Lazione del Prc per aggredire la disoccupazione di massa
Primo: la legge sulle 35 ore «Loffensiva padronale è tutta ideologica e politica» Tina Menotti intervista Alfonso Gianni |
Liberazione 21 dicembre 1997
ROMA «Prodi ha detto che il 1998 sarà lanno dell'occupazione e noi lo prendiamo in parola». E' questo il commento di Alfonso Gianni, membro della direzione del Prc, sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio relative all'emergenza occupazione. Questa volta il governo non si potrà fermare a dichiarazioni di intenti, né a interventi che seppure significativi non hanno respiro strategico. Il governo ha assunto degli impegni e deve concretizzarli.
Quali le risposte concrete che il governo deve dare alla disoccupazione di massa?
La prima misura è l'attuazione, entro i termini previsti, dell'impegno che il governo ha assunto a presentare una proposta di legge per la riduzione dellorario di lavoro a parità di salario. Il termine concordato è il 31 di gennaio e per quella data è necessario che emerga un testo chiaro e che contenga le norme necessarie. Dall'aumento del costo del lavoro straordinario, per evitare che ci siano dilatazioni della giornata lavorativa, a un sistema di incentivazioni, perché alla riduzione dorario corrisponda una maggiore occupazione, a misure tese a contenere lintensificazione del lavoro durante il periodo dell'orario ridotto. E soprattutto che la data entro la quale le 35 ore vanno realizzate, resti il primo gennaio del 2001. Ma se la riduzione d'orario è una condizione assolutamente necessaria per creare occupazione, non è però sufficiente. Bisogna creare nuovi lavori particolarmente nei settori di pubblica utilità.
Queste misure daranno risposte concrete anche nel Mezzogiorno?:
Per il Mezzogiorno c'è la necessità di uno sforzo straordinario. Nel prossimo vertice di maggioranza, a cominciare da domani, porremo con forza la questione. Bisogna intervenire creando un'Agenzia per il Mezzogiorno. Come è noto su questo punto la nostra proposta non è passata. Noi pensavamo ad una azienda che avesse capacità di assunzione: 300mila unità in tre anni, con l'assorbimento anche delle borse lavoro create con il cosiddetto pacchetto Treu. Tuttavia è necessario che almeno l'Agenzia si crei e noi presenteremo una nostra proposta di legge, Per il Sud è necessario mettere a punto una politica di reindustrializzazione e puntare con forza agli interventi nei settori di pubblica utilità. Il Mezzogiorno è una miniera a cielo aperto, le sue ricchezze ambientali e artistiche devono essere valorizzate. Su questo è possibile rilanciare il ruolo programmatorio dello Stato senza, per questo, diminuire il peso e le responsabilità di Regioni e Comuni. E' necessario un concerto di forze ed energie proprio perché la situazione del Mezzogiorno continua ad arretrare e a peggiorare rispetto al Nord. Tra le misure immediate noi porremo con forza anche la necessità di dare attuazione a tutte le domande fatte per usufruire delle borse di lavoro, strappate da Rifondazione nell'ambito del pacchetto Treu, che sono arrivate a 190mila rispetto alle 100mila previste. Per soddisfare tutte le domande si possono usare i fondi residui presso le Regioni e alla Comunità. Altri interventi che il Mezzogiorno richiede sono quelli legati all'agricoltura: bisogna cambiare le norme e le regole a livello comunitario affinché i finanziamenti siano vincolati alla creazione di occupazione in agricoltura e non, invece, al suo smantellamento.
Sulla riduzione dell'orario di lavoro il sindacato insiste molto sulla contrattazione, rispetto al varo della legge.
La posizione del sindacato è diversificata. C'è una posizione di chiusura molto forte nella Cisl e nella Uil e una maggiore disponibilità da parte della Cgil. Comunque sia, la legge che noi dobbiamo costruire non vuole sostituirsi alla contrattazione, ma deve essere uno stimolo alla contrattazione. La legge definirà solo la data entro la quale le 35 ore vanno realizzate e gli incentivi per aiutare la contrattazione. Quello che succede da qui a quella data è appunto materia della contrattazione. La riduzione dorario è uno di quei casi in cui tra la legge e la contrattazione non ci deve essere contrapposizione ma un raccordo di tipo virtuoso. E' possibile raggiungere l'obiettivo agendo insieme sul versante legislativo e su quello contrattuale.
Nel tessuto produttivo esistono esperienze di riduzione dell'orario di lavoro, alcune anche al di sotto delle 35 ore. Perché allora gli imprenditori fanno muro contro la riduzione dell'orario?
L'offensiva padronale ha delle ragioni ideologiche e di politica generale che non hanno nulla a che vedere con la struttura del tessuto produttivo italiano. Purtroppo, però, le piccole imprese (quelle al di sotto dei quindici dipendenti) saranno escluse dalla riduzione dell'orario di lavoro entro il primo gennaio del 2001. Il fatto è che gli imprenditori fanno della flessibilizzazione della prestazione lavorativa su scala internazionale uno dei punti del loro processo di ristrutturazione capitalistica del lavoro. Ovviamente una riduzione d'orario generalizzata fa saltare questo loro disegno. Il problema degli imprenditori non è tanto la legge, quanto il concetto di riduzione generalizzata. In cambio, per esempio, della turnazione notturna possono tollerare qualche accordo aziendale, ma non vogliono accettare la riduzione generalizzata che pone la linea di tendenza dello sviluppo su un versante completamente opposto da quello verso cui loro si muovono.
Come sostiene Jeremy Rifkin, le imprese si preoccupano ostinatamente di aumentare la produttività e diminuire i costi, ma "costituzionalmente" non riescono a porsi il problema redistributivo, e cioè a chi vendere i loro prodotti. E così?
Rifkin ha perfettamente regione. E su questo è stato ancora più categorico: se in tempi brevi l'orario settimanale di lavoro non scenderà a 32 ore e non si appronteranno altre misure si rischia una crisi economica di ampiezza simile a quella del '29. La questione che si presenta è sempre la solita: gli industriali cominciano a vedere un po più lontano, quando vanno a "sbattere il muso" su situazioni di grandi crisi. La loro strategia si limita a realizzare il massimo profitto nel più breve tempo possibile. Questa è la filosofia nell'epoca della globalizzazione.
A livello europeo la Francia è rimasta abbastanza isolata nel chiedere politiche attive e investimenti di risorse sul fronte dell'occupazione, e ha prevalso, invece, la posizione di chiusura della Germania. Come si possono ribaltare i rapporti di forza In sede di Unione europea?
Il vertice straordinario sull'occupazione tenuto si a Lussemburgo ha avuto senza dubbio un esito deludente. Quello che resta è che in Europa in modo sempre più netto si fronteggiano due posizioni. Una politica che ha nel governo francese un punto di forza, e su cui, con maggiori difficoltà si allinea, anche grazie alla nostra pressione, il governo italiano e di fronte c'è la linea di opposizione delle ricette neoliberiste rappresentata da Kohl. Questo scontro è destinato ad intensificarsi e il suo esito, come in tutti gli scontri sociali non può essere predeterminato. Quello che noi possiamo fare è essere protagonisti e non spettatori. Organizzando il movimento a livello sovranazionale, con manifestazioni e appuntamenti di massa a livello europeo. E' significativo che anche in Belgio i sindacati si muovano ormai con decisione sulle 35 ore. Per dare gambe al movimento in Italia e per rinsaldare i legami a livello internazionale il nostro prossimo appuntamento è un grande convegno a Milano dal 12 al 14 febbraio.