Rats Tadec
Kam Ermosk camminava davanti a tutti, seguendo il sentiero lungo il ruscello. Dietro a lui si trovavano Oyam Ohrm e Ulain Muhl. Era abbastanza tardi ed il sole non avrebbe tardato a calare. Già da un pezzo non lo vedevano più, poichè era calato dietro la montagna, la luce rosa che prelude ai toni più cupi del tramonto illuminava i grandi prati sul monte Ru a Jam, il più alto rilievo della valle del Aznad. Avevano lasciato il villaggio di Tewodran da circa un'ora e camminavano nella profonda valletta percorsa dal ruscello. Kam e Oyam erano stati lì alcuni anni prima. A quel tempo Oyam aveva percepito la presenza di qualcosa di estraneo al mondo degli uomini. Con loro c'era anche un'altra persona, e questa doveva avere sentito più di lui quel luogo, ma non ne aveva dato segno, eppure Oyam sapeva che conosceva l'origine delle sue sensazioni. Ora ritornavano sul posto, per cercare semplicemente dei gamberi di fiume, ne avevano visti anni prima e pensavano che ce ne sarebbero stati di certo ancora, tanto più che la gente di Tewodran non si avventurava mai nel luogo chiamato Rats Tadec, perchè si diceva essere abitato dalle Aganis. Per tutta sicurezza Oyam aveva fatto rovesciare la camicia ai suoi compagni e si era portato dietro un rametto di vischio e alcune foglie di primula. Col vischio avrebbe potuto cacciare qualunque essere soprannaturale, con la primula aveva il potere di vederlo anche se questi era invisibile agli occhi umani. Le camice rovesciate dovevano proteggerli dagli incantesimi. Arrivarono a Rats Tadec, sotto la grande cascata e si misero ad aspettare che scendesse la notte. Ulain e Kam erano tranquilli, per nulla impressionati dai racconti sulle Aganis o su altri esseri dei boschi e delle acque. Quando le stelle erano visibili fino alla sesta grandezza iniziarono a cercare fra le pietre del ruscello, abbagliando i gamberi con le torce di stoppa e resina per catturarli con le mani.
Lavorarono per circa un'ora e riuscirono a fare un bottino discreto. Ad un certo momento Ulain si fermò, si volse verso la cascata. Kam alzò la testa e rimase anc'egli fermo in silenzio. Oyam, accortosi del comportamento dei suoi compagni li interrogò, "La cascata, la cascata non fa più rumore!" disse Ulain. Oyam ascoltò attentamente: sembrava che la cascata fosse scomparsa all'improvviso, pur essendo a non più di venti metri da loro non ne udivano più il rumore. L'acqua della pozza sotto la cascata era immobile, la superficie liscia come uno specchio. Ulain e Kam riamsero fermi, Oyam si mise il vischio in tasca e si diresse verso la cascata mentre si infilavale foglie di primula fra i capelli. Appena ebbe sistemato la prima foglia fra i lunghi capelli notò che l'acqua della pozza era illuminata da una debole luce verde. Si fermò e piazzò altre foglie sulla sua testa. Improvvisamente si accorse che era scomparso il freddo della notte. La luce nell'acqua aumentò, sembrava risalire dal fondo. Oyam tornò da Ulain e Kam e disse loro di allontanarsi. Avevano si i vestiti rovesciati, ma Oyam non si sentiva così sicuro nemmeno col vischio in tasca, anche perchè non era stato raccolto in una note di luna piena come dicevano le antiche leggi nate dalla conoscenza millenaria dei druidi. Lasciò che gli amici tornassero a Tewodran, dove lo avrebbero aspettato, e tornò cautamente verso la cascata. Avvicinandosi vide che le pareti a picco e le caverne di Rats Tadec erano illuminate come se fosse giorno. La cascata era ancora silenziosa, in compenso gli sembrava di sentire delle risate. Continuò ad avanzare strisciando verso la luce. Da