Comunisti russi e sinistra europea

Fausto Sorini

Liberazione 30 dicembre 1998

I più recenti sviluppi della situazione in Russia, le difficoltà e le resistenze che il governo Primakov - al di la delle migliori intenzioni del premier – sta visibilmente incontrando nell'imprimere una svolta profonda nella politica economica e sociale del paese, chiedono attenzione e impegno innanzitutto alle forze della sinistra europea, dell'est e dell'ovest. A partire dalla comune consapevolezza che non vi sarà un futuro diverso per il continente, né "un'altra Europa", non subalterna al modello americano, senza impegno congiunto delle forze democratiche e di progresso dell'insieme del continente, senza o contro la Russia.

È nell'ambito di questa comune problematica che abbiamo collocato e collochiamo lo sviluppo delle relazioni tra Rifondazione comunista e i comunisti russi. La storia delle relazioni tra Prc e Partito Comunista della Federazione Russa (Pcfr), due partiti giovani, formatisi nei primi anni novanta sulle macerie dei loro rispettivi, storici predecessori, comincia proprio in quegli anni, nel quadro di una ripresa di rapporti tra i partiti comunisti e di sinistra, dopo il terremoto del 1989 e a partire dai rispettivi contesti regionali (in questo caso l'Europa). Assai più note al lettore italiano sono le vicende che hanno portato in questi anni al consolidamento del rapporto tra i partiti comunisti e di sinistra antagonista dei 15 paesi dell'Unione europea, fino alla costituzione di un gruppo comune al Parlamento europeo e di forme stabili di coordinamento. Meno note, ma non per questo meno significative, sono invece le iniziative volte a ristabilire, fin dalla nascita di Rifondazione, senza clamore ma con paziente determinazione, una rete di rapporti di reciproca conoscenza e cooperazione, con i comunisti e le forze di sinistra dell'Europa centro-orientale, balcanica ed ex sovietica; di quell’"altra Europa" che per tanti anni ha vissuto al di la di un "muro" fatto anche di reciproche incomprensioni, di condizionamenti geostrategici, di barriere politiche e ideologiche che oggi non hanno più motivo di esistere. Relazioni e riflessioni che in ogni caso debbono essere integrate in una dimensione congiunta e multilaterale paneuropea dei comunisti e della sinistra, non già percepite o praticate come relazioni tra "blocchi" politico-ideologici; superando veti e tabù comunque motivati.

Già nel 2° congresso del Prc, che nel gennaio 1994 portò Fausto Bertinotti alla segreteria del partito (lo ricordo bene perché fu proprio il sottoscritto ad elaborare e scrivere il capitolo internazionale delle Tesi congressuali approvate), si affermava che «una partita decisiva degli equilibri mondiali si gioca in Russia, dove sarebbe un errore considerare la restaurazione del capitalismo come un processo fatale e irreversibile», poiché «molte sono le forze che si oppongono alle ingerenze e alla colonizzazione del paese da parte delle grandi potenze capitalistiche, ai diktat del Fmi e della Nato, e prospettano una via d'uscita dalla crisi non subalterna ai modelli neo-liberisti». E, dato che l'esito dello scontro sociale e politico in Russia e nei paesi dell'Est veniva e viene considerato decisivo ai fini della costruzione di uno «schieramento internazionale antimperialista», alternativo alla logica dominante della globalizzazione capitalistica, il Prc operava ed opera con un atteggiamento «solidale e di apertura» verso le «forze democratiche di sinistra e comuniste» che in quei paesi e segnatamente in Russia sono «impegnate in un difficile lavoro di riorganizzazione e di lotta politica e sociale». Siamo stati coerenti con quell'impegno, e sono oltre un centinaio le iniziative intraprese in questi anni per concretizzarlo, inclusi diversi incontri con lo stesso Zjuganov (e la memoria non mi inganna, per esservi stato quasi sempre presente, in molti casi promotore). Si sono poste così le basi per uno sviluppo ulteriore delle relazioni, anche con i comunisti russi. Ed il segretario del Prc, Fausto Bertinotti, ha reiterato di recente l'invito a Zjuganov e ad una delegazione del Pcfr a visitare prossimamente l'Italia, ospite del Prc. Sono state concordate misure concrete volte a rafforzare l'informazione reciproca, incontri regolari, conferenze, seminari di approfondimenti. Una piena coincidenza si è manifestata nella comune volontà di impegno nelle e con le strutture già esistenti a livello dell'Unione europea e pan-europee (Parlamento europeo; Consiglio d'Europa, Comitato per le relazioni tra Russia e Unione europea, relazioni della sinistra russa con il Gruppo della Sinistra unitaria al Parlamento europeo...) per intensificare e rendere produttive le relazioni bilaterali e multilaterali tra le forze comuniste e di sinistra di tutta l'Europa, dall'Atlantico agli Urali, passando per i Balcani.

