Anthropotes, anno X, n.2(1994), pp.205-215
(English
Translation)
Octavio Paz: amore,
famiglia e matrimonio
Rafael
Jiménez Cataño
Non è frequente che un premio Nobel
(Letteratura, 1990) dedichi un lungo saggio all'amore. Forse è
altrettanto infrequente -- e in questo vorrei sbagliare -- che
l'antropologo, il filosofo, il teologo, il moralista si aspettino un
contributo speculativo da uno scrittore, da un letterato. Queste
pagine si propongono di rilevare alcuni punti salienti della visione
dell'amore che si rivela nel recente libro di Octavio Paz
La duplice fiamma (1),
così come gli accenni fatti qui e altrove intorno al tema
della famiglia e del matrimonio. Al valore intrinseco di tali
concetti si aggiunge il peso della traiettoria intellettuale seguita
da Paz -- inserito nella tradizione liberale e con un passato,
seppure ormai lontano, di simpatia per il marxismo -- e le vaste
cerchie di lettori che alcune sue opere raggiungono (La llama doble,
apparso nel mese di novembre 1993, è entrato sin dall'inizio
nelle liste dei libri più venduti in Spagna dove era ancora
possibile trovarlo dopo più di sei mesi). Siccome prevedo che
quest'esposizione possa interessare i lettori principalmente per il
valore di testimonianza di Paz, mi limiterò quasi
esclusivamente ad introdurre e a collegare i suoi testi, formulando
proposte personali solo nella misura in cui queste possano servire ad
illuminare le sue.
L'amore
E' possibile distinguere nel libro due
grandi argomenti: un'esposizione storica della formazione della
nostra immagine dell'amore e una riflessione sul ruolo che essa
svolge nella nostra società. Ho evidenziato le parole "nostra
immagine" perché determinano l'argomento del saggio: la
fisionomia dell'amore nella civiltà occidentale. Si tratta,
nello specifico, dell'amore umano in quanto
diverso dall'erotismo e dalla pura sessualità. Per completare
questa presentazione generale è bene mettere in evidenza che
l'atmosfera dominante lungo i nove capitoli nasce da una spiccata
sensibilità per l'unità dell'uomo, quasi da uno stupore
che si genera in seguito all'esperienza dell'unità
anima/corpo. Un'esperienza, infine, che attinge alla testimonianza
della letteratura e che lascia intravedere qua e là una forte
componente personale.
L'esperienza poetica è descritta
nell'esordio come la "testimonianza dei sensi", una rivelazione
dell'unità dell'uomo: lo sguardo dello spirito trova,
attraverso gli occhi della carne, "un altro mondo dentro questo
mondo, il mondo "altro" che è questo stesso mondo"
(2).
Nel senso più stretto di "poesia", quell'esperienza è
la ricreazione dell'opera poetica a partire dal testo scritto; nel
caso dell'amore umano è l'accesso alla persona attraverso il
suo corpo. Dopo questa introduzione, Paz procede alla distinzione fra
sesso ed erotismo. "L'erotismo non è pura sessualità
animale: è cerimonia, rappresentazione. L'erotismo è
sessualità trasfigurata: metafora"
(3).
Ma l'attenzione di Paz si rivolge subito all'elemento che determina
il passaggio dall'erotismo all'amore: la persona. In questo senso non
c'è nell'antica Grecia una filosofia dell'amore vera e
propria. L'"amato" è oggetto, non soggetto, è uno
scalino verso la contemplazione e i suoi sentimenti non vengono mai
alla luce. "In realtà, per Platone, l'amore non è
propriamente una relazione: è
un'avventura solitaria" (4).
Tuttavia Platone è da tenere fra i fondatori della nostra
filosofia dell'amore grazie alla nozione di anima che fonda quella di
persona: "Senza la fede in un'anima immortale inseparabile da un
corpo mortale, non avrebbe potuto nascere l'amore unico né la
sua conseguenza: la trasformazione dell'oggetto desiderato in
soggetto desiderante. L'amore esige come condizione a priori la
nozione di persona, e questa, a sua volta, la nozione di un'anima
incarnata in un corpo" (5).
