Il centrosinistra nervoso allappuntamento del "patto" Anubi DAvossa Lussurgiu intervista Franco Giordano |
Liberazione 17 dicembre 1997
ROMA La finanziaria arriva ad un passaggio decisivo, dopo il conseguimento nella maggioranza di risultati che assestano la gran parte dei punti dell'accordo fra governo e Rifondazione; ma ora è all'ordine del giorno il "patto per un anno", la parte strategica - che prende piede dall'indicazione del traguardo delle 35 ore, sancite per via legislativa di quell'intesa. Un ordine del giorno che doveva andare in discussione ieri sera. Così non è stato.
Ne parla Franco Giordano, responsabile Lavoro nella segreteria del Prc. Cominciando dai risultati nella finanziaria: «Siamo in grado di trarre un bilancio sull'intervento da noi prodotto sulle pensioni. Oltre agli operai e agli equivalenti, si sono aggiunti, in virtù della trattativa sindacale, i precoci. E adesso siamo riusciti a produrre un significativo allentamento del "blocco" degli insegnanti».
Puoi enunciarlo in cifre?
Nel '98 potranno andare in pensione tutti gli insegnanti che hanno maturato i nuovi requisiti (intorno ai 10mila) cui si aggiungeranno altri 5mila circa, con la precedenza di coloro che hanno una più alta età anagrafica. E, come si vede, il nostro intervento ha fermato le spinte che puntavano ad un ulteriore riduzione delle aliquote contributive degli autonomi. Ora, si va verso l'omogeneizzazione degli interventi, con una unificazione generale del mondo del lavoro a 57 anni, nei confronti della quale non nutrivamo alcun pregiudizio ideologico. Ma volevamo rendere uniforme il segno di equità sociale, anche con quest'area, gli insegnanti, che soffre una pressione restrittiva prolungata.
Non cè dunque alcuna ombra, in quest'assetto della finanziaria?
Si è ottenuto un risultato positivo sulla scuola, mentre permane un nostro giudizio critico sulle Ferrovie e sui trasporti in generale, perché gli esuberi vengono solo rinviati alla contrattazione e non è stata presa in considerazione la nostra richiesta netta di sostituire con nuove assunzioni coloro che avevano maturato i requisiti per la pensione. Su questo terreno rimane aperta un partita sul futuro dell'azienda, sui suoi livelli occupazionali, sugli assetti di gestione. Bisogna far rispettare gli accordi formalmente presi con lo stesso Prodi dal Prc.
Sei certo, comunque, della tenuta degli altri risultati?
Bisognerà fare attenzione che questo accordo non venga stravolto dall'intervento delle destre in aula. Occorre una grande capacità di vigilanza democratica, in queste ore.
Intanto, però, gli ulteriori passi nella direzione chiesta dal Prc subiscono l'ipoteca di "pronunciamenti" di certe agenzie globali...
Io credo che siamo riusciti a conseguire un compromesso positivo con questa finanziaria, ma ora la sfida che ci viene proposta sia dal Fmi sia dall'Ocse, pur nel riconoscimento dei risultati raggiunti, è quella di usare terroristicamente il "patto di stabilità". Che ci viene riproposto per cercare di incunearsi nelle tutele pensionistiche (ancora), come nelle 35 ore e nellulteriore prospettiva riformatrice che proponiamo.
In effetti, il "patto di stabilità" rimane un fantasma aleggiante sulla costruzione europea.
In realtà in Europa si sta giocando un partita: tentare di sottrarre il nostro Paese ad una possibile azione combinata con la Francia. Uniniziativa congiunta su politiche di tendenza opposta a quelle neoliberiste poterebbe configurare una vera alternativa, a partire dalle 35 ore.
Un processo che mette in causa le dinamiche della ristrutturazione produttiva; e lo stesso sindacato europeo, oltre le confederazioni francesi, comincia a sostenere quellobiettivo.
E' per questo che sarebbe opportuno battere quelle resistenze di alcuni settori del sindacato italiano che, invece, sembrano ossessionate dalla riduzione d'orario per legge: ossia dalla camicia della concertazione. E' evidente che le 35 ore propongono una diversa, inedita, innovativa autonomia di contrattazione, che ponga fine alla tregua finora garantita, anche nei confronti del governo. A tal fine, per noi sarà prioritaria una legge sulla rappresentanza che aiuti questo processo di riconquista del conflitto da parte del sindacato.
Ma come valuti la permeabilità dell'Ulivo a questa prospettiva, alla luce del rinvio del vertice?
Come sempre, bisogna intervenire dall'alto e dal basso. Senza una ripresa d'iniziativa sociale, anche l'avvio dall'alto di un accordo per un processo riformatore risulta stentato e difficile. E indiscutibile che resistenze a questa scommessa ci sono, evidentissime e le più diverse: nascono da posizioni moderate che rappresentano interessi di settori della borghesia industriale da una parte, dall'altra da una difficoltà a sintonizzarsi con un reale processo riformatore che pure può avviarsi in Europa, perché questo significherebbe un mutamento di linea nelle forze del centro e della sinistra moderata.
Possibilità visibile, non solo in Italia e in Francia, ma persino nel dibattito della Spd e nel confronto mosso del Labour Party; quindi, l'avvio del processo riformatore è una partita difficilissima, che può attivarsi solo se in campo ci sono potenze sociali autonome. Dovrà sprigionarsi anche un potere contrattuale autonomo, che rompa le maglie della concertazione e della passività di massa; come è stato rivelato dal conflitto dei meccanici l'anno scorso, anche se chiusosi al di sotto delle aspettative dei lavoratori.
Il rinvio della riunione della maggioranza segnala quindi quel limite?
E' un fatto negativo perché tende a rimuovere queste questioni e non può essere semplicemente letto come schermaglia interna alla microconflittualità dell'Ulivo.