dietro un tronco marcescente sentì distintamente delle voci e delle risate. Erano voci femminili, come quelle di ragazze che stavano fra di loro a scherzare la domenica mattina dopo le cerimonie religiose dei cristiani di un tempo. Oyam pensò immediatamente alle Aganis delle leggende, gli spiriti delle acque, mangiatrici di uomini guardiane delle sorgenti. Adesso Oyam capiva perchè quando era stato a Rats Tadec la prima volta si era sentito a disagio. Ormai non poteva fare altro che cercare di uscirne senza essere fatto a pezzi da quegli esseri che la sua razionalità, caratteristica di un'epoca in cui tutto ciò che non era scientificamente provato veniva rigettato, aveva sempre negato pur riconoscendone la presenza, ancor prima di apprendere dalle leggende dei vecchi quale era il loro nome ed il loro ruolo. Leggende, a quel punto diventavano legge. Oyam si alzò lentamente per guardare oltre il tronco e quello che vide era un quadro di altri tempi, o meglio, il ritorno al mondo di cose antiche più dell'uomo e della sua presunzione. C'erano una decina di figure nell'acqua, avevano l'aspetto di giovani donne di una bellezza che superava l'immagianzione umana, degli esseri decisamente fuori dalla portata della nostra mente. Oyam si chiese perchè stessero facendo qualcosa che assomiglia ad un bagno, dato che vivevano sempre nell'acqua, e perchè avessero deposto sulle rive della pozza le loro vesti, dato che comunque queste avrebbero dovuto essere sempre bagnate. Concluse che in ogni caso nessun essere umano sarebbe riuscito a sfuggire alle Aganis qualora esse avessero desiderato dilaniarlo come promettevano le leggende. A questo punto però le leggende non erano più tali, ma divenivano per Oyam delle preziose cronache che gli avrebbero permesso di affrontare le Aganis nel modo giusto. Innanzitutto era vero che sembravano donne bellissime, molte di loro avevano i capelli verdi, non poteva vedere i loro occhi perchè erano troppo lontane, ma immaginava che avessero uno sguardo come una lama di spada. Oyam pensò alla sua spada, lasciata a Tewodran, avrebbe tanto voluto averla con se, ma capiva che non sarebbe servita a nulla. Ora si trovava a pochi metri dalla riva della pozza, le Aganis a nemmeno dieci metri. Oyam si ricordò che le vecchie storie dicevano che se un umano riusciva a prendere i vestiti delle Aganis mentre queste facevano il bagno, le rendeva innocue e le poteva dominare. Poteva anche essere una fesseria bella e buona, ma poichè le foglie di primula funzionavano, il vischio lo aveva protetto fino a quel momento e tutto il resto della leggenda era vero, non vedeva perchè non avrebbe dovuto funzionare anche il trucco dei vestiti.
Oyam calcolò la distanza fra se ed i vestiti delle Aganis, poi la distanza fra questi e loro. Calcolò che se fosse balzato fuori all'improvviso e si fosse gettato sui vestiti loro non sarebbero riuscite a fermarlo, ammesso che avessero riflessi e velocità paragonabili a quelle degli uomini. Si aggrappò al tronco con le due mani e caricò al massimo i muscoli delle gambe come quando, durante la guerra, si buttava fuori dal parapetto delle fortificazioni piombando addosso ai nemici con tutto il peso del corpo sbilanciato in avanti e poteva trapassare perfino le armature leggere che venivano usate quando finirono le munizioni per le armi da fuoco. Per un attimo rivide davanti a se le facce esasperate di quegli uomini che, come lui cercavano di conquistarsi spazio, cibo e futuro. In un balzo unico fu oltre il tronco e racolse quelle tele appoggiate presso l'acqua. Le Aganis tacquero