E ora, basta coi tagli alla spesa sociale

Franco Giordano

Liberazione, 2 novembre 1997

Prima di dare un giudizio definitivo e compiuto sull'accordo intercorso tra governo e sindacato sulle questioni della previdenza pubblica sarà bene leggere attentamente tutti i suoi aspetti. Come si sa, spesso ci sono insidie che si nascondono nelle maglie di un testo concordato. Allo stato, possiamo solo dare un giudizio sulle informazioni che ci sono pervenute sinora, anche attraverso le parole del presidente del Consiglio nella sua conferenza stampa. Questo accordo parte dal compromesso raggiunto con Rifondazione comunista nei giorni scorsi. Lascia fuori da ogni intervento tutti gli operai e si riserva di valutare con attenzione anche quelli che furono definiti equivalenti.

Questo è il primo dato positivo. La discussione sugli equivalenti sarà importante perché potrà rilanciare un'iniziativa di massa di tutte quelle realtà sociali che sentono la loro attività lavorativa gravosa e simile alla condizione operaia. C'è persino un risvolto culturale; dopo che per decenni la condizione operaia è stata rimossa fino a diventare invisibile, oggi sia pure indirettamente essa torna ad essere il punto di riferimento di altre categorie del lavoro dipendente.

Ma intanto, la trattativa sindacale si è potuta giovare dei risultati messi a disposizione dalla determinazione e dall'ostinazione del partito della Rifondazione comunista. A questi lavoratori esenti si sono aggiunti quelli che sono stati definiti lavoratori precoci. Aggiunti; non sostituiti a tutti gli operai così come inizialmente sembrava volere una parte del sindacato. A dimostrazione che sono sbagliati gli atteggiamenti improntati ad un eccesso di realismo. Naturalmente, l'accordo può essere definito positivo anche perché le aspettative che erano riposte sui tagli strutturali da parte delle destre, dei mercati finanziari e delle tecnocrazie europee, sono state deluse. L'istituto della pensione d'anzianità, purtroppo già compromesso con la vecchia riforma Dini, mantiene una sua validità: infatti sono andati a vuoto i tentativi di estinguere la pensione d'anzianità fino a farla coincidere con la pensione di vecchiaia. Era proprio questo l'obiettivo del governo, quando ha tentato di intervenire sia sull’età anagrafica che su quella contributiva, con il meccanismo del cosiddetto "doppio requisito".

Ora si deve porre fine in maniera ultimativa ad ogni politica di taglio della spesa sociale e provare con coraggio ed innovazione a guardare ad una qualità nuova di una politica redistributiva, come ad una politica per l'occupazione. Spero che adesso siano messe da parte tutte le sciocche contrapposizioni tra diritti dei lavoratori prossimi alla pensione e giovani in cerca di prima occupazione. Infatti, non sono certo le risorse destinate ai primi che dovranno essere utilizzate per aggredire la disoccupazione e beneficiare i secondi. Promuovere un'altra politica, quindi; la politica aperta dalle 35 ore e che soffia come un vento nuovo sull'Europa, sormontando le scelte liberiste, grazie all'intervento congiunto delle forze di progresso in Italia e in Francia.

Ci sono alcune lezioni che emergono nitidamente da questa vicenda. La prima, è che la nostra politica fondata sulla resistenza sociale da una parte e sull’avvio di una stagione di riforme dall'altra, incomincia a far breccia. Essa però deve potersi alimentare di una iniziativa sociale che finora ha stentato a farsi riconoscere. L’esito positivo in queste ultime ore della trattativa sindacale porta anche il segno delle recentissime prese di posizione di realtà di fabbrica, di realtà sindacali importanti e significative, di personalità della stessa sinistra sindacale. Sempre più forte, oggi, si avverte l’esigenza di far consistere d'una dinamica sociale una rappresentanza politica avanzata, di coniugare conflitto e politica; ancora, di insediare socialmente la politica riformatrice di Rifondazione comunista.

C'è un'altra lezione che merita un approfondimento ulteriore: la vecchia concertazione sindacale, nelle forme in cui l'abbiamo sinora conosciuta, avrà sempre più difficoltà a riproporsi. Si è tentato spregiudicatamente, in nome di quella politica di concertazione, di avviare un percorso di integrazione compatibilista del nostro partito. Alla fine, è successo il contrario.