Nei primi quattro capitoli viene esposta
l'evoluzione fino alla maturità, nel secolo XII, dell'idea
occidentale dell'amore, le cui note essenziali vengono poi
ricapitolate nel quinto. Esse sono: a) esclusività; b)
sovversione; c) dominio e sottomissione; d) fatalità e
libertà; e) persona;
--l'esclusività
ha il primato conoscitivo, cioè dal punto di vista del nostro
riconoscimento di ciò che è amore, anche se dal punto
di vista del suo fondamento la nota principale è la
persona;
--la sovversione allude
all'autonomia della passione amorosa nei riguardi degli schemi
sociali: di classe, di razza, di età, ecc.;
--dominio e
sottomissione evidenziano che non è più in vigore lo
schema erotico soggetto/oggetto bensì quello
soggetto/soggetto, cioè il rapporto fra due libertà,
perché l'amore "non nega l'altro e non lo riduce a un'ombra,
ma al contrario nega la propria sovranità. Questa
autonegazione ha il suo contrappeso: l'accettazione dell'altro. (...)
E' una scommessa che nessuno è sicuro di vincere perché
dipende dalla libertà dell'altro (...); è la ricerca di
una reciprocità liberamente concessa. (...) La cessione della
sovranità personale e l'accettazione volontaria della
servitù comportano un vero e proprio cambio di natura: grazie
al ponte del desiderio reciproco l'oggetto si trasforma in soggetto
desiderante e il soggetto in oggetto desiderato"
(6);
--fatalità e
libertà costituiscono di nuovo un abbinamento audace di
fronte alla ragione. E' un'idea molto antica ma ancora viva: "l'amore
è una malia, e l'attrazione che unisce gli amanti è un
incantesimo. La cosa straordinaria è che questa credenza
coesiste con l'idea opposta: l'amore nasce da una libera decisione,
è l'accettazione volontaria di una fatalità"
(7).
In altre parole: "L'amore è attrazione involontaria verso una
persona, e volontaria accettazione di questa attrazione"
(8);
--il carattere personale
dell'amore, infine, è senza dubbio il contributo centrale di
questo saggio.
Il centro di questa testimonianza si trova
nel suddetto "stupore" di fronte all'unità dell'uomo, che
è una sfida nei riguardi di molti nostri schemi razionali,
soprattutto quelli dualisti della modernità che invitano a
prendere partito per l'anima o per il corpo. L'esperienza poetica,
che in tanti altri campi viene vissuta come un'evidenza di
unità sufficientemente forte per respingere, con
l'autorità della vita, le ragioni che vogliono imporre
scissioni nel nostro essere, è anche qui un'appello a fare
affidamento sulla nostra sensibilità.
Per "sensibilità" si intende qui la
percezione immediata, non alterata da formulazioni ragionate, quella
capacità di comprensione che spesso non viene accompagnata
dalla capacità di giustificare ciò che è stato
compreso. Se è possibile parlare di sensibilità
in questo senso, e cioè aldilà di un ambito
strettamente sensibile, è
grazie all'unità dell'uomo, intuizione che sta alla base del
saggio di Paz: "Quando parlo della persona umana non evoco
un'astrazione: mi riferisco a una totalità concreta. Ho
già utilizzato varie volte la parola anima e mi confesso
colpevole di un'omissione: l'anima, o come si voglia chiamare la
psiche umana, non è solo ragione e intelletto: è anche
sensibilità. L'anima è corpo, sensazione; la sensazione
diventa affetto, sentimento, passione" (9).
Ogni volta che rifiutiamo il nome di amore
per qualcosa che si spaccia per tale c'è di mezzo la
presenza/assenza della persona. Se, per esempio, il partner può
essere sostituito indifferentemente da un altro che offra lo stesso
risultato, è chiaro che l'attenzione non era rivolta alla
persona. E' questa appunto "la linea che marca la frontiera
fra l'amore e l'erotismo. L'amore è attrazione per una persona
unica: per un corpo e per un'anima" (10).
Diversi anni fa Paz aveva scritto precisamente che "l'erotismo tende
a esaltare non il carattere unico dell'oggetto erotico ma le sue
singolarità ed eccentricità"
(11).
Paz è ben consapevole delle implicazioni dell'espressione
"oggetto erotico" e della distanza che essa instaura fra il puro
erotismo (12)
e il carattere personale dell'amore: "La nozione d'anima costituisce
la persona e, senza persona, l'amore ritorna al puro erotismo"
(13).
Ne La
duplice fiamma troviamo due
affermazioni complementari di particolare importanza perché
convergenti nella loro formulazione: "C'è un nesso intimo e
causale, necessario, tra le nozioni di anima, persona, diritti umani
e amore" (14),
e "C'è un nesso intimo e causale tra amore e libertà"
(15).
