Liberarsi nellantagonismo I tre giorni della Conferenza dei giovani comunisti e comuniste Frida Nacinovich |
Liberazione 9 dicembre 1997
«Siamo noi quelle e quelli che sono oggi direttamente interpellati da una domanda di innovazione dei linguaggi e dellazione sullesterno. Siamo noi che possiamo, dobbiamo, saper interpretare una nuova generazione della Rifondazione comunista messa in gioco nei movimenti ma anche in una ripopolazione politica e culturale dei territori, spezzando le catene della solitudine imposta da questa modernità, ricacciando indietro il deserto che è avanzato nei luoghi della metropoli».
Nella sala del Centro Congressi Excelsior di Chianciano Terme, Giuseppe De Cristofaro, responsabile nazionale dei Giovani comunisti, apre i lavori della prima Conferenza Nazionale. Più di 110 assemblee locali per eleggere delegate e delegati: migliaia di giovani comuniste e comunisti hanno dato vita, in tutta Italia, ad un dibattito ricco, importante, essenziale. E oltre cinquecento delegati intervengono nel dibattito di questi tre giorni, lo animano, riportano le loro esperienze, parlano di scuola, di università, del partito, della società.
La sala dellExcelsior ha un aspetto speciale: su un pannello si legge la scritta «se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia», sotto il bacio di due giovani su una barricata del Maggio parigino; immancabili la falce e martello, il simbolo del partito e una scritta che ricorda la Conferenza dei giovani, le bandiere rosse. «Tutto è montato su un insieme di tubolari, quasi ci si trovasse in un cantiere, quasi il lavoro fosse ancora in costruzione» - sottolinea Angelo Sanchini, grafico di provincia, allestitore di professione che, per il partito, non fa mai mancare il suo prezioso contributo.
Lallestimento della sala è dunque una metafora di quel che sta succedendo. «Siamo noi i primi a dover capire cosa significa costruire, nellantagonismo politico e sociale, comunità, autodeterminazione collettiva, liberazione delle espressioni, dei saperi, delle soggettività, un disegno nuovo di società - dice De Cristofaro - una convivenza trasformatrice di donne e di uomini che sappia essere quella "sola moltitudine", quel "noi/altri" che abbiamo cominciato ad accennare nelle tappe in cui si è espresso questanno, proprio a partire dalle giovani e dai giovani, un nuovo popolo di sinistra». Per le giovani e i giovani di Rifondazione comunista la prima scadenza nazionale è una scadenza molto importante: «Conserviamo dellallora "Progetto Giovani" i due caratteri fondanti - spiega ancora - la necessitò di unarticolazione organizzata e la non separatezza dal partito: due elementi che segnano un fattore di discontinuità con la storia delle organizzazioni giovanili di sinistra, da una parte il riconoscimento di uno "specifico giovanile", che impone la necessità di costruire unorganizzazione strutturata, dall'altra la consapevolezza che questo specifico non è questione separata, o settoriale, dalla pratica e dalla politica complessiva in un processo di Rifondazione comunista».
Il rapporto annuale Istat per il 1996 mette in evidenza la disoccupazione giovanile, ci informa che la mancanza di lavoro colpisce il 33,8% dei giovani tra i 15 e i 24 anni ed il 26,1% dei giovani fra i 15 e i 29 anni; il 58% di questi disoccupati è in cerca di primo impiego. «Una profonda connotazione di classe emerge dallo studio, che pure un istituto scientifico non riesce a contenere negli schemi di una fredda neutralità - sottolinea De Cristofaro -; questi fattori ci interrogano in maniera diretta sulle difficoltà di riconnettere i fili di una condizione sociale disgregata». La questione della "ricomposizione sociale" è centrale per i Giovani comunisti, proprio a partire dalle nuove generazioni.
Il responsabile nazionale dei Giovani comunisti si sofferma sulla delicata questione meridionale, una situazione sulla quale «sarà utile indagare; risulta, infatti, che le sette regioni che hanno un numero di iscritti allorganizzazione giovanile pari almeno al 10% dei totali, sono, oltre allUmbria, la Sardegna, la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Campania, il Molise, e che la metà complessiva degli iscritti è attribuibile a federazioni, ancora una volta, a sud di Roma». «Il Mezzogiorno è una sfida che incrocia il centro stesso della nostra idea politica, come strumento di liberazione e di trasformazione - dice - questa sfida non potrà cominciare attorno ad argomenti astratti, ma dovrà articolarsi a partire dalla costruzione di un movimento per il lavoro». Il lavoro come strumento da opporre alla mafia, alla camorra, ai poteri forti. La pubblica istruzione, poi, in questi anni ha subito profondi processi di ristrutturazione. «Già negli accordi fra sindacato e Confindustria del luglio 93 - commentano i giovani comunisti -, si parla di una rimodernizzazione e riqualificazione dellistruzione e degli assetti formativi finalizzati all'arricchimento delle competenze di base e professionali e al miglioramento delle competitività del sistema formativo e della qualità dei servizi». «In questa sede - precisano - si ratifica un processo che apre la strada alla privatizzazione del sapere».
Dure critiche al ministro Berlinguer: critiche «allimpostazione di una riforma complessiva di tutto il sistema formativo». I comunisti non si sottraggono alla sfida imposta dall«attacco allistruzione pubblica», vogliono rimettere in discussione le cose che non vanno, a partire «dal principio anticostituzionale del finanziamento pubblico alle scuole private, dal ricorso al numero chiuso nelle università, dalle condizioni, sempre peggiori, del diritto allo studio». Solidarietà, dunque, agli studenti che occupano scuole e facoltà universitarie. Le giovani comuniste approfondiscono e analizzano la condizione delle donne. I temi trattati nei tre giorni di discussioni sono veramente tanti: si parla di ambiente, di formazione, di cultura, di emarginazione, di immigrazione, delle grandi questioni nazionali e internazionali allordine del giorno; si confrontano dialetticamente le due mozioni congressuali che, essenzialmente, divergono sulla collocazione di Rifondazione comunista rispetto al governo. A fine congresso la parola passa a Fausto Bertinotti, segretario nazionale di Rifondazione comunista.