MARIO SIRONI

- Genio Compositore -

VOL. IV





LE COMPOSIZIONI MULTIPLE

 

 

 

C’è qualcosa d’intangibile nella storia e nella fortuna delle antiche civiltà: l’annunzio e il messaggio agli uomini vivi.
E allora, come pensare l’eternità di tali valori se essa suscita la storia dei loro riconoscimenti e interpretazioni? La sintesi da proporre è immane ed è costretta ad esplicitarsi nell’assunto dell’assunto dell’assunto, ecc. È dunque necessario dissotterrare, insieme con le icone della classicità, squarci di poesia, ed altri recuperarne, ed altri ancora inventarne. Una sincera intenzione di bellezza ha una sua purezza spirituale non fuggevole ed occasionale, ma immaginata e resa con sistematica ingegnosità. Essa formulerà con parole diverse una sua natura definita, varia ed articolata in stazioni, con l’apparire delle differenze filosoficamente essenziali, ma tutte tendenti all’unità della rappresentazione.

Afferma Paul Klee ("Conferenza di Jena", 26 gennaio 1924) : "... Il colore è in primo luogo qualità: in secondo luogo è peso, in quanto non ha solo un valore cromatico, ma anche un’intensa luminosità; ed è infine misura, perché oltre ai due valori suddetti, ha anche dei limiti, un abito, un’estensione - e misurabile. Il chiaroscuro è in primo luogo peso, ma per la sua estensione e i suoi limiti, è in secondo luogo misura. La linea invece è solo misura."

Ecco, Sironi doveva aver ben presenti questi principi fondamentali dell’arte quando s’accinse ad elaborare e strutturare le cosiddette composizioni multiple. Difatti egli concepì rapporti precisi di interconnessione fra il colore - qualità, chiaroscuro - peso e linea - misura.

Il punto di partenza fu certo Masaccio e la sua opera principale: "Il Tributo" (affresco, cm.255x598, Firenze, Chiesa del Carmine, Cappella Brancacci).

 

Il Tributo

Masaccio - "Il Tributo"

 

 

 

La rappresentazione è qui inserita in un lungo fondale rettangolare, con una base più che doppia rispetto all’altezza. Ciò naturalmente per dare grande respiro alla visione. Lo sfondo è costituito per tre quarti da un paesaggio montagnoso con pochi scheletrici fusti di alberi che vi si stagliano contro. L’ultimo quarto, sulla parte destra, accoglie invece un porticato con archi, tetti spioventi e una parete con finestrella e sbarre. Un semplice accenno alla città.

I tre elementi aristotelici, spazio, tempo, azione, si svolgono tutti su uno stesso piano senza soluzione di continuità, fondendosi quindi insieme fra loro nel modo più immediato. Cristo, al centro, è attorniato dai dodici apostoli. In primo piano, accanto a lui, Pietro, con la ricciuta incolta chioma che contorna la grande testa, così come la grigia barba, il suo mento e le sue mascelle quadrate. Cristo e Pietro, all’unisono indicano, con l’indice delle loro mani destre protese, un altro Pietro, che, poco più in là, chino sulla sponda del Lago di Tiberiade, preleva dalla bocca di un pesce (e con ambedue le mani) un obolo d’argento. Nella scena centrale, di spalle, dinanzi al Cristo, il Povero (forse lo stesso Masaccio) indica con l’indice destro un’altra scena che raffigura Pietro mentre consegna l’obolo, prelevato dal pesce, ad un altro Povero, che ha le stesse sembianze del primo. Dunque, senza voler entrare nell’allegoria e nell’emblematismo della rappresentazione, si può notare la simultaneità delle azioni e, per mezzo della triplicazione di Pietro e dello sdoppiamento del Povero, la loro continuità (attraverso la contiguità) nello spazio-tempo. In tal modo le tre scene diventano un’unica scena onnipresente.

Il prima e il poi sono pertanto intesi come una pura graduazione logica e non come una successione cronologica. Ecco la prima "Composizione multipla" nella storia dell’arte.

È questa la grande intuizione di uno dei più geniali artisti di tutti i tempi. Ma tale intuizione del grande valdarnese, già con S. M. Ejzenstejn ("La corazzata Potëmkin", 1925) aveva trovato sviluppi molto interessanti. Basta pensare alla famosissima sequenza della carrozzina e della donna con occhiali che la mantiene.

