Camicie verdi e neoliberismo: due facce della stessa medaglia Graziella Mascia |
Liberazione 5 agosto 1998
Camicie verdi a Jesolo: volontari della Lega - tutti rigorosamente provenienti da fuori - daranno man forte ai vigili urbani, sulla base di un progetto del sindaco leghista per la protezione civile. Guarda caso il coordinatore dell'operazione è anche responsabile federale delle camicie verdi leghiste.
La notizia arriva contemporaneamente a quella che annuncia un Bossi dialogante, che rinuncia al secessionismo e chiude il cosiddetto parlamento della Padania.
Forse il sindaco leghista non è stato avvisato in tempo del cambio di linea, o forse le culture corporative e separatiste della Lega hanno ormai lasciato un segno irreversibile. Qualche anno fa i riti simbolici della Lega, tesi a costruire un'identità leghista, facevano sorridere, poi i successi di Bossi hanno cominciato a preoccupare, e ad ogni sua dichiarazione di rottura istituzionale corrispondeva una tempesta di reprimende da tutte le parti politiche.
E tuttavia fino agli ultimi atti di isolamento politico della Lega, non sono mancati i corteggiamenti, dal polo delle destre e anche dal centrosinistra, per via di quei voti che nei ballottaggi al nord sono determinanti per le sorti di tante amministrazioni, e a livello nazionale potrebbero sconvolgere tutti gli equilibri.
In ogni caso, dopo tante prime pagine, negli ultimi mesi i raduni padani non fanno più notizia e la Lega rimane un problema solo per quei cittadini del nord che sono costretti a subirne le esibizioni territoriali e le iniziative amministrative.
Ma nello schieramento democratico e di sinistra, in particolare tra noi e il centro sinistra, una divergenza nella lettura sul fenomeno leghista è sempre rimasto: alle condanne del centro sinistra circa le dichiarazioni separatiste non ha mai fatto seguito un giudizio rigoroso circa i contenuti neo liberisti della sua linea politica, così come si sono sottovalutati i danni che avrebbe prodotto il diffondersi ripetuto di culture intolleranti, razziste e corporative.
In una società in cui già le politiche economiche del cosiddetto processo di globalizzazione producono disgregazione, i richiami all'egoismo, alle divisioni, al si salvi chi può lasciano un segno profondo. Se si aggiungono la disaffezione alla politica e la perdita progressiva di credibilità delle istituzioni, in tanta parte del paese, il bilancio deve preoccupare.
Oggi la Lega è in difficoltà: cancella l'annuale appuntamento di settembre, risponde alle sirene cossighiane. Ma non basta per cantare vittoria.
Le camicie verdi di Jesolo fanno seguito a tante altre nel bergamasco e corrispondono ad un'idea di divisione culturale e sociale, nonché di una prevaricazione istituzionale.
E soprattutto rimane inalterata la strategia neo-liberista che chiede flessibilità, cancellazione di diritti, abolizione dei contratti nazionali di lavoro e statuto dei lavoratori. Preoccupa quindi che qualche esponente del centro sinistra si mostri ora entusiasta della nuova disponibilità di Bossi a dialogare. Il terreno democratico è certamente discriminante per qualsiasi rapporto politico, ma i contenuti della politica fanno la differenza. Se si vuole sottrarre alla lega l'humus che le ha consentito negli anni di attrarre voti popolari, è necessario rendere credibile un progetto alternativo, che affronti i nodi strutturali dell'economia e dello sviluppo, dando risposte a quel senso di precarietà e di incertezza che i processi internazionali tendono ad esasperare.
La svolta nelle politiche economico sociali sono una necessità per le popolazioni del nord come per quelle del sud. Al sud c'è il dramma della povertà e della disoccupazione al 30%, al nord c'è un lavoro precario, che viene conteso in una competizione che rincorre i salari più bassi, e che sacrifica diritti, sicurezze, affetti, socialità e prospettive per il futuro.
La svolta passa quindi attraverso scelte economiche strategiche, nei contenuti e negli strumenti di una politica industriale degna di questo nome, in una programmazione dell'economia che valorizzi e investa sul nostro patrimonio tecnologico e di ricerca e sulle risorse ambientali del territorio.
Ai contenuti devono corrispondere inoltre valori di civiltà nelle relazioni sociali. Anche questi fanno la discriminante tra destra e sinistra.
Le camicie verdi sono solo un piccolo elemento simbolico, in un confine di demarcazione più grande, che le forze di sinistra e di progresso devono rivendicare per segnare la propria alternatività.