DENTRO QUESTA NOTTE.

...incominciamo a innervosirci perché nessuno pare aver voglia di arrivare in orario e noi non abbiamo nulla da fare se non ascoltare la radio e fumare sigarette che dopo un po' non hanno più sapore e fanno solamente tossire e raschiare la gola. Marco sta seduto con una gamba fuori dalla macchina ed una dentro e mi parla di questa Silvia che lo sta tirando scemo e alla quale lui ha detto 'adesso basta, o me o la coca' e lei ci ha pensato un po' e poi ha detto 'la coca' e non si è fatta più sentire. E sono quasi dieci giorni, mi rendo conto? Mi rendo conto anche troppo, ma che consiglio potrei dargli? Se almeno avessimo una canna o due...

K-rock continua a passare canzonette inascoltabili ma in questo parcheggio non si riceve decentemente nessun'altra stazione e pure il telefonino non prende bene perciò se anche gli altri stessero cercando di chiamarci probabilmente non ci riuscirebbero. E' deprimente. Fumiamo altre sigarette ed ascoltiamo altre canzonette. Il parcheggio ormai è quasi deserto, il centro commerciale ha chiuso da un po'. Ho smesso di guardare l'orologio da un pezzo, mi innervosiva e basta, ma devono essere più delle nove. E non ho nemmeno mangiato, cazzo. -Altri cinque minuti e me ne vado-, dico a Marco che ha smesso di parlare e da qualche minuto non fa che tormentarsi i capelli con l'indice e il pollice della mano sinistra mentre con la destra tamburella sul cruscotto. -E smettila di pensare a quella, porca vacca! E' una troia, va bene? Una troia come ne trovi un milione ovunque tu vada. Se l'è scopata mezzo mondo. E' famosa per essere una che si fa scopare da chiunque!- Lui mi guarda per qualche istante come se la mia voce gli arrivasse da lontanissimo e poi dice -Ma con me è diverso.- Gesù, non ci posso credere con lui è diverso, certo con lui è diverso, con tutti è diverso a sentire loro. -Marco svegliati, cazzo! Il giorno che me l'hai presentata mi si voleva fare nel cesso del Rock Caffè... è una troia, è un monumento alla troiaggine! E' stata con te fino a che le bastava quello che le passavi, appena hai detto di no, un singolo stupidissimo no l'hai persa! Ma non lo vedi?- Scende e gira intorno alla macchina, lasciando la portiera aperta, viene verso di me e getta la sigaretta per terra. -La storia della sera che te l'ho presentata scordatela, quella aveva un senso.- -Aveva un senso? Ma ti sei fumato il cervello?- -No, ascolta, il fatto è che lei era gelosa del fatto che io e te fossimo così amici, cioè, io le parlavo sempre di te: Paolo di qua, paolo di là... e lei era gelosa.- -E allora?- -E allora ha pensato che se riusciva a stenderti io mi sarei staccato da te... lei sarebbe diventata la cosa più importante.-

-Dico ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Mi stai dicendo che lei si voleva scopare me per dimostrare che io sono un figlio di puttana? Per convincerti che non avevi nessuno al mondo a parte lei? Gesù ma sei fuori? Quella oltre che troia è pure pazza!- Marco mi guarda, mi tiene per tutte e due le braccia, siamo in piedi l'uno di fronte all'altro, mi guarda fisso negli occhi e se ne esce con un sorriso amaro, da vecchio: -Tu non puoi capire- mi dice -lei ha bisogno di me.- Poi scoppia a piangere. E che cosa dovrei fare? Lo abbraccio e mi domando perché cazzo tutti quelli che aspettavamo non siano arrivati e perché io debba affrontare da solo la disperazione di questo innamorato qualsiasi che sì, è il mio migliore amico, ma in fondo è solo il milionesimo coglione che cade nella rete di una Silvia qualsiasi. Restiamo così per un paio di minuti, senza parlare, gli accarezzo i capelli e gli dico di calmarsi, che magari le cose si sistemano, e che comunque stasera lui è qui con me, non è solo, e che anche io ho bisogno di lui, perché se mi lascia in balia di quegli altri quattro o cinque deficienti che stiamo aspettando probabilmente mi suiciderò prima che siano le due... Sembra calmarsi un po', lo faccio sedere in macchina e mi attacco al telefono, a forza di tentare trovo Francesca che inventa una scusa ridicola e dice che ci si vede direttamente al Nain. Bestemmio sottovoce e le dico -Poi facciamo i conti.- Ma è inutile, ha già chiuso la comunicazione. Risalgo in macchina e chiudo la portiera, respiro profondamente. Marco è di nuovo assorto nei suoi pensieri, non l'ombra di un espressione sul volto. Gli rivolgo il sorriso più ampio che riesco a mettere insieme e gli chiedo se per lui va bene se ci facciamo un giretto in piazza prima del Nain. -Come vuoi tu.- E' la risposta.