Da queste premesse si possono desumere molte conclusioni rilevanti.
Una conseguenza di questo nesso era già stata enunciata da Paz
in un'intervista rilasciata nel 1978: "Né il concetto di anima
né quello di persona né tanto meno quello di
libertà compaiono nell'erotismo"
(16).
Perché allora l'erotismo si spaccia così facilmente per
libertà? E' una delle fallacie, uno degli effetti perversi
della modernità -- lo snaturamento del mercato libero, dei
partiti politici, dei mass
media, ecc.
(17)
-- che, nella fattispecie, consiste nel chiamare "libertà
erotica" una servitù (18).
Quel che a mio avviso si delinea qui
è una libertà in senso forte: la libertà
è vera nella misura in cui si dispiega in dei
valori oggettivi. Questa presa di posizione di Paz è
chiaramente apprezzabile nella sua critica al mercato puro, al
relativismo, ad una certa concezione di democrazia. Per questo
motivo, prima di passare all'esposizione di quanto esplicitamente
egli dice a proposito della famiglia e del matrimonio, mi sembra
opportuno presentare il contenuto queste sue idee.
La libertà
Il carattere non assoluto della
libertà è la base della critica di Paz di cui sopra
(19).
E' illusoria e non desiderabile una "libertà" priva di ogni
orientamento. Una simile libertà sarebbe una condanna, come
vide lucidamente Sartre, il quale, con memorabile coerenza, "in un
momento di disperazione disse: "L'inferno è gli altri". Frase
terribile perché gli altri sono il nostro orizzonte: il mondo
degli uomini. (...) Forse dimenticò che il noi è un tu
collettivo: per amare gli altri bisogna amare prima l'altro, il
prossimo. Noi moderni abbiamo bisogno di riscoprire il tu (...)"
(20).
A rendere possibile questa nozione di
libertà è la concezione relazionale della persona
delineata da Paz anche se non sempre applicata con tutte le sue
virtualità (21).
El laberinto de la
soledad contiene, a partire dalla
sua seconda edizione, un'appendice che, nel primo paragrafo, afferma:
"La solitudine è il fondo ultimo della condizione umana.
L'uomo è l'unico essere che si sente solo e l'unico che
è ricerca d'un altro. (...) L'uomo è nostalgia e
ricerca di comunione. Perciò ogni volta che sente sé
stesso si sente come mancanza d'un altro, come solitudine"
(22).
Egli poteva così puntualizzare, nel ricevere il Premio
Cervantes (1982), che "la libertà, che comincia per essere
l'affermazione della mia singolarità, si risolve nel
riconoscimento dell'altro e degli altri: la loro libertà
è condizione della mia. Nella sua isola Robinson non è
realmente libero; benché egli non subisca una volontà
estranea e nessuno lo costringa, la sua libertà si dispiega
nel vuoto. La libertà del solitario è simile alla
solitudine del despota, colma di spettri. Per realizzarsi, la
libertà deve incarnare e mettersi di fronte ad un'altra
coscienza e ad un'altra volontà: l'altro è,
contemporaneamente, il limite e la fonte della mia libertà"
(23).
Perciò Paz può finire il summenzionato commento a
Sartre -- un omaggio in
memoriam, del 1980 -- con una
parafrasi: "la libertà è gli altri"
(24).
Questa libertà finita, condizionata
(25),
che si dispiega davanti ad altre libertà, sembra destinata al
calcolo, all'equilibrio di libertà, al patto sugli ambiti di
azione. Ma la realtà è un'altra. Le libertà non
possono essere oggetto di addizioni e sottrazioni. In questo consiste
la critica che Paz rivolge a certi modi di concepire la democrazia
che ne deformano il vero senso. "La democrazia non è una
panacea: è una forma di convivenza, un sistema per evitare che la gente si ammazzi, per far sì che i governi si rinnovino
pacificamente e i presidenti entrino nel palazzo presidenziale dalla
porta del voto. La democrazia ci insegna a convivere e nient'altro"
(26).
La necessità che la libertà
abbia un criterio oggettivo di azione appare ormai da tempo, ma
soprattutto negli ultimi anni, nelle riflessioni di Paz sulla
democrazia e sul mercato. Particolarmente degno di nota è in
questo senso Itinerario
(27).