S’interpongono improvvise e rapidissime una serie di sequenze in parallelo ed incrociate: molti spari. La donna è colpita atrocemente in un occhio. Sequenza incrociata: occhiali rotti-carrozzina-sangue-carrozzina che precipita sempre più veloce lungo la scalinata.

Primo piano: due gradini con una parte della carrozzina.

Montaggio in parallelo: gente che fugge atterrita in cima alla scala-moschetti-che-sparano-cielo-con-nubi.

Montaggio incrociato: carrozzina che precipita follemente-spazii-donna-che-cade-lentamente.

Primo piano: alcuni gradini-carrozzella-che-rotola rovinosamente.

Una serie incalzante di sequenze, come rapidissimi flashes in accelerata successione, conferisce alla scena una straordinaria drammaticità, che, nei momenti salienti, tocca addirittura l’Epos.

Questo ed altri momenti del cinema europeo (così come la scena della grande donna-robot tutta d’oro in "Metropolis", di Fritz Lang, 1926) non potevano non essere presenti a Sironi nell’ideazione e realizzazione delle sue composizioni multiple.

Uno dei primi esempi organici di composizione multipla con sequenza, è certo rappresentato da "Storia della civiltà con guerriero a cavallo" (v. Vol. I, pag. 57, A.1934). La composizione si svolge su un rettangolo molto allungato: il suo colore di fondo è un giallo-ocra, le immagini sono dipinte a tempera, a tecnica mista ed alcune sono tracciate anche a matita. È un excursus di varie civiltà sintetizzate in tante emblematiche figure aggrovigliate, snodantisi in un montaggio in parallelo. Il cavalier guerriero che domina la scena sta a significare il momento della conquista (l’Impero Romano), che, pur essendo cruento, unifica genti, paesi e culture diverse sotto le stesse leggi ("Ius romanum") e sotto un medesimo vessillo. La composizione significativamente si conclude con una chiesa ed un uomo: la civiltà cristiana e l’uomo nuovo.

"Grande albero con motivi stilizzati di montagne, due rocce sovrapposte e due blocchi di palazzi" (A.1937, v. Tavole) è una composizione multipla quanto mai criptica, avente misure fuori dal comune (cm.17x65), dipinta su un sottile compensato. È molto probabile che tale opera sia stata concepita dall’Autore quale studio per un affresco, in scala (1:100), per un interno di palazzo pubblico.

L’albero centrale è chiaramente l’albero della vita, massiccio, secolare, coi suoi rami lunghi e retti, abbraccia quasi per intero la composizione. A sinistra uno strano lungo gancio adagiato con la punta arcuata rivolta verso l’alto. Alla destra dell’albero motivi di montagne lontane e stilizzate. Accanto si staglia una roccia geometrica, composta di due blocchi sovrapposti ed infine, all’estrema destra, due blocchi di palazzi - uno più basso ed uno alto - molto stilizzati.

Lo sfondo dell’opera è ocra acceso; l’albero marrone, con contorni neri; le montagne marroni. Le due rocce sovrapposte azzurro-grige. Ed infine il palazzo più basso è color azzurro, l’altro più alto è ocra-marrone.

È importante decifrare il messaggio? Forse no. Il gancio potrebbe essere la radice d’un albero secolare. Una strana forma per una strana presenza. L’albero, il grande albero, è il ricordo biblico dell’Eden. E poi le montagne, l’aspetto più epico della natura. Due levigate rocce sovrapposte creano quasi un personaggio carismatico. Ed infine due blocchi di palazzi, assolutamente geometrici. Formicai di cemento armato con all’interno centinaia di industriose formichine-uomini, che soggiacciono ad un destino comune: sfruttamento, abbandono, solitudine, disperazione, angoscia, amarezza, diffidenza, alienazione, assenza di rapporti interpersonali.

Sironi intende presentare i suoi temi come concezioni cicliche e riassuntive della vita umana, come fregi della vita, cui egli attribuisce un significato e un valore enigmatici. Qui gli elementi della composizione sono una proiezione spirituale e fatale di sentimenti umani, coi loro cupi sogni, ricordi e pensieri.

