RSU:dai delegati lombardi un appello per la democrazia nei luoghi di lavoro
La rappresentanza dimezzata Paolo Repetto |
Liberazione 14 dicembre 1997
Qualcuno di loro definisce ormai anche il sindacato «una controparte»; altri, più benevoli, si limitano a ricordare come il deficit di rappresentanza delle confederazioni sia diventato ormai intollerabile. Tutti quanti chiedono, insieme, una legge. Per ridare senso alle Rsu e riformare dal basso un sindacato in pessime condizioni di salute. Il soggetto sono alcuni delegati, in particolare lombardi, che si riuniscono domani mattina alla Camera del lavoro di Milano per lanciare - nel corso di un'assemblea - un appello a favore di una adeguata legge sulla rappresentanza.
Le difficoltà si misurano, tutti i giorni, in fabbrica e negli altri luoghi di lavoro: «Facciamo pochissime tessere ma otteniamo tantissimi voti - osserva Marco Verga, delegato Rsu alla Sirti di Cassina de' Pecchi - segno che la rappresentanza è un fattore personale. Fino a quando resiste il singolo delegato i lavoratori sono fiduciosi, ma se salta il riferimento la base resta spiazzata». Come dire che i tempi cambiano, mentre il sindacato rimane sempre uguale e impedisce la ricostruzione di meccanismi più democratici della rappresentanza.
Di questo è convinto Verga, che cita ad esempio la clausola del 33% garantito a Cgil, Cisl e Uil nellelezione delle Rsu: «la quota garantita ai confederali assomiglia ad un commissariamento», spiega. Un modo per far sapere al delegato indisciplinato che, accanto agli eletti, ci sono pur sempre i nomi nati dall'alto. «Vedo un pericolo - riassume Verga -: non vorrei che le burocrazie sindacali ci riportassero indietro con una zampata. Nellattesa di ridefinire la politica dei redditi, all'inizio del prossimo anno».
Il parlamento, intanto, sta discutendo le proposte di legge. «A Roma deve arrivare un messaggio ben preciso - dice Domenico Fioroni, delegato Rsu alla Firema Trasporti di Sesto San Giovanni, la ex-Ercole Marelli - la democrazia è un bene indispensabile. Eppure, nelle fabbriche non cè più. E non parlo tanto della mia, che è una grande azienda e si porta dietro un'importante storia di lotte: mi riferisco alle piccole imprese, dove i diritti non arrivano e i lavoratori non possono esprimersi liberamente. Per questo mi chiedo: che cosa fa oggi il sindacato per loro?». Una legge potrebbe cambiare le carte in tavola. Ma l'appello, firmato da decine di delegati, pone alcune "condizioni irrinunciabili" alla realizzazione di una compiuta democrazia sindacale: «Una rappresentanza unitaria eletta, con poteri negoziali, una democrazia di mandato, come base di legittimità dellazione sindacale, intangibile, esigibile, necessaria e valida in tutto il nostro paese».
E' forte, insomma, l'esigenza di "ricominciare": «Perché siamo arrivati ad un punto in cui votare o meno un accordo non cambia praticamente nulla», taglia corto Renzo Montagna, delegato all'Eds di Milano, azienda di servizi informatici. «Questo modo d'essere del sindacato - aggiunge - ci complica tremendamente i rapporti con la base. Al punto che i lavoratori non riconoscono più nei loro rappresentanti unalternativa, non vedono più nel sindacato un aiuto per la risoluzione dei loro problemi». Da qui è nato l'appello, utile anche «ad allargare l'orizzonte delle Rsu, rimasto fino ad oggi troppo stretto, spesso in quadro esclusivamente aziendalistico».
Ma senza il consenso dal basso, ogni riforma assume le sembianze di un azzardo quasi impossibile: «Come posso io spingere i lavoratori verso una riforma - è la paura di Marco Verga - se il sindacato è visto come una specie di controparte?». L'unica via di uscita sta nella capacità di proporle un percorso possibile, una strada non così stretta da poter essere imboccata da tutti i lavoratori. «Oggi ci proviamo, con una prima assemblea continua Verga - e verificheremo i risultati. Speriamo che non si tratti di una vampata».
La posta in gioco è alta, e non soltanto rispetto al tema della rappresentanza. Se salta definitivamente un rapporto di fiducia diventa complicato anche gestire le vertenze. E alla Sirti ne sanno qualcosa: l'azienda ha presentato un conto salatissimo (450 procedure di mobilità) e i lavoratori sono comprensibilmente allarmati. «Giovedì saremo in Assolombalda a discuterne - conclude il delegato dell'azienda di telecomunicazioni - e vedremo che cosa si inventerà il sindacato per giustificare i tagli...» .
CHI SI RICORDA IL REFERENDUM SULL'ARTICOLO 19?
A distanza di cinque anni dalla presentazione dei quesiti referendari sulla rappresentanza sindacale, un 'assemblea ricorderà l'urgenza di varare una nuova legge. L 'appuntamento è previsto per mercoledì pomeriggio, sempre alla Camera del lavoro di Milano, alla presenza di Alfiero Grandi e Roberto Musacchio, rispettivamente responsabile e coordinatore Lavoro di Pds e Prc, e di vari sindacalisti. A spiegare il senso dell'assemblea ci pensa Paolo Cagna: «Si è allargata la forbice della rappresentatività tra sindacato e lavoratori, ma bisogna tornare a lavorare sul mandato piuttosto che sulla delega. L'importante è che ogni discussione avvenga coinvolgendo i soggetti sociali: per questo intendiamo costruire un comitato per aprire il dibattito ed evitare che si arrivi ad una legge "leggera"».