Humanité

Bertinotti, il governo, l'Europa

Liberazione 20 dicembre 1997

Quali lezioni trae dalla crisi politica di ottobre? Come valuta il progetto di fusione tra le grandi centrali sindacali? E ancora, cosa pensa della moneta unica? Fausto Bertinotti ha risposto a tutto campo al giornalista dell'Humanité, che l'ha incontrato domenica scorsa a Parigi a margine della tavola rotonda con il leader dei comunisti francesi, Robert Hue. Ieri l'intervista è uscita sul giornale del Pcf.

«La crisi di governo - ha detto, tra le altre cose, Bertinotti - ha permesso di aprire una nuova fase nella vita politica, dopo un periodo segnato dall'adozione di misure drastiche, definite "di risanamento" economico, dirette a creare le condizioni per l'ingresso italiano nell'euro». Bertinotti non ha dubbi: «Se non avessimo agito così difendendo i diritti acquisiti specie in materia pensionistica, la fase nuova non si sarebbe aperta e il governo sarebbe prigioniero delle forze moderate e del padronato. Prima della crisi, il padronato era in prima linea in difesa della legge finanziaria; dopo la crisi, ne è divenuto il principale avversario. Prima della crisi, non c'era la legge sulle 35 ore; dopo la crisi, questa legge è all'ordine del giorno: è la prima volta che il governo assume un simile impegno».

Il segretario di Rifondazione non ha nascosto le difficoltà. «Il livello del conflitto sociale è insufficiente», ha infatti aggiunto. «Questo ha permesso la terribile offensiva anticomunista, l’accusa di favorire la rivincita della destra o l'esclusione del paese dalla moneta unica». Ma il partito, ha segnalato Bertinotti, «ha tenuto, larga parte della popolazione ha compreso le nostre ragioni». «Oggi la fase che si apre - ha concluso - è più favorevole allo sviluppo delle lotte sociali».

Dopo aver sottolineato l'opposizione di una parte del sindacato alle 35 ore, un’anomalia tutta italiana agli occhi del lettore francese, Bertinotti si è espresso sul processo di unificazione tra Cgil, Cisl: «Non nasce sotto buoni auspici. Può determinarsi un rafforzamento dell'autonomia rivendicativa del sindacato, oppure un rafforzamento delle pratiche concertative attuali. Avremmo, in quel caso, non un sindacato unitario ma un sindacato unico. Col rischio che divenga la cinghia di trasmissione del Governo».

Alla fine si arriva all'Europa. La moneta unica? «Se volessi essere lapidario, direi che siamo a favore dell'euro, ma contrari a Maastricht e al patto di stabilità che l'accompagna». Per Bertinotti «modificare il trattato è necessario. Tuttavia, così come l’esistenza di monete nazionali non impedisce politiche ultraliberiste, simmetricamente una moneta unica non è incompatibile con le politiche sociali», ha detto. E la sovranità nazionale? Bertinotti distingue: «Da un lato la nazione, dall'altro lo Stato nazionale. Va bene valorizzare la nazione, portatrice di cultura, storia, civiltà. Ma sarei più critico sullo Stato nazionale. La sovranità nazionale italiana è stata negata durante la guerra fredda, Maastricht ha imposto la sua politica economica a tutti gli Stati firmatari: dov’è, allora, la sovranità nazionale»