Assemblea a Livorno con Cossutta.

Un Prc radicato nel territorio

Carlo Benedetti

Liberazione 1 novembre 1997

LIVORNO Una fredda serata annuncia l'inverno, ma il calore della manifestazione vince su tutto. E così la Livorno dei cantieri navali, degli operai, dei tecnici e tutta quella che si riconosce in Rifondazione comunista si ritrova puntuale all'appuntamento. E si comprende che questa è una assemblea di tipo particolare che nasce sull'onda delle ultime vicende politiche e che serve, appunto, per, "tastare" il polso al partito, ai suoi quadri, al suo elettorato. L'impatto è buono sin dal primo momento perché la sala del "Terminal" della stazione marittima - dominata da un cartello con su scritto: "Da Piombino alla Piaggio, l’azione dei comunisti e la ripresa della lotta per il lavoro e la democrazia" - è gremita.

Ed è una platea attenta, disposta al ragionamento. E il ragionamento, puntuale, insistente, denso di notizie, analisi e riflessioni sarà appunto quello del presidente del Prc Armando Cossutta. Un intervento, il suo, pacato - nello stile di un colloquio - che si snoda per alcune ore ed è tutto caratterizzato da una insistenza sullo stato del partito, sul suo modo di essere e di reagire. Ma anche sulle prospettive e sugli impegni da prendere non solo qui a Livorno, nelle fabbriche della Toscana, ma in tutto il paese.

Rassegna globale, quindi dove risaltano precise indicazioni. E la più significativa - dal punto di vista della vita stessa del partito - è questa: è nei momenti più difficili che si riscopre la necessità di avere un partito ancorato alla vita sociale, caratterizzato da un forte insediamento nella realtà di tutti i giorni.

Un partito - precisa Cossutta - che ha vissuto e sofferto, giorno per giorno, la recente crisi politica. E dicendo questo ripercorre le tappe dell’intera vicenda che si è snodata nelle aule del parlamento con grandi momenti di tensione, discorsi, interventi, dichiarazioni. Parla poi di "stretta" e sottolinea il valore delle proposte positive venute in ogni momento dal Prc. Ed evidenzia quei risultati "che sono stati ottenuti", e lo fa mettendo sempre in rilievo che si è giunti a una soluzione positiva perché si è anche riusciti a dimostrare che "con noi bisogna discutere e concordare le azioni". La sottolineatura di questo aspetto è forte e Cossutta ricorda ancora che "senza il Prc non c'é nessuna maggioranza".

Poi passa a ricordare la forsennata campagna che si è scatenata contro Rifondazione. E cioè contro un partito "colpevole" di aver "puntato i piedi". Colpevole cioè di aver fatto valere i diritti della gente, di aver difeso il valore delle scelte fatte. E da tutta questa insistenza - un deciso "non mollare" e un forte "restare ancorati alla vita del paese e della gente" - Cossutta mette in evidenza i risultati ottenuti: dalle pensioni alla sanità, all’orario di lavoro. E c’era – ricorda polemicamente – chi riteneva Rifondazione uno schieramento velleitario carico di proposte irrealizzabili. Viene fuori, invece, il Prc delle proposte, dell’impegno, dell’insistenza, della linearità.

Non abbiamo mai chiesto – continua Cossutta – l’impossibile perché ci siamo sempre ancorati alla realtà. Siamo, infatti, una forza che vuol risolvere. E lo abbiamo - dice ancora - dimostrato a tutti facendo vedere che non siamo stati e non siamo subalterni, subordinati. Quindi un Prc carico di grande duttilità, di capacità tattica; fermo e duro a rischio di insanabili lacerazioni all’interno delle stesse forze popolari.Al limite di una rottura drammatica. E su questo aspetto Cossutta insiste particolarmente. Parla di lacerazioni che potevano divenire pesanti, gravi. Ma, ormai, tutto è alle spalle? Cossutta non sfugge all'interrogativo e cerca di analizzarlo, di scrutare i lati dell'intera questione vissuta in queste ultime settimane. Ricorda il difficile rapporto con un sindacato che divide gli operai dagli impiegati, ne denuncia i passi indietro e ne evidenzia gli atteggiamenti.

Sono - dice - indispettiti perché il Prc è riuscito ad ottenere quello che loro non sono riusciti a fare. Poi la critica al Pds di D'Alema. E qui ricorda che i pidiessini si devono mettersi in testa, per sempre, che Rifondazione non è una invenzione frutto del volontarismo. Parla di due sinistre cariche di differenze reali per poi tornare a dire che il Pds vorrebbe annientare il Prc, distruggerlo magari con qualche legge elettorale. Oppure assorbirlo con operazioni da Cosa 2, 3, o 4... Ma D'Alema - insiste Cossutta - non vede cosa sta accadendo in Europa? Non vede gli esempi della Francia, delle due sinistre? E, infine, al D'Alema della Bicamerale ricorda le precise responsabilità, le colpe per quanto avvenuto.

Affronta poi quello che sarà il nodo conclusivo di tutto il suo intervento. Le lacerazioni, insiste riferendosi all'atteggiamento nei confronti del governo Prodi, potevano essere pesanti. E qui si innesta il discorso sulla necessità della tenuta politica. Problemi attuali e di prospettiva. Parla così del rapporto con le masse popolari. Un rapporto complesso, articolato, diversificato. Ricorda che attorno a Rifondazione c'è tutto un mondo di consensi: dagli iscritti che ne sono l’ossatura agli elettori che ne sono la parte "esterna", ma pur sempre coinvolti nelle scelte e nell'attività. Sul partito il discorso è ampio, dettagliato. Un partito politico di massa - dice - deve caratterizzarsi con una politica di massa, antagonista, alternativa. Un partito - insiste - non deve essere di sola testimonianza, deve avere insediamenti di massa. Deve aumentare e progredire perché oggi siamo ancora al livello di un partito d’opinione.

Uscire, quindi, allo scoperto, in avanti. Con una tensione che ci porti alla costruzione di una sinistra sindacale, con una politica ulteriore verso i giovani, i centri sociali, le forze produttive, le cooperative, gli artigiani... Un lavorare comune nell’insediamento tenendo però presente - che ancora oggi si è in presenza di un partito che ha tre livelli. C'è - dice - il partito dei quadri, dei dirigenti; c'è quello degli iscritti che esce allo scoperto nei grandi momenti e c’è poi quel grande e complesso partito degli elettori - tre milioni - col quale si deve avere un rapporto costante, evidente. Ora sulla base degli insegnamenti venuti dalla recente crisi politica bisogna operare per costruire ancora. La crisi ci ha insegnato anche questo. Perché si è rotta una cornice che incapsulava la nostra vita. C’è ora un quadro migliore, diverso. Non più quindi una battaglia difensiva, ma battaglia d’attacco, una offensiva. Operiamo per questo.