Organizzazione e società

Oggi è utile una attenta rilettura del 3º Congresso

Milziade Caprili

Liberazione 11 dicembre 1997

La crisi, il suo percorso, le stesse conclusioni, hanno accelerato - oltre al resto - anche il dibattito sul partito.

Della cosa ci dobbiamo rallegrare tutti e tutte e dovremmo intanto ricavarne una prima indicazione operativa di questo inizio della campagna di tesseramento e reclutamento una occasione per intrecciare discussione e attività pratica di consolidamento ed estensione della forza organizzata del partito. Non c’è dubbio, d’altra parte, che sia necessario interrogarci sulla vicenda politica che abbiamo alle spalle e, soprattutto, sugli scenari che quella vicenda ha potentemente contribuito ad aprire e tutto ciò in riferimento - per quello che qui ci interessa - al partito, alla sua iniziativa, alle risposte che ha dato, alla cassetta degli attrezzi che ha a disposizione per affrontare il nuovo che già c’è.

Se dovessi dirlo con una parola, direi che il partito "ha retto". Ed in questo reggere c’è del positivo (lo scontro è stato talmente forte da mettere alla prova le nostre organizzazioni, la loro cultura politica, le loro modalità organizzative, come mai era capitato) e del negativo (generalmente una scarsa attitudine - che peraltro il concentrarsi degli attacchi non ha favorito - ad una forte dimensione esterna, ad una articolazione della nostra iniziativa). C’è materiale quindi per una riflessione - come dire?- sul campo. Partendo, s’intende, da quello che abbiamo. Da Chianciano, per esempio. Dalla iniziativa che nel giugno scorso abbiamo tenuto proprio attorno al tema della costruzione del partito di massa dopo il nostro III Congresso.

Dal partito che abbiamo, intanto. Come non vederne - accanto ai dati costitutivi di una perdurante fragilità - i passi in avanti: un fitto interrogarsi a partire soprattutto dal III Congresso ed un primo faticoso operare circa il proprio radicamento sul territorio nei luoghi di lavoro e di studio, la necessità di avviare una sistematica opera di recupero delle migliaia e migliaia di compagne e compagni entrati nel partito e non più contattati e quindi rapidamente usciti; la ridefinizione di gruppi dirigenti capaci di tenere la barra sulla buona politica quella, per intenderci, che non ha niente a che fare - ma proprio niente a che fare -con i personalismi, con l’elettoralismo, ma è capace di interrogarsi, e di dare buone risposte in merito alle domande cruciali che la buona politica pone: chi vuoi rappresentare e per fare che cosa? un decisivo e concreto intervento (anche per via di grandi manifestazioni di massa) sulla cultura politica per far si che l’apertura del partito ai movimenti alle realtà vive del Paese, alle correnti critiche non appaia una sorta di lusso ma una componente essenziale, decisiva del nostro progetto; il porsi problemi che risultano ormai essenziali per le stesse caratteristiche, per il profilo di un moderno partito di massa: quello giovanile ed il superamento (ancora lento, quanto ancora lento!) del carattere monosessuato ("un partito in grado di parlare con le donne e di farle parlare").

Si tratta di passi in avanti ancora troppo timidi, non c’è dubbio. Ancora poco generalizzati, certamente. Segnalano pur tuttavia che si va facendo strada la consapevolezza di essere ad un punto di snodo fondamentale per la costruzione di un nuovo partito comunista di massa in Italia. Questo elemento è avvertito anche se risultano del tutto evidenti le perduranti difficoltà dell'insieme dell'organizzazione a compiere un decisivo salto di qualità in questa direzione. E non è solo ovviamente un problema organizzativo; è un problema di conoscenza quantitativa e qualitativa dei fenomeni intervenuti nel determinare mutamenti radicali rispetto alle condizioni storiche di nascita e di sviluppo dei partiti di massa, di analisi politica, di ridefinizione delle categorie della politica dei comunisti, di chiarimento degli obiettivi, d'adeguamento della nostra organizzazione alla realtà sociale.

Tutti temi, questi, per cui sarebbe di grande utilità una rilettura del nostro 3° Congresso. Sono assolutamente convinto - infatti - che quella fornita dal Congresso sia ancora una utile cassetta degli attrezzi per affrontare consapevolmente i nodi a cui ci rimanda il momento cruciale, di svolta anche per la vita del partito. E che per innovare il nostro modo di essere, la nostra pratica politica, il grado, la qualità del nostro rapporto con la società siano necessarie insieme la consapevolezza del cammino percorso e l’inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, lo spirito critico, la volontà di dialogo e di ascolto.