Per favore non si parli di fatalità

Maura Cossutta

Liberazione 2 novembre 1997

La strage di Milano poteva, doveva essere evitata. Partiamo da qui, perché l'orrore e l'emozione profonda per quei morti non diventi solo angoscia e impotenza. Perché l'accertamento delle possibili cause (un telefonino, un accendino di troppo, non arresti la ricerca della verità sul perché di questi morti, come di tantissimi altri, ogni giorno, sui posti di lavoro, nelle industrie come nei servizi, nel privato come nel pubblico. Troppo spesso, più le tragedie sono grandi, più si rischia di fermarsi al "particolare", all'evento ultimo, causa di tutto. Peggio, si rischia di considerare l’errore umano come elemento isolato, fuori dall'organizzazione del sistema di prevenzione e fattore principale di una responsabilità che diventa solo e sempre individuale. Lasciando i colpevoli veri in libertà e gli omicidi impuniti. Formigoni si affretta a dire che i controlli sono stati fatti, e Ligresti che andava tutto bene. Ma quali controlli? Si è collaudata l'attrezzatura o il sistema di prevenzione dei rischi?

Verificare la tecnologia non basta a garantire completamente la sicurezza. Come viene rispettata la 626? Chi controlla la manutenzione continua e tutte le fasi della procedura? Perché non esistono le segnaletiche previste dalla legge con scritto, ben visibile, quello che è vietato e pericoloso? Cosa c'è scritto nel Documento per la sicurezza? Sono stati consultati i lavoratori sulle questioni riguardanti la sicurezza, come previsto dalla legge? E l'accreditamento di questa struttura com'è avvenuto?

In Parlamento la settimana prossima Rifondazione chiederà conto e chiamerà in causa tutti i livelli delle responsabilità. Certamente quella della clinica e poi della Regione, ma anche oltre. Dobbiamo costringere tutte le forze politiche a riflettere sulle devastazioni avvenute dopo la controriforma De Lorenzo, meglio conosciuta come 502 e il referendum che ha tolto alle Usl le competenze sull'ambiente. Inoltre, l'Italia ha recepito le direttive Cee della "Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori" del 1989, ma a tutt'oggi l'applicazione della 626 di proroga in proroga viene continuamente rinviata, perché ritenuta un costo che il profitto non si può permettere. E' avvenuto un vero arretramento della cultura in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro.

Nella figura del datore di lavoro (pubblico o privato) si sommano le fasi dell'identificazione, della valutazione e della gestione dei rischi introducendo la dipendenza del sistema di prevenzione da una valutazione esclusivamente contabile e di tipo assicurativo. Non è più prioritario il rapporto tra la valutazione dei rischi e il meccanismo di partecipazione, informazione e controllo degli operatori, proprio mentre risulta sempre più evidente che la stessa accettabilità di un provvedimento di prevenzione del rischio da parte degli operatori diventa determinante per la sua efficacia. Non vengono presi in considerazione i rischi legati ai ritmi, ai turni, divenuti solo una variabile dei processi di flessibilizzazione della forza-lavoro.

Con le aziende ospedaliere, si sono ridotti proprio i servizi che dovrebbero assicurare la vigilanza negli ambienti di lavoro, con un continuo calo di personale e di prestazioni. E mentre si contrabbanda per prevenzione una semplice operazione di consulenza del lavoro, per la corretta applicazione di obblighi di legge, il direttore generale può persino esternalizzare il servizio, depotenziando la struttura pubblica dal suo ruolo di controllo e vigilanza. Tutto ciò in Lombardia è diventato norma: per le politiche di prevenzione si accetta ormai totalmente il modello costi-benefici.

Vanno ribaltate le priorità: la sicurezza deve divenire tema centrale della politica, delle scelte del governo e della programmazione regionale e ci auguriamo che lo sciopero dei lavoratori a Milano sia solo l'inizio di una ripresa forte di mobilitazione di tutte le forze sindacali fino ad oggi non sufficientemente vigilanti contro i rischi dell'aziendalizzazione della salute.