Nel saggio autobiografico che dà nome al libro egli afferma
che il sistema democratico dominante è contrassegnato dal
relativismo, il quale consiste, fra l'altro, nel non segnalare alla
società alcuna meta o codice di valori. Perciò "questo
sistema non risponde alle domande fondamentali che si sono posti gli
uomini sin da quando sono apparsi sulla terra. Esse sono sintetizzate
nella seguente: qual'è il senso della mia vita e dove vado? In
breve, il relativismo è l'asse della società
democratica: assicura la convivenza civile delle persone, delle idee
e delle credenze; al tempo stesso, nel centro della società
relativista c'è un buco, un vuoto che incessantemente si
allarga e rende le anime deserte" (28).
A quella domanda fondamentale Paz si era
riferito più volte in precedenza, e in Itinerario scende in
particolari provocatori (29),
ma qui vorrei soffermarmi soprattutto sul ricupero del vincolo fra
libertà e virtù (30),
che porta Paz a rimpiangere i tempi in cui la salute politica si
basava sulla virtù dei cittadini. La virtù "denota
sempre dominio su noi stessi. Quando la virtù
infiacchisce e siamo dominati dalle passioni -- quasi sempre quelle
inferiori: l'invidia, la vanità, l'avarizia, la lussuria, la
pigrizia -- le repubbliche periscono. Quando non possiamo più
dominare i nostri appetiti, siamo pronti per essere dominati
dall'estraneo" (31).
La democrazia non può essere in
sé stessa un ideale di vita (32).
Evidentemente, non lo può essere neanche il mercato, che non
conosce misericordia (33).
Ma non dobbiamo pensare soltanto al dramma di coloro che sono
condannati a vivere nella miseria ma anche alla disgrazia, non
minore, di coloro che nell'agiatezza menano una vita meno umana
poiché, "a parte le ingiustizie e le disuguaglianze che
produce, il mercato nuoce moralmente e spiritualmente gli uomini
perché sostituisce all'antica nozione di valore quella di
prezzo. Ora, le cose più alte e migliori -- la virtù,
la verità, l'amore, la fraternità, la libertà,
l'arte, la carità, la solidarietà -- non hanno prezzo"
(34).
Torna ora quell'intimo nesso fra anima,
persona, diritti umani, amore e libertà. Paz si colloca
chiaramente controcorrente quando mette in connessione la
moralità pubblica e i diritti umani: "E' strano che in
un'epoca in cui si parla tanto di diritti umani, si permetta
l'affitto e la vendita di immagini del corpo di uomini e donne per
esibizirli come adescamento commerciale, senza escludere le parti
più intime. Scandaloso non è tanto il fatto che si
tratti di una pratica universale e ammessa da tutti, quanto quello
che nessuno se ne scandalizzi: le nostre molle morali si sono
arrugginite" (35).
La famiglia
Paz afferma che la famiglia "è il
nucleo e l'anima di ogni società"
(36),
la quale non può perciò sussistere senza la famiglia
(37).
Su questo carattere essenziale della famiglia Paz non si sofferma
perché gli appare indubitabile, almeno se si presuppone
l'indole sociale dell'uomo. Ciò che a mio giudizio costituisce
il contributo più rilevante di Paz è la considerazione
della famiglia come veicolo di cultura. L'umanizzazione dell'uomo
oltrepassa l'ambito biologico ed è giustamente la famiglia il
mezzo ordinario attraverso il quale la natura riceve il suo
compimento di cultura che essa intrinsecamente esige. Sul caso concreto
del Messico Paz affermava nel 1975: "Nel fondo della psiche messicana
ci sono realtà ricoperte dalla storia e dalla vita moderna.
Realtà nascoste ma presenti. (...) La famiglia è una
realtà molto potente. E' il focolare nel senso originale della
parola: centro e riunione dei vivi e i morti, al tempo stesso altare,
letto dove si fa l'amore, forno dove si cucina, ceneri che
seppelliscono gli antenati. La famiglia messicana ha attraversato
quasi indenne diversi secoli di calamità e solo adesso
comincia a dissolversi nelle città. La famiglia ha dato ai
messicani le loro credenze, valori e concetti sulla vita e sulla
morte, sul bene e sul male, sul maschile e sul femminile, sul bello e
sul brutto, su ciò che si deve fare e ciò che è
vietato. Nel centro della famiglia: il padre"
(38).
