Comitato Politico Nazionale 22/23 novembre 1997

Il documento di minoranza

(respinto a larga maggioranza, con 33 voti a favore)

Il Cpn guarda con preoccupazione, anche alla luce delle risultanze elettorali amministrative, all'evoluzione generale della situazione politica italiana.

1) Il successo elettorale e politico dell'Ulivo, la sconfitta del Polo in se positiva, non sono il prodotto, nella situazione data, di una crescente egemonia della sinistra sul terreno democratico e di classe, ma all'opposto l'effetto congiunto, a) del moderatismo trasformistico degli apparati maggioritari della sinistra, che invade il campo naturale della destra, h) della crisi interna del Polo della Libertà e della sua credibilità di forza dirigente alternativa agli occhi delle classi dominanti, c) del quadro combinato di pace sociale e di assenza di una opposizione a sinistra che incentiva un vasto sostegno passivo da parte di masse sfiduciate alla politica del "meno peggio" entro uno schema bipolare di alternanza sempre più interiorizzato. Così mentre la sconfitta del centro-destra offrirebbe oggettivamente maggiori spazi per una controffensiva del movimento operaio, quest'ultimo conferma ed accentua i propri fattori di crisi e di difficoltà.

2) Il quadro uscito dalle elezioni quindi al di là degli elementi di contraddizione presenti nell'Ulivo, rafforza il governo e il suo progetto di ristabilizzazione su basi neoconservatrici, di cui la finanziaria è l'aspetto socio-economico e la riforma antidemocratica della Costituzione concordata col Polo quella politico-istituzionale. Una nuova fase politica dunque si apre, ma non certo quella di un nuovo corso riformatore, quanto il passaggio verso la realizzazione degli obiettivi strategici di fase della borghesia: l'ingresso in Europa, la seconda repubblica e il bipolarismo politico, la concertazione sociale e la passività delle masse popolari. In questo contesto l'impegno politico simbolico del governo per la riduzione dell'orario resta imprigionata in un contesto socio-politico che lo contraddice e che ostacolerà fortemente il necessario impegno del partito per tradurre positivamente la legge sull'orario. Le stesse richieste avanzate dal partito sono state tutte sostanzialmente disattese: "l'intervento pubblico nel Mezzogiorno" è ridotto a semplici incentivi ai privati; l’accordo sulle 35 ore quale è stato enunciato e peraltro rinviato al 2001 in una situazione in cui l’emergenza occupazione continua ad aggravarsi, non comporta alcun mutamento delle scelte macro-economiche ed è segnato dalla assenza di una specificazione complementare irrinunciabile "senza riduzione del salario" ed affidato alle incognite della concertazione; il recente accordo tra sindacati e Confindustria sulle 40 ore introduce una pericolosa flessibilizzazione degli orari su scala plurisettimanale che rischia di costituire elemento prefigurante per la legge sulle 35 ore; la legge finanziaria riflette nelle sue linee essenziali e nelle sue finalità di applicazione le compatibilità del Trattato di Maastricht e la conseguente accettazione del patto di stabilità adottato ad Amsterdam. Inoltre il governo si appresta ad assicurare contributi finanziari alle scuole private persino contro l'esplicito dettato costituzionale conferma il carattere imperialista della sua politica estera nel quadro della Nato; ha sinora disatteso il mandato referendario in materia di legislazione sulle rappresentanze dei lavoratori pubblici e privati, varando al contrario col decreto Bassanini normative restrittive e discriminatorie nei fatti per tutto il sindacalismo non confederale nel Pubblico Impiego. Infine l'accordo sindacato-governo sulla "riforma", dello Stato sociale costituisce un ulteriore passo in direzione dello smantellamento delle conquiste del movimento di massa dei lavoratori, delle pensioni di anzianità e della concezione universalista del servizio sanitario. Peraltro il legame previsto tra il volume della spesa sociale e il PIL trasforma lo Stato sociale in una variabile dipendente dai mercati: non a caso tutta l'operazione è stata condotta senza discussione e senza mandato dei lavoratori.

