Caro Gianni, mi presento sono wwwalter scrittore28 perso nel cyberspazio.
Alla mia età, ho sostenuto semplicemente sei esami di filosofia e non credo riuscirò mai a laurearmi. La mia passione per la conoscenza l'ho trasferita nella scrittura, ho scritto un romanzo e molti racconti. Non ho mai avuto fiducia nella scuola, figurati negli editori.
Mi sono diplomato con un 46/60 al liceo scientifico con enorme sofferenza, avvertendo ad ogni passo di subire una violenza intellettuale per la sterilità non dei contenuti, ma dei miei insegnanti che quei contenuti non hanno mai fatto vibrare. Devo dire che le ragioni di diversità che tu avverti rispetto ai tuoi coetanei sono vicinissime al mio sentire.
Il tuo discorso è bellissimo, mi commuove. Pensavo delle cose simili alle tue.
Voglio quindi parlarti e dirti delle cose che potrebbero farti comodo. Ciò che mi spinge è la solidarietà e il compiacimento narcisistico di usare la mia esperienza "limite" come "esperienza" costruttiva.
1. Innanzitutto non sei solo.
2. amare la conoscenza e il sapere è di sicuro una vocazione, ma ci sono dei risvolti.
3. nelle istituzioni c'è una precisa idea di cosa significa produrre conoscenza.
Queste tre cose sono connesse, e messe insieme dovrebbero darti degli indizi sulla tua situazione.
-La prima è banale, lo avrai sospettato, ma ha delle conseguenze pesanti.
La maggiorparte delle volte incontri gente che con te non ha niente in comune. Ti senti solo ai margini, i tuoi discorsi, la tua passione interessa solo te, eppure tu avverti quanto importante sia per l'umanità intera.
Supponi però di incontrare della gente che condivide pienamente, ripeto, PIENAMENTE le tue idee. Scoprirai, che loro si sono diplomati e laureati comunque, anzi alcuni stanno andando oltre. A MODO LORO, senza compromessi.
E sanno più cose di te.
Tu puoi solo supporre, la mia esperienza li ha incontrati. Primo motivo di riflessione.
-La seconda. Amare. La passione. La vocazione. L'intensità con cui sentiamo esclusiva e sacra questa passione dà una idea dell'amore. Tutti gli amori però sono ricambiati, c'è uno scambio, non sono mai unilaterali. Presto scoprirai che dare TUTTO, e dico TUTTO DI TE STESSO alla conoscenza, non è un bel rapporto, anzi è proprio una fregatura. Forse c'è qualcosa di sbagliato nell'idea che l'amore è completamente sbilanciato nei confronti dell'altro. La filosofia, ad esempio, se la ami, o la conoscenza, potrebbe darti indietro, come "frutto" dell'amore, la saggezza, oppure la verità. Ma niente di tutto questo accade. Forse cerchiamo dalla conoscenza, qualcosa che non appartiene alla conoscenza. Le chiediamo troppo. Secondo motivo di riflessione (questo purtroppo, non è ovvio come il primo, e non basta nemmeno la tua fiducia nella mia esperienza, devi provare sulla pelle la delusione per come ogni sistema filosofico, alla fine, fa acqua. Ciò non intacca la sua bellezza. Ma questa è un'altra storia, tu cerchi la conoscenza, non la bellezza)
-La terza. Questa è la cosa più difficile da affrontare. Tu hai venti anni. Mi ricordo come fosse ieri il mio esame di maturità, di quanto li odiavo, di come avrei voluto scrivere un tema che li insultasse, uno per uno. Tu addirittura vuoi perorare la tua causa con uno scritto, farti riconoscere uno status di artista o di intellettuale. Non so chi ci sarà nella tua commissione. Ma conosco lo spirito che pervade l'istituzione. Semplicemente quelli come te non servono. Sono inutili, dannosi, pericolosi. Se tu, cito le loro parole, non acquisisci il metodo di studio e l'autodisciplina, la responsabilità, idonei che l'idea di maturità comporta, sarai perfettamente inutile alla società ma soprattutto non sarai in grado di affrontare l'università. Per te la conoscenza ha molto a che fare con la consapevolezza e la vitalità dei contenuti. Niente di tutto