per i lavoratori dei porti. A minacciarne la soppressione è il presidente del Comitato nazionale dell'utenza portuale, Giorgio Fanfani che si appresta a tenere una riunione "tecnica" il 27 dicembre presso il ministero dei Trasporti. Il comitato intende pronunciarsi a favore della deroga "portuale" alla legge del '60 che vietava l'appalto di manodopera.
I parasubordinati, il "popolo del 10%" si ribellano. Subito dopo le feste saranno in piazza Duomo a Milano per protestare contro l'aumento delle aliquote contributive dal 13% al 17%. Una prima giornata di lotta è stata già organizzata il 20 dicembre.
La Giunta Regionale del Lazio ha deliberato proroghe di sei mesi, fino a tutto il 30 giugno 2002, il pagamento degli assegni ai lavoratori socialmente utili impegnati nei progetti attuati dagli enti locali.
La Fiat ha deciso turni di lavoro straordinari a Mirafiori e Termini Imerese,
sia il 22 che sabato 29 dicembre. A Mirafiori sono "comandati"
lavoratori e lavoratrici del 1 turno alle carrozzeria e alle presse (per le
linee Punto e Panda), e a Termini Imerese è comandato il 1 turno sulla Panda. I
sindacati hanno risposto con gli scioperi: Fim, Fiom, Uilm a Termini hanno
proclamato otto ore di fermata per oggi e per sabato prossimo; uguale copione a
Mirafiori - 8 ore oggi e il 29 - ma qui a indire lo sciopero è la sola Fiom.
A Melfi la Fiat, "per recuperare le mancate produzioni" causate dalle
scorse "nevicate", comanda due turni straordinari il 24 e il 31
dicembre (dalle ore 22 del 23 e del 30 fino alle 14 del giorno successivo). Fim,
Uilm e Fismic rispondono in una nota: "i lavoratori restino tranquilli a
casa il 24 e il 31, perché è valido l'accordo con l'azienda del 6 dicembre che
prevede la chiusura dello stabilimento in quei giorni". Il segretario della
Fiom di Basilicata, Giuseppe Cillis, per parte sua dichiara che i lavoratori
"devono stare a casa" il 24 e il 31: "perché la Fiat non ha
disdettato l'accordo, e dopo che, oltretutto, hanno già lavorato nella
festività dell'8 dicembre, per un accordo dell'azienda con Fim, Uilm, Fismic".
Ultimo annuncio Fiat: tre settimane di cassa integrazione alle carrozzerie di
Mirafiori dal 21 gennaio al 10 febbrario per la linea Marea e la Multipla - 6500
auto in meno.
Hdp, la società che controlla il gruppo Rcs e dunque il Corriere della Sera,
è alla vigilia di una scissione in due aree. Una che dovrebbe avere come
"core business" l'editoria e un'altra moda e abbigliamento, destinata
alla cessione in tempi brevi. Proprio ieri Hdp ha esaminato e avviato
l'approfondimento dell'ipotesi proposta dall'amministratore delegato Maurizio
Romiti e dal padre Cesare per un piano di scissione dei settori attualmente in
portafoglio.
Nel comunicato diffuso al termine di una riunione durata circa due ore, si legge
che il cda ha confermato l'orientamento strategico di concentrare gli
investimenti nel settore della comunicazione e "ha valutato la possibilita'
di perseguire tale obbiettivo anche attraverso modalita' diverse dalla cessione
delle partecipazioni o attività che non operano in tale area".
Con l'accusa di omicidio colposo plurimo, cinque ex dirigenti della Breda sono stati rinviati a giudizio dal giudice dell'udienza preliminare di Pistoia, e dovranno presentarsi il 18 aprile prossimo in tribunale. Per un sesto ex dirigente, oggi quasi centenario, il gup affiderà una perizia per valutare se sia o meno in grado di sostenere il processo. A dover salire sul banco degli imputati saranno Roberto Cai, Corrado Fici, Giuseppe Capuano, Franco De Gasperis e Pietro Callerio, che insieme al venerando Duilio Salvato si erano succeduti alla guida della fabbrica negli anni che vanno dal 1965, quando a livello internazionale fu ufficialmente riconosciuta la pericolosità dell'amianto, al 1982, anno in cui entrò in vigore la legge che ne proibiva l'utilizzazione. Il tempo trascorso e la prescrizione del reato hanno ridotto da 34 a 17 i casi di possibili "morti da amianto" sui quali il tribunale deciderà. Si chiude così il primo dei sei filoni di indagine aperti dal sostituto procuratore Jaqueline Magi, che indaga sulla morte di 143 lavoratori della Breda: 17 per mesotelioma pleurico, 126 per tumore ai polmoni.
E'stato firmato ieri l'accordo per i lavoratori del comparto gomma-plastica: prevede un incremento medio delle retribuzioni lorde di 136 mila lire per il recupero dello scostamento tra l'inflazione programmata e l'inflazione reale per il periodo 2000-2001. Il 66% per cento dell'incremento sarà pagato nel 2002; il 34% nel 2003. Soddisfatte le organizzazioni sindacali del settore (Filcea-Cgil; Femca-Cisl e Uilcem-Uil).