improvvisamente, si voltarono tutte verso di lui ed allora vide i loro occhi. Sembrava che avessero dentro la stessa luce che illuminava il ruscello e le pareti di roccia, la loro pelle non aveva il colorito di quella umana, ma strani riflessi di colori surreali. Cionondimeno non avevano l'apparenza di mostri. Oyam rimase sulla riva a fissare quegli sguardi che avrebbero potuto fulminare chiunque, immune grazie alla magia appena riscoperta. Le Aganis si chiesero probabilmente che cosa volesse fare Oyam di loro, non erano forse meno spaventate di quell'uomo, solo di fronte a qualcosa di tropo grande ed antico per lui, mai era loro capitato che un piccolo uomo stesse lì a fissarle, come a minacciarle, senza dovere soccombere. Il tutto durò meno di un battere d'occhio, poi Oyam vide la luce dell'acqua aumentare d'intensità, una colonna d'acqua si levò sulla superficie innaturalmente liscia della pozza e qualcosa di tremendo emerse con un grido che sembrava il ruggito di mille tigri. Oyam cercò di vedere cosa c'era fra gli spruzzi, poi l'istinto lo fece ruotare di fianco talmente velocemente da non rendersene nemmeno conto. La cosa piombò nel punto in cui si trovava Oyam poco prima. Era un essere mostruoso, con la struttura simile a quella di un umano ma alto più di due metri, con una chioma lunghissima che si sollevava come se un vento soffiasse da terra verso il cielo, la testa portava due occhi senza pupille che emettevano luce, la bocca aveva denti come quelli di un pesce predatore, le braccia lunghe e muscolose con mani artigliate, le gambe forti. Oyam capì che si trattava di una Agane che non era stata sorpresa dalla sua azione ed ora aveva assunto l'aspetto terribile del mostro che distrugge gli uomini, pronta a dilaniarlo per restituire la libertà alle sue sorelle. Non abbandonò i vestiti conquistati, per evitare di avere contro dieci avversari in più e, contro ogni speranza umana, si apprestò a combattere. L'Agane lo fissava mostrando i denti, probabilmente convinta che sarebbe rimasto paralizzato dalla paura. Non si decideva ad attaccare ancora. Oyam ricambiò lo sguardo, poi si contrasse su se stesso, lanciò un grido che per essere umano era peggio di quello del mostro che affrontava e si gettò in avanti. L'Agane sembrò sorpresa, non si aspettava una reazione. Oyam ruotò su se stesso, alzò la gamba destra e caricò un calcio, l'Agane lo vide e si preparò ad evitarlo, ma Oyam non calciò, ricadde in avanti, nemmeno troppo velocemente, e tornando a ruotare il corpo mandò il pugno destro a colpire quello che in un essere umano sarebbe il ventre. L'Agane rimase come paralizzata dalla sorpresa, Oyam era ora basso sotto di lei, salì di colpo al volto con un doppio colpo di pugno e gomito, seguito da una ginocchiata al torace. Per quanto fosse smisurato il corpo dell'Agane venne gettato indietro dall'urto con la massa di Oyam e ricadde nell'acqua. Mentre Oyam cercava di capire quale effetto reale avessero avuto i suoi colpi il mostro fece partire un calcio da sotto l'acqua che prese Oyam in pieno volto e lo catapultò a qualche metro di distanza contro delle rocce. Quindi l'Agane balzò su e gli fu subito addosso, lo afferrò con una mano sola per la testa e lo sollevò in piedi. Gli si rivolse in una lingua del tutto sconosciuta, il cui suono era quello delle frasi udite prima quando le altre parlavano fra loro. Oyam dunque non capì e l'Agane ripetè, ma questa volta parlò in lingua del Lurflann "Eccoti qua, piccolo uomo. Hai del coraggio per affrontarci così, oppure non sai chi siamo!", Oyam sputò fuori il sangue dalla bocca e