Una proposta per una grande mobilitazione generale |
La Direzione nazionale del Partito della Rifondazione comunista, sentita la relazione del segretario nazionale Fausto Bertinotti sulla situazione politica, la approva.
La manifestazione che il nostro partito ha contribuito a realizzare a Venezia lo scorso 13 settembre, per un'Europa sociale contro il razzismo e il secessionismo, assieme ad un ampio e significativo schieramento di forze politiche e sociali che animano il campo della sinistra antagonista ha ottenuto uno straordinario successo di partecipazione popolare, con rilevanti presenze, anche di carattere internazionale, come quella della delegazione zapatista, che hanno qualificato in modo politicamente e idealmente elevato l'iniziativa
Rivolgiamo la proposta di una nuova grande mobilitazione popolare incentrata sui temi del lavoro, della difesa e della riforma dello stato sociale, per le fine di ottobre a Roma, a quello schieramento di forze, con l'intenzione di consolidarlo e ampliarlo, coinvolgendo il mondo del lavoro sindacalizzato, le lavoratrici e i lavoratori precari, le masse giovanili in cerca di lavoro, le donne e tutti i cittadini interessati alla lotta alla disoccupazione e alla difesa di un modello di civiltà, quale quello che seppure in modo imperfetto, si è materializzato nello stato sociale, frutto di decennali battaglie del movimento operaio e democratico. Questa mobilitazione permetterà anche di dare nuovo slancio e nuova forza alla battaglia democratica, intimamente connessa alla questione sociale, contro le scelte presidenzialiste e le manomissioni alla Costituzione, cui è giunta la Commissione Bicamerale.
In un quadro, segnato da limiti e da grandi potenzialità, ci attende il passaggio difficilissimo, caratterizzato dalla delineazione della legge finanziaria per il '98 e dalla trattativa sulla riforma dello stato sociale.
Grazie alla nostra presenza ed iniziativa nella maggioranza parlamentare si è fin qui realizzato un compromesso fra politiche di risanamento economico e salvaguardia di pensioni e sanità.
Ma al miglioramento delle condizioni macroeconomiche (riduzione del deficit e dell'inflazione) non ha corrisposto un miglioramento delle condizioni sociali di fondo, dalla questione della disoccupazione, al divario fra Nord e Sud, alle condizioni di vita generali.
E' perciò necessario e urgente intervenire su queste condizioni con elementi di riforma della politica economica e sociale, che invertano la tendenza all'imbarbarimento e alla disgregazione della società civile.
Per questa ragione non possiamo limitarci nella prossima legge finanziaria, ad una semplice difesa dell'esistente.
In Francia si sta conducendo una fondamentale esperienza per uscire dal quadro monetarista nelle politiche economiche. Lasciare quell'esperienza isolata nel contesto europeo significa condannarla alla sconfitta.
Vi sono quindi ragioni interne e internazionali che motivano la necessità di una svolta nella politica del paese.
Abbiamo bisogno perciò di una scelta netta e della capacità di costruire consenso attorno ad essa
La strada della ripetizione delle scelte operate da noi nella passata legge finanziaria non è più sufficiente, ne praticabile.
E' necessario quindi percorrere con determinazione la strada di un confronto nella maggioranza e nel paese sull'intero arco delle questioni economiche e sociali per realizzare, prima della finanziaria, un mutamento degli indirizzi del governo. E' una scelta necessaria, anche se difficile, perché proprio su questi temi si manifestano sordità e atteggiamenti negativi. La rivendicazione sulla riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di salario rischia di essere rovesciata nella richiesta di ulteriore flessibilità di orari e salari, la discussione sullo stato sociale rischia di esaurirsi in quella sulle quantità della riduzione della dinamica della spesa pensionistica (con l'inaccettabile richiesta dell'estensione del sistema contributivo e il prolungamento dell'età pensionabile) e della sanità: le politiche del mercato del lavoro rischiano di tramutarsi in un abbassamento dei diritti per gli occupati stabili senza miglioramenti per i precari; le privatizzazioni continuano in modo strisciante impedendo così qualunque politica industriale diversa dal puro laissez faire.
In questa direzione spingono anche i poteri forti in Europa, che puntano, dopo l'esaltazione della riduzione del deficit, ad aggredire le tutele per il lavoro e la prestazione lavorativa, in vista di una nuova ripresa economica da affrontare in modo selvaggio. La cultura di fondo che permea le forze della maggioranza, Pds compreso, pure temperando le conseguenze più estreme, è interna a questa logica; La rianimazione e i processi di ricostituzione di un grande centro nel sistema politico italiano, si alimentano di questi contenuti e nello stesso tempo si propongono di costruire quadri politici diversi dall'attuale, in caso di crisi, senza necessariamente prevedere un nuovo anticipato appuntamento elettorale.
Per tutte queste ragioni l'apertura di una crisi politica e di una crisi di governo non solo sono possibili ma diventano una probabilità consistente.
Le difficoltà di una rottura dell'attuale quadro politico sono ben chiare, le pressioni cui sarà sottoposto il nostro partito sono già evidenti ora, ma il senso di una nostra permanenza nella maggioranza è legato alla possibilità di fare compiere alla politica del governo quella svolta all'altezza dei problemi del paese e dell'Europa. Se questo non accadesse, verrebbe meno qualsiasi ragione per il sostegno di una sinistra alternativa ad una esperienza di governo.