3) Tutti questi elementi inducono a un giudizio nettamente negativo sulla conclusione della crisi di ottobre, segnata da un netto aggravamento del nostro livello di corresponsabilizzazione politica, che garantisce la stabilità del governo nell’anno decisivo del conseguimento della moneta unica e della controriforma istituzionale, cioè nel cuore della legislatura. Ne risulta una situazione di obiettiva difficoltà per il partito che induce a una riflessione critica sul percorso intrapreso nell’ultimo anno e mezzo di sostegno alla governabilità di Prodi, di giustificazione ed anche di edulcorazione delle sue misure economiche e sociali che ha finito per favorire un processo di ristabilizzazione e non certo il conflitto sociale e il movimento di massa. il percorso verso l'alternativa si presenta non solo più lontano, ma anche più difficile e ci troviamo in una situazione in cui il nostro partito si trova ad un tempo più coinvolto e più subalterno. L’alternativa di fondo che si profila, seppure in un orizzonte non prossimo è tra l’essere scaricati in futuro, in tempi e modi decisi da altri, dopo esserci immolati sull’altare di Maastricht; oppure il trasformarci nell’ala sinistra dell’Ulivo con o senza ingresso al governo. Per altro gli stessi dati elettorali, contro ogni trionfalismo, suonano un serio campanello d’allarme per il partito.

4) La crisi di ottobre ha messo inoltre in rilievo una serie di difficoltà esterne ed interne al partito, alcune delle quali ricollegabili al nostro orientamento politico. Il peso delle sconfitte sociali, la sfiducia nella propria forza, ma, (in un quadro di prolungata pace sociale) anche le illusioni che noi stessi abbiamo contribuito a creare sul governo, hanno rafforzato un atteggiamento di delega, di affidamento passivo al governo di centro sinistra, che ad un tempo si critica, ma che si ritiene essere la "garanzia del meno peggio". Anche il partito è stato attraversato in ottobre da un disorientamento profondo. L’aver a lungo spiegato che "la sconfitta di questo governo sarebbe stata la nostra sconfitta" l'aver moltiplicato anche in periferia le connessioni istituzionali e di governo con l’Ulivo, con i condizionamenti e pressioni che questo comporta, hanno favorito nei giorni della crisi un diffuso sbandamento nelle nostre fila. I seri problemi emersi in quel passaggio non riguardano dunque le pur indubbie inadeguatezze organizzative, né sono affrontabili attraverso richiami pur essenziali allo sviluppo dell'insediamento di massa. Essi chiamano in causa, direttamente o indirettamente, la linea politica del partito e la sua collocazione generale.

5)Il CPN ritiene che la ricostruzione della indipendenza politica del movimento dei lavoratori in opposizione all'alternanza bipolare funzionale alla stabilità del sistema borghese, debba costituire il nostro asse strategico. In questo senso la prospettiva per il partito deve essere quella di una sua ricollocazione all'opposizione. Questa prospettiva comporta il recupero di una coerenza tra le nostre scelte politiche nelle istituzioni e le ragioni sociali del mondo del lavoro; l'appello al conflitto e allo sviluppo del movimento difficilmente può combinarsi col sostegno parlamentare alle misure contro cui il movimento è chiamato a lottare. Occorre dunque battersi contro le misure neoliberiste previste dalla finanziaria 98 e dai provvedimenti ad essa collegati: l’aumento delle imposte indirette, la revisione peggiorativa dell'Irpef, gli ulteriori tagli a scuola sanità, ferrovie, poste, il rilancio delle privatizzazioni, l’aumento delle spese per armamenti. Nello stesso tempo occorre contrastare gli effetti negativi prodotti dalle norme del pacchetto Treu con l'espansione di un movimento contro il lavoro precario e per la stabilità di lavori veri. I militanti del partito sui luoghi di lavoro devono fare campagna perché si esprima la contrarietà dei lavoratori sul metodo e sui contenuti con cui si è realizzato l’accordo sindacale sullo stato sociale. Il partito sostiene ed appoggia le manifestazioni che si svolgeranno nei prossimi giorni su queste questioni cruciali, come quella del 28 novembre;

6) Partendo dai bisogni più urgenti delle classi subalterne, fuori da ogni compatibilità capitalistica, gli assi rivendicativi su cui il PRC si impegna a lavorare fin da subito sono:

- lotta contro la disoccupazione che combini la rivendicazione generalizzata delle 35 ore a parità di salario a scadenza ravvicinata con forme di intervento pubblico sotto il controllo delle popolazioni e dei lavoratori interessati (in particolare nel Mezzogiorno); la battaglia per la riduzione d’orario richiede lo sviluppo di una vasta campagna di sensibilizzazione e di spiegazione delle sue ragioni e dei suoi contenuti sui luoghi di lavoro e nella società per poterla rendere credibile. Questa battaglia per le 35 ore è già oggi una battaglia di dimensione europea, di cui le mobilitazioni di Amsterdam e di Lussemburgo rappresentano le premesse di un movimento reale per un’Europa alternativa, che il PRC deve sostenere; occorre, tra le altre iniziative promuovere un convegno internazionale con la partecipazione delle forze antagoniste ed occorre favorire l'incontro ed il coordinamento sindacale per la costruzione di lotte concrete;

- apertura di una vertenza generale unificante che colleghi la richiesta della riduzione di orario ad altri obiettivi capaci di trainare più vasti settori di massa: recupero salariale, salario per i disoccupati.

