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RACCONTI

Baa-baa black x-mas…

"Guarda Hans! Pensi che quella zoccoletta puzzerà abbastanza per il nostro lavoro?"

È una vigilia di Natale speciale, questa, per Hans e Otto, all’anagrafe Anselmo Interlenghi e Ottavio Alberti, ventenni, entrambi ultras dell’Atletico Meneghino, entrambi molto turbati dalla notizia che avvelena il Natale a Milano: sei bambini sono scomparsi nell’ultima settimana, rapiti, uno al giorno, a partire dal 17 dicembre, l’ultimo proprio ieri.

Inutile precisare lo stato d’animo in cui sono state gettate le famiglie dei bambini, tutte appartenenti all’alta borghesia cittadina, e l’intera comunità si interroga sui motivi di queste scomparse: sono rapimenti a scopo di estorsione o, peggio, è qualcosa che ha a che fare con la pedofilia?

Ebbene, Hans e Otto hanno una risposta, precisa e semplice, per questi interrogativi: sono stati gli zingari, figa! Lo sanno tutti che gli zingari rapiscono i bambini! Perciò Hans e Otto hanno deciso di dare una lezione esemplare ai rapitori: uccideranno dieci zingari per ogni bambino lombardo scomparso, magari di più, ché tanto meno nomadi infestano la città e meglio stiamo tutti quanti! Perciò, alle tre del pomeriggio, sono partiti a bordo della Golf nera di Hans con una bella scorta di Distillato Orobico, 47 gradi, una grappa che non ha la registrazione ufficiale dell’UTIF. Arrivati nei pressi del campo nomadi dove era stata progettata la strage, i due Brave Hearts lombardi, seppur resi decisamente impavidi dall’alcol, alla vista di un paio di Rom che fumano tranquillamente all’entrata del campo, vengono folgorati da un’intuizione. È Hans a parlare per primo, dando corpo ai pensieri che anche Otto avrebbe voluto formulare:

"Deh, Otto, ma facciamo che stenderne uno per volta, dai! Qui mi sembra che ce ne siano un po’ troppi, e abbiamo una pistola sola"

"Sì, Hans guarda se giri di là arriviamo al Supermercato Lorenteggio c’è sempre qualche puzzona che chiede l’elemosina. Bella lì, ce la carichiamo in macchina e gliela facciamo ritrovare domattina con tanti auguri, eh?"

"Figa, Otto, mi sembra davvero un’idea da giustissimi!"

Maria ha dodici anni. Sta crescendo un po’ troppo in fretta forse, comunque oggi sarà l’ultimo giorno per lei davanti al Supermercato, la mamma le ha promesso che dopo Natale le trova un altro lavoro, perché i bambini chiedono l’elemosina e i grandi fanno altro, chissà cosa sarà?

Un ragazzo le si avvicina. È vestito male, ma qualche soldo in tasca lo avrà! La mamma lo dice sempre: tu chiedi a tutti, Maria!

"Prego signore, noi poveri senza casa senza lavoro, dà qualcosa signore"

Un guanto di pelle nero pone fine a quella litania andando a colpire la bocca della bambina, e dentro a quel guanto c’è una mano chiusa a pugno. La mano di Otto!

Intanto la Golf nera di Hans arriva davanti all’entrata del supermercato e Otto si fionda dentro tenendo stretta a sé la zingara che grida per il terrore e per il dolore!

"Marco, ma hai visto cosa fanno questi mandarini?"

"Dai, Teresa, che dobbiamo ancora comprare un sacco di roba!"

L’auto esce dal parcheggio del supermercato ad alta velocità, e le gomme fischiano l’urgenza di allontanarsi da lì ad ogni curva. Non ci sarebbe bisogno di tutta quella sollecitudine, dato che nessuno insegue la vettura, ma il pilota è ubriaco fradicio e si sente braccato. Senza neanche controllare lo stop, la Golf nera imbocca, sgommando, Via Lorenteggio, verso il centro della città. "Figa Hans, dovevi andare sulla Vigevanese per tornare a Corsico!" Così avrebbe detto Otto, se non fosse stato troppo occupato a controllare che cosa aveva sotto la gonna la bambina che teneva ferma, schiacciata tra il sedile e le sue ginocchia.

