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AFRODITE

 

AFRODITE la dea greca dell'amore, dai Romani identificata con Venere, è di origine fenicio-babilonese. Anche il suo nome stesso, benché in seguito posto in rapporto con la parola greca aphor " schiuma " con allusione alla sua nascita dalla schiuma del mare, pare sia semitico; si potrebbe persino pensare al medesimo etimo che troviamo nel nome degli Ebrei e di Abramo. Attenendoci a quanto scrive Erodoto (I, 105) parlando del santuario di Afrodite Urania che sorgeva ad Ascalona in Fenicia: " Questo santuario è, per quanto io ho trovato nelle mie ricerche, il più antico di tutti i santuari di questa dea, perché il santuario di Cipro è derivato da questo, come affermano gli stessi Ciprioti, e anche il santuario di Citera lo eressero alcuni Fenici, che provengono da quella stessa parte della Siria ". Queste annotazioni dello storico coincidono perfettamente con i racconti mitologici dei poeti: a Cipro alludono l'epiteto di Ciprigna usato da Omero e quello di Ciprogene con cui Esiodo chiama Afrodite. Nell'Odissea si parla inoltre del santuario della dea a Pafo nell'isola di Cipro. All'isola di Citera si richiama l'appellativo di Citerea già usato nell'Odissea; Esiodo ci racconta che la dea sarebbe nata dal mare nei pressi di quest'isola per poi passare a Cipro.

In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit. Vi si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della dea si diffuse in Italia fino a Roma, dove fu venerata col nome di Venus Erycina.

Ma per quanto nella sua genesi dea asiatica della fecondità, Afrodite in Grecia perde tutto quanto possa rammentare questa sua discendenza e diventa una divinità squisitamente ellenica. Pare per altro che in Grecia la sua immagine si sia fusa con quella di una antica divinità indigena, altrimenti non si spiegherebbe perché Pausania la chiami " la più vecchia delle Moire " ed Epimenire la faccia sorella delle Moire e delle Erinni. Anche i suoi rapporti con un dio tristo e sanguinario come Ares, dal quale avrebbe avuto Demo e Fobo (il Terrore e la Paura), ma pure Armonia, fanno ritenere che sulla figura di Afrodite abbia influito qualche antica divinità legata alla terra.

Per Omero, Afrodite è figlia di Zeus e di Dione. Esiodo invece ci racconta nella sua Teogonia un altro mito, probabilmente più antico, che pur partendo dal mito cosmico del Cielo e della Terra, ci dà un'Afrodite perfettamente greca. Narra dunque Esiodo che Urano, il dio del Cielo, si stese nell'amplesso amoroso sulla Terra, quand'ecco sul più bello sopraggiungere Crono che lo mutila. Il membro staccato galleggia sulle onde finché non si trasforma in bianca spuma nella quale si forma la fanciulla divina. Possiamo proseguire il racconto con le parole del VI Inno omerico:

... La potenza di Zeffiro, l'umido stormitore, duttile la rapì dalle onde del mare che sempre scroscia.

Le Ore dal diadema d'oro salutanti la coprirono di vesti immortali, il capo le cinsero del serio d'oro mirabilmente intrecciato. Nel forellino del lobo d'orecchio le misero fiori preziosi d'oro e ottone, indi ornarono il delicato collo e il seno lucente di collane d'oro di cui esse stesse si fregiano, allorché, cerchi d'oro nei capelli, si recano all'amena danza degli dei e alla casa del padre. Compiuta l'opra, portarono Afrodite, tutta splendida com'era ornata, agli immortali. " Benvenuta " essi esclamarono, porsero la man destra e ognun la desiderò quale sposa da condurre alla propria magione. Stupore così e meraviglia destò Citerea dalle ghirlande di violette.

Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura la navigazione. Le era sacro il delfino, l'allegro accompagnatore dei naviganti. Lucrezio dice: "Quando tu vieni, fuggono i venti e si dileguano le nuvole; per te la terra la fiorire il leggiadro ornamento dei fiori, per te sorride lo specchio delle acque del mare, e gli spazi lucenti del cielo splendono in silenzio ".

Afrodite ammansisce dunque non soltanto il mare, ma rende bella anche la terra. Ella è la dea della primavera in fiore. Le sono sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno e il mirto. Anche la mela, antico simbolo dell'amore, si trova nella sua mano.

Se la primavera è la stagione dei fiori, essa è anche la stagione che invita all'amore. Dice il V Inno omerico:

Cantami, o Musa, le opre dell'aurea Afrodite Ciprigna, che risveglia la soave brama dei numi, soggioga le stirpi dei mortali, gli uccelli alti in cielo e tutte le bestie che in gran copia nutrono la terra e il mare; tutti quanti chiedono i lavori di Citerea ornata di serti.

