Presidenzialismo, asse An-Pds in bicamerale.
Cossutta: in questa maniera il Polo realizzerà un successo strategico. Carla Ronga |
Liberazione 22 ottobre 1997
L'intesa tra Polo e Ulivo, siglata a metà giugno a "casa Letta" sulle riforme costituzionali sembra essere destinata a reggere. Ma a che prezzo? Netto il dissenso di Rifondazione comunista sulla stesura definitiva della proposta di semipresidenzialismo redatta da Cesare Salvi; forti le perplessità dei Verdi e degli stessi Popolari; il pedaggio pagato anche all'interno del Polo sembra dover inesorabilmente portare alla divaricazione del centrodestra che, ieri sera, all'interno della Sala della Regina, si è spaccato sul federalismo fiscale.
Una giornata difficile, quella di ieri in bicamerale: la riunione mattutina del comitato ristretto è servita (malgrado le rassicurazioni di Forza italia sull'unità dell'opposizione) a mettere a fuoco la composita geografia interna al Polo. Così, se l'azzurro Peppino Calderisi ha formalizzato la «preoccupazione», i «dubbi» e il «giudizio finora insufficiente» che il movimento di Berlusconi da degli equilibri complessivi di riforma raggiunti dalla commissione, a lui si è opposto «a nome del gruppo di An» Franco Servello: «Per noi - ha detto nel suo intervento - gli equilibri raggiunti sono complessivamente accettabili da mantenere». Ma il comitato ristretto è servito anche a sancire la nuova alleanza tra Pds e An. La nuova intesa si gioca tutta sul cosiddetto semipresidenzialismo all'italiana e con la decisione della Quercia di apporre al testo di giugno «qualche modifica migliorativa» per venire incontro agli emendamenti più presidenzialisti. Detto e fatto: il relatore Cesare Salvi ha proposto di attribuire al presidente eletto il potere di chiedere al premier di verificare alla camera la persistenza della fiducia. Inutile le proteste del centro-sinistra e di Rifondazione. La bozza, nella sua ultima stesura, verrà sottoposta oggi al voto della plenaria. Prc, Ppi e Verdi hanno già annunciato il loro voto contrario. «La bicamerale - è l'allarme lanciato dal presidente di Rifondazione - è arrivate così ad affrontare uno dei suoi nodi essenziali: sulla forma di governo si "gioca" il futuro stesso della nostra repubblica e tutto fa presagire che la deriva autoritaria sia oramai alle porte. Il Prc - prosegue Cossutta - si è battuto in commissione, continuerà a farlo e contrasterà il presidenzialismo anche in aula. Capisco - conclude perché il Polo ha abbassato i toni dello scontro: vuole realizzare, grazie al Pds, un successo strategico. Un successo che si fonda sull'accoglimento della richiesta che la destra, dal Movimento sociale di Almirante ad oggi, ha sempre perseguito: le elezioni dirette del capo dello stato».
Ma D'Alema non sembra preoccuparsi troppo, né del malumore del centrosinistra, né di quelli di Forza italia. «La sola vera novità che potrebbe ancora esserci e purtroppo non c'è - avrebbe detto nel corso della riunione del comitato ristretto, ricordando il voto contrario di Polo, Prc, Ppi e Verdi al doppio turno di collegio - riguarda la legge elettorale...». E come potrebbe essere altrimenti? Se l'opposizione di Rifondazione rappresenta per il presidente della bicamerale una spina nel fianco, le proteste dei Popolari sembrano essere destinate a rientrare e, nello schieramento opposto, l'opposizione continua a dedicarsi al "suicidio" con una tenacia addirittura grottesca. Tantè che, durante i lavori pomeridiani della plenaria, Silvio Berlusconi decide di concedersi alla stampa assicurando che «nel Polo l'accordo è ampio e tutte le forse sono vincolate dalla promessa impegnativa di mantenere l'unità», ma, solo qualche minuto dopo, sullo spinoso tema del federalismo fiscale le "promesse" si sgretolano di fronte al voto e l "unità" si tramuta in rissa: la bozza D'Onofrio passa grazie all'appoggio dellUlivo, del Ccd e del Cdu a votargli contro tutti gli esponenti di Forza Italia e di An.