Alan Parsons: Milano, Propaganda - 25 maggio 1998

Non tutti sapranno che il grande e grosso gentleman Alan Parsons sia stato apprezzato tecnico del suono dì Beatles, Fioyd, Roy Harper eccetera, e comunque a pochi importa: quel che conta è aver finalmente davanti l'artefice e il simbolo delle tante colonne sonore di lunghi viaggi al tramonto, documentari, storie di fantascienza e molto altro ancora. Con la band scelta per questo tour Alan ha compilato quasi a caso la scaletta dei brani, contando su un vastissimo repertorio di qualità distribuito in ben quattordici dischi. Il kick-start addirittura con The System Of Dr.Tarr And Prof. Fether, ottimo quanto dimenticato estratto dal remoto primo lavoro di Parsons “Tales Of Mystery And Imagination”, messa in musica di alcuni celeberrimi racconti di Edgar Allan Poe, a tutt’oggi considerata la vetta della produzione personale parsonsiana. Ma anche la lunga serie di hit a seguire non è da meno: “Can’t Take It With You”, “I Wouldn’t Want To Be Like You”, le indimenticabili ballate “Old & Wise” e “Time” ed un piccolo rnedley dall'album “Gaudi”, dedicato all'amonimo architetto catalano, tra Money Talks (evitabile) e La Sagrada Farnilia (solo un minuscolo frammento, meritando invece di essere suonata integralmente). Poi “Days Are Numbers”, “Limelight” (quella dello spot della lavatrice con un nome di donna) e Prime Time (ricordate l'inquietante video con i manichini?). “Turn It Up” (ma perché l'unica proposta dal penultimo “Try Anything Once” dev'essere proprio questa qui?) e la trascinante “Standing On A Higher Ground”, ancora da “Gaudi”, chiudono il primo set. Per motivi di spazio impossibile citare ogni disco di provenienza di ciascun brano proposto, diciamo che non mancava quasi nessun capitolo. Subito la seconda parte, senza peraltro alcun intervallo, con i pezzi dell'ultimo “On Air”. Blue Blue Sky, (andatevi a sentire la seconda parte di questo pezzo sul CD, non sembra forse una “A Day In The Life” anni ‘90?), “I Can’t Look Down”, “So Far Away”, “Fall Free”, la spudoratamente pinkfloydiana “Cloudbreak” e infine la bella “Brother Up In Heaven”, composta dal chitarrista lan Bairnson in memoria del cugino vittima di una sciagura aerea, e introdotta dallo stesso con una breve spiegazione ìn perfetto spagnolo (!). Delirio puro durante l’ultima mitragliata di brani: “Psychobabbe”, con un cosmico intermezzo di slide-guitar degno del miglior Gilmour, “Sirius/Eye In The Sky” (“colonna sonora” estiva dei mondiali '82) e i bis “Don’t Answer Me” e “Games People Play”. L'ottima band impiegata ha visto, oltre al preannunciato bassista John Giblin, Il buon John Beck alle tastiere, e i compagni di sempre Stuart Elliott alla batteria e il già citato talentuoso lan Bairnson, vero protagonista della serata con i suoi raffinatissimi assoli, e brillante anche al sax, in sostituzione di Richard Cottle: «Solo un anno di sax, e guardate cosa fa!» ha esclamato ridendo Parsons.
Alessandro Casellato
Paperlate, 1998

Back to index