"Hans, tappati il naso adesso, che tolgo le mutande alla puzzona" Ma Hans non dava retta al ghigno dell’amico, e neanche alle urla della bambina, occupato com’era nel suo rally personale. L’auto si infila velocemente in Via Inganni. Il semaforo è rosso, ma tant’è… il conducente del furgone della Eisemann, che si vede aprire le porte del diritto di precedenza, non ha nessuna intenzione di farselo togliere da quella vecchia macchina nera, e, legittimamente, parte. L’urto è inevitabile: il furgone è quasi fermo, ma sono pur sempre trentacinque quintali contro i quali schiantarsi! Il rumore che si sente ricorda vagamente un’esplosione, ed esplode il cranio di Otto contro il parabrezza. Maledizione a Hans che a voluto i vetri antiproiettile in quel catorcio di macchina! Hans, con la testa sgranata dall’urto e dall’alcol, è frastornato ma vivo! Allora afferra il suo giovane ostaggio gitano, salvato proprio da Otto, il cui corpo ha provvidenzialmente funzionato da air-bag attutendo la violenza dell’urto, ed esce dall’auto, sulla quale invece lascia il corpo senza vita del suo fedele compagno di scorribande, vergognosamente privo dei pantaloni. Si fa largo tra le persone che, intanto, sono arrivate per vedere cosa è successo, chi per cercare di dare una mano, chi semplicemente attirato dall’odore del sangue. Un ghisa si avvicina a Hans, mentre un altro vigile sta costatando che per il conducente del furgone sarebbe inutile chiamare un’autoambulanza.

Hans si mette a correre, certo come può correre uno nel suo stato, e la zingara continua a gemere.

"Signore, si fermi, aspetti, arriva l’ambulanza adesso...". Queste le ultime parole pronunciate dal vigile urbano. Infatti Hans, terrorizzato ed intontito, pensa bene che è meglio non avere a che fare con le forze dell’ordine: mai! Così, estratto il revolver, spara, centrando il volto del vigile, che contribuisce a colorare l’asfalto dell’incrocio.

"Un pazzo! E ha una bambina con se! Comandante faccia venire la polizia, presto!".

Ad ogni passo che Hans trascina sulla strada, vede la gente che scappa gridando. Forse è questo il vero senso del potere: mettere paura! E che paura che ha Maria, che deve seguire quell’uomo cattivo che le sta bucando la schiena con il ferro.

"Su, puttana, entriamo lì!"

C’è un vecchio palazzotto, basso e sporco come il papà di Maria, con la porta aperta... i due entrano... una, due, tre rampe di scale… una porta… facilissimo entrare quando si è disperati, no?

"Ispettore, si ripari dietro al muro! Il pazzo è armato, lo sa!"

"Sì Sancetta lo so, e sennò come sparava al vigile? Co le dita? Così… ptsch ptsch… quanti siamo Sancè?"

"Undici, ispettore, ma stiamo aspettando che arrivi una volante da Baggio… comunque gli abbiamo chiuso tutti i lati!"

Hans intanto ha raggiunto una finestra, e da lì tiene sotto tiro la strada… la pistola in una mano, la bambina nell’altra.

"Uè. Sbirri bastardi! Vediamo quanti ne becco prima che mi fottiate?"

E, mentre la bambina urla un acuto, il revolver di Hans fa sentire una voce di basso naturale.

Sancetta deve nascondersi completamente dietro la sua volante, perché Hans sta sparando proprio su di lui! Queste cose urtano sempre la sua suscettibilità!

"Ispettore… io e Morer adesso proviamo ad entrare, come l’altra volta dai tunisini, che dice ispettò, ci proviamo?"

"Non dire cazzate Sancetta! E che veniamo qua per farci ammazzare anche noi?" Ma l’ispettore Carlo Monteleone capisce benissimo che Sancetta ha ragione! Bisogna provarci a tirare fuori il pazzo, mica lo si può lasciare lì, libero di farsi i comodi suoi con la bambina! Ma Monteleone non avrebbe più voluto avere a che fare con storie che avevano i bambini come protagonisti… proprio ieri ne hanno ripescati due nel Naviglio Grande, due dei sei che hanno rapito nella settimana, e anche quello è lavoro suo! "Chissà se quel pazzo è anche il maniaco che rapisce i bambini? No, ma che vado a pensare! A quelle due creature innocenti avevano tagliato la lingua per mandarla alle famiglie il giorno prima, ed era un lavoro pulito, chirurgico. È un’organizzazione, quella, figurati se ‘sto disperato… quello sarà il lavoro di qualcuno che vuole dei soldi, che rapisce solo i figli dei ricchi, e ne ha fatti fuori due come avvertimento, no? Il figlio dei Rossetti e il rampollo di casa Arnaldi, quelli meno ricchi insomma, così poi gli altri si mettono paura e pagano di più! Allora è meglio se adesso qualcuno entra e la facciamo finita con questa storia che devo ancora telefonare a mamma per gli auguri… si, e chi ci mando? Qua tengono tutti famiglia…".

