Contro i monopoli l'ENI resti pubblico

Più che una rottura, la volontà di instaurare una reale concorrenza

Nico Perrone

Liberazione 29 marzo 1997

Il decreto emanato dal governo Dini per la privatizzazione dell’ENI, ha veramente dell’incredibile. Lasciando da parte ogni considerazione sulla febbre di privatizzazione che sta debilitando l’Italia - e sugli interessi stranieri che premono alle sue spalle -, converrà riflettere almeno sulla vicenda del petrolio. Si tratta - in tutta evidenza - di una fonte energetica di importanza strategica, destinata a rimanere tale per alcuni decenni.

Lo stato italiano, attraverso l’ENI - costituito per volontà di Enrico Mattei, ma sostenuto persino dal filo-americano De Gasperi, che su questa vicenda aveva resistito a fortissime pressioni provenienti dagli Stati Uniti - si era assicurata una posizione di grande rilevanza internazionale nel mercato petrolifero. Costituito nel 1953, quando il mercato petrolifero mondiale era dominato da sette grandi corporations (cinque americane, una inglese e una anglo-olandese), l’ENI, nel volgere di alcuni decenni ha raggiunto l’ottavo posto nella classifica internazionale. Ma non si tratta soltanto di questo. L’ENI, attraverso il controllo di numerose società nel campo della ricerca, dell’estrazione, dello sfruttamento, del commercio, del trasporto, della raffinazione e della distribuzione petrolifera, ha assicurato al paese indipendenza energetica, un peso nelle relazioni commerciali, un’influenza nella politica internazionale e notevoli entrate: gli ultimi risultati di bilancio, dopo una parentesi di crisi, presentano utili di 3.251 miliardi per il 1994 e 419 miliardi per il 1993.