Le bugie e la furbizia di Zamagni Ernesto Screpanti (Docente di Economia Politica allUniversità di Siena) |
liberazione 22 ottobre 1997
Il professor Stefano Zamagni, accreditato come importante consigliere economico di Prodi, se ne è uscito ieri con un'intervista al "Corriere della Sera" in cui sostiene che la riduzione d'orario a 35 ore è irrealizzabile e che alla fine non se ne farà nulla. La sua tesi è che, o la riduzione d'orario è sostenuta fiscalmente del governo, e allora dobbiamo pagarla tutti, oppure si risolve in un aumento del costo del lavoro, nel qual caso non servirebbe a niente. «Anche Bertinotti, che non è uno stupido - dice Zamagni - sa che la sua proposta non è realizzabile!». In realtà neanche Zamagni è uno stupido, anzi sembra piuttosto furbo.
Infatti dimentica di notare che buona parte dell'intervento fiscale dello stato può essere coperta con i risparmi ottenibili in forza della riduzione della disoccupazione, e che un'altra parte può essere recuperata con la lotta all'evasione e all'elusione fiscale. Inoltre il contributo del governo non dovrebbe essere macroscopico.
La forte opposizione di Confindustria alla riduzione d'orario si spiega con la paura di perdere profitti. Le imprese sono state viziate dagli accordi di luglio, dalla concertazione, dalla svalutazione della lira e da vari aiuti offerti dal governo in questi ultimi 6 -7 anni. Si sono abituate a un modello di crescita della produzione con crescita dei profitti. Per questo solo l'idea che i profitti possano smettere di crescere, e che una parte degli aumenti di produttività possa tornare agli operai, fa inorridire i padroni.
Ma ciò che da più fastidio ai signori della Confindustria sembra essere la proposta di una riduzione regolata dalla legge. Molti sostengono che sarebbe la fine del sistema concertativo. Altri, come Romiti, paventano un "invasione di campo della politica". Strano che nessuno abbia sollevato queste obiezioni quando l'invasione di campo della politica ha coinvolto l'abolizione della scala mobile, o quando è stata svalutata la lira, oppure quando il governo ha regalato soldi dei contribuenti alla Fiat con gli aiuti alla rottamazione. Non sarà che stiamo perdendo il senso del ridicolo?
Il punto è che una riduzione d'orario lasciata alla libera iniziativa delle imprese o alla libera contrattazione aziendale, avrebbe effetti occupazionali irrilevanti, perché l'orario verrebbe ridotto solo nelle imprese che godessero di unelevata crescita della produttività e in quelle che dovessero fronteggiare una forte flessione della domanda, cioè solo nei casi in cui non ci sarebbero motivi per aumentare la domanda di lavoro. Bisogna essere decisi su questo punto. Va bene la contrattazione aziendale e la concertazione, finché si tratta di decidere i modi e i tempi della riduzione. Ma purché sia ben definito l'obiettivo finale. La fissazione di un orario legale di 35 ore al primo gennaio 2001 è il punto qualificante dellaccordo. Ed è la condizione minima per ottenere qualche effetto positivo sull'occupazione. Su questo punto Rifondazione non deve assolutamente cedere.