Monteleone sta risolvendosi per tentare lui stesso la sortita, fra uno sparo e l’altro, quando qualcuno lo afferra per il giubbotto. E questo come ci è arrivato fin qua?

"Sceriffo, è lei il capo della banda vero? Sono il dottor Menghelli…"

"Stia giù dottore, quello spara, se non l’ha ancora capito… e io non sono uno sceriffo… ma lei chi cazzo è?"

"Menghelli, gliel’ho già detto! E sono anche il proprietario di quella casa! Accidenti, ero uscito solo un attimo e non credevo di dover chiudere la porta! Certo che Milano sta diventando proprio un posto impossibile da viverci! Ma, non si preoccupi, ora entro e sistemo tutto, va bene?"

Menghelli è un uomo sulla sessantina, ma evidentemente agile e molto deciso. Prima che Monteleone o qualcuno dei suoi uomini riescano ad intendere la questione, si mette a correre verso il portone, evitando anche le pallottole che, a questo punto, Hans indirizza verso di lui…

Monteleone vede il dottore che si infila nello stabile. Dopo qualche secondo, si sente uno sparo. Poi più nulla, nemmeno le grida della bambina, che fino a quel momento avevano fatto da colonna sonora costante.

"Ispettò, ma chi era quello? È arrivato così…"

"Boh? Un certo Menghelli, dottor Menghelli…"

"Ispettò, quello che faceva i nasi alle donne ricche e che poi ha sbagliato e che l’hanno fatto chiudere… come si dice… un plastico, un chirurgo plastico, nonn’è ‘o vero?"

"Ma che cazzo ne so io Sancetta! Che ne so se quello è… come hai detto? Un chirurgo?"

A questo punto Monteleone, che è ispettore ma non è stupido (ce ne sono, ce ne sono…) ha una folgorazione.

"Trentola, Passini, copritemi! Gli altri, dietro di me tra dieci secondi!"

Con il cuore che pulsa più o meno a metà strada tra pomo d’Adamo e sterno, a grandi balzi, Monteleone raggiunge il portone. Hans non gli ha sparato addosso! Difficile da concepire da parte di uno che dovrebbe essere incazzato come una femmina di tigrillo alla quale hanno massacrato il cucciolo, no?

Sale le scale e sfonda la porta dell’appartamento proprio mentre i suoi uomini stanno raggiungendolo. Mai "sfondare una porta aperta" si rivelò definizione più appropriata! Solo un corpo senza vita, appoggiato contro, teneva infatti socchiusa quella porta. Il corpo di Hans, con il volto maciullato probabilmente da un proiettile della sua stessa pistola! Maciullato! Ma che pallottole usava questo, le dum-dum?

Un mugolio distoglie Monteleone dalla sua macabra constatazione. È Maria, ammanettata ad un termosifone sotto la finestra. Ha la bocca piena di sangue, la lingua mozzata fino in gola (un lavoro, neanche a dirlo, pulito, "chirurgico") ma è viva! E già, non è figlia di ricchi, lei, perché ammazzarla? Ma era anche bene che non avvertisse gli sbirri prima del tempo. Sancetta, che intanto è entrato nella camera attigua, conferma a Monteleone quello che lui già sa.

"Ispettore, venga, presto!" Nella stanza giacciono i cadaveri di due bambini. Sono nudi e mutilati, quei cadaveri… quei bambini…

"Accidenti… troppo lavoro e lo stomaco troppo debole" pensa Monteleone, mentre vomita indecorosamente sotto gli sguardi comprensivi dei suoi agenti.

Sul fondo l’apertura di una botola rivela un passaggio verso l’esterno. E bravo Menghelli, pazzo ma previdente! Il carnefice si è servito della botola per fuggire portando con se le sue prossime vittime perché, calcola distrattamente Monteleone, abbiamo due morti qua, due morti ritrovati nel naviglio… i bambini scomparsi sono sei… ne restano due nelle mani del chirurgo, quel chirurgo cui un intervento di rinoplastica mal riuscito ha stroncato le velleità rampanti, rovinato dai suoi ex-clienti della borghesia milanese, e che quindi si vendica sterminandone la prole.

Già, il pazzo è scappato con due bambini: non ci sarà molto tempo per festeggiare i prossimi giorni.

"Niente festa… chi mi farà gli auguri?" pensa distrattamente Monteleone per occupare giusto un attimo la mente con qualcosa di meno pesante della morte.

Ci pensa finché non si accorge della scritta che campeggia dietro la porta della stanza:

Buon Natale Sceriffo…