Alzo il volume dell'autoradio e metto in moto. Vorrei che fosse un altro posto e un altro tempo. E vorrei che tu avessi qualcosa di carino da dirmi Marco, perché anche io non sto niente bene fratellino, e avrei bisogno di qualcuno da amare e che mi amasse, ma non si può avere tutto vero? Ed io in particolare pare che non meriti proprio niente. Lasciamo perdere, tra un quarto d'ora tutto sarà di nuovo sopportabile.

La strada scorre tranquilla. Non c'è traffico a quest'ora. Brucio i semafori per abitudine e per noia. Gli Smashing Pumpkins urlano 'despite all my rage I am still just a rat in a cage', perfetto, c'era bisogno di atmosfere positive, Gesù, che serata.

Arriviamo in piazza, Marco non parla da un quarto d'ora, continua a girare in spirali vacue intorno al pensiero del suo amore calpestato. Forse dovrei cercare di distrarlo ma a che scopo? E' giusto così, stia male, soffra, a qualcosa gli servirà. In piazzetta ci sono tutte le solite facce e per fortuna c'è anche quella butterata, sguardo torvo espressione assente, di Turi detto 'Robba'. Mi ci avvicino cautamente lasciando Marco appoggiato ad un lampione e gli chiedo se ha qualcosa da fumare. Lui dice niente a parte un po' di erba che però vuole tenere per sè. E' standard, significa che stasera ha bisogno di soldi per farsi e che dovrò contrattare a lungo per avere due grammi in cambio di cinquanta sacchi. Uffa, non ne ho voglia, sempre gli stessi discorsi, le stesse mosse. Vabbè, gli metto la banconota in mano e gli dico -Dammi quello che puoi.- Quattro o cinque canne, come immaginavo. Non me ne importa nulla. Torno verso Marco salutando un paio di brutti ceffi che potrebbero offendersi se non lo faccio. Lo stacco dal suo lampione tirandolo da dietro per la cintura e gli chiedo se va tutto bene. Risponde con un cenno della testa. Certo, tutto bene. Gli metto in mano l'erba e gli dico di far su. La soppesa con la mano e mi chiede -Cinquanta?- -Sì, cinquanta- -Ti sei fatto fregare come al solito.- -Sì, okay, come vuoi tu, adesso però fai 'sta canna e piantala di rompere.- Ci sediamo in macchina, sembra più allegro adesso, Marco. -Leviamoci da questo posto-, dice, -c'è sempre pieno di sbirri.- Accendo la macchina e facendo retromarcia rischio di centarre una Panda rossa e sgangherata che sopraggiunge proprio in quel momento. Non vedo precisamente chi ci sia alla guida, ma al posto del passeggero riconosco una figura nota. Realizzo che si tratta di Silvia e per poco non vado in panico. Faccio manovra cercando di mantenere la calma, ma sudando freddo al pensiero che Marco possa dare un'occhiata fuori dal finestrino, e appena posso schizzo via alla cieca, senza nemmeno controllare se c'è qualcuno che arriva lungo la strada. Quando ci siamo allontanati a sufficienza gli chiedo se conosce qualcuno che gira con una Panda. Ci pensa un po' e poi dice -Sì, un paio.- -Colore?- -Una rossa e una bianca.- -Chi è quello che ce l'ha rossa?- -Un tizio, uno che spaccia giù al parcheggio.- Perfetto, non posso fare a meno di sorridere amaramente tra me e me, perfetto, uno che spaccia giù al parcheggio. Niente meno. -Perché me lo chiedi?- fa lui alzando per un attimo la testa dal suo lavoro. -Niente- improvviso io -forse era lui il tizio al quale stavamo per andare addosso in piazza.- -Stavamo per andare addosso a qualcuno in piazza?- -Sì, cioè non proprio, lascia perdere, non è importante.- -Okay- dice lui, e chiude finalmente la canna. La accende con gesti studiati tenendola ben rivolta verso l'alto perché non cada nulla. Fuma e poi me la passa, infila nello stereo la cassetta dei Byrds e per la prima volta in un paio d'ore posso rilassarmi, un poco. Guido piano lasciandomi superare da tutti quelli che hanno la voglia e la fretta necessarie, adesso posso permettermelo. Non ci sono più urgenze. La cena può aspettare, il Nain può aspettare e anche Marco, alla fine dei conti è un pensiero per tra un'ora o tra un giorno, non adesso, non qui. Gli amici e le amiche poi lasciamoli perdere, quelli possono anche aspettare per tutta la notte, 'fanculo. Adesso riusciamo anche a parlare. -Non è poi così importante-, mi dice, -ancora qualche settimana e non ci penserò nemmeno più. Mi hanno offerto un lavoro a Bologna, sai? Magari lo accetto.- -Fai bene -, gli dico, -un cambiamento totale, sì, quello ti serve, un cambiamento totale di prospettiva, nuove persone, un nuovo ambiente...- -...e voglio ricominciare a scrivere, sì, ho delle idee, degli appunti...-