questo c'è al liceo o all'università. Non conosco nessuno che superi gli esami facendo la vita (la giusta vita che fai tu) che hai descritto. Semplicemente sono cose diverse. Devi capire che loro sono lì per giudicarti, ma tu sbagli a prenderla come una polemica personale. E' come se tu andassi da un tizio per farti il tatuaggio, e poi questionassi che il tatuaggio non va mai via, il tizio ti sbatte fuori, se vuoi il tatuaggio, il tatuaggio è fatto così. Sarà dittatoriale, militaresco, tutto quello che vuoi ma è così che funziona la scuola. O ti fai il tatuaggio o te ne stai per strada. Il tuo problema è che prendi l'incazzatura del tizio come una polemica personale nei confronti del tuo stile di vita, al tizio non gliene frega niente che hai la pelle delicata, o che dovrai girare un altro film, semplicemente lui fa tatuaggi. Lo vuoi un tatuaggio, sì o no? Inutile dire fatemelo lavabile che se non mi piace mi faccio una doccia. Questo è il massimo della metafora divulgativa che mi permetto alle tre di notte. Gianni il problema non sono loro, sei tu. C'è gente che si è fatta il tatuaggio, ma oggi scrive grandi romanzi o grandi libri di filosofia, dopo la scuola ha mollato tutto ed è partita per il mondo a vivere ed ha smesso di fare i compitini. Tu vuoi la vita nella scuola. Ma questi cambiamenti sono cambiamenti politici, sociali, al di fuori della tua portata, e se tu credi siano una condanna della tua persona sbagli, devi lottare è vero, per ottenere il tuo spazio "mentale", ma lo puoi fare anche con il tatuaggio. Chi te lo dice è uno che non ce l'ha fatta. Lo dico per chiarezza. Sarebbe troppo facile per me dire: diplomati, laureati e poi ne parliamo parlando dall'alto del traguardo (io non sono laureato, anche se mi sono diplomato rimettendoci la salute, proprio perché con le mie idee andavo contro me stesso). Ti voglio solo ricordare che qualcuno (non pochissimi) ce l'ha fatta. Forse potrai fare la vita di Silvano Agosti (un cinesasta noto solo ai romani) o di Rimbaud, ma ricorda che se stringendo i denti riesci a passare senza troppi danni questo servizio militare che è la scuola e l'università, la società ti lascerà in pace, non ti bollerà come inetto e pericoloso o peggio improduttivo. Ma non voglio amplificare le minacce, ma farti capire cosa è in gioco, e che le "nostre" pretese sono semplicemente rivolte nella direzione sbagliata. Se con grossa presunzione, vogliamo amare ciecamente, succhiare la conoscenza come fosse nettare, ed essere premiati dalla società che abbiamo già catalogato come ottusa, beh io direi che gli ottusi siamo noi. Come dire ad uno stupido di rendersi conto della sua stupidità. Un semplice paradosso. Quindi non ficcarti in questo vicolo cieco. IL tuo testo darà loro solo ragioni per bocciarti, non possono certificare che tu studi con "ispirazione" e irresponsabilità. Loro fanno solo tatuaggi. Del resto se avessero questa idea molto intensa della vita ti avrebbero invitato a bere una birra e recitato le loro poesie e mai e poi mai si sarebbero fatti chiamare: commissione. Questo è l'ultimo motivo di riflessione.
Bisogna vincere sfruttando il sistema, come saltare sul treno in corsa, non dargli un pugno mentre arriva a tutta velocità. NOn puoi fermare il treno. Se tu hai le forze provaci, a saltare, poi gestisci tu il tuo scompartimento. Accettare compromessi. In realtà si tratta di vivere con poche presunzioni. E tu ne hai. D'altra parte la vita è piena di situazioni, e prima o poi tu troverai la tua. Solo che non è detto che ti piaccia. Ora ti danno la possibilità di fare qualcosa, dopo, quando sarai veramente ai margini, non potrai che guardare.
In ogni caso chiamami che andiamo a sbronzarci.
A presto (oppure addio?) Gianni.
wwwalter
(margine-mediocrità-confine-alterità, sono le mie parole preferite del novecento)