Finanziaria, un sì fatto di conquiste

Luigi Marino

Liberazione 24 dicembre 1997

La "Finanziaria" che il Senato ha licenziato è il risultato di un dibattito che ha visto impegnate le forze politiche della maggioranza sin dal giugno di quest'anno quando fu approvato il Documento di Programmazione Economica.

Il gruppo di Rc, sin da allora, chiese al governo di imprimere un corso diverso alla politica economica seguita, che, in funzione del raggiungimento dei parametri di Maastricht, era tutta improntata sostanzialmente ad una logica di rigore monetaristico.

Occorreva una svolta per coniugare l'esigenza di conseguire gli obiettivi della riduzione del deficit di bilancio, del tasso di inflazione, del tasso di interesse, ecc., con quella della ripresa economica, dello sviluppo degli investimenti e dell'occupazione.

E' quindi a partire dalle opzioni di fondo del Dpef che si è espressa la posizione critica di Rc, già con il voto di astensione al Senato.

Il nostro atteggiamento decisamente critico nei confronti della stesura della "Finanziaria" presentata dal governo, verteva quindi sui contenuti della stessa, ed esclusivamente sui contenuti si è aperta la crisi.

Alla crisi si è giunti perché alle aperture politiche ed al riconoscimento del ruolo e della lealtà di Rc nel sostegno dato al governo in tutto l'arco di tempo dall'inizio della legislatura in poi, non facevano seguito concrete, serie, praticabili risposte rispetto ai temi sollevati da Rc.

Avevamo formulato le nostre proposte per la manovra finanziaria 1998 concernenti, le politiche occupazionali (dal Ddl sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione alla riconversione dell'Iri), le politiche del lavoro, le politiche fiscali (introduzione per legge del conflitto di interesse, tassazione sulle transazioni di capitali, tassazione dei titoli di Stato in modo differenziato nei casi di possesso nominale o anonimo, potenziamento del corpo degli ispettori del lavoro e dell'Inps ai fini del recupero dei contributi), le politiche di riforma dello Stato sociale (tutela delle pensioni di anzianità, omogeneizzazione ed unificazione dei fondi pensionistici, abolizione dei fondi speciali), le politiche scolastiche (rilancio della suola pubblica, del sistema formativo permanente, riqualificazione del corpo insegnante) ed infine le politiche sanitarie (riduzione dei tickets esistenti, introduzione di nuove forme di contribuzione da parte dei possessori dei redditi più alti, potenziamento della prevenzione e della sicurezza sul lavoro.

A fronte di queste proposte nessun segnale di apertura concreta perveniva in termini di svolta reale, a partire dalla riduzione dell'orario di lavoro, che veniva indicato, nelle prime dichiarazioni del presidente del Consiglio Prodi, solo come un «obiettivo programmatico in relazione alla evoluzione degli orientamenti che matureranno in sede europea». In sostanza Rc sottolineava con le sue proposte che la "Finanziaria" presentata era non idonea a fronteggiare la condizione sociale del Paese in quanto riproponeva ancora una volta la politica dei due tempi: cioè prima il risanamento e poi lo sviluppo.

Quello che invece doveva essere posto al centro dell'attenzione era la questione occupazione, che è intimamente connessa alla questione meridionale. La posizione assunta da Rc nella crisi non ha impedito di costruire, immediatamente dopo, un discorso volto alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio e di compromesso, che abbia voluto definire "dinamico" ai fini di introdurre segni visibili di cambiamento e di correggere in senso riformatore l’assetto della "Finanziaria".

Il punto di compromesso è stato raggiunto salvaguardando le pensioni di anzianità per le categorie operaie ed equivalenti, esentando dal pagamento dei ticket, dopo tanti anni di inasprimento della contribuzione a carico degli assistiti, i malati cronici e lungodegenti, ma soprattutto dando un segnale preciso in termini di maggiore impegno nella lotta contro l'evasione fiscale, che è condizione essenziale per reperire le risorse necessarie a rilanciare la ripresa economica soprattutto nel Sud, a rafforzare l'economia reale in funzione della stessa salvaguardia e potenziamento dello stato sociale.

A questo si è aggiunta l'idea-forza del rilancio del ruolo Iri, di una nuova Iri-Agenzia per l’occupazione e la programmazione dello sviluppo - con possibilità anche di assunzione diretta di responsabilità in associazione con le regioni e con gli enti locali, come abbiamo esposto in discussione generale.

Ma il punto più alto raggiunto con l'intervenuto accordo è quello che si riferisce all'obiettivo della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario a 35 ore settimanali, a partire dal 1° gennaio 2001 per il quale il governo si è impegnato a presentare un apposito Ddl entro il gennaio ‘98.

E’ senz'altro uno degli elementi più qualificanti dell'intesa che va in direzione della costruzione di una società diversa, di una esistenza diverse e di una maggiore equità nella redistribuzione del reddito. Ecco come le modifiche alla struttura della "Finanziaria" hanno consentito di superare la crisi e di imboccare un percorso diverso di politica riformatrice.

La difesa delle pensioni di anzianità per i lavoratori operai ed equivalenti, la maggiore incisività nella lotta contro l'evasione con il conseguente minor taglio alla spesa sociale le esenzioni dai tickets ma soprattutto la conquista delle 35 ore per legge costituiscono la diversità di segno della manovra finanziaria e della politica economica del governo. La fisionomia della finanziaria è stata quindi cambiata.

Ma soprattutto dall'accordo intervenuto è derivato un maggior reciproco impegno almeno per un anno a ricercare attraverso una sistematica consultazione - le necessarie intese sugli obiettivi di politica economica e sociale ai fini di qualificare un’azione riformatrice del governo soprattutto in relazione agli impegni assunti per l’occupazione e per il Mezzogiorno in particolare.

Di qui, il voto di Rc favorevole all'approvazione finale della manovra finanziaria per il ‘98 - 2000

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