Undici anni più tardi Octavio Paz si
pronunciava diversamente sulla figura centrale della famiglia: "La
società ispanocattolica è comunitaria e il suo nucleo
è la famiglia, piccolo sistema solare che gira attorno ad un
astro fisso: la madre" (39).
Questo suo cambiamento è un approfondimento. Il protagonismo
del padre ha una validità superficiale, risponde con dei dati
esterni alla domanda su "chi comanda". Ma quegli atti di comando non
configurano le persone ed i popoli in profondità come l'azione
della madre. Paz pensa che la famiglia sia sufficientemente forte per
conservare l'identità di un popolo, purché essa sia
veramente famiglia. A proposito dei latinoamericani che abitano negli
Stati Uniti afferma: "La famiglia è il centro culturale;
finché ci sarà famiglia ispanica, famiglia chicana
(40),
famiglia portoricana e famiglia messicana negli Stati Uniti ci
sarà sopravvivenza culturale dell'elemento ispanico negli
Stati Uniti" (41).
Sui valori familiari si può anche
perdere il senso della misura, ma questo non potrebbe mai essere un
motivo sufficiente per esautorare in pieno l'istituzione familiare:
"Nel dominio dell'economia è anche urgente svegliare energie e
forze non utilizzate. Per esempio, la famiglia. Nel Giappone essa
è stata un centro di creazione economica e culturale. Nel
Messico potrebbe pure diventarlo. E' vero che la famiglia messicana
ha avuto un influsso negativo perché è stata l'origine
del patrimonialismo e del nepotismo. I legami familiari e di amicizia
sono stati più forti di quelli ideologici e delle
considerazioni tecniche. I nostri paladini hanno protetto i loro
parenti con posti e prebende. Ma è impossibile dimenticare che
la famiglia messicana è stata il centro della
solidarietà sociale e la depositaria dei valori tradizionali"
(42).
I testi precedenti, illuminati da quelli
sulla libertà, mostrano una concezione della famiglia basata
su una configurazione dell'essere umano data, non
convenzionale, creatrice di cultura, non frutto di essa. Certo,
è una peculiare natura che esige decisamente
un'autorealizzazione, un'autocreazione, fino all'estremo che è
assolutamente impossibile trovare una natura umana allo stato puro:
gli uomini appaiono sempre ricreati da sé stessi. Il ruolo
della famiglia in questa ricreazione è articolato. La famiglia
offre svariate conformazioni a seconda delle culture, ma essa stessa,
in generale, appartiene alla configurazione data dell'uomo.
L'uomo è un essere in cui il dato comprende
l'esigenza del non-dato, e il
non-dato forma un patrimonio suscettibile di trasmissione (di
essere dato), nella quale il primo anello è
ordinariamente la famiglia. In essa il dato e il non dato sono
talmente intrecciati da sembrare indiscernibili, come si può
vedere nelle dimensioni sessualità/erotismo/amore di cui
sopra, che sono proprio quello: dimensioni d'una
realtà unica. Dire che l'erotismo (cultura) nega la
sessualità (natura) è un modo di parlare: esso la nega
nel senso che la oltrepassa mentre in realtà la sta assumendo.
Altrettanto avviene nella trasfigurazione dell'erotismo per opera
dell'amore. A ragione dice Paz che non si tratta d'un passaggio dal
corporale allo spirituale ma al personale, che consiste in
un'unità anima/corpo.
A questo punto si insinua nell'orizzonte
delle nostre considerazioni un passo che Paz non fa e potrebbe
rendere ancor più avvincente il suo canto all'unità
della persona umana. L'esperienza poetica gli permette di superare la
visione razionalista di chi nel sessuale percepisce soltanto una
realtà biologica o, con l'aggiunta dell'elemento culturale, un
rapporto soggetto/oggetto; egli la supera fino a tratteggiare la
nozione di amore sopra esposta. Perché non applicare la stessa
esperienza alla genesi di ogni persona umana? Confinare la
riproduzione all'ambito della natura, non significa togliere
umanità all'inizio dell'umanità? Se l'atto coniugale
non è pura sessualità ma anche erotismo ed amore,
perché pensare che il figlio proviene soltanto
dall'accoppiamento biologico e non da tutta
quell'unità?
