Enel, Poste, Rai: il Pds pigliatutto. Sergio Bellucci |
Liberazione 4 dicembre 1997
Al grido di "privatizzare è bello" il Pds ha deciso di avviare la campagna di smantellamento e smembramento di tutte le più grandi aziende pubbliche del paese. Questo vale sia che si parli di dare sovvenzioni alla scuola privata, oppure di privatizzare lEnel, o ancora le Poste e per finire la Rai. L'idea di trasformare la Rai da società per azioni pubblica in una struttura ad holding ha in se l'idea di un processo di virtualizzazione, di riduzione del peso della comunicazione pubblica, di omologazione aperta e giustificata della programmazione radio televisiva alle logiche del mercato pubblicitario.
Nessuno vuole difendere lesistente e, in primo luogo, vuole farlo Rifondazione. Il superamento di quello che è stato definito il Monolite (ma Artur C. Clark ha già dimostrato l'importanza dei monoliti nello sviluppo della società umana) è anche un nostro obiettivo se si vuole aprire una fase di riprogettazione del ruolo, dell'idea e della struttura del servizio pubblico. Per far ciò, però, non è necessario, anzi caso mai è vero il contrario, inseguire le logiche produttive, aziendali e manageriali delle aziende private. Per questi obiettivi sarebbe sufficiente chiedere, esplicitamente, la privatizzazione tout court.
La crisi che attraversa la Rai è la crisi di chi ha smarrito la logica per la quale è chiamata ad operare come azienda diversa e con compiti più alti. La crisi è di chi, nel mondo della politica, la sera chiede nuove leggi per impedire l'ingerenza e la mattina chiama i piani alti per garantirsi che le sue tele, le sue relazioni, reggano in un continuo scambio di favori-minacce. La crisi è di chi, non trovando una legittimazione pubblica dalla diversità dei suoi atti di governo aziendale rispetto al passato lottizzatorio e lottizzatore, si legittima dietro questa o quella appartenenza politica. La crisi è di chi non sa, non vuole, non può o non è capace di ripensare, riprogettare, rinnovare, ricostruire la sua missione di costruttore di comunicazione e cultura al servizio del paese e non delle segreterie di qualche partito.
In realtà, tutti questi parlano della loro crisi ma la vogliono rigettare su tante professionalità interne oscurate, "dimenticate" nelle stanze, ubriacate da trattamenti economici e piccoli privilegi purché non siano scomode a chi è al "comando", da turni di lavoro massacranti e da una enormità di lavoro precario. Non siamo disponibili a far scaricare sulle spalle della collettività e dei lavoratori interni l'incapacità dei gruppi dirigenti che si sono succeduti negli ultimi 15 anni. Rompere con le cooptazioni sotterranee, far tornare alla luce le scelte di programmi e di persone, garantire una forte innovazione organizzativa che funga da progetto pilota di come debba essere costruita una azienda di servizio pubblico.
Questi sono e restano i nostri obiettivi. Con questi contenuti vogliamo iniziare a discutere, partendo dai lavoratori del servizio pubblico a cui anche la Costituzione assegna un ruolo preciso.