Al convegno di Punto Rosso
Samir Amin: «LEuropa o sarà di sinistra o non sarà» Laura Taccani |
Liberazione 14 dicembre 1997
«Democrazia a bassa intensità». Samir Amin chiama così l'ordine politico dei paesi capitalistici. Come dire: ben venga la democrazia, purché non serva a niente. Direttore del Forum du Tiers monde di Dakar, Amin ha inaugurato ieri i due giorni del convegno "Oltre il capitale, globalizzazione e transizione", organizzato dall'associazione Punto rosso al Circolo De Amicis di Milano.
Quello da cui muove Amin è la ricerca di una strategia di mondializzazione «policentrica e alternativa». Alternativa in primo luogo alle cinque polarizzazioni che si possono leggere nellorganizzazione capitalistica occidentale. «Il mercato come è inteso oggi - spiega - è in grado solo di innescare una spirale autodistruttiva di disuguaglianze tra i popoli. Le risorse mondiali vengono gestite in base a un modello da supermercato: si entra, si compra e si esce. Di fatto siamo di fronte a poche polarizzazioni che stanno alla base di tutto. Il monopolio delle tecnologie, quello delle risorse naturali, quello della comunicazione, quello degli armamenti e quello dei flussi finanziari». Per ragionare in termini di alternativa, bisogna al contrario partire dalle regole che le popolazioni si danno a livello nazionale, prima, e sovranazionale poi.
Il dato più evidente in questo senso è profondamente negativo: « I rapporti di forza nelle società nazionali - avverte Amin - sono cambiati costantemente in peggio. La classe operaia non ha più la stessa presa sulla realtà, e bisogna identificare i nuovi soggetti dellalternativa». E' qui, in quelli che chiama i «focolai di resistenza», che bisogna andare a cere care i soggetti con cui «organizzare la controffensiva».
Un segnale più positivo Amin lo legge invece a livello sovranazionale: «In Germania, come in Francia o in Inghilterra, le nuove generazioni si sentono un po' più europee e sono meno vincolate al sentimento nazionale. E' il famoso concetto dei cittadini del mondo. Questo accade ancor più tra le popolazioni africane, legate flebilmente a unidentità nazionale». Su questo fronte, la critica più dura dello studioso va alle strategie scelte dalle forze politiche al potere, «a destra come a sinistra». «Il progetto di Europa elaborato dai partiti di destra è impossibile. Si basa un mercato aperto, nel senso di partner degli Stati Uniti e del Giappone. E' la stessa logica del capitalismo globalizzato.
Ma non va bene nemmeno il progetto cosiddetto panarabo: la Coca cola in una mano e il Corano nellaltra. Per questo bisogna mettersi in testa che l'Europa o sarà di sinistra o non sarà affatto. Se questo progetto, che attualmente manca anche tra le forze più progressiste, non avrà la forza di costituirsi, allora l'Europa si dissolverà prima ancora di essere nata». La strada da intraprendere, dunque, non può essere che quella di una «mondializzazione contrattata», che eserciti un controllo sui capitali per equilibrare i rapporti di forza tra i singoli paesi del mondo.
E' lo stesso ragionamento portato avanti anche da Istvan Meszaros dell'Università del Sussex, in Gran Bretagna. Quella a cui ci troviamo di fronte, afferma, non è una delle crisi (cicliche e più o meno vaste) del capitalismo. E' piuttosto una crisi strutturale sempre più profonda dello stesso «sistema capitale». «Negli ultimi tre secoli - spiega Meszaros - il capitale ha potuto imporre le sua supremazia degradando l'uomo a semplice costo di produzione, a forza lavoro necessaria e spendibile come tutte le altre. Le personificazioni del capitale hanno assunto la forma del capitalista privato o della teocrazia dei nostri giorni, dei politici della destra radicale come dei burocrati di partita postcapitalistici.
Oggi però questo sistema è segnato da una triplice frattura tra la produzione e il suo controllo, la produzione e il consumo, la produzione e la circolazione dei prodotti. Si tratta di un sistema centrifugo, le cui parti sono irrimediabilmente in conflitto».