L'autosufficienza del biologico per
suscitare nuove vite umane facilita la considerazione riduttiva. Ma
è questo ciò che noi chiamiamo "portare un uomo al
mondo"? Se, al contrario, prendiamo l'unità della persona fino
in fondo, ne risulta che la persona, il cui costitutivo radicale
è la vocazione alla comunione, ha la sua origine, sfolgorante
di bellezza, nella comunione di persone: amore che, per via della
condizione umana -- corpo e anima, natura e cultura --, è
anche erotismo e sesso. "Portare un uomo al mondo" comprenderà
dunque tutte e tre le dimensioni: comunicargli la vita biologica,
trasmettergli un'identità -- un ethos -- ed
accoglierlo in una comunione di persone.
La duplice fiamma non dice quasi niente sui figli e sulla
paternità/maternità. Un brano che suscita in alcuni
lettori l'aspettativa d'una considerazione sul figlio sembra poi
eludere la questione: "il sesso è la radice, l'erotismo
è lo stelo e l'amore il fiore. E il frutto? I frutti
dell'amore sono intangibili. E' questo uno dei suoi enigmi"
(43).
Nella logica interna del libro tutto ciò è
perfettamente coerente: l'Autore ha sottolineato più volte che
non si occupa di sesso ma di amore. La considerazione
dell'unità della persona nella genesi della persona farebbe
del figlio un tema d'amore.
Il matrimonio
Sull'essenza del matrimonio, che in passato
Paz ritenne un nemico dell'amore (44),
ci sono nei suoi ultimi scritti diversi punti significativi in cui si
riflettono le concezioni sopra esposte sulla libertà, l'amore
e la famiglia. Ne metterò in evidenza due.
Da una parte, del suo matrimonio non
parla in quei termini. "L'India mi mise di fronte all'amore:
lì ho conosciuto mia moglie" (45).
Frase breve, lasciata cadere in un'intervista, che non potrebbe
essere più lontana dall'antagonismo postulato prima. Come
può egli dire che è stato messo di fronte all'amore,
già oltrepassati i 50 anni, quando non gli è mancato
prima quel che chiunque chiamerebbe amore? Ed è proprio
quell'amore che, assunto sotto la forma di matrimonio,
egli presenta da allora come una realtà sociale e,
contemporaneamente, come fulcro della sua identità personale:
"--Quegli anni nell'India, che
influsso hanno avuto in lei?
--Innanzitutto di ordine personale. Nell'India ho trovato mia moglie,
Marie-Jo. Dopo l'essere nato è la cosa più importante
che mi sia capitata. --Vi siete
sposati lì? --Sì,
sotto un grande albero. Un nim molto
esuberante" (46).
Il secondo punto è la confluenza tra
il realismo e la constatazione che l'amore dell'uomo e della donna,
diventato società -- o in altre parole, la comunione diventata
comunità --, sia un bene. Quando ne El laberinto de la soledad Paz considerava il matrimonio un nemico dell'amore
non faceva altro che formulare un'esperienza, del resto non soltanto
sua: amore e vincolo non si mantengono in armonia senza sforzo. Siamo
di fronte ad un mistero, simile peraltro a quello segnalato da Paz
nel descrivere la condizione umana: siamo chiamati alla comunione, ma
essa sembra rivelarsi impossibile. In quest'antinomia egli aveva
ravvisato un intimo bisogno di redenzione. Nel caso del matrimonio,
il problema non viene focalizzato negli stessi termini ma ad essi si
ricorre quando si segnalano le modalità della possibile
soluzione. "La contrapposizione tra amore e amicizia non è
assoluta: non solo hanno molti elementi in comune, ma l'amore
può trasformarsi in amicizia. E', direi, uno dei suoi sbocchi"
(47).
"L'amicizia fra i coniugi -- un fatto che possiamo constatare ogni
giorno -- è uno degli elementi che redimono il vincolo
matrimoniale" (48).
La convinzione che l'amicizia sia in grado
di redimere il vincolo denota un ottimismo che ha la forza del
vissuto. Essa poggia sull'esperienza poetica nel senso più
largo e profondo possibile: unità dell'uomo e degli uomini,
esperienza della possibilità di un amore fedele. Tutto
ciò è senza dubbio collegato a due prese di posizione
de La duplice fiamma che hanno molto stupito non pochi lettori di Paz: in
favore della spiritualità dell'anima e in favore della
fedeltà nell'amore. A me non stupisce il loro stupore: queste
convinzioni di Paz sono una sorpresa, anche se a mio avviso hanno
più dell'evoluzione che non della sterzata. Né mi
stupisce che chi spezzi una lancia in favore dell'anima e della
fedeltà nell'amore sia in grado di offrire luci allettanti
sulla libertà, sulla persona e sulla famiglia.