E'rottura tra l'Abi e le organizzazione dei bancari che ieri hanno tentato di raggiungere un accordo in extremis. La rottura delle trattative è giunta dopo l'ennesima insoddisfacente risposta dei banchieri alle richieste dei lavoratori sulle modalità del rinnovo del contratto in scadenza a fine anno e sul change over dell'euro. Quasi sicuramente lunedì i sindacati annunceranno uno sciopera generale della categoria che dovrebbe tenersi il 7 gennaio.
Se la neve impedisce agli operai pendolari di raggiungere la piana di San
Nicola, dove sorge la fabbrica di Melfi, è ovvio che il lavoro perduto deve
essere recuperato. Quando? In due giorni scelti a caso: la vigilia di Natale e
il 31 dicembre. Il ragionamento dalla logica padronale non è però piaciuto
agli operai dello stabilimento lucano. Non sono disposti a spalare la neve per
un padrone che si rifiuta di discutere il contratto integrativo e che guida la
linea dura della Federmeccanica e quella antisindacale di Confindustria contro
l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Così la vigilia di Natale, in una
fabbrica che non spicca per conflittualità e che recentemente ha visto pesanti
divisioni tra la Fiom e le altre organizzazioni, oltre la metà dei dipendenti
non si è presentata al lavoro, raccogliendo l'invito unitario dei sindacati.
Dal Wall Street Journal si apprende che Jack Welch, ex numero uno della General
Electric, è diventato consulente della Fiat per la gestione delle risorse
umane. Di lui ha parlato bene l'ex numero due della General Electric, Paolo
Fresco, attuale presidente della multinazionale torinese: "Jack ha passato
oltre il 50% del suo tempo nelle risorse umane e può aiutare la Fiat a
migliorare le proprie politiche del personale". Ma chi è davvero
"Jack"? E' l'uomo che grazie alla sua feroce spietatezza è stato
soprannominato "il tagliatore di teste". Il segretario della Fiom
piemontese, Cremaschi, ricorda come risolse il problema delle eccedenze nella
General Electric, inviando una letterina ai dipendenti sparsi in tutto il mondo
("anche a quelli della Nuovo Pignone, a Firenze"): "Scriveva a
ciascuno che era iniziata una gara, tutti dovevano migliorarsi e soltanto i più
bravi sarebbero rimasti, senza pietà per gli ultimi". La chiusura dello
stabilimento di Rivalta è un altro passo verso la esternalizzazione, con
produzione spostate all'estero. Nel 2003 cesserà la produzione della Panda,
costruita a Torino da 1.500 lavoratori, e la nuova vettura che la sostituirà,
la Small, volerà in Polonia. Nel 2003 cesserà anche un'altra produzione
torinese (1.800 addetti), la Marea, che sarà trasferita in Turchia.
Dopo gli stop imposti dal ministro Lunardi per le festività (ma non solo,
visto che è stato rinviato anche uno sciopero che non ricadeva nel periodo di
rispetto), i lavoratori del trasporto aereo stanno per attuare una serie
articolata di astensioni dal lavoro che potrebbe culminare con uno sciopero
generale dell'intero settore.
Per gennaio sono già stati proclamati vari scioperi: l'8 gennaio si asterrà 4
ore dal lavoro il personale e i controllori Enav; il 10 si fermeranno per 24 ore
con diverse modalità i dipendenti dei traghetti Tirrenia; il 18 è previsto uno
sciopero di 8 ore di tutto il personale del comparto aereo; il 28 si fermerà
per 4 ore il personale Enav Crav di Milano e Crav di Linate.
La crisi del trasporto aereo che coinvolge l'Alitalia, come le altre compagnie
che operano in Italia e tutto l'indotto, sta portando a un fortissimo
ridimensionamento dell'occupazione. E i primi a uscire dal mercato sono stati i
lavoratori atipici, i lavoratori con contratti a termine, quelli con contratti
di formazione lavoro. Ma non è solo il trasporto aereo l'unico problema del
settore. Nelle ferrovie le cose non vanno meglio: Confindustria e Fs sono unite
nel tentativo di non rinnovare il contratto di lavoro. Una manovra che si
inserisce perfettamente nella più ampia strategia di uccidere i contratti
nazionali di lavoro, e la libertà di sciopero.
Lunardi fa un uso strumentale e arbitrario della legge 146, di fatto impedendo
l'esercizio del diritto di sciopero. Altro problema delle ferrovie è quello
degli appalti delle pulizie: migliaia di lavoratori rischiano di perdere il
posto con la gara d'appalto che non garantisce la continuità in caso di
subentro di nuove imprese.
Al Nord tassi di attività elevatissimi e piena occupazione (1.8% il tasso di disoccupazione nella provincia di Bolzano, 3,2% nell'intero Nord-est). Al Sud i senza lavoro sono ancora il 19%, con una punta del 25,6% in Calabria. E va ancora peggio per le donne. Il tasso di attività nel Sud è al 35,8% (19 punti in meno rispetto al Nord) e il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 61% contro il 12,2% del Nord-est. Smette di crescere l'occupazione indipendente. E tra i dipendenti cade l'occupazione industriale.
