Corriere della Sera
03 Gennaio 1985
Coraggioso e provocatorio convegno a Palermo

Il filosofo parla di mafia
sotto il segno di Nietzsche
di Emanuele Severino
Qualche settimana fa a Palermo, l’"Associazione Internazionale di Studi e Ricerche su Nietzsche", fondata e guidata da Alfredo Fallica, ha organizzato un Convegno coraggioso e perfino provocatorio. Tema: "Nietzsche e la giustizia, oggi".
La tentazione delle destre di servirsi di Nietzsche è tutt'altro che superata. Ma da tempo si fa strada il lavoro di chiarificazione che, pur non dissipando tutte le ombre, mostra l'impossibilità di riportare il grande tedesco nei ranghi di un qualsiasi schieramento politico. Tuttavia, proprio questa chiarificazione mostra come le responsabilità di Nietzsche siano ben maggiori di quelle che emergono quando, ad esempio, si voglia legare questo pensatore al carro del nazionalsocialismo. Le grandi responsabilità competono a chi riesce a pensare grandemente.
Ma il livello al quale si è portata l' "Associazione" palermitana - che è in contatto con i maggiori studiosi mondiali del pensiero di Nietzsche - le ha consentito di scavalcare impunemente il pericolo di parlare di un filosofo pericoloso, in una città dal cielo dolcissimo lacerato continuamente dalle sirene della polizia a scorta dei magistrati che indagano sulla mafia.
Alcuni di essi hanno partecipato al Convegno con una tavola rotonda, presieduta da Alfonso Madeo, su "La questione giustizia oggi in Sicilia".
Hanno parlato, tra gli altri, Vincenzo Geraci, sostituto procuratore della Repubblica, l'onorevole Aldo Rizzo, della Commissione giustizia e antimafia, gli avvocati Gallina e Riela, i magistrati Marinelli e Palazzolo.
Li ascoltavano i colleghi Viola e Caponetto. Molta intelligenza e coscienza critica della portata e dei limiti degli strumenti concettuali messi in circolazione, molta attenzione per le possibilità concrete di cambiamento, molta consapevolezza che il problema della giustizia non può essere risolto se si mantiene all'interno del punto di vista puramente giuridico.
Appunto per questo l'intreccio con i filosofi presenti al Convegno si è formato naturalmente. Ha fatto da tramite anche la consegna del sesto Premio Internazionale Nietzsche 1984 al filosofo Sergio Cotta e ad Adolfo Beria d'Argentine.
Singolari gli interventi di Corradini, ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Pisa, e del suo scolaro Alfieri, che si muovono sul terreno filosofico, con una pregnanza ormai sempre più rara tra i cultori di questa disciplina. Bent Parodi (del "Giornale di Sicilia"), è risalito alle origini delle parole decisive del linguaggio giuridico, mentre Costa (dell’Università di Palermo) ha chiarito la distanza tra il senso greco e quello biblico della giustizia. Dopo l'intervento di G. Turco Liveri (dell'Università di Roma), Franco Lombardi, una delle figure più significative della cultura filosofica italiana, ha tratto con napoletana saggezza le conclusioni: Ite, missa est. Ma questa "Messa" può aver detto parecchio al pubblico che ha assistito numeroso al Convegno; c'era la vedova di Chinnici.
Da parte mia, al Convegno, ho rilevato che l'enorme potenza assunta dalle multinazionali della droga può far temere un degrado nei rapporti tra Est e Ovest, sorretti sinora, che se ne pensi, da due grandi ideologie: quella socialista, quella capitalistica, a proposito della quale si è potuto scrivere un libro come quello di Max Weber, che mostra la connessione tra lo spirito del capitalismo e l'etica protestante. La possibilità del degrado - per quanto riguarda il mondo occidentale - è che lo spirito del capitalismo si dissoci da ogni etica e divenga pura volontà di arricchimento.
Certo, se il capitalismo vuole guidare il mondo occidentale non può prescindere dall'etica. E se le multinazionali del crimine finissero per determinare lo sviluppo dell'Occidente, dovrebbero estendere all'intero Occidente quei codici di comportamento etico che inevitabilmente devono adottare al loro interno per poter sopravvivere e vincere.
Ma i momenti più pericolosi - aggiungevo - sono quelli di transizione: quando le organizzazioni criminali, per quanto potenti, non hanno ancora la forza di strappare il potere alla legalità democratica e tuttavia ne hanno abbastanza per indebolirne e incrinarne le fondamenta. In queste situazioni di equilibrio si decide il futuro. Da parte sua, la Sicilia mostra ancora molta saggezza.
Emanuele Severino

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