(1) La duplice fiamma. Amore ed erotismo, Garzanti, Milano 1994, 173 pp. Edizione originale:
La llama doble. Amor y
erotismo, Seix Barral, Barcelona
1993, 223 pp.
-^
(2) Ibid., p.11. Ho
cercato di cogliere il modo in cui l'esperienza poetica illumina
l'essere dell'uomo nel mio libro Octavio Paz. Poética del
hombre, EUNSA, Pamplona
1992. -^
(3) Ibid.,
p.12. -^
(4) Ibid.,
p.39. -^
(5) Ibid.,
p.102. -^
(6) Ibid.,
pp.98-99. -^
(7) Ibid.,
p.100. -^
(8) Ibid.,
p.99. -^
(9) Ibid.,
p.134. -^
(10) Ibid.,
p.29. -^
(11) El ogro filantrópico, Joaquín Mortiz, México 1979,
p.233. -^
(12) L'espressione
"puro erotismo" lascia aperta la possibilità di
conservare il termine "erotismo" per significare, in una
considerazione integrale dell'amore umano, la sua dimensione
corporea. A questa sfumatura fa allusione il seguente testo: "Senza
erotismo -- senza forma visibile che penetri attraverso i sensi --
non c'è amore, ma l'amore trapassa il corpo desiderato e cerca
l'anima nel corpo e, nell'anima, il corpo. La persona intera"
(La duplice fiamma, p.29).
-^
(13) Ibid.,
p.102. -^
(14) Ibid.,
p.102. -^
(15) Ibid.,
p.124. -^
(16) Pasión crítica, Seix Barral, México 1985, p.171. -^
(17) Cfr. La duplice fiamma,
p.126. -^
(18) Paz segnala tra i
principali fattori della crisi della nostra società, "la
licenziosità sessuale, la morale permissiva: ha degradato
Eros, ha corrotto l'immaginazione umana, ha inaridito le
sensibilità e ha fatto della libertà sessuale la
maschera della schiavitù dei corpi" (La duplice fiamma,
p.126). "Le nostre società hanno sostituito (...) la
libertà con la promiscuità" (Convergencias, Seix
Barral, Barcelona 1991, p.15). "In certi gruppi e ambienti
[nell'Europa fra 1920 e 1930] regnava addirittura la
promiscuità, mascherata da libertà. (...) Non
c'è niente di più difficile che difendere la
libertà dai libertari" (La
duplice fiamma, p.110). "Penso che
il libertinaggio, contro quanto il suo nome dice, sia una vera e
propria prigione" ("Genealogía de un libro: Libertad bajo palabra", Vuelta, 145[1988],
p.18; Vuelta è una rivista diretta da Paz). -^
(19) "Non appena la
libertà diventa un assoluto, cessa di essere libertà:
il suo vero nome è dispotismo" (Hombres en su siglo y otros ensayos, Seix Barral, México 1989, p.14). -^
(20) Ibid.,
p.123. -^
(21) Il testo riportato in
seguito ne è un ottimo esempio. La duplice fiamma offre altre
lucide formulazioni: "il vero amore consiste precisamente nella
trasformazione della brama di possesso in dono di sé" (p.93);
"l'amore (...) è un paradigma, un ideale di vita fondato sulla
libertà e sul dono di sé" (p.128). In questo secondo
brano si presenta l'amore come il vero rimedio contro l'AIDS
("cioè contro la promiscuità", dice). Tuttavia Paz
pensa che la specificità della nozione cristiana dell'amore
risieda nell'unità anima/corpo. -^
(22) El laberinto de la soledad, Fondo de Cultura Económica, México
1950, p.175. C'è una versione italiana de Il Saggiatore,
1982. -^
(23) "La tradición
liberal", in Hombres...,
p.14. -^
(24) Ibid.,
p.125. -^
(25) "In tutte le sue
varianti l'idea di libertà condizionale implica la nozione di
responsabilità personale: ognuno di noi conquista e,
letteralmente, fa o disfa la sua libertà. Una libertà
sempre precaria" ("Tiempos, lugares, encuentros. Entrevista con
Alfred MacAdam", Vuelta, 181[1991],
p.15). -^
(26) Pequeña crónica de grandes
días, Fondo de Cultura
Económica, México, 1990, p.131. Il corsivo è
mio. -^
(27) Fondo de Cultura
Económica, México 1993. -^
(28) Itinerario,
p.126. -^
(29) "La democrazia
moderna postula una prudente neutralità in materia di fede e
di credenze. Tuttavia non è possibile né prudente
ignorare le religioni né confinarle nel dominio riservato
della coscienza individuale. Le religioni possiedono un aspetto
pubblico che è loro essenziale, come si vede in una delle loro
espressioni più perfette: il rito della messa"
(Ibid., p.135).