rispose fra i denti rotti dal colpo del mostro "So chi siete, anche se so che sei più forte di me non vedo perchè avrei dovuto morire senza combattere!", "In ogni caso morirai, adesso metti giù quegli abiti così le mie sorelle potranno venire a strapparti il cuore!", Oyam si rese conto che stringeva ancora le vesti delle Aganis disperatamente. Ricordò anche, improvvisamente, qualcosa di importante: aveva il vischio in tasca, lo prese con la mano sinistra, mentre l'Agane aspettava che lui si arrendesse definitivamente, e con quello nel pugno chiuso sferrò un ultimo, disperato colpo al mostro. L'Agane gridò di dolore, lasciò cadere Oyam e barcollò all'indietro, quindi piombò nell'acqua con un tonfo sordo. Oyam si rialzò, levò faticosamente le braccia al cielo e urlò come un pazzo, brandendo le vesti delle Aganis sue prigioniere ed il rametto di vischio che lo aveva salvato. Tutte le altre Aganis corsero verso la sorella, la presero fra le braccia e la distesero presso la riva. Quindi una si rivolse a Oyam "Tu giovane umano hai fatto ciò che nessuno della tua razza aveva mai osato, hai affrontato la nostra forza ed hai vinto, ora questa nostra sorella può morire, perchè tu hai usato la magia per colpirla e la nostra immortalità crolla di fronte alla magia. Anche tu sei ferito e non sopravviverai se non vieni curato, ma al villaggio non c'é un uomo della medicina che possa salvarti. Usa la magia per salvare nostra sorella e lei guarirà te!". Oyam guardava con gli occhi velati dal sangue quell'essere che gli rivolgeva la parola, poi si volse all'avversaria sconfitta. Questa aveva mutato aspetto ed ora era come le sue sorelle. Oyam vide un essere di una bellezza incredibile, ma ferito dal suo colpo. Per un attimo si sentì male, in tutti gli anni di guerra aveva ucciso ed aveva affondato nel sangue, ma di guerrieri, mentre adesso aveva davanti un essere il cui aspetto era l'opposto di quello dei suoi nemici abituali. Poi ricordò che quella non era una donna ma uno spirito o qualcosa del genere. Quindi disse "Io sono Oyam Ohrm, ho combattuto contro ogni genere di uomo e non sono morto, io ho le medicine per sopravvivere alle ferite, non morirei comunque per infezione. In ogni caso io non avevo nulla contro vostra sorella né contro di voi, mi sono solo difeso ed ho preso le vostre vesti per evitare che voi mi uccideste. Purtroppo non conosco la magia che tu dici che ho usato, ho agito d'istinto!" La Agane si consultò con le altre sorelle, poi disse "Ti insegnerò come guarire questa ferita con la magia e altri mali con le erbe, come ho già insegnato secoli fa ad altri. Comunque voi uomini morite presto e dimenticate prima ancora. Questa magia ti permetterà di guarire chiunque, ma non te stesso, dovrà essere qualcun altro a farlo per te." Quindi l'Agane prese il vischio ed iniziò a toccare con esso la ferita della sorella, mentre lo faceva i suoi occhi erano divenuti luminosi come quando l'altra combatteva, evidentemente era un effetto del suo potere. La ferita dell'Agane scomparve, il suo corpo si rilassò ed aprì gli occhi. Allora la agane fece lo stasso rito con Oyam e lui sentì i denti ricrescergli negli alveoli, la pelle e la carne ricostruirsi, le forze tornare. Era una sensazione senza precedenti.
Quando tutto fu finito Oyam
si rivolse alla sua avversaria "Scusa se ti ho dovuta colpire, non ho nulla contro di voi
che vivete in queste acque da prima che i miei simili giungessero a vedere la luce,
ma tu volevi
uccidermi ed io non faccio complimenti, nemmeno con chi é più grazioso delle fanciulle di Nihud in un giorno di festa!