Marco non ha mai scritto niente di anche solo vagamente leggibile in vita sua. Non c'è tagliato, non ha un grammo di talento.

-Bravo- gli dico -lo sai che mi sono sempre piaciute molto le cose che scrivi, devi assolutamente rimettertici. Soprattutto le poesie... le tue poesie erano grandiose.- -Siiiii- dice lui fissando lo spazio infinito tra i suoi occhi e l'Olimpo di qualche distrattissimo Dio. E pare crederci davvero. Meglio, speriamo che duri. Squilla il telefono, è Francesca, pare innervosita -Allora quando cazzo arrivate?- Non rispondo nemmeno, passo il telefono a Marco che le riversa addosso un torrente di parolacce e chiude la comunicazione senza aspettare replica. -Che dice?- gli domando. -Niente-, fa lui, -niente di importante.-

Siamo arrivati. Trovo un parcheggio a cento metri dal locale. Le macchine in sosta ai lati della strada brulicano di vita, chi si fa una canna, chi scopa ed ha tutti i vetri appannati. Chi litiga, ci sono anche quelli. Prendo nota mentalmente: non portare mai una donna in questo posto, correggo: non portare mai una donna che per te conta qualcosa in questo posto. L'aria fresca della sera settembrina ci schiarisce apparentemente le idee, il cielo è pieno di stelle lo faccio notare a Marco -Sì, bello.- è tutto quello che riesce a organizzare come risposta.

Entriamo senza pagare, ho trovato un tizio che mi ha messo in lista oggi pomeriggio, uno che nemmeno conosco ma al quale devo sembrare simpatico, magari vuole qualcosa da me, non so, non importa, basta che non voglia 'la mia amicizia' perché di amici ne ho piene le palle. Meglio dei soldi. Se vuole dei soldi glieli do senza problemi. 'fanculo.

