Testimonianze storiche

1936, comunisti in Etiopia

Stojan Spetic

Liberazione 28 novembre 1997

Certo, è da approvare, malgrado le reticenze ed il ritardo, la ferma condanna delle conquiste coloniali che il presidente Scalfaro ha pronunciato ad Addis Abeba E' sicuramente un atto importante di riconciliazione con un popolo che, peraltro, non ha rivolto contro gli immigrati italiani il suo pur legittimo desiderio di vendetta.

Ciò è dovuto in gran parte al Pci che di fronte alla guerra di aggressione fascista inviò in Abissinia due suoi dirigenti, Ilio Barontini ed Anton Ukmar, per aiutare la resistenza locale.

Ebbi modo di conoscere Ukmar, che fu relatore sulla questione nazionale e coloniale al congresso di Lione e che, dopo la guerra abissina, partecipò alla guerra civile spagnola, aderì al "maquis" francese e, infine, con il pseudonimo Miro Ogen, alla resistenza ligure. Fu tra i liberatori di Genova, di cui divenne in seguito cittadino onorario.

Prima di morire a Capodistria, in Jugoslavia, mi parlò dell'esperienza internazionalista in Etiopia, di come sia stato insignito del titolo di "Ras" dall'imperatore Haile Selassie e del suo funerale. Sì, proprio così. Mentre era in montagna con i combattenti etiopi venne colpito dalla malaria. I guerrieri locali non avevano medicine. Quando cessò di tremare lo avvolsero in un tappeto e lo collocarono su di una piattaforma di legno, alla merce del sole rovente e dei rapaci. Per fortuna, verso sera, arrivò Barontini. Chiese del suo compagno ed i guerrieri etiopi gli indicarono la piattaforma. Barontini capì che era ancora vivo. Con la baionetta fece leva e gli dischiuse le mascelle contratte per versargli in bocca un pugno di chinino e dell'acqua. Ukmar si riprese. Il miracolo convinse i guerrieri locali dell'immortalità dell'amico venuto dall'Italia. Un'Italia non soltanto degli aggressori in camicia nera.