Nelle piazze la risposta degli studenti

Giuseppe De Cristofaro

Liberazione 4 novembre 1997

La sortita De Mita - Marini in Bicamerale deve aver dato l'impressione al Partito Popolare che è possibile, con buona pace dell’accordo raggiunto dopo la crisi, il ricorso a maggioranze variabili su questioni non secondarie della politica governativa, prima fra tutte lo stanziamento, nella legge finanziaria, di maggiori fondi per le scuole private. E se lo stesso segretario dei popolari si è affrettato a dichiarare in una intervista televisiva che su questa vicenda è auspicabile prioritariamente un parere positivo della maggioranza e, solo successivamente, la convergenza di pezzi dell’opposizione (cioè della parte più centrista del Polo) , le reazioni del Pds e del ministro della pubblica istruzione sono state contrassegnate da una tendenza di fondo. Se da un lato infatti Berlinguer ha annusato e respinto l'idea di ricostruzione di un centro politico sulla pelle della scuola, sostenendo che non è accettabile un percorso che non guardi alla riforma complessiva del sistema scolastico, pubblico e privato, si è anche detto che la questione non va affrontata in maniera pregiudiziale, perché gli steccati ideologici non fanno bene a nessuno. E si è detto, soprattutto, che la strada della parificazione è aperta da tempo.

L'indirizzo politico dell'esecutivo sulla materia sembra scorrere del resto su binari già abbondantemente definiti, mostrandosi incurante delle reazioni diffuse della gran parte del mondo studentesco, e si pone in continuità, a dispetto delle innovazioni proposte come scelte sulla formazione e l'istruzione dei governi dell’ultimo decennio. Appare chiaro che è questo il nodo vero: la scuola e l’università hanno conosciuto in questi anni politiche contrassegnate dalla cultura dell'aziendalizzazione, dal disimpegno dello stato al finanziamento, dallo smantellamento dei servizi del diritto allo studio, dall'idea di un totale adeguamento funzionale alle modificazioni dell'organizzazione del lavoro subordinate alle esigenze delle imprese.

E anche questo governo non ha cambiato direzione. Differentemente infatti dalla nobile idea di riformare complessivamente la scuola, alla cui sfida non dobbiamo né vogliamo sottrarci, resta l'impressione che questa riforma non trovi un reale compimento, e piuttosto produce elementi ulteriormente negativi soprattutto riguardo ad una accentuazione della frammentazione del percorso formativo, se non accompagnata da un ragionamento nuovo e radicale sul terreno delle risorse. Come si vede, il finanziamento della scuola pubblica resta invece il terreno prioritario di intervento, e si configura come un metodo esattamente inverso rispetto ai provvedimenti adottati finora, che vedono l’idea di parificazione assumere un ruolo non certamente soltanto simbolico. Non è infatti casuale che la prima tra le rivendicazioni degli studenti si muova proprio in questo senso.

Ed è probabilmente questo l’elemento nuovo e dirompente degli ultimi mesi: una vasta e diffusa agitazione studentesca afferma la volontà di determinare maggiormente le scelte di fondo, e a partire dalla manifestazione nazionale del 22 novembre e dall’assemblea dei collettivi il giorno successivo, che vedranno i Giovani Comunisti partecipare con la propria piattaforma accanto a tutte le realtà di movimento presenti, bisognerà lavorare alla costruzione di una mobilitazione ampia capace di incidere realmente nei processi in atto: per ribadire la centralità del diritto allo studio (case dello studente, trasporti, mense, borse di studio), per riaffermare l’autogoverno degli studenti e dei lavoratori della scuola in un rinnovato rapporto con il territorio che sappia rompere una idea solo aziendale di autonomia