In "Composizione multipla con quattro paesaggi" (A.1942 -’43, v. Tavole) ciò che subito colpisce è il "divisorio" verticale; una linea sinuosa (quasi un sottile alto fusto d’albero spoglio) veramente inusuale nelle composizioni sironiane. Questa linea divide in due il quadro verticalmente; mentre un’altra linea scura, ma retta, lo taglia in due longitudinalmente, anche se non in due parti uguali in quanto spostata verso l’alto. Le due linee incrociandosi danno luogo alla quadripartizione dell’opera. Nel primo riquadro (ristretto) spiccano due massicci rocciosi molto stilizzati, a forma di parallelepipedi, l’uno più grande, bianco, attraversato da tre linee nere orizzontali; l’altro (più piccolo) da una sola linea. Il cielo, bianco di nubi, calato sui due "colossi", contribuisce ad accentuare il contrasto di questo possente dramma naturale.

Nella "stazione" adiacente (un lungo rettangolo) è situata una ben diversa rappresentazione: sulla sinistra la chioma tonda d’un albero piegato dal vento, al centro una bassa casa dalla bianca facciata, attraversata da due grandi finestre scure. Accanto una forra indistinta.

Nel primo riquadro sottostante (molto più grande) è rappresentato, in esclusiva, un alienato paesaggio urbano formato da due blocchi (a sinistra) chiari, indistinti di cemento sovrapposti. Accanto due alti parallelepipedi dalle bianche facciate costellate da molte finestrelle rettangolari scure. Su tutto il solito cielo di nubi spesse biancastre.

Nel quarto ed ultimo riquadro due alberi spogli, tagliati in alto, con biforcazioni a "V". Fra i due la facciata bianca d’una casa con quattro finestre quadrate scure sovrapposte. Accanto una scura montagna, tagliata geometricamente in alto ad angolo acuto. Al di sopra sempre lo stesso cielo di nubi bianche spesse.

I due alberi sono entrambi "alberi della vita", ma quello di sinistra, squadrato, geometrico, è pietrificato e quindi appartiene al passato, è la storia, immobile, statuaria, sempre uguale a se stessa. L’altro albero invece, anche se spoglio e privo di rami, è ancora vivo e si protende spasmodico verso la casa e il paesaggio.

È difficile interpretare un messaggio così complesso come quello rappresentato da questa composizione, dove gli elementi naturali e le varie costruzioni dell’uomo si fondono e confondono fra loro. Gli elementi naturali sono altamente drammatici, addirittura epici, mentre le costruzioni dell’uomo sono solitarie, schematiche, alienanti. È una concezione della nostra civiltà portata alle estreme conseguenze : le forme elementari diventano un valore plastico concreto che si apre a nuovi campi contenutistici postcubisti tendenti alla concretezza dell’oggetto ed alla forma assoluta.

Composizione con credenza

"Composizione con credenza, uomo, donna disperata e due lastroni dolomitici" (olio su faesite, cm.43,5x37,7, A.1948, Coll. privata, Roma) è un’opera - su due piani - tutta giocata su colori marroni e grigi, ed è, con tutta probabilità, un "grido" dell’Artista: la credenza rappresenta la "domesticità", la vecchia casa famigliare. Su un pavimento, visto in spaccato, una scarna figura d’uomo senza braccia è idealmente protesa verso una fantomatica figura di donna con le braccia spalancate in un gesto di disperazione. Si tratta probabilmente di Rossana, sola, disperata, immersa già nella follia, che grida, urla, protesa verso la Morte: il suicidio. Nessuno può fermarla: il suo destino si compirà in modo ineluttabile.
Nel riquadro sottostante due lastroni dolomitici, aspri, scheggiati, "drammatici", ma certo non partecipi del dramma umano. La giovane Rossana s’impicca; suo padre è lontano, a Cortina, con la sua nuova compagna: non è in grado di arrestare il corso ineluttabile degli eventi. È senza braccia, non può abbrancare alla vita la sua adorata figliola. Ella precipita nel nulla. La rappresentazione è scarna, scabra, altamente drammatica: l’uomo, la donna, la storia, il destino, la natura in forme pure, ancestrali, magmatiche, su cui incombe inesorabile il fato.

 

Sironi nel suo studio di Milano



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