Comitato Politico Nazionale 28-29 novembre 1998

Le conclusioni di Fausto Bertinotti

Sintesi delle conclusioni del segretario di Rifondazione comunista

Care compagne e cari compagni, il dibattito che abbiamo condotto in questa giornata è solo avviato e dovrà continuare nel percorso congressuale. Quindi farò ora solo poche considerazioni che non hanno certamente la presunzione di concludere un dibattito che si deve ancora sviluppare.

In primo luogo sento il bisogno di tornare a rivolgere l'attenzione su di noi, sullo stato del nostro partito. C'è sicuramente una netta differenza su come la scissione abbia inciso nei gruppi dirigenti e nelle rappresentanze istituzionali e la sostanziale tenuta che abbiamo registrato nel corpo del partito. Tuttavia noi non siamo immuni da rischi di arretramenti e difficoltà. Dipende da noi, dipende dalla nostra capacità elaborativa e non solo dal percorso democratico che stabiliamo per la nostra discussione.

Ho sentito, anche in questa nostra discussione, degli elementi di disagio nei gruppi dirigenti del partito, rispetto al processo che stiamo vivendo, che francamente trovo immotivati. Se guardo alla passione e alla partecipazione che si manifesta nella base del nostro partito e poi considero il tono stesso della nostra discussione odierna, percepisco uno scarto sensibile.

Io credo, invece, che dobbiamo essere più coraggiosi e fiduciosi, dobbiamo immettere un po’ più di soggettività nella nostra vicenda politica.

Alcuni compagni hanno osservato che quanto si è detto sul sindacato nella relazione non è sufficiente. Può darsi, ma allora invito tutti ad una discussione libera, a dire tutto quello che si pensa sull'argomento, senza paure o timidezze, A questo serve il percorso congressuale che stiamo stabilendo. A questo servono anche le iniziative che prenderemo da qui al congresso, a cominciare da quella di domenica 13 dicembre a Bologna dedicata ai temi della lotta per la democrazia, che dobbiamo considerare parte integrante del nostro lavoro di elaborazione.

In questo percorso congressuale dobbiamo far fare un passo avanti nella partecipazione del corpo del partito. A questo scopo dobbiamo stabilire delle regole. Per questo propongo che i documenti - ormai è chiaro che non si tratterà di un documento solo - si aprano al contributo di emendamenti non a partire dal Comitato politico nazionale che li varerà, ma dai circoli di base e da lì su su fino all'assise congressuale nazionale. Questo credo sia il metodo più corretto per garantire la più ampia, libera e democratica discussione, senza il pericolo di ingabbiarla in posizioni precostituite.

La scelta che abbiamo fatto di tornare all'opposizione è assai impegnativa. Lo dimostra la stessa scissione che abbiamo subito. Sulle cause di quest'ultima dobbiamo certamente tornare a discutere. Non è ovviamente un caso che il nostro partito abbia subito ben due scissioni da destra ed entrambe derivate dalla soluzione del rapporto con il governo e il conseguente quadro politico.

La scelta che abbiamo fatto, lo dimostra; la positiva reazione di cui abbiamo tutti parlato, ci rimette in sintonia con il corpo del partito.

È vero che esiste un problema di come vengono selezionati i gruppi dirigenti e le rappresentanze istituzionali. Ma sarebbe singolare considerare quelle che avevamo non rappresentative del partito, visto che la scissione parte dallo stesso presidente del nostro partito.

Ciò che ha invece influito sulle nostre vicende è certamente il modo stesso con cui vengono definite le rappresentano politiche, che deriva dal sistema maggioritario. Questo determina una separazione crescente e sistematica degli eletti, dei rappresentanti dalla società. L'omologazione delle forze politiche, le modalità di definizione della rappresentanza, la moltiplicazione dei tavoli di trattativa, che accentua la distanza fra rappresentanti e rappresentati, sono i veri problemi che abbiamo di fronte e che determinano una diffusa crisi del "mandato" nella società e nella democrazia contemporanea. Ricordo, a questo proposito, le parole che Luigi Pintor in Servabo ha dedicato alla necessità di avere una sorvegliata coscienza di sé, quando si entra a fare parte delle istituzioni.

Nella relazione non ho usato, e non caso, l'aggettivo "costruttiva", quando ho parlato della nostra opposizione al governo D'Alema. L'ho fatto in un recente passato per ragioni polemiche verso chi riteneva che la scelta dell'opposizione comportasse la chiusura in un angolo. Ma ora che è chiaro che non è così, quell'aggettivo potrebbe determinare un equivoco.

È molto meglio e più chiaro parlare di un’opposizione per l’alternativa. Un’opposizione, quindi, caratterizzata dall'esistenza di un progetto e di un programma.

Il punto di partenza della nostra riflessione è l'analisi di fase. Dobbiamo discutere ancora di più e meglio su quella che abbiamo chiamato la coppia integrazione-frantumazione e sul carattere di "laboratorio" che il caso italiano può rappresentare per l'Europa, nelle intenzioni delle classi dirigenti.

Torno ancora brevemente sulla questione del sindacato. Dobbiamo stabilire una traiettoria precisa nell'affrontare questo problema. Insisto sulle necessità di condurre un lavoro comune di tutti i comunisti impegnati nelle organizzazioni sindacali, sul bisogno di lavorare alla costruzione di una più ampia sinistra sindacale, ma bisogna fare qualche passo più in là nel cercare di dare vita ad esperienze di critica più radicale alla linea dominante nel sindacato e di organizzazione diretta delle lotte. Per questo ho pensato alla costituzione di comitati di scopo, come quello contro la privatizzazione dell'energia elettrica.

L'obiettivo generale è quello della ricostruzione di un sindacato di classe, democratico e di massa, ma il perseguimento di questo obiettivo richiede oggi fatti concreti, costruzione di esperienze, risultati che lo rendono credibile, oltre che condivisibile.

Dobbiamo quindi, in conclusione, incentrare il nostro congresso sulla definizione della linea politica e mantenere sullo sfondo, ma ben vivo, il processo della rifondazione comunista e la costruzione del partito di massa. Anche per questo torno ad insistere sulla necessità di condurre un bilancio critico su ciò che il partito ha fatto dal convegno di Chianciano in poi. La ricerca della chiarezza strategica deve accompagnarsi alla capacità di rispondere subito e in termini concreti ad un bisogno di fare società, che non può essere delegato a nessuno.

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