Silenzio del governo sull'accordo multilaterale sugli investimenti (MAI) ATTENZIONE, TRATTATO PERICOLOSO "Il diritto commerciale si sostituisce al diritto internazionale" Raffaella Angelino |
Liberazione 2 dicembre 1998
Come definire in poche parole l'accordo multilaterale sugli investimenti (MAI)?
È la più insidiosa delle iniziative globali; la sua forza è paragonabile a quella di un colpo di stato, commerciale, in questo caso.
È l'accordo che sancisce la totale deregulation e la supremazia assoluta dei gruppi d'affari, delle multinazionali.
"La ciliegina sulla torta che chiude il secolo delle masse, che sembra dire: adesso avete proprio finito perché non avete nulla a che fare né con la politica, né con l'economia". Il secolo delle masse si chiude con il suo opposto.
Fausto Bertinotti definisce così l'accordo multilaterale sugli investimenti, da oltre tre anni in discussione in sede OCSE, di cui tanto poco si è sentito parlare.
"L'unico elemento paradigmatico è quello dell'impresa", che modifica tutto: compreso il diritto internazionale che diventa diritto commerciale.
Questo "patto leonino" pericoloso e scandaloso, è il frutto delle tendenze attuali, come ha spiegato il segretario di Rifondazione Comunista al convegno "Globalizzazione, il golpe commerciale" organizzato dalla Sinistra Unitaria Europea - Sinistra Verde del Parlamento europeo, al quale hanno partecipato Luigi Vinci, Carlo Ripa di Meana, Sergio Bellucci e Luciana Castellina.
Il negoziato su questo accordo è partito in gran segreto nel 1995 a Parigi, la discussione si è svolta in sede OCSE, l'organizzazione che rappresenta i 29 paesi del centro capitalista. L'obiettivo era quello di presentare al resto del mondo un trattato da prendere o lasciare.
Per il momento non ce l'hanno fatta: la pressione dell'opinione pubblica mondiale è stata talmente forte da far saltare la ratifica, lo scorso aprile. In quell'occasione, a Ginevra - ricorda Ripa di Meana - la polizia svizzera chiese aiuto a quella francese per sopprimere la protesta delle organizzazioni giunte dal Canada, dagli Stati Uniti e della stessa Europa.
A questo movimento mondiale contro il MAI molti parlamenti europei hanno reagito. Il governo francese, per primo, ha deciso di non partecipare nell'ottobre scorso alla ripresa dei negoziati. A ruota, anche i governi di Londra e Bonn hanno deciso di dissociarsi. E l'esecutivo italiano?
"È inspiegabile e imperdonabile il silenzio del governo italiano che, sull'argomento, non ha ancora assunto una posizione riconoscibile", ha affermato Ripa di Meana.
Anche dopo la presa di posizione francese, da Roma non è giunto alcun commento: "eppure si tratta di una materia che se lasciata incustodita sarebbe portatrice di gravissime conseguenze di natura sociale, ambientale ed esproprierebbe gli stati delle prerogative nazionali e sovranazionali".
L'esecutivo deve esplicitare le sue intenzioni: se si ritira dal negoziato, se aderisce all'idea - non condivisibile - di spostarlo in sede OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) o se si esprime contro (il trasloco del negoziato dall'OCSE all'OMC equivarrebbe - secondo Ripa di Meana - a perorare la causa dei cappuccetto rosso presso il lupo).
L'OMC, che secondo lo statuto avrebbe dovuto rappresentare gli interessi degli stati membri, ha abbracciato la globalizzazione e dunque quei processi che tendono piuttosto a sovvertire l'indipendenza dei paesi.
L'OMC in 4 anni ha collezionato, infatti, un numero consistente di decisioni contro l'ambiente e ha, come unico valore di riferimento, il mercato.
"Non è un caso - ha commentato Sergio Bellucci - che i primi due accordi della storia dell'OMC si siano incentrati sui prodotti informatici e sui servizi di telecomunicazioni: accordi che mirano ad estendere l'egemonia industriale-culturale presente".
Per Luciana Castellina siamo di fronte alla "privatizzazione del potere legislativo": le norme derivano dagli accordi tra le imprese. "La regolamentazione degli investimenti è necessaria", sostiene Castellina, ma nell'accordo multilaterale sugli investimenti si è deciso attraverso due clausole ("stand-still" e "roll-back") che gli interessi delle imprese avrebbero avuto la preminenza sui diritti dei Parlamenti.
Una situazione inaccettabile sulla quale il governo italiano è chiamato ad esprimersi, ma tanto scandalosa quanto assolutamente parte integrante dei processi in corso.
"Un'operazione di questo genere produce certamente un salto di qualità", ha detto Bertinotti in chiusura del convegno: il MAI dà una forza espositiva alle tendenze attuali, tanti pezzi di MAI entrano a far parte degli ordinamenti statali, riducendo e scardinando la sovranità nazionale.
Per questo è necessario chiedere al governo di ritirare la delega per il negoziato e coordinarsi con le associazioni, ma è anche fondamentale inserire un tema così importante nell'agenda della politica.