A proposito,
io ho detto che sono Oyam Ohrm figlio di Ozner e Anelim della città di Nihud, tu
ce l'hai un nome?". Le altre Aganis scoppiarono in una risata. "Mi chiamo Erre e
come le mie sorelle non sono figlia di nessuno, noi siamo nate con l'Universo,
insieme alla materia, alle forze, all'energia e a quelle leggi che voi umani non
avete mai capite n&eacete; mai riuscirete a capire!". Erre aveva i capelli perfettamente
verdi, lunghissimi e mossi, la pelle aveva dei riflessi come quelli di un
profondo lago di montagna, non un colore definito, solo riflessi, gli occhi
erano due smeraldi lucenti incastonati nel volto. Oyam chiese "Sei veramente
così oppure sono io che ti vedo in questo modo?", Erre rispose "Io sono quello
che tu vuoi, prima era la tua paura a rendermi un gigante che tu vedevi
mostruoso, ma non avevi abbastanza paura da darmi la forza di bloccare la
magia.". Quindi Oyam pretese di conoscere tutti i nomi delle Aganis: Snap dai
capelli rosso sangue, Grid che sembrava una sottile ragazza bionda del nord,
Isop scura come la notte, Skoyl con i capelli colore del mare, Egaim, Argin,
Lys, Ile, Saw ed infine Kijg che per prima aveva parlato. Erre e Kijg sembravano
avere una posizione importante nel gruppo ed erano molto simili nell'aspetto.
"Ora puoi ridarci le vesti?" chiese Kijg. "Direi di si, se foste umane non lo
farei mai, ma dato che non siete della mia natura posso anche rinunciare alla
vista del vostro corpo." scherzò Oyam. "Lo sai benissimo che nessuna delle tue
donne mortali potrà mai essere così come ci vedi, noi siamo l'immagine di quello che tu vorresti vedere in una donna."
replicò Erre. "Sarai anche
un'essere ... superiore, ma resti sempre una vanitosa, come alcune delle
nostre donne".
Tutte le altre Aganis se ne andarono e Oyam rimase solo con Erre.
Volle sapere come funzionava la magia del vischio e rimase ad ascoltare l'Agane
fino all'alba. Quando il sole sorse Erre disse "Non siamo esseri della notte, ma
di giorno è meglio che ce ne stiamo lontane dal mondo degli uomini, voi siete
dappertutto a infastidirci e non possiamo uccidervi tutti, per cui adesso me ne
andrò anch'io. Tu sei un umano diverso dagli altri, io ti ricordo, quando sei
venuto qui l'altra volta, la tua anima da allora ha sofferto, ma non ha perso la luce.
Tu ci sentivi, il
tuo amico no, la ragazza che era con voi mentiva, ma ci conosciamo da molti anni
ormai e non poteva confermare le tue sensazioni, lei vive fra il vostro mondo ed il nostro.
Ora tu hai acquisito una parte
di magia e parli la nostra lingua. Ovunque tu sarai sappi che dalle acque possiamo
raggiungerti, se avrai bisogno di noi chiamaci, quando noi avremo bisogno di un
umano ti chiameremo. Ora ti farò andare in uno stato in cui la tua mente sarà
completamente priva di collegamenti con l'esterno ed il tuo corpo resterà qui
finchè non verranno i tuoi amici a svegliarti." Detto questo Oyam vide la luce
accendersi negli occhi di Erre e poco dopo udì la voce di Ulain che lo esortava
a svegliarsi.
Il sole era già alto, la cascata scrosciava e Oyam era circondato da Kam, Ulain e da alcuni abitanti di Tewodran che avevano voluto venire per vedere come le Aganis avevano ridotto Oyam. Questi si alzò e si sentiva come se avesse dormito per tutta la notte in un letto comodo e caldo, invece di stare seduto su una pietra ad ascoltare cose che non possono essere immaginate nè, come avevano già capito i druidi molti secoli prima, scritte. Fra la delusione dei locali, che speravano nella conferma delle loro storie sulla pericolosità di Rats Tadec, Oyam ed i compagni se ne andarono. La notte sucessiva tre giovani di Tewodran andarono a cercare gamberi a Rats Tadec, non tornarono mai più e le storie che si raccontano ora al villaggio dicono che l'acqua del ruscello era diventata rosa perchè le Aganis vi avevano fatto colare il sangue delle loro vittime.
Racconto dalle Storie del Lurflann, scritto nel 1996