SPIRITO CIVICO

Michele Notte


I tre fatti per me piu' significativi della storia di Frosolone occorsero uno 500 anni fa, il secondo nel 1789 e l'altro 50 anni fa, pressappoco.
Nel secolo XV i Frosolonesi, tra i primi in Italia, riscattarono dal signorotto del tempo la montagna costituendo l'UNIVERSITA' DELLA MONTAGNA DI FROSOLONE. Fu l'inizio della fine del feudalesimo nel territorio.
Tutti poterono cosi' inviare le loro greggi e le loro mandrie sulla montagna a pascolare d'estate. Si puo' facilmente immaginare quanto sudore di sangue dovette costare una tale impresa, dato che i signorotti (mai residenti) avevano da secoli sistematicamente sfruttato al massimo i loro sudditi. Quello fu uno dei primi esempi che io conosca della deliberazione di liberarsi dal vassallaggio, con mezzi pacifici e senza rivoluzioni. I Frosolonesi hanno sempre sentito il bisogno di esseri liberi, anche a costo di gravi sacrifici personali.

Nell'anno 1789 venne costituita la "collettiva generale dell'intero Tenimento della Terra di Frosolone, si' del terreno demaniale, Camera Baronale, Terre Feudali, e proprie, e Difese dell'Universita', ritrovato nella misura generale fatta dai regi agrimensori Orazio Mainella, Nicola Zampini, Giuseppe Mezzanotte e Crescenzo Rizzo". L'accordo comprendeva anche le numerose chiese e conventi. Quella fu la fine del feudalesimo nella nostra zona, qualche anno prima della rivoluzione francese.

Un libro di Michele Colozza su Frosolone, purtroppo fuori stampa, riporta con piu' dettagli quell'importante, anche se poco pubblicizzato fatto storico.

Del secondo caso sono stato testimone oculare e, assieme a tanti altri, protagonista. Percio' posso parlarne con piu' dettagli.
La retroguardia tedesca (le famigerate SS) avevano minato tutti i ponti di Frosolone, nell'autunno del 1943. Essi sapevano bene che dovevano sgombrare la zona perche' era una posizione per loro militarmente insostenibile. Infatti a Frosolone c'era allora una sola strada, che da Isernia passava per Cantalupo, Macchiagodena e poi proseguiva per Torella e Campobasso. C'era anche la mulattiera che portava in montagna, ma tanto mal ridotta che nemmeno i carri armati italiani poterono usarla nelle loro manovre del 1935. Per impedire una facile avanzata delle forze alleate i Tedeschi decisero di far saltare i due ponti piu' grandi, rispettivamente a sud ed a nord del paese.
Una squadra di partigiani locali, capeggiata da Mimi' Scacciavillani, rimosse di notte l'esplosivo, col grave pericolo personale che tutti sappiamo. I Tedeschi fecero una rappresaglia facendo una retata di giovani, che pero' riuscirono a fuggire (qualcuno disse che un Austriaco li aveva fatti scappare). I Tedeschi, metodici come sempre, trovarono pero' il tempo (anche perche' gli Alleati avanzavano lentamente, con molte cautele) di rimpiazzare l'esplosivo e far saltare i due ponti, che scavalcavano fossi molto profondi.
La fanteria canadese arrivo' qualche giorno dopo, "invitata" da una delegazione di Frosolonesi che si era recata a St. Elena Sannita, dove gli Alleati si erano fermati e da dove bombardavano Frosolone, ormai vuoto di Tedeschi. Con le truppe arrivo' anche il Governatore canadese, che prese le redini dell'amministrazione locale, secondo la prassi degli Alleati dappertutto in Europa. Tale governatore, un italo-canadese, ci chiese quali fossero i bisogni del paese. La nostra risposta fu pronta: riattivare i ponti per poter andarsi a procurare il sale, tra le tante altre cose non prodotte localmente. La sua risposta fu ugualmente pronta: se volete muovervi, ricostruitevi i ponti.
E cosi' ci mettemmo all'opera. Io ero l'unico ufficiale del genio sul posto, e studente del secondo anno di ingegneria. Ricevetti l'incarico di stabilire il tracciato delle due varianti e disegnare i ponti di fortuna capaci di reggere il peso di autocarri. Si decise che tutte le famiglie offrissero una giornata di lavoro o il pagamento di una giornata di lavoro. I proprietari delle terre vicine offrirono (anche se piuttosto a malincuore, a dire il vero) i loro alberi migliori.
Cosi' squadre attivissime di volontari o ingaggiati si misero al lavoro per forare le rocce, rimuovere le pietre dopo lo scoppio, spianare le varianti , costruire i muri a secco che costituivano le spallette dei due ponti, tagliare e spaccare in due longitudinalmente gli alberi adatti.
Il collaudo migliore fu dato pochi giorni dopo da un battaglione di carri armati canadesi di grossa taglia. Ero ancora li', trepidante, chiedendomi se il ponte potesse reggere il peso di un nostro autocarro quando il capo colonna scese, si rese conto delle opere, scendendo anche sotto al ponte per ispezionarlo, e decise di passare con tutta la colonna. Quei due ponti rimasero in servizio per oltre due anni, fino a che quelli in muratura non furono ricostruiti.
Cosa fatta capo ha, e' un detto favorito dai Frosolonesi. Finito quel lavoro, tutto ritorno' alla lotta giornaliera per ristabilire una vita piu' o meno normale e l'incidente venne posto non nel dimenticatoio, ne sono sicuro, ma nell'archivio delle cose fatte, di cui non ci si vanta.

St. Catharines, Ontario, Canada Agosto

1996