Coscienza critica di massa, oltre la concertazione Daniele Calosi (del Comitato centrale Fiom) |
Liberazione 25 ottobre 1997
L'accordo tra il Prc e il governo per la legge sulle 35 ore ha scatenato reazioni inconsulte di quegli attori sociali che si sentono esautorati di un potere senza vincoli sulle classi subalterne, incentivato dagli accordi del '92-'93, con cui le condizioni dei lavoratori sono state subordinate alle compatibilità del mercato e dellimpresa.
Il nuovo verbo, anche nei luoghi di lavoro, allora, è stato "concertare". Ovvero, raggiungere gli accordi, considerando i lavoratori come elementi soggiacenti alle leggi del mercato. Leggi con cui i rapporti di lavoro sono divenuti più flessibili, precari, meno retribuiti, senza favorire una soluzione per il dramma occupazionale.
Possiamo, però, affermare oggi, senza alcuna remora, di avere visto un nuovo segno. La riduzione per legge dell'orario consiste proprio in questo, pur non essendo l'unica soluzione ai problemi sul tappeto. E pare degno di nota, tuttavia, un deficit di analisi del problema nelle parti sociali, Confindustria e sindacati. Sostenere la titolarità della concertazione sulla riduzione d'orario significa minare la sovranità del parlamento e negare, così, quelle norme di civiltà che rendono vivibile e democratica una moderna società. La posizione assunta dalla Confindustria dimostra, dunque, il suo autoritarismo reazionario e come, grazie alle politiche concertative, le imprese abbiano trasformato gli aumenti di produttività, in profitto puro e semplice, senza alcun segnale redistributivo. E' logico, perciò, che la legge metta in crisi, non solo la concertazione, ma pure i concertanti: perché si creano le condizioni per proporre un sistema di sviluppo svincolato dalle logiche liberiste.
Il sindacato, d'altra parte, anziché difendere la legge - come sarebbe logico - le contrappone la contrattazione. La verità è che Cgil, Cisl, Uil si sentono private di ruolo, poiché la concertazione ha svuotato il loro potere contrattuale, portandole su una strada sempre meno autonoma dalle scelte economiche e sempre più lontana dalle domande della sfera sociale. E noi lavoratori possiamo ben notare, più di altri, quanto sia carente oggi il soggetto negoziale per eccellenza. E' indispensabile, perciò, ricondurre il sindacato su un terreno più vicino a quella parte di società che dice di rappresentare, coscienti che va aperta una discussione nei luoghi di lavoro e nelle organizzazioni su cosa significa lavorare meno e costruire una migliore qualità della vita, fuori e dentro la fabbrica, per dare le risposte a quei giovani che oggi non sanno cosa vuoi dire lavorare, perché il lavoro non c'è. Attivare una coscienza critica di massa, quindi, può e deve essere compito di ognuno di noi. Anche per questo vogliamo iniziare ad affrontare tale compito, in piazza a Roma il 25 ottobre.