Pluralismo sindacale:

una sfida oltre la legge

Alberto Larghi

(delegato Filcea Cgil alla Basf di Bollate (Mi)

Liberazione 14 dicembre 1997

Sono passati più di due anni ormai dal referendum abrogativo dell'articolo 19 della legge 300 ma il Parlamento non ha ancora legiferato in materia di rappresentanza sindacale nonostante la domanda di intervento legislativo fosse implicita. Visto che vi era anche una proposta di iniziativa di legge che, formulata dal comitato promotore, accompagnava il referendum stesso.

Nessuno si illude che una legge che regoli la materia anche nel miglior modo possibile risolva di per se il problema della crisi di rappresentanza. Che, come quasi tutti riconoscono, ha cause profonde da ricercare principalmente nelle politiche e nelle scelte di merito attuate dalle confederazioni sindacali negli ultimi anni.

Costruire un sistema di norme che dia la possibilità o, meglio ancora, che obblighi ogni tre anni le organizzazioni ad eleggere in tutti i luoghi di lavoro delle rappresentanze sindacali (cosa che oggi non avviene automaticamente) senza privilegi abolendo quindi la quota di un terzo spettante a Cgil, Cisl e Uil, significa soprattutto operare una scelta politica chiara anche su che tipo di sindacato si vuole. Noi crediamo in un sindacato pluralista che costruisca la sua unità partendo dalle Rsu, evitando operazioni verticistiche che sarebbero di fatto solo la somma degli apparati esistenti e che costituirebbero così solo una unità fittizia.

Vogliamo inoltre che siano i delegati e i lavoratori a decidere con le loro organizzazioni le piattaforme rivendicative, avendo regole chiare sia sul mandato a trattare che sui risultati conseguiti rendendo obbligatorio il voto di mandato e di conclusione degli accordi. Questa sfida, per la costruzione di una legge che vada nel senso sopra indicato, può essere a nostro modesto avviso uno dei presupposti per risolvere la crisi di rappresentatività nonché uno stimolo alle maggiori organizzazioni sindacali a curare meglio gli interessi generali dei lavoratori. Considerando la competizione sul terreno programmatico-sindacale una risorsa e non un intralcio.