Tagliare sui tempi è una svolta epocale, non bisogna guardare soltanto ai costi Fabio Sebastiani intervista Sabino Acquaviva |
Liberazione 23 ottobre 1997
Il sociologo Sabino Acquaviva, professore alluniversità di Padova, lha scritto a chiare lettere sul Corriere della Sera: «Ridurre lorario fa bene, a tutti». Un aspetto, quello sociale, ancora non al centro del dibattito.
Lei attribuisce alla proposta delle 35 ore il respiro che merita. Vuole illustrarcelo?
Stiamo passando da un tipo di civiltà ad un altro e questo ha delle conseguenze di grande importanza. Non accade oggi, naturalmente, ma ha coperto e sta coprendo l'arco di un secolo. E' stato un tentativo di passare da una condizione di schiavitù rispetto al lavoro a una condizione di libertà. Luomo cerca sempre di essere più libero di gestirsi la vita come vuole quindi questo implica il distacco dal lavoro non nel senso della passione ma del tempo dedicato. Abbiamo utilizzato una serie di macchine per una serie di scopi, possiamo utilizzarle benissimo anche per cambiare le condizioni della vita umane. Qual è la maggiore disuguaglianza al giorno d'oggi? Ci sono dei baratri di disuguaglianza nellambito della felicità di disporre del tempo per vivere.
Insomma, della riduzione d'orario non si devono occupare solo gli economisti.
Deve uscire da quell'ambito perché è un tema che riguarda la gente. Per esempio noi vediamo che sono molto più a contatto dei problemi psicologici umani e le sofferenze quelli che vivono il volontariato. Chi fa politica, purtroppo, quasi sempre, salvo eccezione vive in un suo mondo chiuso. Non si rende conto che questa organizzazione del lavoro lentamente emargina una parte della popolazione perché non solo si può fare tutto con meno gente ma perché per lavorare sono richieste delle preparazioni tecniche delle conoscenze che molti non possono avere perché ci sono delle difficoltà di carattere economico. Se mi occupo di lavoro, delle 35 ore non posso fare, diciamo così, il conto della serva devo vedere costi e ricavi di questa modifica. E la mia idea è che i ricavi, se tutto viene programmato adeguatamente, sono moltissimi e soprattutto nel sociale. Quindi bisogna fare un conto complessivo.
Non crede che ci sia una classe dirigente impreparata a cogliere questi ricavi?
E' impreparata perché appunto è una classe politica che persegue due obiettivi la tutela o di interessi di parte o di interessi economici nel complesso e la tutela del diritto e poi di una libertà e democrazia, mi perdoni l'osservazione, abbastanza formali, perché in realtà sappiamo che i paesi industriali avanzati sono governati da 2000-2500 persone e si entra solo per cooptazione.
Quanto conta il ruolo giocato dai diretti interessati dalla riduzione dorario nel risolvere i normali problemi di attuazione?
La riduzione dell'orario di lavoro va calcolata a livello di tutta la società sommando i costi e i ricavi e poi calcolando le sue conseguenze e i minori costi. Per esempio, abbiamo bisogno di servizi sociali e il problema della riduzione di costi del welfare state. Se io avessi una società in cui ci fossero 4 giornate lavorative invece di 5 quanto la gente potrebbe occuparsi dei suoi parenti, figli ecc. in più riducendo, in una certa misura, i costi sociali? La riduzione dell'orario di lavoro ci aiuta a cambiare la nostra strategia per la riorganizzazione dell'intera società.
Si può ridurre senza aumentare al massimo la flessibilità?
Il lavoro è flessibile quindi ridurre l'orario di lavoro a 35 ore in linea generale va bene. In pratica bisogna cercare di compattare le ore di lavoro. E' un processo difficile perché le aziende tendono a sfruttare al massimo. Alla distanza non è vero che la riduzione aumenta i costi, né è vero che riduce l'occupazione perché poi c'è un rilancio nel settore dei consumi. Tanto è vero che l'orario di lavoro a 35 ore, "dall'alba al tramonto" dalle 60, alle 50, alle 40 ore, non ha aumentato i disoccupati ha fatto il contrario. Però crea problemi. Ragionando in questi termini, progettiamo la riorganizzazione della società completamente. Qualcuno mi dice che è un'impresa un'utopia. Ma in realtà accade che la società, da sola, senza che nessuno progetti, senza un progetto politico di fondo, viene riorganizzata quotidianamente dall'evoluzione tecnico scientifica ed economica. Le società finanziarie centrali in un anno trasferiscono risorse per tre volte il bilancio degli Usa. Sappiamo che questi soldi controllano un sistema di multinazionali le quali controllano altre società e poi il sistema di marketing pubblicità, il quale anno dopo anno si trasforma, distrugge valori, costruisce una logica diversa di gestione della società. O c'è questa programmazione implicita oppure si prende coscienza e, a partire dalle 35 ore, si inizia a dire vediamo come possiamo organizzare la società per consentire alla gente di vivere.