Benzina, ovvero il pubblico garante della concorrenza

Nico Perrone

Liberazione 28 marzo 1997 (editoriale)

L’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) è in via di graduale privatizzazione: finora è stato immesso sul mercato il 30 per cento circa delle sue azioni e si attende che altre quote vengano collocate. Ma Rifondazione Comunista chiede che almeno il 51 per cento del capitale di questa holding resti nelle mani dello stato italiano, affinché essa continui a svolgere una funzione - nell’interesse dei cittadini italiani - di contenimento del potere degli oligopoli stranieri.

La riduzione di 50 lire sul prezzo dei carburanti AGIP e IP - pur essendo limitata ai grandi impianti automatizzati (in tutta Italia soltanto 270, su un totale di 11 mila) e pur presentando rischi per l’occupazione degli addetti alle pompe (la FEGICA, che rappresenta il 25 per cento dei benzinai, prevede 10 mila licenziamenti) -, più che una rottura drastica degli accordi e del fair play con le società straniere, rappresenta il tentativo della holding petrolifera dello stato italiano di avviare una reale logica di concorrenza.

La cosiddetta liberalizzazione dei prezzi, assai sbandierata, nei fatti aveva portato a oscillazioni dell’ordine di sole 50 lire al litro: nulla rispetto alla concorrenza reale, sul filo del costo industriale, in atto, per esempio, in Francia e Inghilterra. La Shell e la ESSO hanno anzi dichiarato che, una riduzione fra le 40 e le 50 lire, veniva già praticata in diversi loro impianti.

Dunque, nonostante l’irritazione manifestata da parte delle società petrolifere straniere, siamo per ora soltanto davanti a un segnale: staremo a vedere se ne verrà una reale lotta di concorrenza.

Il mercato petrolifero, in Italia e nei suoi riflessi nei luoghi di produzione, si è retto finora su base sostanzialmente oligopolistica: dell’oligopolio, in tutta evidenza, ha fatto parte anche l’ENI, una volta assurta al rango di star internazionale. Non può neppure escludersi che questa mossa sia solo un’avvisaglia per la lotta che avrà come oggetto proprio il controllo dell’ENI.

Comunque, da questa vicenda, vengono fuori motivi ancora più forti a sostegno del controllo pubblico delle holding energetiche: visto che si parla continuamente di mercato, è bene tener presente che il mercato deve essere realmente concorrenziale, a tutela dei consumatori e non in funzione di più elevati profitti. Per come si erano messe le cose in questo campo, solo una forte e autonoma presenza dello stato può garantire una reale concorrenza.

Il risparmio di questa operazione viene indicato dal ministro delle finanze, Vincenzo Visco, in mille miliardi su basse annua. Si tratta di una valutazione forse un po’ esagerata, ma il punto essenziale è quello della reale concorrenza e della reale liberalizzazione dei prezzi, di cui abbiamo detto. Due corollari, ai quali puntano l’ENI - in questo d’accordo con gli altri petrolieri - sono la riduzione degli impianti (attualmente 27 mila contro i 18 mila della Francia) e il contenimento dell’utile dei gestori (attualmente circa 80 lire al litro, contro le 37 della Germania). Alla fine di questo processo di "modernizzazione" e di "omologazione agli standard europei" – come lo definisce l’ENI - anche i prezzi al consumo dovrebbero avvicinarsi a quelli degli altri paesi europei (la benzina verde, per esempio costa 1.639 in Inghilterra e 1.392 lire in Svizzera), ove il prezzo, al netto delle tasse è di circa 70 lire inferiore a quello italiano.

Quello di cui non si può assolutamente fare a meno in questa complessa vicenda, sono il controllo pubblico dell’ENI e l’impegno del governo per una sua reale funzione di rottura dell’oligopolio.