Entriamo lasciandoci alle spalle il sorriso lurido di una cassiera più vicina ai quaranta che ai trenta. Il posto è piccolo, difficile non vedere Francesca e gli altri seduti sul divanetto vicino al palco. Ci sono Luana, Federica, due tipi che non conosco ma che mi pare facciano qualcosa nello spettacolo e Matteo. Più che mai frocio, più che mai fasciato da questi pantaloni neri ed attillati che mettono in risalto le sue curve perfette e da questa maglietta stretta e corta, nera anche lei, che lascia scoperto l'ombelico in maniera forse provocante forse rivoltante. Ci avviciniamo. Mi butto sul divano facendo un cenno di saluto alla combricola in generale. I tipi non mi vengono presentati, salutano e sorridono, evidentemente li sconosco già, chissà come, chissà dove... Francesca si avvicina e mi chiede se noi due pensiamo davvero di poter fare sempre quell'accidenti che ci pare. Marco le dice dacci un taglio e le mette in mano l'erba e una cartina. Francesca sorride e si allontana in direzione del bagno. Io vorrei solo che fossero già le cinque per andarmene a casa. Luana e Federica parlottano tra loro: belle e possibili, non ho il coraggio di tendere l'orecchio, non voglio sapere di che cosa parlano. Non credo che lo sopporterei. Chiacchiero un po' con Matteo e con i due sconosciuti che sembrano molto interessati ai miei studi perché anche loro sono prossimi alla laurea ed hanno in testa tutte queste domande idiote su come ci si sente dopo che si è finito ed io dico loro di lasciar perdere, che dopo ci si sente delle merde uguale ma loro non ci credono e continuano a riempirmi di fastidiosissimi complimenti. Gesù... davvero credono che mi importi?

Matteo si offre di andare a prendere qualcosa da bere, mi chiede se ho preferenze ed io gli dico quello che vuoi. Ritorna dopo un paio di minuti con un Cuba libre orribile che trangugio cercando di concentrarmi sulle ragazze. Se ci provassi? Se ci provassi con Federica o con Luana? Se ci provasse Marco? Se provassi a convincere una delle due a provarci con Marco? Buona l'ultima. Mi alzo e prendo Luana per un braccio. -Che cazzo fai, sei scemo?- dice lei girandosi di scatto. -Oxford, no? Dai vieni un attimo con me che devo parlarti,- lancio un'occhiata nella direzione dell'innamorato sofferente che continua a fissare l'infinito e tra poco ricomincerà a piangere o peggio a parlare. Lei annuisce e mi segue in un angolo vicino al bar. -Senti-, le dico dopo averla messa spalle al muro, -a te piaceva Marco qualche tempo fa, sbaglio?- -No, ma era...cazzo era un sacco di tempo fa... due...anni.- -Vabbè, non ha importanza adesso è successa questa cosa con Silvia, lo sai? - -Sì, l'ho sentito dire, e allora? - -E allora che ne diresti di dargli una mano ad uscirne?-

Luana capisce al volo e mi dice -Vaffanculo.- Semplicemente, e poi se ne va. Perfetto. Torno anche io al divanetto, uno dei due laureandi è scomparso, mi dicono che è andato a farsi un giro con Matteo, okay, contenti loro. Francesca è tornata dal cesso e ha in mano una canna che sembra rullata da un tetraplegico con le convulsioni. Va bene lo stesso, ciò che conta è che tiri... Tira per fortuna, tira anche troppo e quando mi restituisce l'erba mi accorgo anche che ce ne ha messa abbastanza da stonare un reggimento. Meglio così, non è la serata in cui restare sobri questa. Non è mai la serata in cui restare sobri, in realtà, ma questo è un problema di un ordine e di un grado che non sono assolutamente in grado di affrontare in questo momento.

Dopo dieci minuti siamo ridotti a cinque cadaveri dagli occhi semichiusi e iniettati di sangue. Le gambe si muovono piano indovinando ritmi improbabili nella musica anni ottanta che suonano questa sera mentre i corpi se ne restano perfettamenti immobili sul divanetto. Inconsci, o ad un diverso livello di coscienza, dipende dai punti di vista. Non importa. Francesca è seduta vicino a me ed è l'unica che ha la forza di parlare. La conosco dai tempi del liceo, eravamo in classe insieme, cioè, fino a quando non l'hanno segata, in terza o in quarta, non ricordo. E insomma trova l'energia per ricordare i vecchi tempi, i cari-vecchi-tempi, i cari-vecchi-fottuti-brufolosi-intollerabili-tempi. Mi parla della gita a Roma, in terza. La gita a Roma... -Ma ti ricordi di quando ti sei addormentato nella Cappella Sistina?- No, francamente non ricordo, devo aver rimosso, ma vorrei tanto che se ne stesse zitta. Vorrei tanto che tu tacessi per un attimo, Francesca, e riflettessi sullo scempio che stiamo facendo delle nostre vite e su quanto inutile sia starsene qui a parlare di una cosa qualsiasi. Così le metto una mano dietro le testa e la attiro a me. La bacio con dolcezza, non fa resistenza, sembra grata, magari era in ansia perché non sapeva che dire dopo. Ho appena la concentrazione necessaria per notare che all'altro capo del divano qualcosa di simile sta succedendo tra Luana e Marco. Sono cose contagiose. Dopo un paio di minuti stacco la mia bocca da quella di Francesca e do un'occhiata al laureando rimasto ed a Federica. Si guardano negli occhi, indecisi, poi guardano me e, educatamente, si alzano e se ne vanno.

