PER UN PROGRAMMA DI CAMBIAMENTO Graziella Mascia |
Liberazione 11 ottobre 1997
Governo di programma. Questa è la nostra proposta per risolvere la crisi. Dettaglieremo meglio al Capo dello Stato il senso della nostra proposta. Ma già ora è possibile cogliere fino in fondo il merito dei contenuti e l'ispirazione unitaria che la caratterizza. Sono le ragioni della nostra politica di sempre.
La crisi è precipitata proprio perché il governo non ha voluto aprire un confronto reale con Rifondazione Comunista. Si è tentato di metterci di fronte al fatto compiuto di un accordo col sindacato che sancisse il taglio alle pensioni di anzianità. Questo percorso è stato interrotto, ma la precipitazione della crisi è la dimostrazione della mancanza di volontà di trovare un compromesso con Rifondazione Comunista.
"Avete deciso la crisi a freddo", dicono ora i dirigenti del Pds. Chi conosce la verità sa che non è cosi. Le proposte da noi avanzate corrispondono semplicemente ai bisogni del paese: lavoro, equità sociale, reperimento delle risorse sono i nodi fondamentali che stanno al centro della nostra proposta di programma di un anno. Una proposta che rilanciamo, e che viene valorizzata dalle notizie che ci arrivano dalla conferenza per il lavoro in Francia. Una legge che fissa l'obiettivo delle 35 ore a parità di salario nel 2000, sostenuta dai necessari incentivi economici dallo stato, è esattamente la nostra, e la decisione del governo francese. La ragionevolezza delle altre questioni è sotto gli occhi di tutti: come si può pensare che nel mezzogiorno d'Italia il mercato, automaticamente, possa produrre nuova occupazione, quando questi stessi incentivi che Prodi propone non hanno funzionato?
C'è la necessita che il pubblico assuma in prima persona la responsabilità di garantire, attraverso progetti finalizzati posti di lavoro per centinaia di migliaia di giovani. Si può discutere sulle cifre, abbiamo detto, ma non bastano le risposte generiche. E che dire della demagogia di Prodi circa le pensioni di anzianità degli operai? Per 600 miliardi di più si è voluto produrre la crisi. Tutti sanno che è impossibile definire contrattualmente e giuridicamente queste categorie. E quindi è difficile dare garanzia alcuna. E comunque, se volessimo ragionare sulla definizione dei lavori più pesanti e disagiati, siamo certi sia possibile espungere lavori impiegatizi, figure professionali che stanno negli ospedali, o negli asili rido, o nel commercio? Non sarebbe male riprendere approfondimenti sulla qualità dei lavori, sulle fatiche e sulle alienazioni.
Sentiamo innanzitutto però il bisogno di sottolineare la necessità di ricostruire un tessuto unitario del mondo del lavoro. Non siamo interessati a lavorare ad ulteriori disgregazioni. E perché, allora, dovremmo accogliere favorevolmente il fatto che il sindacato accetta di accelerare l'aumento del periodo lavorativo per i dipendenti pubblici e contemporaneamente aumentare ancora una volta quello dei privati? Non è tempo di mettere fine a questa corsa alla perdita di diritti e cominciare a dare certezze a tutti? E perché dovremmo dire si a licenziamenti nelle poste, nelle ferrovie, nella scuola? Queste ed altre sono le ragioni della nostra critica all'impianto della finanziaria Il nostro impegno, serio e sincero, di cercare un compromesso ci ha posti di fronte al ricatto: o accettate le cose così come sono o vi assumete la responsabilità di rompere il primo governo di centro sinistra. Consapevoli di tutte le difficoltà che sarebbero seguite, abbiamo scelto, come sempre, i contenuti. Non ci rassegnamo alla concezione di una politica che prescinde dalla vita vera delle persone e dalla necessità di dare soluzione ai problemi.
Comprendiamo le sofferenze della nostra gente, quella che con il voto del 21 aprile avevano espresso una speranza di cambiamento. Le comprendiamo perché sono state nel nostro travaglio nell'assumere una decisione difficile e che ancora una volta ci costringeva a scegliere tra contenuti e unità comunque. Abbiamo scelto i contenuti per rilanciare, ancora una volta, lunità. L'unità si fa e si costruisce, pazientemente, sulle cose. Non potremo mai accedere a logiche che portano ad una governabilità fine a sé stessa. Ma sosteniamo gli appelli di coloro che sinceramente vogliono aprire una prospettiva unitaria, nonostante le differenze strategiche tra noi e l'Ulivo. Ed è anche per questo che abbiamo lavorato tenacemente per costruire alleanze che possano, nelle prossime elezioni amministrative, dare una soluzione in avanti al governo delle città.
Proprio per questo consideriamo irresponsabile il tentativo, da parte di alcune forze politiche del centro sinistra, di rompere accordi già definiti con il rischio reale di determinare un baratro nei rapporti politici e personali. La nostre critica al sindacato viene usata strumentalmente in un momento in cui il suo livello di autonomia ha raggiunto uno dei punti più bassi. A tutto ciò rispondiamo con il merito dei problemi. E, soprattutto, sollecitando tanti protagonismi, tante storie individuali e collettive che ci aiutino a portare al centro della politica le questioni concrete dei lavoratori e della povera gente, l'idea di un'altra Europa che cambi i parametri monetaristi fin qui seguiti. L'Europa dei popoli e della giustizia sociale.
La manifestazione unitaria del 25 ottobre a Roma sta dentro questo percorso, di contenuti e di rapporti con esperienze e antagonismi europei e non solo. Una grande mobilitazione di massa costringerà tutti a fare i conti con la realtà di milioni di uomini e donne che sentono la materialità di bisogni quotidiani irrisolti, in uno squilibrio ambientale sempre più drammatico e l'imbarbarimento nei rapporti civili prodotti dal primato del mercato e del denaro. E necessaria una svolta riformatrice. Perciò rilanciamo la sfida: governo di programma, convinti che si debbano e si possano trovare, nella maggioranza espressa dalle urne le volontà e le energie per tentare un percorso di cambiamento. Il nostro antagonismo e la nostra ispirazione unitaria sono la barra di ogni atto e scelta politica. Continueremo testardamente su questa linea, certi di incontrare il sentire di un vissuto di milioni di persone.