Il
Mito della Caverna
Il mondo dei Testimoni di
Geova è stato più volte paragonato alla società
descritta da George Orwell nel romanzo intitolato "1984".
Se io dovessi raffigurare il mondo dei Testimoni di Geova
con immagini altrettanto eloquenti e suggestive
ricorrerei senza alcun dubbio alle immagini di uno dei
più noti miti de "La Repubblica" di
Platone: il mito della caverna. Ve lo racconto con le
parole dello scrittore norvegese Jostein Gaarder tratte
dal suo romanzo: "Il mondo di Sofia":
"Immagina che un
gruppo di uomini sia vissuto fin dall'infanzia in una
caverna sotterranea, collegata allesterno da una
galleria piuttosto lunga. Immagina anche che questi
uomini, seduti con la schiena rivolta verso l'apertura,
abbiano catene al collo e alle gambe e che quindi non
possano girarsi verso la luce. Alle loro spalle, in
prossimità dello sbocco della galleria, è acceso un
gran fuoco, il cui riverbero colpisce la parete di fondo
della caverna, l'unica che gli uomini incatenati possono
vedere. Tra loro e il fuoco, poi, cè un muretto
dietro al quale vanno e vengono alcuni uomini, portando
oggetti di vario tipo (statuette di uomini o di animali,
di legno o di pietra), a volte nel più assoluto
silenzio, altre volte scambiandosi qualche battuta. Gli
oggetti sporgono al di sopra del muretto e la luce del
fuoco fa sì che le loro ombre si proiettino sulla parete
di fondo della caverna. Per gli uomini in catene quelle
ombre sono l'unica cosa esistente. Immagina ora che uno
degli abitanti sia riuscito a liberarsi dalla prigionia:
di certo si chiederà da dove provengano tutte le ombre
proiettate sulla parete della caverna. Che cosa credi che
avvenga nel momento in cui si gira verso l'apertura della
galleria? Naturalmente all'inizio sarebbe accecato dalla
luce, ma subito dopo rimarrebbe colpito dagli oggetti,
dal momento che fino ad allora li aveva visti solo come
ombre. Se poi riuscisse a scavalcare il muretto
raggiungendo così lo spazio al di fuori della caverna,
la sua meraviglia sarebbe grandissima; dopo essersi
sfregato gli occhi, sarebbe infatti stupito da ciò che
lo circonda: anzitutto scorgerebbe i colori e i contorni
precisi, poi riuscirebbe a vedere anche gli animali e i
fiori. Poi alzerebbe gli occhi al cielo e, dopo qualche
tempo, sarebbe in grado di individuare il sole: allora
capirebbe che è il sole a dare la vita ai fiori e agli
animali che si trovano in natura, come nella caverna il
fuoco gli permetteva di vedere le ombre. Questo gli fa
venire in mente i suoi compagni rimasti imprigionati
nella caverna e lo spinge a tornare indietro. Non appena
giunge nella grotta sotterranea, cerca di convincere gli
altri che le ombre riflesse sulla parete sono soltanto
copie delle cose vere. Ma nessuno gli crede: tutti sono
invece convinti che quella fuga gli abbia rovinato la
vista (infatti, essendo passato dalla luce al buio, non
riesce più a distinguere le ombre come faceva in
precedenza) e che quindi non vale la pena raggiungere il
mondo esterno. A questo punto, c'è quasi da pensare che,
se arrivasse qualcuno a liberare gli uomini incatenati,
questi lo considererebbero un nemico pericoloso e, se
solo ne avessero loccasione, di certo lo
ucciderebbero." (pp.98,99)

In questo mito, il cui
significato filosofico tralascio, vedo una
rappresentazione allegorica del mondo nel quale vivono i
Testimoni di Geova. Cerchiamo di tradurre gli elementi
essenziali mediante una catena sintetica di
identificazioni possibili:
la caverna oscura = il
mondo dei Testimoni di Geova;
gli schiavi incatenati = i
Testimoni di Geova;
le ombre sulla parete =
l'ideologia dei Testimoni di Geova;
i portatori delle
statuette = il Corpo Direttivo;
lo schiavo liberato = il
Testimone di Geova che prende coscienza della realtà
nella quale è vissuto;
lo schiavo accecato dalla
luce = il disorientamento che coglie il Testimone di
Geova in crisi;
lo schiavo che ritorna
nella caverna = il dovere, di chi ha capito di essere
vissuto in una caverna, di far partecipi gli altri delle
proprie conoscenze;
lo schiavo liberato che
non riesce a vedere le ombre = lex Testimone di
Geova che non ragiona più con gli stessi schemi mentali
dei Testimoni;
l'uccisione dello schiavo
= lespulsione dalla caverna e lemarginazione
alle quali è sottoposto lex Testimone per non
influenzare gli altri.
