Leconomia finanziaria sta mangiando quella reale Giancarlo Saccoman |
Liberazione 30 ottobre 1997
Due milioni di miliardi bruciati in un giorno con il crollo delle borse mondiali: l'intera produzione annuale italiana, il 4% di quella mondiale. Magia (nera) della speculazione finanziaria! Come è potuto avvenire tutto ciò?
I crac bancari ed i panici finanziari che costellano tristemente la storia dell'economia mondiale si stanno ripetendo con sempre maggiore frequenza, col lunedì nero dell'87, la crisi valutaria del '92, il crollo del Messico nel '94, ed ora il secondo lunedì nero del 27 ottobre. L'instabilità dei mercati asiatici è stato solo il detonatore di una bomba innescata da tempo. Il vero problema è l'estrema volatilità dei mercati mondiali conseguente all'enorme dilatazione delleconomia finanziaria che si sta mangiando quella reale, produttiva. Le politiche monetariste, attraverso il big bang, ovvero la liberalizzazione valutaria e l'informatizzazione globale del mercato, hanno favorito la crescita dei tassi determinando un enorme rigonfiamento dei capitali speculativi (che muovono fino a 2.000 miliardi di dollari al giorno) e dei valori di borsa (+110% in 3 anni negli Usa, a Fonte di una economia quasi statica). Su 100 lire scambiate, ben 98 sono prive di contropartite reali, puramente speculative e produttivamente sterili. Costituiscono il cosiddetto Vhm, il very hot money, ovvero il denaro che scotta, anonimo e spesso sporco, derivante dallevasione fiscale e dagli enormi commerci di droga, armi, rifiuti e persone. E' un denaro astratto, separato dal mondo reale, che, in preda ad una febbre speculativa, vaga istantaneamente per tutto il mondo in cerca di alti rendimenti e di operazioni "mordi e fuggi", sottratte a qualsiasi controllo.
L'aspetto più inquietante è l'enorme crescita del mercato dei derivati che rappresentano una vera e propria scommessa sulla volatilità e la destabilizzazione dell'economia: si vince solo se si riesce a destabilizzare il mercato, facendo saltare il banco, altrimenti si perde. Esiste dunque una sproporzione enorme fra le risorse finanziarie mobilitabili da chi lavora per destabilizzare il mercato e le riserve delle banche centrali, deputate a difenderne la stabilità, ma incapaci di resistere più di qualche giorno ed al prezzo di una enorme distruzione di ricchezza.
Il rischio è poi elevatissimo: a differenza del gioco d'azzardo, dove si può perdere al massimo la posta, qui si può perdere fino a 50 volte la posta, innescando un meccanismo di crisi a valanga che travolgono gli operatori finanziari. Si tratta dunque di una sala giochi planetaria, di un grande casinò finanziario. Di questo è ben consapevole anche Alan Greenspan, governatore della Fed, la banca centrale Usa, definito per le sue preoccupazioni il dottor menagramo, che ha denunciato l'irrazionale esuberanza della borsa ed il rischio che la crisi divenga sistemica: "una volta i moderni corsari erano i finanzieri d'assalto, ora sono i giocatori d'azzardo; siamo vicini allemergenza, è una giungla, le istituzioni possono essere messe ko da chiunque". Molti operatori attendono il big crunck, il grande terremoto che poterebbe derivare da uneffetto valanga a partire dalla crisi dalle enormi e traballanti banche giapponesi. E sempre più evidente il rischio di un collasso finanziario dellintera economia mondiale. Già più volte, negli ultimi anni, ci si è fermati sull'orlo del baratro solo grazie a robuste manovre di rilancio economico da parte dei governi e delle banche centrali.
La festa finanziaria è finita, ma il conto, a pié di lista, viene presentato sempre ai soliti lavoratori, con una recessione o quantomeno un rallentamento prolungato delleconomia mondiale, come già avvenuto nel 90 tre anni dopo il lunedì, che determina la contrazione della ricchezza e dei consumi e si ripercuote in caduta della produzione, licenziamenti e riduzioni salariali. Cè chi invece si esercita, come già è avvenuto pochi giorni prima della crisi del '29, in grandi spalmature di ottimismo, a partire da Clinton, che è riuscito a rianimare momentaneamente il mercato ma non può certo mutare i dati di fondo della crisi. Non si tratta oggi di un mutamento di breve periodo, ma di una crisi degli assetti strutturali dell'attuale economia capitalistica a livello mondiale.
Quali sono i rimedi possibili? Un ritorno alleconomia reale, con un ridimensionamento salutare di quella finanziaria, ed una riregolazione che metta sotto controllo l'economia casinò. Basta ricordare a tale proposito la proposta del Premio Nobel James Tobin, condivisa dall'Onu, di introdurre una tassa dello 0,5-1% sulle transazioni finanziarie per dissuadere la finanza allegra degli enormi movimenti speculativi dei capitali vaganti, od altre proposte tendenti ad introdurre discipline normative rispetto ai comportamenti più irresponsabili e destabilizzanti.
Le volontà sono però assai diverse e stanno andando, nonostante gli enormi rischi di destabilizzazione e crisi sistemica, nella direzione opposta. Proprio in questi giorni si sta concludendo il negoziato della Organizzazione Mondiale del Commercio per la completa liberalizzazione dei movimenti dei capitali a livello mondiale. Tutto ciò è funzionale ad un rafforzamento del potere economico e finanziario delle grandi potenze, a partire dagli Stati Uniti, ed è per questo che ben difficilmente le proposte di regolazione o correzione vedranno la luce.