La bancarotta dei diritti

Giovanni Russo Spena

Liberazione 11 dicembre 1997

Stiamo celebrando il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la retorica viene versata a piene mani da governanti e potenti.

Ma di che cosa stiamo parlando? Di un grande, amaro tradimento, giuridico e politico. Di una Società delle Nazioni nata, pur con tutti i suoi condizionamenti storici, nella temperie liberatrice della vittoria contro il nazifascismo e naufragata nei comitati d’affari che dirigono, come nuovo "governo mondiale", i processi di ricolonizzazione e di moderno imperialismo.

Vogliamo parlare di Silvia Baraldini? O del Chiapas? O dei meninos brasiliani? O della magistratura israeliana che consente l'uso di "moderata pressione fisica" sui detenuti sospettati di essere a conoscenza di informazioni "vitali"?

Dobbiamo, purtroppo, riconoscere una bancarotta democratica: i diritti umani sono il grande spettro che si aggira oggi per il mondo. Non esistono, non vengono rispettati. In genere ne parlano i paesi imperialisti per imporre i propri metodi di valutazione ed i propri giudizi per sfruttare e rapinare meglio le "periferie" del mondo.

Come fa il Nord del mondo a parlare dei diritti delle donne? Come fanno a parlare dei diritti dei bambini e dei fanciulli paesi e multinazionali che hanno razionalizzato la "pedofilia del profitto" rinserrando bambini e bambine negli scantinati e nei garages dei lavori a domicilio, del caporalato di massa, dei lavori sommersi e nerissimi, delle moderne schiavitù? Avrà un qualche significato il fatto che la Borsa di New York si impenna quando l'occupazione cala e viceversa?

«Non c’è pace, nel mondo, senza giustizia», usava ripetere, nell’Abbazia Fiesolana, padre Balducci. Non vi sono, cioè, diritti umani senza diritti sociali, sia individuali che collettivi. Non vi sono diritti umani senza conflitto, senza democrazia conflittuale, senza lotta per le libertà e la liberazione. Una società senza identità, mercificata, alienata, deprivata di senso, non conosce diritti umani (anzi, della persona, della donna e dell’uomo). Sono banalità. Ma è l’aspra realtà.

Per chi parla molto di diritti umani, il confine tra la retorica e la truffa è, nei nostri anni, sottilissimo. Sarebbe meglio, invece che fare chiacchiere sui diritti, battersi su un tema (che assume un’importanza inedita rispetto alla Dichiarazione universale di cinquant’anni fa) che è un caleidoscopio ed una concentrazione dell’insieme dei diritti negati dalla cosiddetta "modernizzazione" capitalistica: parlo di rifugiati economici e politici, dei naufraghi dello sviluppo, di coloro che reclamano un asilo politico.

Solo la merce è libera di circolare nella "nostra Europa", non chi la insegue disperatamente per sopravvivere? E si può anche morire nelle acque del Canale d’Otranto per un "respingimento" un po’ troppo deciso...? Di questo parlo quando alludo ai diritti universali. Il resto è solo noia. Ma, del resto, non è anche nei diritti della persona il nostro "azzardo" comunista?