Il caporalato, ovvero flessibilità totale Tina Menotti intervista Angelo Leo (Area programmatica comunisti della Cgil -Puglia) |
Liberazione 21 ottobre 1997
BARI. Sul fenomeno del caporalato in agricoltura, la gestione più flessibile del mercato del lavoro e battistrada per tutti gli altri settori produttivi, abbiamo intervistato Angelo Leo, coordinatore regionale dell'Area programmatica comunisti della Cgil Puglia, che da anni lavora con i braccianti pugliesi.
Quando si parla di caporalato si pensa che sia una questione antica, un problema residuale...
Già in altre occasioni ho contraddetto questa credenza. Il caporalato è un fenomeno moderno che è figlio, paradossalmente, della modernizzazione dellagricoltura e del nuovo mercato del lavoro. Più esattamente della concezione liberista del mercato del lavoro. I caporali hanno la funzione moderna di liberare le aziende da "lacci e lacciuoli", dai condizionamenti che possono subire dal sindacato e anche dalle stesse regole dello stato in materia di mercato del lavoro. La funzione dei caporali è quella di fornire la manodopera con illimitata flessibilità, a condizioni più che ottimali per l'azienda. Se il mercato, in quel momento e in quella data regione agricola, ha bisogno di abbassare i salari, i caporali reclutano la manodopera ad un salario più basso; se hanno bisogno di farli lavorare più ore di quelle che sono determinate dalle leggi e dai contratti, i caporali possono impunemente avere questa funzione.
Quali sono le condizioni di lavoro?
L'orario di lavoro è flessibile: va dalle 7 ore, quasi l'orario contrattuale che invece è di sei ore e 20 minuti, e arriva anche fino a 12 ore al giorno; il salario è mediamente la metà di quello contrattuale. Se il salario contrattuale è di 80-90 mila lire al giorno, quello che viene pagato è di 40-45 mila lire. Ma si può arrivare a 30 mila lire giornaliere.
Come è nato il fenomeno in Puglia?
Questo fenomeno è nato agli inizi degli anni Sessanta. Gli stessi braccianti che avevano il possesso di un mezzo di trasporto, per lo più emigranti tornati dalla Germania, hanno iniziato a trasportare i lavoratori dalle aree di collina, più popolate, alle zone agricole di pianura: si percorrevano anche 200 chilometri tra andata e ritorno. Non c'è voluto molto perché la dipendenza si trasformasse in vero e proprio business: il caporale su un sotto salario di una donna preleva non meno del 30%. Se un'azienda dà al caporale 50 mila lire di salario per ogni donna, il caporale ne trattiene non meno di 15.000. Di qui l'uso dei furgoni sovraccarichi e, quindi, i continui incidenti stradali, spesso letali. E poi l'uso dei pullman perché questo consente di trasportare non meno di 50-60 donne, con punte anche di 80 donne.
Mi sembra di capire che i lavoratori agricoli sono prevalentemente donne.
Sì, gli uomini sono una minoranza. Nell'agricoltura mediterranea, in quella pugliese, lavoravano quasi esclusivamente le donne.
Che impatto ha il caporalato sulle piccole, medie e grandi imprese?
Non c'è una differenza, utilizzano il caporalato tutte e tre. E' sempre l'azienda a stabilire il prezzo. E un errore considerare il caporalato una sorta di forza autonoma che si impone sui lavoratori e sulle aziende. I caporali sono invece al totale servizio dellazienda. Negli ultimi tempi c'é stato qualche caso di caporalato legato alla malavita organizzata, che all'inizio taglieggiava i caporali, poi ha imposto il suo ingresso nella gestione diretta dei braccianti: è allora che c'è stato qualche scontro tra caporali e piccole aziende. Ma il fenomeno è ancora marginale. Quello che invece è importante è che i caporali sono al servizio delle aziende, che li usano per avere un mercato del lavoro totalmente flessibile. L'illegalità viene usata per essere concorrenziali con l'agricolture dei paesi della fascia mediterranea.
La cosa peggiore è che le aziende pugliesi premono perché questa situazione venga legalizzata. Se non ci fossero stati gli emendamenti di Rifondazione comunista, il lavoro internale avrebbe, pari pari, legalizzato il caporalato, estendendolo a tutti i settori produttivi. L'obiettivo era quello e non hanno rinunciato. Così come non rinunciano all'introduzione delle gabbie salariali. La stessa Cisl parla di riduzioni salariali per favorire lo sviluppo; nella Cgil ci sono resistenze, ma non so fino a quando dureranno. Abbassare i salari per favorire lo sviluppo è una mistificazione, perché i salari bassi ci sono già e lo sviluppo non c'è.
Come può essere sconfitto il caporalato?
Le proposte ci sono, sono state avanzate. Intanto non bisogna accettare la "legalizzazione" di questo fenomeno e respingere, dunque, le gabbie salariali. Bisogna poi creare un sistema di trasporto pubblico, con un consorzio interregionale di trasporto, per esempio, ed eliminare totalmente il trasporto illegale con i caporali. In Puglia e Molise ci stiamo muovendo in questa direzione.