I Testimoni di Geova
vivono in una caverna oscura isolati dal mondo esterno,
essi dicono di se stessi che "non fanno parte del
mondo", perché il mondo viene considerato malvagio
e le persone che non abitano nella caverna sono ritenute
cattive compagnie e quindi da tenere alla larga. La
"Sala del Regno" è il loro mondo, la
congregazione è la loro famiglia spirituale, "le
sorelle e i fratelli" sono i loro amici. I Testimoni
di Geova vivono da schiavi in una caverna tenebrosa e non
se ne rendono conto, credono di vivere in un
"paradiso spirituale", nel "migliore dei
mondi possibili" di leibniziana memoria, invece
vivono in uno dei peggiori mondi possibili, un mondo
privo di libertà, un mondo fondato sulla menzogna e le
apparenze. Nel mito platoniano gli schiavi incatenati
sono costretti a guardare solo davanti a loro, ma se
riuscissero a voltarsi si renderebbero conto di vivere in
una caverna. La stessa cosa avviene nella caverna
geovista, i Testimoni di Geova sono continuamente
ammoniti a non lasciarsi distrarre dalle cose che li
circondano, vengono esortati a tenere lo sguardo rivolto
verso la meta, il traguardo, il premio e a non voltarsi
indietro come fece la moglie di Lot. Che cosa vedono i
Testimoni di Geova nella loro caverna? Essi vedono solo
immagini di paradisi terrestri: verdi vallate solcate da
fiumi e laghi limpidissimi, villette unifamiliari, prati
fioriti, frutta in abbondanza e della migliore specie,
bambini che giocano con animali selvaggi docili come
agnelli, e mentre fantasticano su queste immagini di
paradisi terrestri, made in USA, non si rendono conto che
stanno in un mondo infernale, un mondo da incubo; se solo
potessero voltarsi si renderebbero conto che alle loro
spalle ci sono i manovratori della loro
"realtà", i loro aguzzini, i membri del Corpo
Direttivo, e troverebbero anche il sentiero che conduce
alla libertà.

Liberarsi dalle catene
della schiavitù non è un'impresa facile. Prendere
coscienza della realtà in cui si è vissuti per 5, 10,
20 anni o forse più, può essere molto doloroso e
traumatico; scoprire di essere vissuti in una caverna da
schiavi e non in un paradiso spirituale da persone libere
può essere molto deludente; per decidere di uscire da
quella caverna ci vuole molto coraggio, perché molto
spesso questo comporta la perdita degli amici e l'affetto
dei propri cari; scoprire di essere stati ingannati,
raggirati, sfruttati dal Corpo Direttivo "potrebbe
essere come scoprire che i genitori in cui avevate tanta
fiducia erano in realtà dei criminali. Ma non è meglio
scoprire la verità religiosa che vivere nell'illusione?
Non è meglio conoscere i fatti che essere
abbindolati?" (cit. da La Torre di Guardia
del 1/7/1995 pp.7-8). "Non posso credere che
l'ignoranza dia felicità o che sia in qualche modo
benevolo incoraggiare la gente a vivere nell'illusione.
Prima o poi l'illusione deve fare i conti con la realtà:
più tempo ci vuole perché ciò accada, più traumatico
può essere il passaggio a causa della
disillusione". (R. Franz Crisi di coscienza,
p.486)
Lo schiavo che riuscisse
ad uscire dalla caverna dopo tanti anni vissuti al buio
sarebbe abbagliato dalla luce tanto da non riuscire a
distinguere bene gli oggetti; Platone dice che quello
schiavo dapprima cercherà di guardarli riflessi nelle
acque e solo in un secondo tempo li scruterà
direttamente, infine sarà in grado di fissare il sole di
giorno e di ammirare lo spettacolo scintillante delle
cose reali. Nella nostra simbologia questo rappresenta il
processo di liberazione che è un processo graduale; lo
schiavo accecato dalla luce rappresenta il Testimone in
crisi che si sente disorientato, non sa cosa fare, dove
andare. Tutti i Testimoni di Geova in crisi si trovano,
prima o poi, alle prese con questo problema, la soluzione
potrebbero trovarla, come la trovai io, nelle seguenti
parole di Raymond Franz: "Non sento la necessità di
andare in nessun posto. Perché conosco il
Solo che ha parole di vita eterna. Apprezzo
ledificante compagnia di quelli con i quali sono in
contatto (sia di persona che per corrispondenza) e spero
che il futuro mi riservi la conoscenza di altre persone
sincere... Quindi, mi sforzo semplicemente d'essere
cristiano, un discepolo del Figlio di Dio. Non riesco a
capire perché qualcuno possa desiderare d'essere
qualcosaltro, né comprendere come qualcuno possa
sperare d'essere qualcosa di più". (ivi p.509)
Lo schiavo liberato, prima
o poi, sente il dovere di far partecipi i suoi ex
compagni di prigionia delle proprie conoscenze,
aiutandoli così ad aprire gli occhi e a liberarsi dalle
catene della schiavitù. Ma nella caverna platoniana come
in quella geovista, scattano immediatamente i meccanismi
di difesa per arginare l'influenza negativa di questo
perturbatore "dell'ordine teocratico", si
tratterà inizialmente di unemarginazione parziale,
infatti le regole della caverna impongono di tenere alla
larga, di guardarsi dalla compagnia di chi "continua
a trovare da ridire su ciò che sappiamo essere la
verità biblica o continua a fare commenti in tono
scettico o negativo" (cit. da La Torre di Guardia
del 1/8/1993, p.16), successivamente quello schiavo che
ha capito ciò che non doveva capire viene espulso dalla
caverna e agli abitanti in essa viene ingiunto di non
avere più alcun contatto con quel pericoloso
"apostata".
La libertà ha un suo
prezzo. Siete disposti a pagarlo? O preferite continuare
a vivere nell'illusione di essere persone libere, mentre
in effetti vivete in una caverna da schiavi? Ricordate
che "Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene
libero senza esserlo" (W. Goethe). E allora,
abitanti della caverna, liberatevi dalla schiavitù della
Torre di Guardia, uscite da quella caverna oscura e
tenebrosa, abbiate il coraggio di guardare in faccia la
realtà, solo così scoprirete la verità e "la
verità vi farà liberi".
Jonathan Livingston
(pseudonimo di un
Testimone di Geova dissidente)
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