Mi perdo nella bocca di Francesca, non ne sto capendo niente, so solo che sono qui adesso e che questa bocca ha un buon sapore e che un po' più in basso c'è un corpo niente male e dunque perché preoccuparsi, tutto bene, il resto la prossima volta.

Dopo una mezz'ora siamo pronti a spostarci da qualche altra parte, Francesca è stonata, okay, ma non è disposta a farsi stuprare davanti a tutto il locale. -Usciamo?- mi dice. -Okay,- dico io -aspetta che avverto Mar...-

Mi passo una mano sulla fronte. 'Si vede che era destino stasera', penso. Seduta sulla poltroncina davanti al divano c'è Silvia. Ha le gambe accavallate, indossa un mini da incubo ed una orribile maglietta rosa attillata con una scritta che dice 'Marijuana proibita? Ma fatemi il piacere...' Non porta le mutande. Non presta la minima attenzione a me e a Francesca, pare che non ci abbia nemmeno notati. Tiene quei suoi occhi di ghiaccio maledetti e spietati fissi sulla nuca di Marco che è seduto a cavalcioni sopra Luana e le sta baciando il seno (spettacolo poco gradevole, fra l'altro). Sono le due e trentacinque, dalle casse esce 'So blue' dei Jayhawks ed io vorrei non essere qui o almeno, in via del tutto subordinata, una vodka sour con due cubetti di ghiaccio e, possibilmente, un'oliva. Nera.

Marco alza la testa e si gira verso di me, gli faccio cenno di guardare dall'altra parte e lui lo fa.

Non sembra sorpreso, mi guarda per un brevissimo istante, non so se devo sorridere o cosa. Si alza in piedi e tende la mano destra verso me con il palmo aperto rivolto verso l'alto. Non dice nulla. Gli lancio le chiavi della macchina. Le afferra e le butta di nuovo sul di vano vicino a me. -No, l'erba.- è tutto quello che mi dice. Gli passo il sacchettino, mi lancia uno sguardo ad un tempo freddo ed assente, ci leggo una sorta di desiderio rivincita. Ma forse sbaglio. Prende Silvia per un braccio e la porta verso l'uscita. Nemmeno una parola di saluto. Scompaiono dietro la tenda lasciandoci lì a guardarci in faccia. Restiamo immobili ed in silenzio per un paio di interminabili minuti, poi Luana incrocia le braccia e dice -Chi mi dà una sigaretta?-

Trascorro il resto della serata a casa di Francesca facendo l'amore con poco trasporto ma con molta convinzione e sentendomi ripetere stupidaggini del tipo 'erano anni che lo desideravo'.

Verso le sei (è quasi giorno) esco dal letto nel quale lei dorme tranquillamente, la bacio sulla fronte, mi rivesto in silenzio e scendo le scale del palazzo per andarmene a casa.

Subito fuori dal portone trovo Marco, infreddolito, seduto a terra, sporco e con la camicia strappata. Alza gli occhi verso di me e mi dice -Adesso è finita.- Non faccio domande, lo porto a casa e ci diamo appuntamento per il giorno dopo in piazzetta.

Non parliamo mai di quello che è successo tra le due e trentacinque e le sei. Non ha importanza, ciò che conta sta tutto in quelle tre parole 'Adesso è finita', non c'è bisogno di dire altro: Io sono qui, tu sei qui, siamo insieme e 'adesso è finita', il resto sono solo paranoie e tra amici non è proprio il caso.

18-10-96

Simone Storci.