Don Milani aveva un motto

« I care » . «Mi interessa»

don Vitaliano della Sala

Liberazione 4 dicembre 1997

Nella mia parrocchia ospito una famiglia di profughi serbi e due famiglie di profughi albanesi. La famiglia serba è legata alle tradizioni del suo popolo e desidera, non appena possibile, far ritorno nella sua terra; le famiglie albanesi hanno adottato tutto dell'Italia, dalla cucina allo stile di vita e di tornare in Albania neanche a parlarne.

Non c'era negli occhi di Srecko, il profugo serbo che pure rischiava il processo per diserzione se fosse tornato in patria, tanta disperazione quanta ne leggo oggi negli occhi dei mie ospiti albanesi di fronte alla prospettiva del rimpatrio forzato. Questa differenza mi ha fatto pensare; quando si arriva quasi a rinnegare le proprie radici, quando si arriva ad avere meno paura di rischiare la morte che di tornare in Albania, vuol dire che il dramma è serio. A nulla servono, allora le "caramelle" offerte dal governo italiano per rispedire in Albania i 4789 profughi. Né è bastata l'imposizione delle elezioni per poter dire che in Albania è arrivata finalmente la democrazia.

E' mai possibile che in Italia non si trovano alcune centinaia di comuni, parrocchie, monasteri, disposti a farsi carico di una famiglia albanese? E' mai possibile che si debbano contare sulle dita delle mani i vescovi italiani che aprono le stanze dei loro palazzi episcopali per accogliervi, come Gesù Cristo in persona, gli immigrati? E' mai possibile che la Conferenza Episcopale Italiana non abbia ancora pronunciato una parola tanto forte quanto chiaramente udibile contro le ingiustizie perpetrate ai danni di tanti povericristi? E quando si trasformeranno in fatti le troppe belle parole sulla solidarietà che accompagnano i preparativi del Grande Giubileo del 2000?

Mi è capitato di raccontare la mia esperienza con gli immigrati ai ragazzi di un liceo: laddove per me era scontato che gli immigrati andavano accolti, la domanda di una studentessa mi ha costretto a spiegarne le ragioni; quasi che il razzismo fosse la cosa ovvia e l'antirazzismo costretto a difendere e giustificare le sue posizioni.

Sarebbe ora di rigettare questa costrizione, e rivendicare il proprio diritto ad essere antirazzisti, uscendo allo scoperto con la stella di Davide cucita sulla giacca pur senza essere ebrei, dichiarandosi idealmente albanesi pur essendo nati in Italia e tutto questo perché vogliamo essere così. In questi giorni la televisione ci sta ricordando il priore di Barbiana, don Lorenzo Milani. Don Lorenzo aveva un motto: "I care", mi interessa, mi sta a cuore, è un fatto mio. La sorte degli albanesi ci sta a cuore, è un fatto nostro la disperazione, il futuro che attende, già da domani, i quattromilasettecentoottantanove profughi.