«Discutere senza drammi»

Un intervento di Salvatore Cerbone

(Responsabile del dipartimento nazionale Stato e Autonomie Prc)

Liberazione 30 agosto 1998

Confesso di aver provato un certo fastidio per il modo con cui si è aperto il dibattito sul nostro rapporto con il governo e per il tono della polemica che ha visto partecipe, sulla stampa nazionale, il gruppo dirigente del partito. Questo mio disagio non deriva certamente da un falso moralismo o da una ingenua visione del confronto politico, requisiti che non mi appartengono, ma essenzialmente per i seguenti due motivi.

Il primo risiede nella convinzione che quella nostra rappresentazione pubblica non giova alla crescita del partito in termini di consenso, di credibilità e di immagine. Il secondo motivo è dettato dalla convinzione che dopo quell'esposizione diventa più difficile ricercare un clima unitario in grado di farci discutere, nella diversità, senza drammi e rotture irreparabili, sulle questioni che sono alla base di quelle polemiche, cioè della natura stessa del nostro partito e del rapporto con il governo. Un governo al quale non partecipiamo - è sempre bene ricordarlo a noi stessi e agli altri - ma che lo sosteniamo in base ad un accordo di "compromesso politico" (conta poco se scritto o di fatto) derivato da un risultato elettorale diverso dalle previsioni. Infatti, la desistenza doveva favorire la riconferma della nostra delegazione parlamentare e nel contempo la vittoria dell'Ulivo sulle destre e la sua autosufficienza. Invece, con il risultato elettorale non solo la nostra rappresentanza parlamentare risultò ridotta ma l'Ulivo pur vincendo, con il nostro contributo, non risultò autosufficiente, quindi si imponeva un'intesa, e una continua trattativa, che permettesse il nostro sostegno al governo per farlo vivere. Sapevamo fin dall'inizio che dovevamo ingoiare bocconi amari, e ne abbiamo ingoiati, ma era ovvio che non potevano essere bocconi velenosi e che le proposte che avanzavamo, minime ma significative, dovevano avere uno sbocco. E sapevamo che senza l'accoglimento di nostre proposte quel sostegno al governo sarebbe stato insostenibile perché diversamente diventerebbe subalterno. Quindi, credo che, con serenità, con pacatezza, con il rispetto delle convinzione altrui, senza strumentalizzazioni e soprattutto senza volgarità che compromettono i rapporti tra persone, dobbiamo discutere se il governo e l'Ulivo hanno rispettato e se continueranno a rispettare quell'intesa. Da parte nostra l'abbiamo rispettato, visto che Prodi è ancora al suo posto. Credo che nessuno di noi, comunque la pensi, possa sostenere che ad oggi, da quel sofferto accordo sulla finanziaria del '98, ci siano stati risultati soddisfacenti; la stessa conquista di una promessa per approvare una legge per la riduzione dell'orario di lavoro è restata tale. Sono rispettoso della proposta, di una nota aggiuntiva alla finanziaria, avanzata dal compagno Nerio Nesi (tralascio di soffermarmi sul metodo usato per la sua esposizione, cadrei in una polemica che voglio evitare), ma non mi convince, l'esperienza ci dice che di documenti solenni, impegnativi e non onorati, la storia parlamentare, anche la più recente, è piena. Il compagno Nesi è certamente in buona fede e cerca una strada per evitare la rottura, ma altrettanto si può dire di chi nella maggioranza ha subito accolto quella proposta? No, non ci credo! Credo invece che l'accoglimento di quella proposta sarebbe un'arma in mano al governo per continuare una politica del rinvio nell'affrontare le nostre proposte e per continuare sulla propria strada. Quindi, finita la calura estiva che prende tutti, affrontiamo con serietà il confronto con il governo, sulla finanziaria e sulle nostre proposte, cercando di ottenere il massimo del risultato il quale dovrà essere valutato dal partito (tutto il partito) per decidere se continuare o meno l'esperienza iniziata nel '96.

Ma mi sembra ovvio che per poter ottenere il maggior risultato è necessario che al confronto si presenti un partito unito e che gli alleati sappiano che il venir meno dei risultati verrà meno anche il nostro impegno. Francamente mi riesce difficile far conciliare, come è stato detto, la necessità di non mollare sui contenuti con quella di non rompere con il governo. Qual è la priorità? Il contenuto o il sostegno al governo? Se è, come io credo, il contenuto, allora il sostegno o meno al governo diventa una conseguenza. Se invece è il governo allora è evidente che il contenuto diventa secondario e, quindi, se il governo e l'Ulivo si andassero convincendo che quello espresso da alcuni compagni fosse un pensiero maggioritario nel partito (cosa che non conosco perché mi rifiuto di fare conte virtuali) sarebbe molto difficile portare a casa un risultato onorabile. Allora sì che la rottura sarebbe inevitabile. Comunque è sempre bene tener presente che il segreto di una trattativa sta nel non far conoscere a chi ti siede di fronte il tuo punto di caduta. Quindi ogni segnale rassicurante verso il governo è nocivo al raggiungimento dei nostri obiettivi.

Inoltre, credo che la legge finanziaria non solo dovrà essere valutata rispetto ai contenuti del nostro documento presentato al governo, ma dovrà essere valutata anche rispetto al suo rapporto con gli enti locali. Infatti, vorrei ricordare che la prossima legge finanziaria dovrebbe attuare tagli alla spesa corrente per circa 9 mila miliardi e sembra che la gran parte di queste minore uscite dovrebbero derivare dal taglio dei trasferimenti agli enti locali. A Bellaria affermammo che di fronte a ulteriori tagli dei trasferimenti ai comuni avremo manifestato un nostro fermo dissenso, perché vorrebbe dire spingere i comuni a tagliare nei fatti i servizi e ad aumentare i tributi locali. Queste affermazioni, contenute nella relazione, non solo non ebbero obiezioni ma furono, in quella sede e fuori di essa, apprezzate e condivise. Per quanto mi riguarda è un impegno da mantenere e onorare che dovrà trovare un giusto posto tra i problemi da affrontare.

Infine, anch'io come molti compagni sono preoccupato di una possibile vittoria delle destre. Una preoccupazione legittima che dobbiamo avere sempre presente. Ma dobbiamo intenderci almeno su due punti: 1) questa non può essere solo una nostra preoccupazione, perché diverrebbe ricattatoria; 2) la nostra azione politica non può limitarsi a impedire la semplice vittoria delle destre, ma deve avere come fine il raggiungimento di obiettivi di cambiamento e di trasformazione, che possono essere di per sé antidoti contro le destre.