Ciò nasce innanzitutto dalle comuni problematiche sociali, dall'integrazione economica del continente, dall'esigenza di fronteggiare insieme le questioni indotte dalla mondializzazione capitalistica e dai guasti del liberalismo globale (di cui la crisi russa e caso emblematico). Ciò al fine di coordinare l'impegno di forze sociali, politiche, statuali, governi orientati a sinistra, imprese pubbliche dei rispettivi paesi, ecc. volte a fare del continente europeo una entità non subalterna al modello neo-liberista americano; e di concordare in proposito almeno alcuni elementi di una strategia comune. Ciò non è meno urgente e importante sul terreno della elaborazione di un sistema di sicurezza pan-europeo, alternativo a quello imperialista, fondato sulla Nato, sulla sua espansione ad Est; o sulla formazione di una "Nato europea", più autonoma dagli Usa, ma operante nella stessa logica imperialista, competitiva nei confronti delle velleità egemoniche degli Stati Uniti, sorretta dall'arsenale nucleare anglo-francese, come ha prospettato Tony Blair. Si tratta invece di operare per un sistema di sicurezza pan-europeo, imperniato su una riforma dell'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea), volto a farne una sorta di articolazione continentale dell'Onu. Un progetto che per fare passi avanti ha bisogno anche di una mobilitazione adeguata dell'opinione pubblica, dei popoli europei e un impegno dei governi più avanzati. Nello sviluppo delle rispettive relazioni internazionali del Pcfr e del Prc, registriamo anche una forte sintonia nell'impostare tali relazioni su basi politiche e programmatiche concrete, senza pregiudiziali, esclusioni o delimitazioni di natura ideologica. In un quadro cioè che concepisca lo sviluppo necessario dei rapporti tra i partiti comunisti in modo non separato, ma connesso a quello di uno spettro più ampio di forze di sinistra anticapitalistica, antimperialista e di liberazione, senza nostalgie di tipo "cominformista". È in questo ambito che i dirigenti del Pcfr sottolineano l'importanza dei più recenti sviluppi delle loro relazioni con il partito comunista cinese.

Registriamo dunque uno sviluppo importante delle relazioni tra comunisti russi e Prc, che avranno un seguito e che certamente non mancheranno di esercitare un influsso benefico sull'insieme delle relazioni a sinistra in tutta l'Europa. E che, anche per questo, andrebbero saggiamente (e da parte di tutti) tenute al riparo dalle contraddizioni interne ai comunisti e alle sinistre di questo o quel paese, non ultima l'Italia.

Il presidente russo torna a rivolgersi alla nazione: dalle riforme non si torna indietro

Eltsin: un altro anno di sacrifici

Nel pieno di uno dei più duri inverni degli ultimi dieci anni e di un'evidente crisi economica, il presidente Boris Eltsin è tornato a rivolgersi alla popolazione russa con un messaggio in cui si è soffermato sul "suo merito storico" di aver liquidato il totalitarismo sovietico e di aver messo il paese sulla strada della democrazia. «È stato un anno difficile, a molti è sembrato che il paese dovesse tornare indietro», ha scritto il presidente russo in una lettera che l'autorevole "Kommersant Daily" ha pubblicato ieri in prima pagina. «Non è così, come presidente della Russia affermo che non c'è una strada di ritorno verso il passato, per noi non c'è altro sentiero che quello verso la democrazia», ha sottolineato il leader in polemica evidente con quelli che giudica i suoi avversari di sempre, i deputati comunisti della Duma (il parlamento russo) . Tornato al lavoro solo questo mese, dopo quasi un anno di ricoveri in ospedali e case di riposo, Eltsin ha voluto chiudere il suo secondo e ultimo mandato previsto nel 2000, quando i russi saranno chiamati alle elezioni presidenziali, con un paese in cui le strutture economiche sono andate in coma con la crisi finanziaria dell'agosto scorso, mentre tutti gli indici economici sono di segno negativo e milioni di lavoratori e di pensionati trascorreranno queste feste senza neanche lo stipendio. Eppure ci sono analisti che giudicano "salutare" questa crisi. Prima o poi l'ingiustificata attesa dei miracoli prodotti dal libero mercato doveva cessare, mentre la svalutazione e il crollo delle importazioni impone lo sviluppo delle produzioni locali. È l'opinione del banchiere Vladimir Potanin secondo il quale la crisi sarebbe «un dono della provvidenza».