Prc: il governo intervenga contro lo smantellamento Sergio Bellucci (responsabile dipartimento Comunicazione di massa Prc) |
Liberazione 30 ottobre 1997
I freddi numeri potrebbero ingannare sul loro vero significato. I tagli annunciati dall'amministratore delegato dell'Olivetti, Roberto Colaninno, come preannuncio della fusione con la statunitense Wang, non segnalano un semplice ridimensionamento occupazionale, ma il definitivo smantellamento dell'industria informatica privata di questo Paese. E' un secco arretramento per l'Italia nella divisione mondiale del lavoro, un ulteriore processo di marginalizzazione industriale a favore di aziende straniere e dei mercati finanziari.
L'industria più avanzata, di quello che viene definito come lo "sviluppo economico del futuro" sta uscendo definitivamente dai nostri confini. Lo stesso gesto simbolico che porterà il trasferimento del "ponte di comando" della Olivetti da Ivrea a Boston, evidenzia un processo di impoverimento della capacità strategica e dell'autonomia imprenditoriale del nostro apparato industriale. E' una sconfitta per l'intero Paese, in particolare per le prospettive quantitative e qualitative delloccupazione per i prossimi decenni. Si tenta di ricacciare l'industria informatica nei "garage" e nei "sottoscala" per renderla più flessibile alle strategie dei grandi colossi Nordamericani .
L'ultima industria informatica del vecchio continente, in assenza di una strategia nazionale ed europea si piega ai destini del mercato lasciato a se stesso. L'accordo che si sta chiudendo con la Wang assegna all'Italia un ruolo di dipendenza e subalternità che non può essere accettato, non solo per gli effetti diretti della società interessata allassorbimento ma, anche, per tutti gli altri centri produttivi della ex-Olivetti che sarebbero lasciati al proprio destino. Infatti, importanti aziende come la Modinform o la Olivetti Ricerca, tutti situati nel nostro Centro-Sud, ove a volta rappresentano l'unica realtà industriale, rischiano lo smantellamento ed una destrutturazione totale.
La collettività nazionale non può permettersi che, proprio nei settori strategici ed in quelli dell'innovazione tecnologica, si attuino politiche di ridimensionamento sia sul piano industriale, sia su quello occupazionale. Non si può prescindere dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca, se si vuole aprire al Paese una prospettiva che leghi sviluppo e nuovi livelli occupazionali. Per fare questo occorrono scelte coraggiose, che rifiutino la logica della "laissez-faire" e puntino sulla capacità progettuale della politica. Occorre, in altre parole, che il governo dica la sua. Non si può assistere, in un silenzio complice, alla fine di un settore industriale dal quale dipende la collocazione del nostro Paese nel novero di quelli più industrializzati.
Lo Stato ed il governo non possono scegliere la solita e semplicistica strada degli ammortizzatori sociali. Lo stesso arretrato testo della bicamerale incentrato sul presidenzialismo e sulla cultura "privatistica", afferma che, laddove il privato non sia in grado di garantire un bene o un servizio, sia lo Stato a farlo. E' quel ruolo di "supplenza" che noi critichiamo fortemente, ma che in questo caso non può essere ignorato. L'industria informatica, infatti, non è un affare "privato". Il governo italiano deve dire a quale destino pensa per questo settore. Per Rifondazione comunista quelle donne e quegli uomini che per l'attuale gruppo dirigente dell'Olivetti sono esuberi, rappresentano, invece, un investimento strategico del quale il Paese non può privarsi.