Lassalto alla diligenza Carlo Benedetti |
Liberazione 28 agosto 1998
Non è una situazione da Weimar degli anni '30 e non è il crollo di una Nep buchariniana. E non è il caos provocato da un "piano Barbarossa" che irrompe sulla scena. È qualcosa di diverso e, forse, di più tragico, irreparabile. Proprio perché quanto si sta verificando in Russia è terribilmente inedito. Non poteva essere previsto nemmeno da tutti coloro che, assistendo - feriti - alla dissoluzione dell'Urss, avevano annunciato (e, forse, anche auspicato) cataclismi, sommovimenti, lacerazioni, crisi epocali. C'era stata in quei momenti - perché negarlo? - una sorta di previsione, in negativo, per augurare tutti i mali del mondo ad un paese che ammainava la bandiera rossa per sostituirla col tricolore zarista. Ebbene: è accaduto di tutto e di più.
Perché quanto sta avvenendo in queste ore dimostra che si è nel vortice e che la strada della ripresa - se ripresa vi può essere - è tutta da costruire. Ma ad eseguire i lavori come hanno già detto gli uomini del potere occidentale, dovranno essere loro, i russi - nuovi e vecchi - che dovranno raccogliere i cocci dell'impero e tentare di rimetterli insieme. Ma sarà opera impossibile perché all'appello mancano già tante tessere di quell'immenso mosaico; ci sono capitali portati all'estero con valige diplomatiche, con container ben scortati dalle tante polizie del potere. Ci sono stati e ci sono trasferimenti di valuta coperti da grandi nomi del Cremlino. C'è tutta una rete di affaristi e mafiosi che naviga in questo caos amministrativo ed istituzionale e che non lascia tracce. Ci sono miniere ed aziende dei settori più strategici che sono passate nelle mani di società estere; ci sono joint-venture che hanno avuto come scopo unico quello di rubare alla Russia le sue ricchezze. Un assalto alla diligenza, quindi, fatto in questi anni con strumenti ufficiali, governativi, istituzionali. Pietra dopo pietra è stato smontato l'edificio russo e solo il vento dell'Asia e le tigri attivate dal Giappone hanno fatto sì che tutta la nuova cortina di ferro, costruita dall'amministrazione di Eltsin, crollasse mettendo a nudo i buchi di bilancio, le grandi assenze, i furti. Si è scoperto, ma è troppo tardi, il traffico delle anime morte e che altre anime - queste sì, vive - sono in giro per il mondo. Basta guardare a Cipro, nelle ville dei nuovi russi, a Creta, in Grecia, negli Usa, in Israele (ma anche nei dintorni di Roma...) per vedere dove sono finiti i beni della Russia. Basta fare un giro di orizzonte nelle grandi banche di tutto il mondo per scoprire dove si trovano i miliardi di dollari usciti illegalmente da quel paese che doveva essere la terza Roma. Ma questa volta - proprio perché il ciclone è a tutto campo - non c'è tempo per le indagine. E poi: chi dovrebbe farle? Perché, si sa, sono scomparsi quei personaggi che con Eltsin hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Dove sono finiti? Vogliamo elencarli? Ci vorrebbe lo spazio di un intero elenco telefonico. Eppure quanti sono stati gli osservatori politici che in questi anni - in occidente - si sono impegnati a presentarci manager, economisti e politologi della Russia che ci spiegavano il senso dei cambiamenti, le evoluzioni, le modificazioni. Ci hanno detto e spiegato che bisognava attendere perché tutto si sarebbe sistemato. Ma si è poi scoperto che sono stati proprio loro a sistemarsi. E allora, volendo applicare le regole della glasnost (e cioè chiarezza e trasparenza) potrebbero dire qualcosa in merito le grandi aziende dell'Ovest che hanno pagato e pagano tangenti, che mantengono la nuova mafia russa e che tollerano una situazione incredibile. Eppure - si dirà - tutto era prevedibile dal momento che il grado di corruzione aveva superato i limiti.
Ed ora eccola, la Russia, ridotta in polvere: guarda alla clessidra della storia contando i granelli di sabbia perché sa che, ormai, è morta anche la speranza. E allora: per colpa di chi? Chi ha pagato per tutto questo? Si potrà anche rispondere, sull'esempio dei farisei, che non si chiede mai chi paga. Ma ora il mondo democratico insiste e vuol sapere. Chi ha pagato per il crollo di questi giorni? Chi ha spinto l'economia russa nel precipizio conosce bene i gangli del sistema e ha fatto in tempo a prendere il largo. Non lo hanno preso, invece, quei milioni di russi - milioni e milioni - che si ritrovano ad avere in mano carta straccia, a dover ricominciare da capo. A scoprire che quell' "Arricchitevi" di buchariniana memoria è divenuto un insulto alla loro coscienza, alla loro intelligenza, alla loro onestà. La guerra che non doveva accadere è cominciata. Con un paese gravemente destabilizzato, che ha perso un conflitto - questo sì mondiale - e che si ritrova con i McDonald nelle sue strade, con le Mercedes che sfrecciano, con le Marlboro che si reclamizzano con una statua della libertà dove svetta la scritta "lAmerica è qui" e le carte dell'American Express che "gridano", da grandi pannelli, "Siamo qui per aiutarvi". Appunto.