Era quindi ovvio che Afrodite venisse collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, ma in fondo non fu mai la dea dell'unione coniugale, quale fu Giunone. Lei era piuttosto quella potenza che spinge un essere irresistibilmente verso un altro essere. Il mortale non può opporsi alla volontà di Afrodite. " All'impeto violento di Ciprigna l'uomo non può resistere; soave si la dea a chi le cede, ma se trova l'ostinato e altezzoso,, lo tratta con inaudita durezza ", dice Euripide nell'Ippolito.

Afrodite era rappresentata, cinto il corpo di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri colombe e cigni. Suo era un cinto miracoloso che rendeva irresistibile chiunque lo possedeva, perché vi erano intessute tutte le malie d'Afrodite, il desiderio e il favellare amoroso e seducente che inganna anche il cuore dei saggi, come diceva Omero. Persino Giunone, i cui rapporti con Afrodite erano improntati a quel miscuglio prettamente femminile di amicizia puntuta e di ripicche valutate, se lo fece prestare allorché Giove aveva per la testa qualche avventura galante.

Accompagnavano Afrodite le Grazie e i geni della bramosia e della persuasione: Eros, Imeros e Peito. Suoi erano " il cicaleccio della fanciulla, l'inganno e la dolce voluttà, l'amplesso e la carezza ", come stabilisce autorevolmente Esiodo.

Ella era la bellezza in persona, la grazia e la leggiadria, e Paride, benché comprato con la promessa della bella Elena, non fu in fondo un giudice ingiusto preferendola a Giunone e Minerva e assegnandole il fatidico pomo con la scritta: "Alla più bella!" gettato dalla Discordia sulla mensa nuziale di Peleo e Teti.

Dopo d'aver concepito, da un abbraccio con l'eroe troiano Anchise, il pio Enea dovette per comando di Giove sposare Vulcano, il dio deforme del fuoco, che ella si affrettò ad ingannare con Marte, dal quale avrebbe avuto due figli, Eros o Cupido, cioè l'Amore, e l'Amore corrisposto, ossia Anteros. Ma Vulcano, al quale avrebbe dato un figlio, Priapo (secondo altri Priapo sarebbe invece nato dall'unione con Bacco), aveva - e non a vanvera - qualche sospetto che Afrodite lo stesse tradendo. Un giorno, sorpresa Afrodite in flagrante con Marte, volle avere la sua vendetta; e, circondato il letto dell'infedeltà d'una rete così ingegnosa che i due amanti vi rimasero accalappiati, li offrì in spettacolo a tutti gli dei accorsi al richiamo del marito tradito (le dee, pudibonde, rimasero nelle loro camere). Gli dei, naturalmente, si fecero delle gran risate sul conto di Vulcano.

Oltre a Marte, numerosi altri amanti furono attribuiti ad Afrodite; fra l'altro Dioniso, che l'avrebbe resa madre delle Grazie e di Imene. Anche da Poseidone, dio del mare avrebbe avuto un figlio, Rodo, la personificazione divina dell'isola di Rodi. Dall'unione con Mercurio infine le sarebbe nato Ermafrodito. Ma la sua grande passione fu Adone che doveva poi cadere vittima della furiosa gelosia di Marte. Anche senza compromettersi, aveva un debole per gli uomini in genere, come ad esempio per Faone cui donò, in compenso d'averla traghettata da Lesbo al continente, una bellezza tale da renderlo mira delle bramosie delle donne, fra cui la poetessa Saffo. Andò a finire che si considerava Afrodite anche la dea della fortuna; la si invocava nel gioco dei dadi.

Per le rappresentanti del proprio sesso, Afrodite invece sembrava - e ciò è molto femminile - non nutrisse soverchie simpatie. Basti pensare quante sventure portò ad Elena, Fedra, Pasifac e tante altre. Anche Psiche, l'amante di suo figlio Amore, venne da lei trattata in modo piuttosto umiliante.

Oltre agli appellativi di Ciprigna, Ciprogena e Citerea, Afrodite aveva fra gli altri i seguenti epiteti:

Anadiòmene (emersa dal mare)

Antheia (dea dei fiori, così chiamata a Creta)

Apostrofìa (sviatrice, sottinteso dalle passioni colpevoli)

Aurea (così la si chiama da Omero in poi)

Callìpigia (dal bel sedere)

Filomète (amante dei piaceri)

Peristèa

Pòntica

Tritònia

 


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