- indirizzi radicalmente nuovi di politica economica come una profonda riforma fiscale che faccia pagare chi non ha mai pagato, a partire dalla tassazione dei grandi patrimoni, dei profitti e delle rendite;

- costruzione di forme di controllo di lavoratori e utenti sui servizi pubblici come sanità e trasporti e forme di controllo dei lavoratori sull’organizzazione del lavoro;

- battaglia per una legge pienamente democratica sulle rappresentanze sindacali che permetta di esprimere la volontà di tutti i lavoratori;

- opposizione alle scelte imposte dalla NATO e alla politica imperialista del governo.

Un’azione del partito condotta sistematicamente su questi assi a livello di massa e in tutte le istanze in cui siamo presenti da un lato approfondirà la crisi della destra e dall’altro ci consentirà, entrando nelle contraddizioni interne all’insediamento sociale del PDS di rilanciare una prospettiva di egemonia nel movimento operaio, rendendo credibile la prospettiva dell’alternativa e creando le migliori condizioni per una rottura con il governo.

7) Il Cpn impegna il partito e i suoi gruppi parlamentari ad una opposizione intransigente alle politiche governative sull’immigrazione, a partire dal rifiuto della nuova legge sull’immigrazione extracomunitaria. Questa legge infatti aggrava in senso reazionario l’attuale legislazione, minacciando l’espulsione di duecentomila immigrati, facendo scempio dell’uguaglianza dei diritti, aggravando la condizione di precarietà e ricattabilità dei lavoratori extracomunitari.

8) 1l Cpn impegna l’intero partito a una mobilitazione nel Parlamento e nel paese contro l’attacco del governo alla scuola pubblica, a sostegno del movimento in atto degli studenti. La combinazione di nuovi tagli all’istruzione pubblica e di nuovi finanziamenti alla scuola privata, sullo sfondo dell’autonomia finanziaria dei singoli istituti, rappresenta l’aggravamento netto, materiale e simbolico delle politiche perseguite sulla scuola negli anni ‘90 che sono alla base della crisi attuale della scuola pubblica. In questo quadro il Prc si impegna a favorire la più ampia unità di lotta tra studenti, insegnanti e lavoratori della scuola. E’ questo un terreno fondamentale di lavoro e di costruzione dei Giovani Comunisti tanto più in vista della Conferenza di Chianciano.

9) Alla luce delle difficoltà profonde del nostro lavoro sindacale e dell’impasse che si è prodotto anche rispetto a nostre precedenti scelte il Cpn ritiene urgente un riorientamento e una riorganizzazione della nostra presenza sindacale ai fini del rilancio di un sindacalismo democratico e di classe e incarica la Direzione di istruire al riguardo una vasta discussione nel partito e di convocare la Conferenza delle Lavoratrici e dei Lavoratori.

10) Il Cpn rileva che

a. l’attuale difficoltà del partito, non congiunturale, ma politica e di fondo

b. l’obiettivo insuccesso del corso politico perseguito in ordine agli obiettivi avanzati (rettifica dell’indirizzo del governo e sviluppo del movimento);

c. la necessità di riorientare il partito verso una nuova prospettiva politica richiedono la riaperture di una discussione politica generale che investa il bilancio e le scelte politiche e strategiche del PRC e che abbia i caratteri di una verifica democratica con poteri decisionali capace di coinvolgere l’intero corpo del partito. La riapertura della discussione politica è già per altro in qualche modo avviata, ai livelli più alti del partito, e in questo stesso Cpn, sotto il peso delle difficoltà non più ignorabili. Ma questa discussione non va recintata e resa incomprensibile per il partito, va trasformata in una occasione in cui tutto il partito recupera un ambito di dibattito e decisione sulle proprie prospettive, superando un clima conformistico della propria vita interna a favore di una piena democrazia e di una completa trasparenza delle diverse valutazioni, proposte politiche e progetti strategici.