Quella ferita nella nostra carne

Fausto Bertinotti

Liberazione 24 dicembre 1997

L'avevano definito un conflitto virtuale, un luogo di pellegrinaggio per i nostalgici del Che Guevara. Le notizie che arrivano dal Chiapas invece hanno il portato drammatico di una guerra vera e sporca combattuta da corpi paramilitari contro gente inerme. Il bollettino dei morti è in rapida crescita: 50 ed oltre, moltissimi bambini. Il villaggio di Chenalhò è rosso del sangue delle vittime che vi avevano cercato riparo, costrette alla fuga dai loro villaggi di origine dall'azione terroristica delle "guardie bianche" e dell'esercito federale.

Lo stillicidio degli assassini si era andato via via ingigantendo da quando il governo del Presidente Zedillo ha deciso di stracciare gli accordi di pace siglati con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. La Selva Lacandona è diventata il luogo delle scorribande militari tanto da arrivare ad attentare alla vita di don Samuel Ruiz, il tenace difensore degli indios ed il mediatore nel processo di pace.

L'obiettivo è chiaro: stroncare la speranza sorta con l'insurrezione zapatista del 1° gennaio 1994, schiacciare sotto il tallone della repressione ogni pretesa di riscatto, ogni anelito di libertà.

Il Chiapas è qui dietro l'angolo della mondializzazione capitalista. Quei morti sono il prezzo che gli ultimi pagano alla loro "pretesa" di essere considerati esseri umani in un sistema, quello neoliberista, che invece riduce tutto a merce e cancella (popoli, terre, culture) ogni cosa non utile al profitto. Quei morti chiamano noi, sinistra europea, alla mobilitazione, ad alzare la nostra voce contro l'indifferenza e la rassegnazione.

L'Unione Europea ha recentemente siglato un importante accordo economico con il Messico in cambio di generiche rassicurazione sul rispetto dei diritti umani. Quelle rassicurazioni sono svanite come neve al sole. L'Europa ha il dovere di pretendere l'attuazione degli accordi di pace prima di applicare questo trattato. Ma i governi europei non lo faranno spontaneamente, non se non saranno incalzati dall'indignazione popolare, dalla pressione democratica contro la politica degli eccidi.

Facciamo dunque appello a tutte le forze democratiche ed al movimento della solidarietà affinché nelle forme e nei modi che saranno ritenuti più idonei, si realizzi una mobilitazione di massa nel nostro Paese.

La bandiera dell'umanità - ci ha insegnato il subcomandante Marcos - ha bisogno di molte spalle per essere innalzata. E' bene che alle spalle degli zapatisti si uniscano quella di tutti coloro che sentono la ferita inflitta a Chenalhò come fatta sulla propria carne.