Sul futuro della Postalmarket, e dei suoi 602 dipendenti, restano un sacco di
incognite. Uno dei problemi risolto è stato quello della rotazione della
cassaintegrazione. Dopo una lunga trattativa all'agenzia regionale del lavoro,
Rsu e sindacati del commercio hanno ottenuto dal commissario giudiziale che la
cig sarà a rotazione e che l'azienda ne anticiperà il pagamento rispetto ai
tempi lunghi dell'Inps.
I dieci giorni di occupazione della sede di San Bovio, dunque, sono serviti a
far cambiare idea al commissario che, entro un paio di mesi, presenterà un
piano di rilancio per ottenere dal tribunale l'amministrazione straordinaria per
lo storico marchio delle vendite per corrispondenza. Ideato negli anni '60 dalla
signora Anna Bonomi Bolchini, rilevato negli anni '90 - quando le cose
cominciavano a mettersi male per la concorrenza dei grandi centri commerciali -
dalla tedesca Otto Versand, portato sull'orlo del fallimento in tre anni dal
commercialista ed ex senatore cambiacasacca Eugenio Filograna.
L'accordo sarà valido, precisano i sindacati, se lavoratrici (la maggioranza
alla Postalmarket) e lavoratori lo approveranno con il referendum che si terrà
dopo le feste. Prevede la cig per 12 mesi, rinnovabile per altri 12. Sarà a
rotazione bimestrale e coinvolgerà mediamente 286 dipendenti. Una cifra più
bassa rispetto a quella annunciata dal commissario e, soprattutto,
"spalmata" su tutti i dipendenti.
L'ostacolo maggiore sulla strada dell'amministrazione straordinaria sono i
debiti accumulati da Filograna, che aveva rilevato la Postalmarket per poche e
simboliche lire. Banche e fornitori vantano crediti, a quanto sembra, per 100
miliardi. Per evitare il fallimento è necessario raggiungere un accordo anche
con loro, poi bisognerà vedere se si faranno avanti potenziali acquirenti.
Rischiano anche i dipendenti delle aziende fornitrici di Postalmarket, 300 nella
sola Lombardia, secondo la stima del sindacato, cioè altri 1.500 posti di
lavoro.
Ancora morti, a Roma, sotto il viadotto della Magliana. Accadde nel 1984:
otto vittime. Oggi ancora due cadaveri: l'autista trentacinquenne, Vincenzo
Errico, romano, e un passeggero.
Il bus numero 8520 della Cotral, la società di trasporto pubblico regionale,
sbatte contro il gard rail, poi striscia lungo la balaustra per una decina di
metri. Si ribalta. E finisce la sua corsa quasi dieci metri più sotto, in un
canneto, il tetto a terra e le ruote verso l'alto.
Certo è che l'autista era un neo-assunto, non dipendente della Cotral ma della
cooperativa "Obiettivo Lavoro", inserita nel programma di formazione
professionale della Regione Lazio: il giovane prestava servizio regolare da tre
settimane, dopo il consueto tirocinio e i sette giorni di prova in cui era stato
affiancato nella guida da un collega "anziano". Secondo testimonianze
dei colleghi di lavoro, era in servizio da 9 ore, al momento dell'incidente.
Gli altri passeggeri, rimasti incastrati tra i sedili del bus capovolto, erano
extracomunitari residenti a Roma, probabilmente lavoratori pendolari o giunti
all'aeroporto dopo un volo proveniente dai paesi d'origine.
Un operaio è stato travolto e ucciso ieri da un treno in una galleria tra Deiva Marina e Moneglia, in provincia di La Spezia. L'operaio, Giuseppe Piccetti, 49 anni, stava compiendo un controllo ai binari e agli scambi della stazione, una operazione di routine comunemente chiamata "controllo al piazzale", e si trovava all'imbocco della galleria Picchi che da Deiva conduce nella frazione di Framura. L'uomo aveva atteso il passaggio del treno 2181 diretto alla Spezia, in transito alla stazione di Deiva alle 10,34, e poi aveva avuto via libera sul binario dispari fino alle 11,10, orario in cui era previsto il transito di un altro convoglio. Sul binario opposto in quel lasso di tempo è transitato soltanto il regionale per Sestri Levante: l'ipotesi è che l'operaio sia stato risucchiato dal treno oppure sia accidentalmente finito sul binario sbagliato. Nessuno, sul treno 11338, partito da La Spezia e diretto a Sestri Levante, si è accorto dell'incidente, né il macchinista né gli altri ferrovieri. Il regionale è giunto in perfetto orario alla stazione di Sestri Levante ed è poi ripartito, come convoglio 11299, per La Spezia. Il corpo di Giuseppe Piccetti è stato ritrovato poco dopo mezzogiorno (circa un'ora dopo l'incidente) dal capostazione di Deiva che, non vedendolo rientrare dal giro di ispezione, ha dato l'allarme. La linea Genova-La Spezia è rimasta bloccata in entrambe le direzioni per circa tre ore.