-^
(30) "La virtù,
qualunque senso si dia a questa parola, è innanzitutto un
atto libero" (La duplice
fiamma, p.116). -^
(31) Itinerario,
p.132. -^
(32) "Non mi illudo sulla
democrazia: non ci darà né la felicità né
la virtù" (Ibid.,
p.270). -^
(33) "Il trionfo
dell'economia di mercato -- un trionfo per abbandono dell'avversario
-- non può essere unicamente motivo di esultanza. Il mercato
è un meccanismo efficace ma, come tutti i meccanismi, non ha
coscienza né misericordia" (Convergencias, p.20;
è il discorso a Stocolma con occasione del Nobel). -^
(34) Itinerario,
p.235. -^
(35) La duplice fiamma,
p.125. Anche qui Paz fa appello all'unità della persona: "I
primitivi credevano che pitture e sculture fossero i doppioni magici
delle persone reali. Ancor oggi in alcune zone appartate del mondo ci
sono contadini che si rifiutano di farsi fotografare perché
credono che chi s'impadronisce dell'immagine del loro corpo
s'impadronisce anche dell'anima. In una certa misura non si
sbagliano: c'è un nodo indissolubile tra ciò che
chiamiamo anima e ciò che chiamiamo corpo" (Ibid., pp.124-125).
E' possibile vendere il corpo e conservare l'anima? -^
(36) Itinerario,
p.173. -^
(37) "In tutte le
società esiste un insieme di proibizioni e tabù -- ma
anche di stimoli e incentivi -- destinati a regolare e controllare
l'istinto sessuale. Tali regole servono contemporaneamente alla
società (cultura) e alla riproduzione (natura). Senza queste
regole la famiglia si disintegrerebbe
e con essa la società intera"
(La duplice fiamma, pp.16-17; il corsivo è mio). -^
(38) El ogro..., p.23 =
Pasión
crítica, p.111. C'è
un'interessante presa di posizione sul ruolo che avrebbe potuto
svolgere la famiglia nella lotta contro l'AIDS: "Uno specialista
nell'argomento scrive: "(...) La nostra unica speranza per riuscire a
frenare l'AIDS è la prevenzione (...); l'unico vaccino di cui
disponiamo per ora è l'educazione". Ebbene, oggi la nostra
società non ha l'autorità morale per predicare la
continenza, non diciamo la castità. Lo Stato moderno, per
motivi buoni e meno buoni, cerca di astenersi dal legiferare in
materia. La morale familiare, quasi sempre associata alle credenze
religiose tradizionali, si è sgretolata" (La duplice fiamma,
p.128). -^
(39) "Arte e identidad
(Los hispanos en los Estados Unidos)", in Convergencias, p.109
(il saggio è stato pubblicato prima nel n.126 di
Vuelta, marzo 1986). -^
(40) Vengono chiamati
chicanos gli statunitensi d'origine messicana e a volte, per
estensione, i messicani residenti negli Stati Uniti. -^
(41) "Historias, tiempos,
civilizaciones", en Krauze, Personas
e ideas, Ed. Vuelta, México
1989, p.160. L'intervista è del 1983. -^
(42) Pequeña crónica..., p.138.
-^
(43) La duplice fiamma,
p.32. -^
(44) "La società
concepisce l'amore, contro la natura di questo sentimento, come
un'unione stabile e destinata a creare figli. L'identifica con il
matrimonio. (...) La protezione del matrimonio implica la
persecuzione dell'amore e la tolleranza della prostituzione, se non
la sua promozione ufficiale" (El
laberinto de la soledad,
pp.179-180).
-^
(45) "Poesía de
circunstancias", Vuelta, 138(1988),
p.21. Paz è nato a Città del Messico nel l914; il suo
soggiorno in India comprende gli anni 1962-1969. -^
(46) Pasión crítica, p.74.
-^
(47) La duplice fiamma,
p.92. -^
(48) Ibid.,
p.91. -^